Capitolo 42 - We're in Heaven

<< Allora, come è andata? Che ti hanno chiesto? >>.

Avevo appena finito l'esame orale della maturità, e Giacomo mi stava aspettando fuori dall'aula (aveva insistito per entrare e seguire la mia interrogazione, ma gliel'avevo vietato nella maniera più assoluta).

<< Non so, spero bene >> risposi, laconica.

<< Come "spero bene"? Sii più dettagliata >> insistette il ragazzo, prendendomi la tesina di mano. << Ti hanno chiesto solo gli argomenti che avevi scelto? >>.

<< No. Il prof esterno di italiano mi ha chiesto Pirandello, non Verga >> rivelai, irritata.

<< E quindi? Non ci credo che non gli hai saputo dire nulla >> fece Giacomo, aprendomi la portiera della sua auto.

<< No, tutt'altro. Ho parlato parecchio >> esclamai, criptica.

<< Menomale. Che gli hai detto? >> si informò, curioso.

<< Non puoi sapere quanto ho parlato, Giacomo >>.

Mi piaceva tantissimo tenerlo sulle spine.

<< Ma di cosa? >> mi spronò lui, concitato. << Stai diventando troppo omertosa >>.

Si sedette in auto e si voltò a guardarmi.

<< Mi ha chiesto di parlargli di "Uno, nessuno e centomila" e dei risvolti psichiatrici dell'opera >> svelai, sorridendogli.

<< E tu gli hai parlato di me >> dedusse.

<< Non di te. Della tua malattia. Pensa che, quando ho finito di parlare del disturbo dissociativo d'identità, ha iniziato a fissarmi, scioccato >>.

Giacomo scoppiò a ridere, divertito.

<< Allora, mettiamola così: il tuo cento e lode lo devi a me >>.

<< Smettila di dirlo! Ancora non si sa nulla >> specificai, scaramantica.

Mise in moto l'auto e imboccò l'autostrada.

<< Dove stiamo andando? >> mi interessai.

<< Hai fatto quello che ti ho chiesto ieri sera? >> domandò, criptico.

<< Sì, certo. Ma perché devi sempre rispondere alle mie domande con altre domande? >>.

Lo faceva ogni volta, era più forte di lui.

<< Conosci quel proverbio? >> disse, schiarendosi la voce con fare enfatico. << " Un matto sa più domandare che sette savi rispondere" >>.

<< Come vuoi tu, Buddha >> mi arresi, mettendomi a guardare fuori dal finestrino.

<< Ho saputo che, oltre ai Cranberries, ti piace Bryan Adams >> dichiarò.

<< Ma chi cavolo...? >> iniziai. << Davide, vero? >> dedussi.

<< Sì, è stato lui >> ammise, sorridendomi. << Stare insieme a te è come stare in paradiso >>.

Accese l'autoradio e si sentirono le prime note di "Heaven".

<< Ti ho già detto che ti assegneranno il premio "Fidanzato dell'anno"? >> gli sorrisi.

"Baby you're all that I want,
When you're lyin' here in my arms.
I'm findin' it hard to believe
we're in heaven...
And love is all that I need,
and I found it there in your heart.
It isn't too hard to see,
we're in heaven".

<< Siamo in paradiso >> cantò, non appena arrivammo a destinazione.

Mi aveva portata a mare...

Ecco perché aveva preteso che indossassi il costume da bagno sotto i vestiti (che genio).

<< Ti ricorda qualcosa? >> chiese, aprendomi la portiera.

Sì che mi ricordava qualcosa...

<< Il falò del terzo anno >> risposi, entusiasta.

<< Eri esattamente lì, la prima volta che ti ho vista >> rivelò, puntando l'indice verso un punto a pochi metri di distanza. << E stavi ridendo, lo ricordo bene. Ridevi di gusto... eri bellissima >>.

Mi prese per mano e mi condusse più avanti, verso un ammasso di scogli abbastanza appartato.

<< E qui mi hai rivolto la parola per la prima volta. Avevi un vestito bianco, lo ricordo come se fosse ieri, e ti eri portata da casa "Il piccolo principe" >>.

Era vero.
Ricordai che, nonostante le critiche di Giada, a quella festa avevo portato il volume di Antoine de Saint-Exupéry.

<< Che memoria >> gli dissi, ammirata. << Mi dispiace non ricordare nulla di quel giorno >>.

