ATTO III II Era NOVITA' DAL MARE

La pira accesa sul mastio principale di Svart-Horn venne alimentata di continuo e con essa anche le speranze di chi viveva all’interno delle sue mura di roccia; quella luce divenne ben presto un’avvisaglia per Salmastra che lungimirante, dopo aver contrastato il primo attacco aveva alzato ancor più le sue difese. Il primo esperimento di multiculturalismo all’interno del continente riuscì a resistere ai pochi nefasti nemici che provarono a squilibrare l’ordine creato al suo interno.

Dalla loro avevano un gran numero di magi tra le fila dei combattenti, magi che in quella città, avevano finalmente trovato la libertà tanto desiderata, non erano ancora però a conoscenza che il loro inquisitore Taran Erold aveva lasciato Svart-Horn settimane prima della guerra vera e propria.

Il rapporto tra le due città venne compromesso dai soprusi e dagli ottusi abitanti che seguivano le sue parole in qualità di condottiero.

Questo in breve fu uno dei tanti motivi per cui al suonare dei corni dei cavalieri delle rocce nere, dopo il terremoto, la città fu lasciata al suo destino, senza più alleati e senza più nessuno che le desse man forte.

Danzel, dopo aver risolto i primi problemi gerarchici all’interno di Svart-Horn aveva preso la decisione di mandare il suo miglior generale Undain a parlamentare con chi in quel momento gestiva le fila dell’esercito del sale, corpo di guerra della loro città gemella.

Tre giorni e mezzo. Questo era il tempo che ci si metteva a galoppo per raggiungere le mura di Salmastra dalla punta settentrionale del continente.

Con tutte le buone intenzioni, sia Undain che Denzel erano consci del fatto che senza aiuto si sarebbero ben presto ritrovati senza più risorse per sfamare il popolo e sguarniti sui vari fronti da un potenziale attacco nemico. Nonostante tutto, il nuovo governatore Sir Alfrin, non se la sentì di dire la verità ai suoi concittadini, alle volte mentire per delle giuste cause era utile, senza considerare che quella verità avrebbe fatto loro più male che bene.

Il morale dei cittadini si era lievemente rialzato, quando, grazie alle tattiche e agli insegnamenti dell’ufficiale erano riusciti per lo meno a riprendersi il controllo della città, ma il male non attende molto a giungere e questo lo sapeva bene Danzel. Conosceva l’infamia delle creature che si muovono nell’ombra, e se per un primo momento si sentì fortunato nel constatare che ancora il vero assalto non era giunto alle porte, ora sapeva e doveva ricorre quanto prima ai ripari.

Undain partì senza voltarsi e senza nemmeno riposare nel lungo viaggio che gli spettava, quelli che lo seguirono quasi cedettero quando le buie notti offuscarono i loro passi.

 Le verdi colline che dividevano loro, dalla città libera di Salmastra, erano conosciute per essere tra i luoghi più pericolosi. I vari cunicoli che venivano scavati da animali di ogni dimensione ed intenzione potevano rivelarsi ben più pericolosi dei ruderi che solo qualche giorno prima avevano setacciato a Svart-Horn. le storie narrate dai loro avi non aiutavano certamente a sentirsi più sicuri, erano in balia delle avversità delle terre selvagge e lo sapevano.

Lontano da questi movimenti e rintanato nella sua grande fortezza nera Arzon, già stava assaporando con largo anticipo il sangue che presto sarebbe stato versato sulle lande del continente. Non gli importava venir definito avvoltoio perché in procinto di attaccare una città che ormai era stata ridotta a solo una carcassa, resa inerme delle sue trame e dagli intrighi che molto prima aveva tirato, come un burattinaio tira a sé le sue marionette. A lui importava solo il potere, a lui importava solo lanciare un monito a tutte quelle città che sapeva ben presto si sarebbero rivoltate, per poi infine soccombere alla sua morsa. Era questo che voleva, spronarli a combattere per vedere chi di loro avrebbe resistito. Dopo avergli tolto tutto lui sarebbe divenuto ben presto l’unica scelta che poteva preservare la sopravvivenza della loro razza, nei suoi piani non potevano esistere i deboli. Non più i guardiani minori, non più il loro Dio, lui avrebbe ben presto sottratto ogni speranza ad ogni singolo individuo, divenendo lui stesso artefice del destino delle creature che prosperavano su Mythir.

