ATTO X II Era UNIONE
Il tempo stringeva, Danzel ne era ben conscio, ma proprio quando le sue speranze di rivedere Undain, suo caro amico e compagno d’arme, stavano svanendo, proprio mentre era sopito nei suoi pensieri, con il volto corrucciato e rivolto a quelle nubi che sembravano non lasciar spazio al sole, rinchiudendolo in una gabbia grigia di fumi e tenebre, il verso di un falco pellegrino giunse alle sue orecchie.
Cercò di individuarlo scrutando più approfonditamente, ma l’animale era già posato sul suo braccio, dalla sua zampa pendeva un rotolo di pergamena ed al suo interno vi era scritto:
“Sir Alfrinn mi presento: io sono Maddy Tylemoon, attuale governatrice di Salmastra. I vostri uomini mi hanno riferito della situazione. Trovo doveroso dunque conferire con voi quanto prima, la nuova luna giungerà tra due notti. Quando la sua oscura faccia bacerà i ruderi dell’antica Horneviel voi ed una vostra delegazione dovrete farvi trovare sul posto, il cielo notturno non mente, e le stelle non prevedono nulla di buono in caso voi restiate isolati. É la vostra unica occasione.”
I suoi messaggeri ed il suo generale erano dunque riusciti a recapitare sani e salvi il messaggio, questo allietò il suo animo, e per un attimo vide una luce in fondo al buio che lo circondava. Non erano più soli.
Rilasciato il falco, che svanì tra le nubi a tutta velocità, Danzel diede inizio ai preparativi; il dubbio lo scalfiva nell’animo come uno scalpello incide la nuda roccia. Come avrebbe gestito quel viaggio?
Ma, soprattutto, a chi avrebbe lasciato in mano le redini della città che con tanta fatica aveva iniziato a ricostruire?
Non aveva molto tempo per deciderlo, quell’unico spiraglio che gli era stato concesso si sarebbe allontanato rapidamente se non fosse riuscito per tempo a prendere quell’ardua decisione.
Prima ancora di scegliere i fortunati che lo avrebbero affiancato in quel viaggio, dovette dunque sondare con fare attento ogni singolo abitante di quella città a cui aveva dato una parvenza di stabilità. Molti ancora risentivano dei colpi subiti nelle settimane precedenti, erano ben pochi a possedere il sangue sufficientemente freddo e la mente libera per prendere decisioni in caso la situazione in sua assenza fosse precipitata. Tra gli abitanti più lucidi con i quali egli si trovò ad interloquire, una su tutti spiccava per la sua innata lungimiranza, e per i consigli che da amica gli donò per dare una parvenza più umana ai suoi rapporti con i cittadini affranti e preoccupati. Questa, era forse dal suo punto di vista, la seconda persona più importante dopo Undain.
Era una donna abbastanza giovane, che lo aveva estremamente colpito. In tutta la sua vita fatta di battaglie e rapporti personali di poco conto egli non aveva mai avuto il piacere di conoscere una donna che gli tenesse testa. La ragazza poco più giovane di lui aveva circa trent’anni, i suoi occhi color ciliegio rimasero a lungo impressi nel suo animo guerriero, la sua pelle era ambrata e i suoi lineamenti gentili e dolci quanto la sua voce. Il suo nome era Scarlet.
Le parole che si scambiava con la giovane non erano mai abbastanza e da un paio di settimane a quella parte i due erano soliti incontrarsi e scambiarsi pensieri di ogni genere. Questi, divagavano dai più profondi discorsi basati sull’amore fino a giungere alla situazione che si trovavano a dover affrontare, e quasi come fece con Undain, Danzel aveva incominciato ad aprirsi sempre più davanti a quello sguardo che lo obbligava a liberarsi dell’armatura che era abituato a portare; parlare con Scarlet lo aiutava a sentirsi più leggero e in lui la donna vedeva giustizia, vedeva protezione, ma soprattutto vedeva risolutezza.
Danzel senza più alcun dubbio e spinto dal proprio istinto, raggiunse la porta dell’abitazione della giovane e provò a bussare ripetutamente. Nessuno però rispose dall’interno della casa, “Deve essere occupata in altre faccende” pensò tra sé e sé.
Girò i tacchi e si diresse dunque nella struttura che avevano adibito ad ospedale, fu lì che si incontrarono la prima volta.
Lei era china su una barella improvvisata intenta a curare uno dei tanti che risultavano più lenti a guarire, cospargendo le sue profonde ferite con l’unguento di sua creazione.
