ATTO III I Era IL GRAN CONSIGLIO
La situazione era infausta e i rappresentanti delle specie si organizzarono per dar vita a quello che da tutti fu nominato il Gran Consiglio, otto rappresentanti per ognuna delle quattro razze dovettero lasciare le proprie terre per raggiungere il centro del continente, lì dove la catena montuosa si diradava lasciando spazio alle sabbie del deserto e le prime chiome degli alberi macchiavano la nuda roccia nera creando contrasto con il bianco del nord estremo.
Raynard e Myrril si salutarono nel nuovo linguaggio appreso scambiandosi un reciproco sorriso, dalle increspature dei colli un manipolo di sei individui che cavalcavano montoni, guidati da Erdigrim l’allora proclamato comandate nanico, scese raggiungendo il punto deciso dalle serpi del profondo sud.
Elfi e uomini rimasero sbigottiti alla vista di quel barbuto piccolo uomo, ma allo stesso tempo quasi vennero accecati dalla bellezza delle armature di questo nuovo popolo che non conoscevano, erano talmente ben lucidate che il sole alto rifletteva i suoi forti raggi; gli spallacci erano adornati da pietre di ogni colore e forma, nelle loro enormi cinte alcuni avevano come armi dei martelli da fabbri incisi di rune sconosciute ai più, mentre Erdigrim portava con se un’enorme ascia bipenne le cui parti taglienti erano in puro oro e in punta, ove la testa dell’arma si fondeva, spiccava una purissima gemma trasparente che brillava come uno specchio alla luce del sole.
Tutti i rappresentanti erano ormai presenti; a quel punto Gaernes il sauriano portavoce iniziò a parlare e spiegare il motivo di quella attesa riunione, chiese a tutti i presenti quanto tempo gli emissari si erano fermati nei regni corrispettivi, e tutti diedero risposta dicendo, appunto, che questi messaggeri e maestri non si erano soffermati da nessuna delle razze per più di quindici giorni, la cosa non era nuova a Gaernes perché lui stesso in accordo con i diplomatici aveva deciso che il tempo massimo nel quale questi si sarebbero dovuti fermare a donare gli insegnamenti non doveva essere superiore ai tempi riferiti anche dagli altri membri del consiglio, il mistero non fece altro che infittirsi rendendo quella riunione più lecita di quanto nessuno dei presenti potesse immaginare.
Per ore e ore ogni portavoce provò a valutare ipotesi e teorie senza alcun risultato, al che Gaernes ebbe un’epifania, parlò per interminabili minuti cercando di far capire il suo ragionamento agli altri in missione, lui, razionalmente parlando, iniziò a credere che qualche forza ai più sconosciuta si fosse messa in mezzo, scartando l’idea di animali pericolosi e anche eventuali incidenti di percorso, anche perché sia nella prima che nella seconda ipotesi qualora fosse sopraggiunto un malore a qualcuno o per qualche assurdo motivo gli emissari si fossero fermati per la stanchezza avrebbero comunque incontrato i loro simili sulla via del ritorno, ma così non fu, andando a esclusione il suo pensiero iniziò a essere valutato più realisticamente.
Un’aurea di risentimento e dubbi iniziò a riempire le pause nelle parole di Gaernes che nonostante tutto pose le condizioni per un’eventuale collaborazione tra i presenti, i quali di buon gusto accettarono. E allora per sancire e rendere ancor più fruttuosa questa alleanza decisero che una volta risolto l’arcano della sparizione degli emissari sauriani i presenti si sarebbero rivisti, Gaernes divise i gruppi di sei diplomatici ponendo ognuno di questi in una brigata differente, e da lì crearono nuovi sottogruppi nei quali ogni membro che li componeva doveva appartenere alle diverse razze che quel giorno si riunirono; questo metodo oltre a fungere da scambio culturale avrebbe creato equilibrio nella stessa collaborazione, dopodiché a ognuno di questi nuovi gruppi fu ordinato di andare alla ricerca degli emissari scomparsi, con la logica di poter ricoprire vaste zone per le ricerche, il portavoce delle serpi poi prima di dichiarare la fine del Gran Consiglio donò a ogni membro di questi gruppi degli amuleti intrisi di magia, questi erano stati donati ai sauriani dai guardiani e da Notechis stesso, avrebbero funto come oggetti per comunicare.
