Capitolo 39 - Si può cambiare
"Vuoi essere felice per un istante?
Vendicati.
Vuoi essere felice per sempre?
Perdona".
Tertulliano
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Non c'era nessuno al piano terra, una volta giunta in cima alle scale. Mi diedi rapidamente un'occhiata intorno, per sicurezza, e salii fino al piano superiore, entrando nella stanza di Giacomo, disordinata come sempre, e chiudendomi delicatamente la porta alle spalle. Dove diavolo aveva lasciato il cellulare? Spalancai i cassetti della scrivania, agitata, trovando solo libri e quaderni. Attrasse la mia attenzione un piccolo diario, sepolto da una decina di romanzi. In effetti, Giacomo sembrava proprio un tipo da diario segreto, così introverso e sentimentale...
Sfogliandolo frettolosamente (persino in occasioni del genere, la curiosità era troppa), trovai una vecchia fotografia che ritraeva una ragazza dall'aria intelligente: che non fosse...
Sua madre.
Sì, probabilmente era lei: aveva il suo stesso sorriso dolce...
Quel viso, però, era terribilmente familiare...
La donna somigliava tantissimo a Ludovica, la moglie di Riccardo, l'ex ragazzo di mia madre.
Sì, era proprio lei!
Ma cosa diavolo ci faceva Giacomo con una sua foto?
<< Sempre ad impicciarti di cose che non ti riguardano, eh? >>.
La signora Dorotea era entrata nella stanza, chiudendosi alle spalle la porta. Notai che in mano aveva una pistola...
<< Perché Giacomo ha una foto di questa donna? >> le chiesi, terrorizzata.
<< Non è chiaro, stupida ragazzina? È sua madre! Anzi, era sua madre... >>.
<< Era? >> ripetei, confusa.
<< È morta circa tre mesi fa. Uno spiacevolissimo incidente... >>.
Scoppiò a ridere.
Non era possibile, non poteva essere morta: era in Siria da mesi, come corrispondente di guerra...
<< L'ha uccisa lei? >>.
La mia era un'accusa, più che una domanda.
<< No, sciocchina. L'ha uccisa Luca. Io sono solo una povera vecchia... >>.
Si avvicinò di più a me e mi colpì in fronte con l'arma, facendomi cadere a terra. La vista divenne sfocata...
<< Credo sia il caso di chiudere definitivamente la faccenda con te >> annunciò, risoluta.
Aveva un'espressione che non lasciava trasparire nulla di umano...
<< Visto che nessuno dei due idioti è stato in grado di finirti, me la vedrò io stessa >>.
<< Perché sta facendo questo? >> le chiesi.
La mia era una vera e propria supplica, probabilmente vana, visto che dai suoi occhi non trapelava neppure un accenno di umana pietas.
<< Te l'ho già detto. Per vendicarmi >>.
<< Ma di cosa? Di un fatto successo oltre trent'anni fa? >>.
<< Esattamente trent'anni fa >> mi corresse, furente. << Tuo zio ha ucciso mia figlia. Certe cose non si dimenticano >>.
Decisi di svelargli la verità: dopotutto, potevo aggrapparmi solo a quello per sperare di salvarmi la vita...
<< Non è stato mio zio a causare quell'incidente. È stato suo figlio >> rivelai, sperando che credesse alle mie parole.
<< Cosa diavolo stai dicendo? Cosa ne devi sapere tu di questa faccenda? >> sbottò la donna.
Le mani avevano iniziato a tremarle.
<< Mi creda, lo so. Non sto mentendo, giuro su suo nipote che è la verità! >> strillai, notando che aveva puntato la pistola esattamente all'altezza della mia fronte.
<< Non può essere così, non ci credo... Lui... Lui me l'avrebbe detto, se fosse stato così... >> balbettò la donna.
Stava sudando abbondantemente.
<< Non gliel'ha detto perché temeva la sua reazione >> improvvisai, in preda all'ansia.
Altro che esami di maturità...
<< E lei l'ha trasformato in un assassino. Sarà contenta, presumo. Tutto quello che è successo da quel giorno è stato solo ed esclusivamente a causa sua. Si è lasciata consumare, a poco a poco, dal desiderio di vendetta, rinunciando persino a dare un briciolo d'amore all'unico che non c'entrava nulla in tutto questo: suo nipote Giacomo. Lei e suo figlio lo avete usato, approfittando della sua malattia, e adesso lui sta morendo, proprio per colpa vostra! >>.
Quelle parole uscirono spontanee, una dopo l'altra, frutto dei sentimenti di rabbia e di impotenza che provavo.