I ricci castani la coprivano in volto e lui incuriosito da quel metodo di cura fu il primo a cercare il dialogo. Per quanto fosse una medicina ricavata da erbe officinali, quella creata dalla donna non aveva un pessimo olezzo a differenza di molte altri miscugli convenzionali, anzi i suoi aromi entrarono nei respiri di Danzel.
Quel profumo lo catturò riportandolo a un tempo passato di cui non sapeva di averne memoria, mentre l'aroma persistente gli solleticava le narici, una sensazione calda e protettiva come l'abbraccio di una madre gli pervase l'animo.
Quella fragranza lo attirò così tanto, che ingenuamente egli la distrasse chiedendole cosa fosse quell’intruglio che passava sulle ferite o le tumefazioni; lei prima lo fulminò con lo sguardo e poi senza neanche tener conto della carica che ora il guerriero ricopriva, gli intimò di allontanarsi. Per lei non esisteva altro che il suo paziente.
Ogni persona che veniva anche solo sfiorata dalle mani delicate e calorose di Scarlet ben presto migliorava, come se il suo unguento misto alla sua sensibilità, fosse la ricetta miracolosa che, oltre a guarire i loro animi, guariva anche il loro corpo. La donna sembrava avere un talento al di fuori del normale. Nei giorni successivi Danzel la scrutava da lontano, aspettando il momento più proficuo per riprendere quella conversazione che dalla stessa fu troncata sul nascere.
Quegli occhi che lo rimproverarono qualche giorno prima, gli rimasero marchiati a fuoco nella mente ed ogni volta che egli chiudeva le sue palpebre, l’odore gradevole accompagnava nel suo immaginario quel volto che tanta premura ed umanità regalava ai suoi pazienti.
Una sera sul tardi, poco prima che la donna uscisse dal locale adibito alle medicazioni, fu fermata dal guerriero. La sua indole gli imponeva di non arrendersi davanti allo scudo che la donna aveva eretto tra loro; era quasi diventata una questione d’onore, lui doveva ad ogni costo almeno riuscire a conoscerla e vincere quell’ennesima battaglia, questa volta con un nemico che prima di allora non aveva mai conosciuto, l’infatuazione.
Alla fine la vinse quella lotta, non si sarebbe mai fatto scappare un’occasione simile, e dietro a quell’inamovibile barricata scoprì in lei qualcosa che non si sarebbe mai aspettato; la stessa premura che ella impiegava per curare i malati venne diretta e utilizzata anche per confortare e consigliare il nuovo governatore, che ormai stanco, stava per cedere. La donna rinvigorì la sua autostima e i giorni sembravano odorare sempre più di quella lavanda a lui tanto cara e i problemi che lo affliggevano, via via si sciolsero come si slegano i capelli annodati sotto i colpi dolci di una soffice spazzola.
Dunque, tra i suoi mille pensieri e i ricordi felici del loro primo incontro, giunse al rifugio ormai adibito alla cura, ricavato da quello che una volta era un magazzino non molto distante dalla taverna che un tempo era punto di ritrovo per molti viaggiatori, constatando come il numero di feriti fosse calato rapidamente, quasi come se il rapporto tra i due avesse amplificato le arti curative della donna, e quelli che erano rimasti in ogni caso non erano feriti gravemente, molte erano semplici conseguenze date dai lavori che i cittadini avevano avviato per recuperare i ruderi crollati.
Lei era nel suo stanzino in fondo al lungo corridoio di barelle e letti ormai quasi totalmente sgombri, la porta era spalancata, e l’ora era tarda, gli ultimi aiutanti o cerusici stavano lasciando il posto. Come di consueto, quando finiva le cure ai pazienti, si trovava immersa tra i suoi mille e più alambicchi intenta a fare i soliti miscugli di erbe. Con passo felpato Danzel si appropinquò all’uscio. Per qualche secondo rimase in silenzio, era come immersa in una realtà differente, una scintilla la illuminava, rendendo quasi rossi i suoi occhi color mogano. Per quanto il guerriero provasse a distogliere lo sguardo era tremendamente affascinato dalla passione che la donna metteva in ciò che faceva, fino a quando non ruppe quella religiosa concentrazione dicendo sarcasticamente: «Mi scusi alchimista folle, posso permettermi di disturbarla?»