Ognuno di questi strani amuleti avrebbe risposto solo al proprio padrone. I trentadue artefatti che ormai pendevano dal collo dei diplomatici erano differenti l’uno dall’altro, in alcuni vi erano rappresentate due serpi che si rincorrevano mordendosi a vicenda le code, nella faccia opposta invece, alcune rune nei più disparati linguaggi allora conosciuti erano incise lungo tutto il perimetro dell’utensile. Il funzionamento era semplice, qualora il pericolo fosse stato nei paraggi avrebbero iniziato a illuminarsi di luce propria e risuonando negli elementi attorno a chi ne era in possesso avrebbero poi riportato la stessa luminescenza negli altri oggetti pur essendo a chilometri di distanza. Quando gli strani artefatti presagivano pericolo nelle onde sconosciute dell’equilibrio avrebbero iniziato a tingersi di rosso fuoco ad intermittenza, coloro i quali fossero stati accerchiati dal pericolo invece avrebbero notato che l’oggetto non avrebbe cambiato colore ne lampeggiava rimanendo della stessa tonalità sino a che lo stesso pericolo fosse stato debellato, mentre in caso i proprietari avessero voluto comunicare tra loro gli utensili per certi versi molto simili a monete, si sarebbero tinti di azzurro elettrico, e una volta che il manufatto avesse preso contatto con i corrispondenti lontani, colui che doveva riferire le novità avrebbe schiacciato sul petto lo stesso, i battiti del cuore a cui questo strano oggetto si legava avrebbero messo in contatto i due interessati, traducendo i battiti in parole nella mente di chi dall’altro lato riceveva la comunicazione.
Alla vista di questi oggetti molti rimasero attoniti, in pochi allora erano a conoscenza della magia, e questa seppur in minima parte era talmente stupefacente da lasciar tutti a bocca aperta, gli oggetti erano estratti da un materiale molto simile ai metalli lavorati dai nani, ma il loro peso risultava essere equivalente a quello di una piuma, la cosa interessò particolarmente agli abitanti del cuore delle montagne, ma gli stessi sauriani non sapevano da dove questo materiale venisse estratto.
Ormai tutti erano pronti a intraprendere il viaggio di ricerca degli emissari alle serpi molto cari; gli ordini erano chiari, qualunque gruppo avesse incontrato i maestri per primo avrebbe successivamente dovuto avvisare gli altri tramite gli amuleti, attendere i rinforzi, e infine, eseguire l’estrazione degli eventuali feriti in totale sicurezza una volta che i supporti sarebbero giunti sul luogo.
Oltre gli amuleti magici il più dotto dei sauriani presenti al consiglio consegnò una mappa raffazzonata e poco precisa del continente da loro esplorato sin lì, a quel punto però sorse un dubbio ai meno avvezzi e acculturati, gli amuleti in qualche modo avrebbero dato possibilità a tutti di comunicare, ma come avrebbero fatto a raggiungere le altre squadre in supporto non era chiaro a nessuno, Gaernes rispose cripticamente dicendo che in tal caso i Guardiani avrebbero donato loro indicazioni ben precise tramite gli strani oggetti, ma più di questo non seppe dire a coloro che temevano di perdersi nel vasto luogo in cui erano stati lasciar vivere. Il timore si iniziò a percepire dai fremiti e i tremolii delle gambe di alcuni dei presenti, in quanto fino a quel giorno la maggior parte dei diplomatici delle razze non aveva mai superato i propri confini, e ciò causava ai più nostalgia e a molte altre preoccupazioni.
I gruppi suddivisero le varie zone di ricerca, e prendendo coraggio iniziarono a fare gli ultimi preparativi per la missione che era stata assegnata loro, i trentadue membri del gran consiglio avevano ben chiaro ormai cosa avrebbero dovuto fare: setacciare ogni singolo anfratto, luogo buio e sinistro per salvare la vita a chi aveva donato loro la conoscenza. I primi tempi, dato che le varie usanze dei membri appartenenti ai gruppi erano infinitamente diverse tra loro, la convivenza non fu affatto semplice, ma dopo qualche giorno queste divennero la base di una colloquiale cooperazione, tutti appresero cosa stesse a cuore agli altri e così pian piano ogni sera il cibo variava, perché preparato da diversi individui ogni volta.
