ATTO IX II Era PREMONIZIONI DEL "VIAGGIO"
La luce lo guidò senza imprevisti sino alle porte della sua città ormai sempre più affranta e sempre più sguarnita di uomini nonostante le ultime vittorie i sauriani stavano pian piano perdendo il loro smalto, la loro forza.
Gaernes venne accolto come un eroe al di là delle mura, ma l’entusiasmo scemò quando il suo volto grigio incontrò lo sguardo di chi lo circondava, Notechis non c’era più, tutto ciò che rimaneva della serpe dorata era impresso all’interno del bastone che ora sorreggeva i suoi passi.
L’età avanzava e quelle ultime imprese affrontate lo avevano invecchiato sia nell’animo sia nel fisico.
Balerian la sua miglior studentessa, insieme al suo compagno Kell’s accompagnarono l’anziano maestro ai suoi alloggi vendendolo provato e stanco da qualcosa di incomprensibile ai loro occhi; i giovani provarono in ogni modo a carpire, con alcune domande, cosa fosse accaduto al loro mentore.
Balerian fu la prima ed esprimersi e chiese lui: «Cosa vi affligge Gaernes, i vostri occhi celano preoccupazioni oltre modo inimmaginabili per me, come posso rendermi utile al fine di alleviare queste vostre sofferenze?» L’anziano però sembrava essere quasi assente e vivere in uno stato di alienazione tale che destò preoccupazioni.
Lui era solito essere giovale ed allegro nonostante le lezioni che aveva avuto modo di apprendere dalla sua lunga e perturbata vita, ma quel giorno al suo ritorno sembrava di parlare al fantasma di quello che una volta era.
Non aveva più punti di riferimento, non era in grado di dar più alcuna lezione, come se nel suo io fosse in atto una battaglia talmente profonda da affogarlo nel mare di preoccupazione che si rispecchiava nel suo volto.
Poi Kell’s provò a sviare da quelle domande che sembrarono sciocche alle sue orecchie; la sua attenzione era ferma su quel bastone che reggeva i suoi passi e senza timore di sembrare inopportuno egli chiese: «Maestro, cosa avete portato con voi, che cos’è quell’arnese?»
A quel punto, quasi come se si fosse minimamente ripreso dallo stato catatonico nel quale riversava, l’anziano mentore guizzò gli occhi, nemmeno lui aveva ben chiaro cosa fosse se non un semplice e aggrovigliato bastone per la vecchiaia. Sì gli aveva indicato la via del ritorno nel mare di sabbia che lo separava dalla sua cara città, ma oltre quello, ben poco aveva fatto. Cercò di dare una risposta secca e quantomeno logica al suo studente: «Vedi giovane Kell’s, gli anni avanzano e con essi la stanchezza di vivere in un mondo in cui pare che i conflitti siano infiniti, e le mie forze iniziano a cedere e questo null’altro è, che un appoggio per la mia carne stanca.» Un sorriso spento si accese su quel suo oblungo volto. Quei due studenti erano le ultime speranze rimaste all’anziano Gaernes, nei loro occhi gialli e lucenti come l’oro lui vedeva un futuro prosperoso, un futuro che probabilmente lui non avrebbe avuto il piacere di vivere, quasi stesse avendo una premonizione, sentiva che non sarebbe mai giunto fino a quei giorni.
Lungo i corridoi che separavano il sauriano dalle sue stanze, i due allievi, preoccupati per il suo stato catatonico, iniziarono a porgli diverse domande, senza ricevere però risposte concise.
Gaernes una volta arrivato d’innanzi alle porte dei suoi alloggi si congedò dai suoi pupilli. Senza neanche degnarli di un saluto, si slegò dalle loro braccia, chiuse la porta dietro le sue spalle con un grande fragore, ed i pensieri, le preoccupazioni e le domande iniziarono ad assalirlo.
Le parole che il dio dorato gli aveva detto prima di svanire nella cenere gli ronzavano in testa quasi a torturarlo; egli gli aveva detto che la risposta era semplice e che con quell’artefatto avrebbe tenuto a bada le armate nere che, come virus, si stavano moltiplicando ed inserendo in ogni singola città, ma cosa si aspettava da lui? Questo non lo aveva capito.
Come qualcuno affetto da narcolessia cadde in un sonno profondo.
Da qualche anno a quella parte i sogni non riempirono il suo riposo, ma questa volta egli sognò; il mondo nel quale si trovava era tenebroso, il sangue tingeva il terreno sul quale posava i piedi e davanti a lui un grande drago nero veniva cavalcato da un volto che gli pareva familiare, Arzagat aveva le redini della bestia nera, la quale era intenta a bruciare ogni singola creatura trovasse sul suo cammino, le squame del sauriano tremarono all’udire le agghiaccianti grida di dolore dei caduti.
Gaernes provò di soppiatto ad avvicinarsi al suo vecchio nemico, pareva che prima di procedere a quella tortura che erano le fiamme ardenti egli chiedesse qualcosa. L’anziano sauriano fu abbastanza vicino ormai per capire cosa quel mostro volesse dalle sue vittime.