Un lieve sorriso mosse le labbra del condottiero, la donna alzò gli occhi quasi spaventata da quella voce profonda, poi lo vide, posò una mano sulla fronte sporca di fuliggine, scosse la testa e rispose: «Proprio un ingrediente mi mancava, non è che per caso potresti tagliarti quella linguaccia? Sai stavo sperimentando un siero per rendere le parole dei miei interlocutori più intelligenti.» Danzel divenne tutto a un tratto stranito, per un attimo temette che le parole dette dalla donna fossero vere, fino a che ella non scoppiò in una composta risata. L’uomo la guardò ancora una volta sollevando gli occhi e non poté far altro che ridere ancor più sonoramente, alla vista della perfetta impronta apparsa al centro della fronte della donna, che si osservò stranita la mano sporca della stessa fuliggine che fino a qualche attimo prima le copriva la pelle.
Sir Alfrin estrasse un fazzoletto dalla sua scarsella e con dolcezza si avvicinò alla donna per togliere quel grigiore che ancora solcava le rughe espressive della fronte. Stavano bene assieme, la perspicacia di una e la sicurezza dell’altro entravano pienamente in sinergia tra loro, completando i loro animi che dà molto cercavano tale supporto; lo stesso li avrebbe di certo portati a raggiungere grandi obiettivi nel futuro, a meno che il male non rischiasse di rovinar tutto ciò che avevano costruito, costringendo i due a dividersi. Dopo il siparietto la voce di Danzel si fece più seria e nuovamente si rivolse alla giovane erborista: «Scusa se sono balzato qui senza preavviso Scarlet, ma ho appena ricevuto risposta da Salmastra, ho bisogno di confrontarmi con te. Se non ti manca ancora molto andiamo via insieme, non so, magari andiamo a palazzo e ne parliamo davanti a qualcosa di caldo.» Il dubbio trasformò il volto della giovane che spense di fretta e furia il piccolo fornelletto sotto l’ampolla più grande ove un liquido violaceo ribolliva. Chiuse il contenitore di vetro con un tappo di sughero e mise via il resto delle piante che stava utilizzando, poi si voltò verso il guerriero e gli fece un cenno facendogli capire che aveva concluso.
I due uscirono a braccetto dalla clinica imboccando la strada che li avrebbe condotti fino a palazzo, una ventina di minuti di cammino li divideva dall’altra struttura.
Le nubi purpuree rendevano l’atmosfera dei vicoli quasi spettrale, ed il gelido vento iniziò a soffiare producendo un sibilo che sembrava li stesse perseguitando, la giovane donna iniziò a patire il freddo e vedendo ciò Danzel le porse il mantello scuro che completava la sua armatura cercando di coprirla quanto possibile.
La preoccupazione e l’agitazione provate da Sir Alfrinn erano palpabili, e resero il viaggio silenzioso. Scarlet rimase quanto meno confusa da quei vuoti che quasi si commentavano da loro, sicuramente il guerriero non si sentiva sicuro a parlare di ciò che lo preoccupava in mezzo a vicoli, forse temeva che tra gli abitanti di Svart-Horn ci fosse qualche spia. Non si sarebbe mai perdonato di donare quelle informazioni che potevano ribaltare le sorti dell’intera città in mani nemiche.
Giunsero infine davanti alle porte del palazzo ormai sgombro di sfollati, i ruderi e le abitazioni che fino a qualche giorno prima erano cedute alle scosse di quel tremendo terremoto ora iniziavano a riprendere forma, giorni e notti i cittadini avevano lavorato per poter finalmente ritornare ad avere un tetto sopra le loro teste, lasciando così il palazzo che per un po’era divenuto il loro forte.
Entrarono nel disimpegno, ed il silenzio ora risultava ancora più martellante, gli unici rumori che si sentivano erano i loro passi che facevano eco in un luogo ormai vuoto. Si diressero nelle cucine, lì il governatore mise a bollire dell’acqua per un infuso di the; non voleva immaginare come la donna avrebbe reagito a ciò che stava per dirle, ciò lo destabilizzava rendendolo più nervoso del solito, se la donna non avesse accettato di prendersi la responsabilità della città intera il rischio era quello di non avere altri possibili candidati.