I metodi per sopravvivere al freddo notturno che insolitamente iniziava ad avvolgere l’intero continente, sembrava nascere dagli screzi nati tra i Guardiani, l’equilibrio delle stagioni vacillava, se un primo giorno il sole sorgeva alto e scaldava le anime e i cuori dei presenti sul continente, il giorno successivo regnava il freddo gelido.
Lo status quo iniziava a variare, ma la missione non poteva essere interrotta, ciò poteva costare caro a tutte le razze che allora governavano il mondo, dunque i gruppi avevano tutti lo stesso obiettivo e prima sarebbero riusciti a portarlo a termine prima il continente sarebbe tornato alla normalità. Sì perché oltre che aleggiare nelle menti e nelle parole dei Guardiani i dubbi iniziavano a espandersi anche alle varie popolazioni.
Il gruppo guidato da Myrril si doveva occupare delle ricerche nei vasti boschi ombrosi che potevano celare segreti ai più, ma la suddivisione scelta da Gaernes giovava a chiunque fosse con il Re degli elfi, anche Raynard grande condottiero umano era più che utile conoscendo abbastanza bene le colline attorno al regno umano, di tanto in tanto alcune piccole caverne celavano oscuri e preoccupanti segreti, ma i componenti del suo gruppo donavano lui grande sicurezza, Gaernes e i suoi invece setacciarono in lungo e in largo i vasti deserti rossi che circondavano Wyvern, mentre il compito più infausto di tutti, ovvero fare ricerche nei lunghi cunicoli che formavano gallerie di grandi lunghezze nel cuore dei monti era stato dato a Erdigrim e i suoi, fu loro la prima strabiliante scoperta, andando sempre più in profondità dei monti gli amuleti che lui e il suo gruppo indossavano di tanto in tanto si illuminavano di rosso fuoco destando preoccupazione negli animi già tesi di chi come lui dovette affrontare le ricerche nelle buie caverne; più in fondo andavano avvicinandosi al cuore della terra più questi amuleti rispecchiavano nel loro colore il pericolo al quale si stavano avvicinando, per centosettanta anni la sicurezza di essere le uniche razze presenti nella terra rischiarava gli animi dalle preoccupazioni e le tensioni, ma questa credenza fu ben presto rivalutata, in grandi caverne che si alternavano ai lunghissimi cunicoli, vi erano segni inconfutabili della presenza di vita, braci spente, legni accatastati e fasci di grano lasciati lungo i taglienti bordi e tra le varie stalagmiti che si stagliavano alte come guglie di sontuosi castelli. Vi erano accumulate pelli e carni quasi in stato di decomposizione, la tensione e la paura nelle facce stanche del gruppo di ricerca erano visibili da chilometri di distanza, calò il silenzio tra i vari membri della compagine, che fu poi spezzato dal serpeggiare di risate sconosciute e bisbigli incomprensibili.
Qualcuno era consapevole della loro venuta, costoro molto pazientemente li avevano seguiti lungo tutto il tragitto che li aveva portati così tanto in profondità.
Il gruppo si spalleggiò creando un cerchio, i loro volti nelle oscure caverne guardavano in tutte le direzioni senza però scorgere da dove venisse il suono di quelle agghiaccianti risate, ognuna di queste nel vasto spazio che li sovrastava rimbombava in ogni angolo, gli occhi dei componenti del gruppo di ricerca erano sbarrati e ormai abituati al buio che da giorni li accompagnava nelle ricerche, l’unica luce che avevano imparato a conoscere era quella emanata dai loro medaglioni, e d’un tratto torce baluginanti rischiararono tutto il luogo lasciando per qualche momento interdette le valorose creature che avevano accettato la missione.