La voce profonda e rauca di quel nemico vecchio quanto la stessa Mythir rimbombava in un’eco ponendo una semplice domanda a tutti coloro che condannava al rogo:
«Dove sono?»
Il sogno si fece sempre più intenso quando, come per magia, Gaernes si sentì trasformato in un corvo intento a planare tra le molteplici fiamme e città distrutte che ora rappresentavano la stragrande maggioranza di Mythir.
In mezzo alle fiamme e alla distruzione il suo cuore perse un battito, facendolo cadere rapidamente al suolo. Il vento sospinse il suo corpo tramutato in quello di un volatile sino all’isola nera, matrice del male più oscuro.
Lì vide cinque individui feriti e malridotti, uno di questi, a lui era molto familiare. Era Balerian, la sua carnagione e le sue scaglie dorate accesero in lui ancor più terrore, aveva un bastone ormai spezzato tra le mani, e il suo volto simile a quello di una serpe era malconcio; del sangue sgorgava dalla parte alta delle sue orbite, gli artigli della sua mano sinistra erano infranti e quasi claudicante si accinse a prendere una rincorsa verso lo stesso drago nero che aveva precedentemente visto ardere anime innocenti. Nel momento in cui l’impatto tra i due era ormai vicino, il sogno variò nuovamente; le sue ali ripresero a battere e come se tutta la scena che stava vivendo fosse stata riavvolta, vide i cinque affrontare intemperie in ogni dove, sentì le urla della sua alunna alzarsi dal centro di una foresta che riconobbe essere quella dell’Herrendil, sorvolò un’ormai distrutta Wyvern dove orde di nemici stavano ai piedi della torre della saggezza ed ancora vide un tempio implodere sotto la forza bruta di un verme scavatore, quel tempio era quello di Cef; infine, venne avvolto da una luce blu elettrica e si ritrovò nella sua forma originale davanti a un oggetto che ben riconosceva, era lo stesso che la prima volta funse da ponte per la comunicazione con i guardiani, lo stesso che quando l’antica quercia gigante prese fuoco, si divise in pezzi che si riversarono nel continente.
Poi il buio.
Era immerso nell’oscurità, la sua stessa forma era impossibile da vedere nel mare di tenebre che lo avvolgevano. Una voce che riconobbe essere quella di Notechis si rivolse a lui: «Figlio mio quel che hai appena visto non era un semplice sogno, ma una premonizione. Un punto fisso in un futuro ancora lontano, ma solo in un modo si giungerà a tale futuro. E quel bastone intriso della nostra magia sarà l’oggetto che permetterà a quegli individui di giungere sino a lì, ma dobbiamo sbrigarci, il male non attende, Arzon non attende.»
Gaernes come stordito da quel che aveva visto ci impiegò parecchio tempo a recuperare l’uso della parola, ma non poteva permettersi di perdere l’opportunità che gli si era presentata di aver risposte alle molte domande che lo tormentavano, per cui prese coraggio e chiese: «Mio signore, e troppo difficile per me capire cosa state cercando di dirmi, cosa vuole Arzon e quale sarebbe il potere che abbiamo tra le mani per contrastarlo?» La voce risuonò di un’eco che dava ancor più importanza a quell’entità, rispose al sauriano ormai affranto dal futuro che aveva visto: «Il bastone guiderà i tuoi passi alla ricerca di ciò che spinge Arzon a tanto male, egli vuole ricongiungere la sua anima dilaniata dal troppo potere, per tornare vigoroso e con noi ormai impotenti potrà fare del mondo ciò che vuole, potrà plasmarlo come la sua anima tenebrosa.» Il sauriano sembrò iniziare a comprendere ciò che la voce gli stava dicendo, lui avrebbe dovuto porre freno a quella ricerca spasmodica.
Il suo destino e quello de quattro individui che accompagnavano la sua prediletta Balerian era ormai dettato, non aveva altre alternative se non quelle che la voce che lui riconobbe come quella del suo dio onnisciente gli aveva mostrato.
Il buio intorno al suo corpo inerme svanì; il tempo delle domande era giunto alla fine.
I suoi occhi si spalancarono, era ancora nelle sue stanze, sudato e tremante, ma ora sapeva più nel dettaglio cosa gli sarebbe spettato, ora sapeva dove muovere i suoi passi. In fretta e furia preparò una borsa in cui mise i suoi averi più cari, aprì la porta delle sue stanze ed all’esterno Balerian lo stava attendendo. Era talmente in apprensione per il suo mentore che tanto le aveva donato e che non vedeva uscire da quelle stanze, che era rimasta tutto il tempo ad aspettare.
Gaernes non ebbe il tempo di proferir parola che la sua allieva subito gli chiese: «Maestro state bene?» Lui alzò le spalle e con un cenno del viso le fece intendere che non doveva preoccuparsi, poi allungò un braccio prendendo il mantello color sabbia con le mostrine cucite sopra a indicare il grado di anzianità e il ceto al quale apparteneva.