<< Quello è stato uno dei giorni più belli della mia vita, Mely. Parlare con te mi ha... non so, mi ha cambiato, probabilmente >>.
Gli rivolsi un'occhiata interrogativa e colpevole a un tempo: interrogativa perché non capivo cosa mai avessi potuto dirgli di così decisivo nel cambiare il decorso della propria vita, ma anche colpevole.

Colpevole, sì.

Com'era possibile che non ricordassi nulla di un giorno che addirittura Giacomo definiva "uno dei più belli della mia vita"?

<< Di cosa abbiamo parlato? >> volli sapere.

<< Di nulla in particolare, in realtà. Di Cosimo de "Il barone rampante" e del piccolo principe, perlopiù. Mi ha colpito incredibilmente la tua concezione tanto ottimistica della realtà >>.

<< Sì? >>.

Tipico di me: nonostante tutte le tragedie che sentivo ogni giorno al telegiornale, continuavo a confidare nell'intima bontà del genere umano.

<< Sì. Sei stata la mia farfalla >> dichiarò.

Farfalla?

<< Il complimento che ogni ragazza vorrebbe ricevere >> lo presi in giro.

Che non gli avessi letto la mia frase preferita del volume di Exupéry...

<< Ormai sono ripetitivo, lo so, ma te lo dico per la milionesima volta: ti amo >>.

<< Ti amo anche io >> gli dissi, baciandolo con passione.

Mi prese nuovamente per mano e mi aiutò a salire sugli scogli, premuroso. Giunti in cima, mi si presentò di fronte un panorama mozzafiato.

<< Sparks ha scritto che l'amore è come il vento: non si vede, ma si percepisce. Io invece credo che sia come il mare, sai? >>.

<< In che senso? >> domandai, pur perfettamente consapevole che le sue parole avessero sempre un senso.

<< Senza confini, immenso. E proprio per questo fa paura.Ognuno di noi, istintivamente, è terrorizzato dal mare: teme di precipitare nel fondo, di annegare. Finché non impara a nuotare, rendendosi conto che è la cosa più naturale e spontanea del mondo. È anche così in amore, no? Amare, in fondo, è abbandonarsi, lasciarsi andare, senza troppi timori o preconcetti, senza troppi condizionamenti mentali, capendo così che è la cosa più naturale e pura che ci sia. Come galleggiamo in acqua per natura, respiriamo perché abbiamo dei polmoni, pensiamo perché abbiamo un cervello, così amiamo perché abbiamo un cuore. E io ti amo >>.

<< L'ho sempre detto io: nomen omen, Ariosto >> dissi, tornando a maledire la miriade di capillari sul mio viso, così dannatamente sensibili da farmi arrossire per ogni cosa.

Ci sdraiammo sugli scogli e rimanemmo così, abbracciati l'uno all'altra, fino a sera, contemplando il tramonto e poi le stelle.

<< L'amor che move il sole e l'altre stelle, no? >> esordì Giacomo, a un tratto.

<< Dovresti iscriverti a Lettere, lo sai? Saresti un ottimo insegnante >> lo presi in giro (ma neanche troppo).

<< Stare con me non sarà mai sicuro nè facile, lo sai? >>.

<< Lo so >> gli dissi, sorridendogli. << Come tutte le cose per cui valga la pena lottare >>.

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"L'amore è sempre paziente e gentile, non è mai geloso. L'amore non è mai presuntuoso o pieno di sé, non è mai scortese o egoista, non si offende e non porta rancore. L'amore non prova soddisfazione per i peccati degli altri ma si delizia della verità. È sempre pronto a scusare, a dare fiducia, a sperare e a resistere a qualsiasi tempesta".

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Ringrazio tantissimo chiunque ha avuto la pazienza di leggere tutta la storia, dal primo al quarantaduesimo capitolo. Un grazie, in particolare, a tutte/i coloro che hanno votato e/o commentato, siete state/i gentilissime/i! Spero di non avervi annoiate/i troppo con la mia fissa per la medicina e per la musica (a proposito, al capitolo ho allegato l'audio della versione di "Heaven" dei Boyce Avenue e Megan Nicole. Se volete ascoltarla, fatelo: vi assicuro che è dolcissima *-*),
alla prossima! ^^
Koira :)

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