Il viaggio affrontato da Undain e i suoi uomini fortunatamente per loro e le loro cavalcature non riservò sorpresa alcuna. Giunsero dunque davanti alle porte di Salmastra, e lì furono fermati da un plotone di guardia formato da ben venti uomini, orchi e mezz’uomini; le razze avevano ormai iniziato a mischiarsi tra loro, e Salmastra era l’emblema di ciò che voleva dire amore, non vi era distinzione tra razze. Elfi potevano benissimo sposare uomini, nani potevano passare il resto della loro vita con orchesse e Goblin con altri uomini; non vi era nulla che differenziava una vita dall’altra se non la variazione che queste mezze creature avevano nella durata della loro vita: di norma un mezz’elfo aveva una vita leggermente più lunga rispetto a quella di un uomo qualsiasi, ma non sempre accadeva, per quanto gli studi che vennero affrontati su questi miscugli di razze potessero essere all’avanguardia per i tempi in cui ci si trovava, alle volte capitava l’inverso; ahimè la natura e il destino molte volte marciava contro a queste mezze razze, alle volte, la morte le raggiungeva ben prima che le porte del futuro si aprissero davanti agli sfortunati, determinate razze messe insieme potevano dar vita a creature che incorrevano in gravi malattie autoimmuni, alla quale i primi alchimisti del continente cercavano una soluzione, soluzione che, per i tempi era ancora ben lontana.

Un mezz’uomo era a capo del plotone che faceva guardia alle porte nord-occidentali di Salmastra, e dall’alto della torre che gli era stato ordinato di sorvegliare, si affacciò sul sentiero principale.

Rimase incuriosito nel vedere che dei cavalieri svettare dei vessilli riportanti due corna nere incrociate, dunque emissari di Svart-Horn, fossero giunti sin lì. Erano passati anni dall’ultima volta che accadde una cosa del genere, e di certo per quanto poteva saperne quel piccolo uomo dalle orecchie a punta e dalla folta chioma dorata, questo non poteva certamente significare qualcosa di buono.

«Cosa vi porta qui?» disse con fare orgoglioso il capitano del corpo di guardia.

Undain non poté far altro che scendere dalla sua cavalcatura, alzare la celata della sua bigoncia e mostrare parte del suo volto appuntito; spostò i suoi occhi azzurri come gli stessi fulmini che era in grado di produrre all’insù, senza però vedere con chiarezza da dove quella voce rauca e profonda provenisse. L’altezza del mezz’uomo non giovava certo allo stesso. Non per questo però era da sottovalutare.

Lo stregone del tuono provò comunque ad interloquire con chi gli aveva appena posto la domanda: «Mi presento, sono Sir Anderton, e questi sono i miei uomini. Non siamo qui con intenzioni ostili, tutt’altro.»

Senza poter concludere la frase la voce del capitano di guardia risuonò nuovamente dall’alto delle merlate: «Vedo i vostri vessilli Sir Anderton, e la cosa mi fa storcere il naso», Esitò un secondo per poi concludere con un secco «chi vi manda?», che rimbombò nell’area circostante rendendolo quasi minaccioso.

Undain stringendo i pugni impercettibilmente e con fermezza disse: «Se temete che sia Sir Taran, vi sbagliate sir, il codardo non è più a capo di nulla, le sue idee arretrate si sono allontanate dalle nere rocce di Svart-Horn con lui.»

Allora il capo delle guardie ancor più incuriosito borbottò qualcosa a chi gli era vicino e dopo qualche secondo d’attesa una folta chioma bionda risaltò tra le scure merlate, i suoi occhi grigi ed inquisitori incrociarono quelli gelidi e fermi di Undain, quasi a sfidarsi, i due per qualche istante continuarono a tener fisso lo sguardo l’uno sull’altro. Poi il mezz’uomo come ad aver letto le intenzioni che spingevano quel l’individuo, ordinò: «Attendete lì dove siete.»

Il clangore dello spesso portone risuonò come una canzone speranzosa nelle orecchie di Sir Anderton, che poco dopo dovette ricredersi, in quanto, dallo stesso, tutte e venti le creature che erano parte del corpo di guardia si palesarono armi alla mano e con fare minaccioso davanti alla squadra dello stregone del tuono.

Sir Anderton, fu colto alla sprovvista dall’ospitalità che fu loro riservata, con un filo di voce disse guardando dalla sua altezza il mezz’uomo: «Vogliamo solo aver modo di parlare con chi ha il potere di prendere decisioni in questa città.» Egli rimase basito per come questi, si avvicinarono alle loro persone, momentaneamente senza degnarli di una risposta che fosse valida alla loro semplice richiesta.

 Al semplice movimento del plotone il mezz’uomo alzò le armi dicendo: «Non azzardatevi a fare un singolo movimento, ora sarete perquisiti. Dovrete lasciare le vostre armi ed evitare di fare sciocchezze, altrimenti mi basterà un gesto e la nostra conversazione si concluderà prima che possiate anche solo permettervi di respirare.»

I soldati delle rocce nere non ebbero alternativa se non quella di sottostare alla richiesta degli uomini armati.

 “Forse questa non è stata la migliore delle idee di Danzel” -pensò tra sé e sé Undain- mentre a passo lento e con una lancia puntata alla gola veniva scortato cautamente verso un luogo a lui sconosciuto.