Balerian guardando la bisaccia che egli si era legato in spalle intuì subito cosa stesse accadendo, ancora una volta il suo maestro l’avrebbe lasciata in balia dei suoi sottoposti, “no, non questa volta” pensò la giovane guerriera, allungò il suo poderoso braccio e strinse in una morsa quello di Gaernes; lui alzò gli occhi a suo favore e lei prese a dirgli quasi sputandoglielo in faccia: «Maestro non me ne vogliate, ma questa volta o partiamo insieme o neanche voi muoverete un singolo passo oltre le mura. Ho visto la vostra anima preoccupata due giorni fa, e ciò potrebbe costarvi la vita, per cui permettetemi di supportarvi nell’impresa che state andando a compiere.»
L’anziano sauriano mantenendo lo sguardo fisso in quei due occhi luminosi che rispecchiavano la sincerità della sua alunna prediletta rifletté su tali parole, scosse la testa in segno di dissenso, ma immediatamente cambiò idea, dopotutto un po’di compagnia non avrebbe potuto che rendergli il viaggio più leggero, scostò la presa ferrea della sauriana ed ancora fissandola disse: «D’accordo “serpe guerriera”, ma preparati a dovere. Non so cosa o chi incontreremo nel lungo viaggio che affronteremo.» Il volto prima cupo della sauriana ora era radioso e pieno di vita, corse ai piani inferiori preparando l’occorrente per il viaggio: il suo fido bastone, e la mantella azzurra che indicava fosse prossima alla prima serie di esami che l’avrebbero avvicinata al ruolo per cui studiava. Lei era in lizza per divenire una dei futuri capi della congregazione religiosa della gerarchia sauriana, questo imprevisto le sarebbe costato parecchio, ma fu inamovibile, era pronta a provare sul campo tutti gli insegnamenti teorici che fino a quel giorno aveva appreso solo sui libri.
Kell’s alloggiava nella stanza accanto di Balerian, e quando sentì il rumore che ella produsse preparando i viveri per il viaggio quasi sobbalzò, non era uso della sua compagna essere così caotica.
Uscì dalla sua cella e fece capolino con il volto all’interno di quella adiacente. La giovane sauriana non se ne rese conto fino a quando lo stesso non borbottò: «Dove pensi di andare senza di me?» La compagna però non gli rispose, tenne la bocca serrata facendo si che la curiosità del ficcanaso crescesse a dismisura, ed egli con tono di rimprovero incalzò: «Ho detto, dove stai fuggendo?» la ragazza smise di armeggiare con la borsa, si voltò a favore di Kell’s e rispose: «Sto per partire con il maestro, riprenderò gli studi al mio ritorno.» Il giovane s’impietrì quasi come si sentisse tradito dal segreto che fino a poco prima la fanciulla non voleva rivelargli. Con tono sicuro e un lieve risentimento poi rimbeccò: «Bene se le cose stanno così vengo con voi, non vi lascio in pasto al deserto, almeno cambio aria. Tutto questo studio mi sta facendo venire un gran mal di testa.» Balerian poi con fare amichevole si avvicinò a lui, mise le mani sulle spalle del compagno e disse: «Fosse per me non ci sarebbe alcun problema, sai che ti considero un fratello, ma non sono io a decidere, anzi non so neanche se il maestro volesse mantenere il segreto su questo viaggio.» Il compagno si stizzì a quelle parole, e con la rabbia che stava incominciando a bruciargli nelle vene simile a veleno dentro ad una ferita, spostò le braccia della compagna per andare incontro al loro precettore.
Con passo spedito prese le scale che lo avrebbero condotto al piano di sopra ed ancor prima di arrivarci incrociò Gaernes. Provò a chiedergli con tutto sé stesso di potersi aggiungere ai due, ma il docente non poté che negarglielo. Per quanto bravo e ottimo studente, Kell’s aveva bisogno di molte più attenzioni rispetto alla compagna, i concetti che gli erano stati insegnati si obliteravano quando il suo istinto prendeva il sopravvento e la cosa poteva nuocere alla delicata missione che li attendeva.
Il rifiuto ricevuto risuonò nell’animo del giovane sauriano dalle squame grigie al pari di un tradimento da parte del maestro che lui riteneva essere l’unico a capirlo. L’anziano insegnante e la sua amica più preziosa come i suoi genitori prima lo stavano abbandonando.
Non salutò nemmeno la compagna che ormai pronta, incontrò scendendo le scale; la sua fiducia in Gaernes venne macchiata per sempre, i suoi insegnamenti vennero eliminati con quel rifiuto che tanto dilaniò il suo animo.
Ma non era finita lì, lui avrebbe comunque fatto di testa sua, avrebbe seguito a distanza il viaggio dei due.
Le sue doti di mimetizzazione gli avrebbero permesso di passare inosservato, come un’ombra passa inosservata sotto il manto del cielo notturno.
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