Capitolo 28 - Questione di fiducia
<< Mely, perché sei tornata col tram? Non eri uscita con Giacomo? >>.
Mio padre sapeva che ero andata a pranzare con Giacomo e, per di più, ne parlava come se fosse la cosa più normale di questo mondo?
Ok, questo sì che era strano.
Persino più bizzarro del fatto che stesse chiacchierando con il signor Ariosto.
<< Ehm... >>.
Esitai, incerta. Non avevo certo intenzione di dirgli la verità?
<< ... Giacomo doveva accompagnare un suo amico a casa e ho preferito prendere il tram per non fare tardi >> dissi, tutto d'un fiato. << Dovrei iniziare a studiare qualcosa, altrimenti rischio di non essere ammessa agli esami >>.
<< Quale amico? >> si interessò il signor Ariosto.
Ma cosa diavolo gliene importava?
<< Mi pare che si chiami Matteo >> risposi, sfuggente.
<< Ah, sì. Gran bravo ragazzo quel Matteo >> osservò lui, sorridendomi.
Non potei fare a meno di domandarmi come facesse a conoscerlo, dal momento che, dalle loro parole, avevo dedotto che i due si erano conosciuti al liceo. Ricordavo che la signora Dorotea, al nostro primo incontro, aveva detto che il figlio era stato arrestato quando Giacomo era ancora un bambino, cioè almeno dieci anni prima. Seppur ben lungi dall'essere una cima in matematica (avevo un nove, ma giusto per non abbassare la media), nel periodo in cui Giacomo frequentava le superiori il padre doveva essere già in galera, no? E non trovavo proprio plausibile, viste le violenze domestiche, che avesse mantenuto rapporti di alcun tipo né con il figlio né con la madre.
<< Che avete mangiato di buono? >> chiese mio padre, accarezzandomi una guancia.
<< Pizza e patatine fritte, papà. Non fare domande retoriche >> risposi, abbracciandolo.
<< La tua solita alimentazione salutista, allora >> mi prese in giro.
<< Sì, lo so. Entro i quaranta anni avrò un carcinoma del colon >> dichiarai, citandolo.
<< Amore, l'alimentazione è uno dei principali fattori di rischio, non lo sai? Una dieta ricca in vegetali e fibre, invece, aiuta... >> iniziò, sfoggiando erudizione.
Detestavo quando faceva così.
<< Ok, papà. Ho capito >> lo interruppi, seccata. << Piuttosto... di cosa parlavate voi due? >>.
<< Io purtroppo devo andare >> si intromise il vicino. << Ho un appuntamento di lavoro. Giacomo ha detto per che ora sarebbe tornato? >>.
<< No >> lo liquidai, irritata.
<< Peccato >> commentò, salutando e allontanandosi.
Ma a che gioco stava giocando quell'uomo? Fino a pochi giorni prima quasi mi ordinava di non frequentare il figlio, dicendomi che ero "troppo seria" per lui, e adesso voleva sapere a che ora rientrava? Non credevo neppure che ne avesse il diritto, viste tutte le violenze che gli aveva fatto subire, quando era solo un bambino.
<< Allora? >> tornai all'attacco. << Di cosa parlavate? >>.
<< Del più e del meno >> rispose mio padre, evasivo.
<< Sì, e del per e del diviso. Papà... >>.
Il mio tono di voce, notai, era diventato involontariamente più aggressivo e risoluto.
<< ... non puoi venirmi a dire che parlavate del più e del meno. Non è credibile, ok? Non è credibile che tu mi chieda cosa ho mangiato a pranzo con Giacomo, quando, se non vi foste detti qualcosa di importante, nella migliore delle ipotesi mi avresti messa in punizione almeno fino al test di ingresso >>.
Inaspettatamente, mio padre scoppiò a ridere.
<< Che c'è da ridere? >> domandai, confusa.
<< Quello che hai appena detto, Mely. Non ti avrei messa in punizione fino al test di ingresso, per chi mi hai preso? Piuttosto, ti avrei mandata a vivere dalla nonna fino ai venticinque anni, questo sì >>.
Gli rivolsi un'occhiataccia.