Nei lontani boschi in cui le ricerche dei Myriil stavano procedendo senza alcun intoppo ci fu una svolta che nessuno dei componenti aveva anche solo osato immaginare; delle capanne in legno formavano un piccolo villaggio, il Re degli elfi non si era mai spinto così lontano dal suo regno, e pensava di averle viste tutte, ma ben presto questa sua consapevolezza venne elusa. Degli umanoidi sedevano attorno a un fuoco che era il fulcro del piccolo centro abitato formato da sole quindici capanne, ma coloro che le occupavano erano presi dalle varie faccende non accorgendosi che dal sottobosco lontano gli occhi dell’elfo li stava scrutando con attenzione e curiosità, nemmeno i due sauriani che fino a quel giorno sembravano essere a conoscenza di nozioni ai più sconosciute erano informati di queste creature.
Con molta cautela, a passi felini si avvicinarono al piccolo villaggio. gli umanoidi a quel punto si accorsero di non essere soli, ma dal primo all’ultimo alzarono le mani in segno di resa, costoro seppur sconosciuti non sembravano essere un problema, i loro modi di parlare e comportarsi anche se rozzi e non condivisi da Myriil e i suoi non volevano in alcun modo risultare ostili, parlavano quasi mugugnando in una lingua che non corrispondeva a quella che da poco era divenuta quella principale di tutta Mythir, anche il gruppo non pose le proprie mani sulle armi che ciondolavano dalle cinte di cuoio sui fianchi. Fu alquanto strano quell’incontro, e nonostante questi esseri esiliati da tutti fossero inquietanti accolsero attorno al fuoco il gruppo che tanto li aveva scrutati da lontano, a gesti offrirono agli uomini di Myrril cibo e bevande e nel frattempo anche loro studiavano con attenzione i modi che questi strani individui utilizzavano per relazionarsi tra loro.
La notte calò sulle verdeggianti e ricche colline, dove il gruppo di Raynard procedeva con le ricerche, nessun comodo letto attendeva gli appartenenti alla sua schiera, ma l’erba umida che solcavano con i passi divenne, per quella notte, il loro giaciglio, l’ambiente circostante riservava anche per loro sorprese inaspettate.
I medaglioni donati dai Sauriani ai gruppi, come impazziti iniziarono a brillare di rosso vivo nel pieno della notte, qualcosa di inquietante si muoveva nel buio profondo, e stava per raggiungerli, dei passi di marcia fecero tremare il terreno, e subito gli otto membri del gruppo agirono riarmandosi.
Degli occhi gialli si potevano scorgere nell’immenso buio in lontananza diretti verso il gruppo e tutto sembrava meno che questi esseri da tutti sconosciuti giungessero per cercare un confronto pacifico.
Il gruppo nel territorio sauriano continuava a vagare nell’immenso deserto di sabbia rossa che lo circondava, ma nessuna creatura si palesò d’innanzi a loro, nonostante il popolo delle serpi era quello che fino a quel momento conosceva il continente più di tutti gli altri popoli, si trovarono a dover affrontare territori aspri e crudeli, la sabbia finiva per essere anche più ostica di molti altri terreni, l’acqua che magari negli altri luoghi era comune, lì era un bene difficile da trovare e Gaernes aveva avvisato di ciò il suo gruppo, ma quello che più stupì la schiera di combattenti e Gaernes stesso furono gli appezzamenti di piante verdi e rigogliose che di tanto in tanto, procedendo verso l’ancor più profondo sud, davano il cambio con paesaggi desertici e alcuni canyon di pietra argillosa che dividevano per molti chilometri la città di Wyvern dalle coste sud-orientali, e in lontananza spiccava un monte sopra tutti gli altri, un monte che sembrava però essere fuori luogo in quel rosso deserto, le sue pareti erano diverse e in cima a esso non si poteva scorgere nulla in quanto il vento che a grandi altezze soffiava più impetuoso portava a se nubi bianche molto dense e sfumava di tanto in tanto in muri di sabbia, la vista di quel caratteristico picco lasciò spiazzati anche i due sauriani che pensavano di conoscere il loro territorio meglio di chiunque altro.
Cosa poteva celare agli occhi quella cima che tanto misteriosa torreggiava come vigilante del pericoloso e impervio deserto? Dovevano a ogni costo scoprirlo, così prendendo poi posto per il riposo ai piedi del monte stesso il giorno dopo si prefissarono come obiettivo la scoperta di quel misterioso luogo di nuova conoscenza.
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