I fumi caldi evaporarono dal liquido ormai scuro presente all’interno delle tazze di terracotta, e gli sguardi dei due sembravano studiarsi, fino a che la donna non sopportando più quel siderale silenzio sbottò: «Senti Danzel, potresti smetterla di tenermi sulle spine? Dov’è finita la tua solita fermezza?». L’uomo davanti a lei prese una sorsata dall’infuso, fece un profondo respiro e disse: «Devo partire quanto prima con una squadra.» Scarlet corrucciò la fronte, come se le parole appena dette dal guerriero fossero un’ovvietà e con un piccolo ghigno rispose: «Beh e dunque dove sta il problema? Non è la prima e non sarà l’ultima volta che lascerai queste mura, tutto qui l’alone di mistero che avevi?» Sir Alfrinn scosse la testa, era giunto il momento di proporle quel che tanto lo preoccupava. Prese le mani della ragazza, la guardò nell’anima e rispose: «Il vero problema non è quello, sono ben due. Il primo e che temo che ormai non manchi molto all’attacco di Arzon, ciò comporta che in qualsiasi luogo io debba andare non so se farò ritorno.» Un freddo insolito percorse la schiena dell’alchimista, pensando a ciò che la persona a cui ora teneva di più rischiava di allontanarsi per sempre da lei, a quel punto chi avrebbe sopportato i suoi sproloqui su piante e medicazioni, chi avrebbe provveduto ad abbracciarla per farle patire meno il freddo?
I suoi occhi color mogano iniziarono a brillare quando quei pensieri le invasero la mente, rischiando di far cadere lacrime che prima di allora non avrebbe immaginato di versare. Poi il guerriero riprese a parlare vedendo che la commozione si stava impossessando di quella affascinante creatura che aveva davanti a sé, e cercando di fermare quei fiumi che ben presto probabilmente sarebbero esondati, la interruppe prima che lei potesse dire altro, «Per quanto il primo dei problemi sia sentito da entrambi ve ne è un secondo. Sai bene che sono restio a fidarmi di chi mi circonda, ed in caso io cadessi in battaglia o in un’eventuale imboscata non avrei successori, né ci sarebbe Undain pronto a prendere il mio posto. A fronte di ciò, mi chiedevo se potessi farmi un enorme piacere, uno di quelli che lascerebbe la mia anima priva di rimorsi in caso di una mia dipartita; mi chiedevo se tu… ecco… potessi sostituirmi per il tempo in cui sarò assente.»
La donna impallidì a quella domanda, già aveva pazienti a cui badare ogni giorno, ora si sarebbe dovuta prendere il carico di una responsabilità talmente grande che in quel preciso istante avrebbe preferito sparire; così assalita da un attacco frontale di emozioni contrastanti tra loro si alzò, bevve l’infuso dalla sua tazza in un solo sorso e dopo uno sguardo che quasi si poteva sentire urlare di rabbia verso Danzel provò ad allontanarsi quanto più in fretta possibile. L’uomo si alzò di scatto rincorrendola. Le sue paure erano fondate, la donna e già piena di grossi pesi sulle spalle non aveva retto il colpo. La fermò obbligandola con un abbraccio a girarsi verso di lui, la fissò e dopo poco avvicinò le sue labbra a quelle perfette di Scarlet, socchiuse gli occhi e dentro di lui divampò un incendio. Quello fu il primo bacio tra i due che ormai uniti in legati dalla nascente passione che desiderava crescere e diramarsi come le splendide fronde di un albero, non si separarono per parecchi. Nella loro mente quei secondi durarono ben più di quanto potessero immaginare tanto da sembrare ore.
Una volta allontanatosi dalle sue labbra Danzel si avvicinò all’orecchio della donna scostando i capelli che le coprivano e bisbigliò: «Ti amo.» La donna come sciolta da quel sospiro strinse ancor più forte il guerriero a lei ed ancora uniti in un amorevole abbraccio egli continuò: «Ti amo. Oramai credo di conoscere la stoffa di cui sei fatta, se c’è una cosa di cui sono certo è che posso fidarmi di te, e so, che in ogni caso tu saresti perfetta per ricoprire il mio ruolo.» La donna provò a prender parola senza riuscirci, Danzel le chiuse le labbra appoggiando delicatamente un dito su di esse, non aveva più nulla da perdere, la sua maschera era caduta e aggiunse: «Non aggiungere altro, ti lascio tempo fino a domani per darmi una risposta concreta, ma concedimi di passare una notte tra le tue braccia.»
In muto assenso la donna annuì. Il freddo della notte venne presto scaldato da abbracci ed emozioni, per quella sera nulla riempì le strade di Svart-Horn, ma il palazzo divenne un vero e proprio covo di amore e umanità. Il tempo sembrò fermarsi per i due che si addormentarono abbracciati l’uno all’altra.
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