Lo stregone del tuono notò che le strade ciottolate di salmastra erano percorse in lungo e in largo da creature di ogni genere e forma, intente a liberarle dai residui di una battaglia; questo fece pensare a Undain che anche lì qualcosa doveva essere successo da poco, alcuni cumuli di polvere venivano caricati su carri trascinati da muli o cavalli, ed ognuno di questi si, spostava nella stessa direzione, trasportandola chissà dove, gli scalpiti degli animali adibiti a tale compito risuonavano tra le strutture alte e ravvicinate delle viuzze che percorrevano, ricordando il ritmico suono dei tamburelli; altre strutture invece parevano esser state danneggiate, e da queste, lo stesso fumo nero che Undain conosceva bene si alzava, ma fu lì che vide finalmente il vero senso di collaborazione che caratterizzava Salmastra. Dei magi che avevano il potere di far levitare oggetti, erano intenti ad aiutare alcune guardie nella ricerca di eventuali sopravvissuti sotto le macerie.

Nello stesso istante percepì che ovunque stessero venendo scortati nessuno avrebbe torto loro un capello. Svoltarono verso quello che era plausibilmente il centro nevralgico della città; alcune bancarelle erano state divelte e distrutte, e sul suolo si potevano notare frutta e verdure di ogni genere esser stati calpestati per il panico. Una donna dalla carnagione bianca come la neve e con i capelli rossi come i petali di una rosa era china, intenta ad aiutare questi commercianti a ricostruire quel che era stato loro distrutto. La sua gonna era nero pece e sopra di questa spiccava una camicia, bianca a tal punto che quasi si confondeva con la sua pelle, questa era chiusa saldamente in un corpetto nero e rigido che ne risaltava il fisico snello e statuario, entrando in netto contrasto con i capelli ed il suo volto candido.

Il mezz’uomo accompagnò Undain e i suoi al suo cospetto, in attesa che essa si liberasse da ciò che la impegnava.

«Ermis che stai facendo lì impalato, qui c’è bisogno di aiuto.» Disse la giovane donna voltandosi lievemente a favore del mezz’uomo in capo al corpo di guardia. Egli in segno di riverenza, chinò leggermente il capo, e le rispose: «Mia Signora Maddy, perdonate il disturbo, ma abbiamo ospiti che richiedono la vostra presenza per questioni abbastanza rilevanti mi è parso di capire.»

La ragazza si voltò infine completamente a favore dei soldati che ancora reggevano le loro armi puntandole sulla squadra di Sir Anderton. Per un secondo, gli occhi dei due si incrociarono magneticamente attratti gli uni dagli altri, e lo stregone in poco tempo si perse nella profondità di quel nero che erano le iridi di lei; quasi perse l’uso della parola, rimanendone rapito a tal punto che neppure si accorse che il gruppo, ora agli ordini della fanciulla, aveva iniziato a muoversi; soltanto la fredda punta di una lancia, premutagli sulla spalla a tal punto da lasciarvi un lieve segno, lo fece ridestare quasi gli avessero lanciato una secchiata d’acqua gelida mentre era intento a dormire, lasciandolo nel medesimo modo, spaesato e con il cuore rimbombante nel petto.

Ancora una volta si ritrovarono a dover camminare tra le affollate e chiassose vie di Salmastra, questa volta diretti verso quello che sembrava essere un belvedere che si affacciava sul profondo mare del sud; da quella posizione chiunque sarebbe rimasto senza fiato. L’orizzonte si mostrava in tutto il suo splendore nonostante le nuvole bianche e ricolme di tempesta tagliassero di netto la linea blu del mare, mentre un albero di pesco lasciava librare nell’aria le ultime foglie che erano sopravvissute alla fredda stagione.

Nonostante chi vivesse in quella florida città era abituato a quell’ambiente, anche il più anziano dei cittadini di Salmastra rimaneva incantato da quel luogo che di magico aveva solo la natura di cui era composto.

Una lieve brezza dal sapore salino smosse i lunghi capelli rossi della dama, che dopo un grosso respiro si volse nuovamente verso Ermis il mezz’uomo e regalandogli un dolce e amichevole sorriso gli disse: «Grazie Emris per la tua premura, ma ora lasciaci pure da soli, sarebbe da stupidi per loro attaccarmi in mezzo a tutta questa gente, per cui non temere, torna pure ai tuoi compiti.»

Il mezz’uomo, quasi deluso dalle parole della giovane ed attraente donna, si sincerò di fulminare lo stregone con i suoi orgogliosi occhi color cenere, si chinò lievemente, e voltandosi in direzione del suo posto di guardia se ne andò insieme ai propri soldati.

«Di cosa volevate parlarmi Sir Anderton?» disse la giovane quasi scrutando la sua anima con gli occhi.

Lo stregone rimase disarmato non solo fisicamente ma anche spiritualmente, come faceva quella donna a sapere il suo nome se lui stesso lo aveva annunciato solo al mezz’uomo?

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