<< Infatti, ho detto "nella migliore delle ipotesi". Non hai sentito? >> gli feci notare. << E non cambiare argomento. Cosa vi siete detti? >>.
<< Entriamo in casa >> ordinò, spalancando il cancello.
Dopo aver chiuso il portone d'ingresso, rispose alla mia domanda.
<< È venuto a trovarmi poco dopo che tu e Giacomo siete andati a pranzare >> iniziò, sedendosi su una poltrona in salotto. << E... mi ha raccontato tutto >>.
Tutto? Delle violenze, dell'omicidio... Come era possibile?
<< T-tutto cosa? >> balbettai.
Non poteva avergli detto tutto, no. Mio padre era la persona più ligia alla legge che conoscessi. Per dirne una, persino da pedone non attraversava la strada se il semaforo era rosso, anche se non si vedevano auto per chilometri all'orizzonte. Non era possibile che fraternizzasse con un ex galeotto indagato per l'omicidio della moglie...
<< Tutto. Mi ha detto che è stato in galera perché picchiava Giacomo, ma che adesso è una persona diversa, e si vergona tanto di quello che ha fatto. È persino scoppiato in lacrime, Mely. Dovevi vederlo... >>.
Ecco. Non gli aveva detto proprio tutto.
<< Fingeva >> dichiarai, sicura. << Papà, sono state proprio le sue azioni a far... ammalare Giacomo. Non puoi credergli se ti dice che è cambiato. Non puoi credere ad uno che ha picchiato il figlio con tanta violenza da arrivare a rompergli la milza >>.
Mio padre parve colpito dalla mia rivelazione.
<< Ma adesso dice di essere cambiato >> osservò.
<< Dice, appunto. Ma chi ce lo dimostra? >>.
<< Nessuno. Ma credo che dovremmo dargli fiducia >>.
<< Fiducia? Dov'è finito il papà che sospettava persino della buonafede di un'ottantunenne? Non eri tu quello che diceva che la signora Dorotea nascondeva qualcosa? >> lo punzecchiai, irritata.
<< E non eri tu quella che non negava una seconda occasione a nessuno? >>.
Quelle sue parole mi fecero sentire in colpa: aveva ragione. Ma in quel caso la situazione era fin troppo chiara: come si può perdonare una persona che ha maltrattato il frutto del suo stesso sangue? Una persona che, senza alcuna pietà, ha malmenato per anni un bambino piccolo e indifeso? Non tolleravo neppure i genitori che sgridano i bambini in pubblico, umiliandoli davanti ad estranei, figuriamoci riuscire anche solo a pensare di dare una seconda possibilità a quell'uomo (se così si poteva definire).
<< Quindi >> tentai. << Adesso ti va bene se frequento suo figlio? >>.
In fin dei conti, a me interessava solo quello.
Sospirò.
<< Mely, a nessun padre andrà mai bene che la figlia frequenti un ragazzo >> disse. << Però, ho notato che quel tipo è riuscito a farti sorridere, cosa che non accadeva da quando... be', da molto tempo >>.
<< Quindi? È un sì...? >> insistetti.
<< Diciamo un ni >> non si sbilanciò. << Io vado a guardare la tv, amore. Sta per iniziare "Peppa Pig" >>.
Scoppiai a ridere. Come poteva passare da discussioni su questioni etico-morali che avrebbero fatto invidia a Immanuel Kant in persona a... Peppa Pig?
<< Sei incredibile, papà. Possibile che nelle nostre conversazioni sembri sempre io il genitore e tu il figlio? >>.
<< Che vuoi che ti dica, sono un ragazzino >> fece spallucce, dirigendosi verso la cucina.
Decisi di salire nella mia stanza a studiare, cosa che -ahimè- non facevo da troppo tempo. Ormai eravamo a Giugno, e da lì a pochi giorni ci sarebbero stati gli esami di maturità. Iniziai a sistemare la tesina, dando un'occhiata a "I Malavoglia" di Verga, e mi misi a leggere un po' di letteratura, consapevole che la prima prova sarebbe stata proprio di italiano. Stavo ripetendo Montale, quando mi squillò il cellulare. Era un sms: "Perdonami".
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