<< Giacomo... Giacomo sta male? >> bofonchiò l'anziana, sedendosi sul suo letto.
Notai che era marcatamente dispnoica e che aveva posto la mano destra, quella con cui reggeva la pistola, sullo sterno.
<< Non sta male. Sta morendo! >> urlai, disperata.
La donna continuava a stringersi il petto e respirava affannosamente.
<< Io... >> fece, stravolta. << Ho bisogno delle mie compresse... non mi sento molto bene... >>.
D'istinto, scattai in piedi e le presi di mano l'arma, gettandola a parecchi metri di distanza. La nonna di Giacomo si era sdraiata sul letto, sofferente.
<< Ho bisogno delle mie compresse... ho bisogno delle mie... >> sussurrava, dolorante.
<< Dove ha messo il cellulare di Giacomo? >> le chiesi, scuotendola. << Dov'è? >>.
<< Giù in cucina >> rivelò, la voce ridotta a un flebile lamento.
Stava per avere un infarto, ne ero sicura, e sapevo anche come impedirlo, ma perché avrei dovuto aiutarla? Perché, dopo tutto quello che aveva fatto a me, e soprattutto a suo nipote?
Non meritava di vivere.
Mi precipitai giù per le scale, ignorando le sue suppliche, ed individuai il telefono. Accanto all'apparecchio, scorsi la confezione di isosorbide dinitrato: proprio quello che serviva alla signora Dorotea per far regredire i sintomi.
Cosa fare?
Ero veramente in grado di uccidere una persona? E con quale coraggio avrei potuto, poi, tornare alla vita di tutti i giorni, con addosso la consapevolezza di aver interrotto, sia pur indirettamente, un'esistenza?
Avevo il diritto di farlo?
No, mi dissi, risoluta.
Non potevo.
Non avrei mai potuto farlo.
Estrassi dalla confezione una compressa e mi precipitai al secondo piano, trovandovi l'anziana ancora sofferente.
<< Prenda >> la esortai, porgendole la pillola.
Inaspettatamente, la gettò a terra.
<< Non credo di esserne degna >> dichiarò. << Lasciami morire. Pensa a mio nipote >>.
No, non potevo permetterle di morire. Non dopo la difficile decisione che avevo preso.
<< Si può cambiare, lo sa? Non pensa proprio a suo nipote? Come potrebbe vivere senza di lei? >>.
<< Starebbe meglio, visto tutto quello che gli ho fatto. Non sei stata tu a dire che ho rovinato lui e mio figlio? >>.
Era visibilmente mortificata.
<< Ma si può sempre cambiare, gliel'ho detto. Sa, una volta suo nipote mi ha detto che proprio grazie a lei ha ricominciato a vivere, che è stata lei a dargli la forza di andare avanti >> raccolsi la pillola dal pavimento. << Ora ingoi questa compressa, o la costringo io a farlo. E la avverto: non sarà piacevole >>.
<< Devi essere un angelo >> esclamò la donna, ingerendo il farmaco. << Ora capisco perché mio nipote si è innamorato di te. Mi ricordi tanto sua madre >>.
<< Io scendo a chiamare la polizia e un'ambulanza, ok? >> annunciai, categorica. << Lei rimanga sdraiata sul letto, non si muova >>.
<< È stato mio figlio... è stato... lui... non ci credo, non può... >>.
La abbandonai ai suoi pensieri, quasi sentendomi in colpa per averle svelato la verità.
Mi diressi nuovamente verso la cucina, pronta a chiamare i soccorsi, ma il cellulare non era più sul tavolo.
Dove diavolo era...?
<< Cerchi questo? >> domandò una voce maschile alle mie spalle.
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Spazio autrice:
Dunque, vi spiego un attimino la faccenda della nonna di Giacomo, così non rischio di essere troppo criptica. La tipa soffriva di angina, una patologia che deriva da una riduzione dell'apporto di sangue al cuore (molto semplificato, il mio prof mi ucciderebbe se lo leggesse -.-'). Ha avuto una crisi e l'isosorbide dinitrato (un farmaco che aumenta il flusso ematico al cuore e riduce il lavoro cardiaco, ma non sto qui a spiegarvi la farmacodinamica che è lunga) ha evitato che sviluppasse un infarto (più grave dell'angina, perché significa che parte del tessuto cardiaco è in necrosi -morto-).
Spero di essere stata chiara e che a qualcuno interessi (non mi piace che le cose che scrivo siano troppo indecifrabili).
Grazie della lettura e perdonatemi l'angolo Dr. House! ^^
Alla prossima,
Koira ^^
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