Capitolo 10 - Solo una possibilità
<< Vuoi ascoltare la radio? >>.
Era evidente che quella situazione imbarazzasse più lui di me. Così vicini non eravamo più stati, dopo l'"incidente" del pomeriggio precedente. Ma allora perché diavolo mi aveva offerto - anzi, imposto - un passaggio?
<< No, sto bene così >> risposi.
La mia proverbiale fortuna, poi, avrebbe fatto sì che la radio, contro ogni statistica possibile, trasmettesse nuovamente "Let it be". E questo avrebbe decisamente peggiorato le cose.
<< Ti piacciono i Cranberries, vero? >>.
Ecco, questo sì che era inquietante; possibile che lui e Giada avessero sul serio impiantato delle microcamere in casa mia? Parve cogliere la mia espressione impressionata.
<< Stai tranquilla, non ti sto spiando. Ho letto il nome del gruppo sull'ipod >>.
Già, che stupida. Abbassai lo sguardo sul lettore, fermo su 'Linger'.
<< Sì, li adoro >> mi lasciai sfuggire.
<< Non sono male, in effetti. Anche se io preferisco i Beatles >>.
<< Perché mi hai lasciato quel biglietto stamattina? >>.
Non riuscii a trattenermi: che senso aveva fingere di essere amici, quando tutti e due sapevamo benissimo che era pericoloso anche solo guardarsi negli occhi?
<< I-io .... >> iniziò.
<< Ti prego, lasciami stare. È evidente che non sono interessata a te, e, anche se lo fossi, sai benissimo che non potrebbe succedere niente tra noi due >>.
Forse ero stata troppo dura con lui. Frenò bruscamente e scese dalla macchina. Fuori aveva iniziato a piovere, e in poco tempo si ritrovò inzuppato dalla testa ai piedi. Non capivo cosa avesse intenzione di fare, fermo in piedi sotto la pioggia. Aprii la portiera e lo raggiunsi.
<< E adesso cosa diavolo stai facendo?! >> strillai.
Mi guardò intensamente. Distolsi in fretta lo sguardo: possibile che stesse avendo una "transizione", come le chiamava sua nonna? Gli sottrassi le chiavi dell'auto dalla mano, pronta a fuggire alla prima avvisaglia di pericolo.
<< Perché non mi vuoi dare una possibilità? >> chiese.
La sua, più che una domanda, suonava come una supplica.
<< Mi sembra chiaro il perché >> mi limitai a dire.
Sembrò sorpreso da quella risposta.
<< Per via della mia malattia? >>.
Annuii. Era chiaro che fosse per quello, che razza di domande faceva?
<< Ti chiedo solo una possibilità, Melissa. Oggi sono andato dallo psichiatra, che mi ha cambiato la terapia. Dice che mi darà più effetti collaterali, ma dovrebbe tenermi sotto controllo >>.
Pretendeva davvero che gli credessi? Non ero affatto un'ingenua, nonostante la giovane età.
<< Mi dispiace ... >> cominciai.
<< Melissa, ti giuro su mia madre che mi allontanerò da te e da tutta la tua famiglia, se mai ti farò anche solo un graffio >>.
Wow, doveva essere proprio innamorato per giurare sulla madre defunta. O estremamente fiducioso nella nuova terapia. Ma io non ero ancora convinta; dopotutto, a parlare era il Giacomo buono, e chi poteva garantirmi che l'avrebbe comunque pensata così, una volta "trasformatosi" nel suo alter-ego?
<< Ti prego >>.
Era tornato a supplicarmi.
<< D'accordo >> dissi, quasi automaticamente.
E me ne pentii nell'istante stesso in cui pronunciai quelle parole.
Giacomo si illuminò in volto.
<< Grazie >> esclamò.
Nel frattempo, anche io mi ero completamente inzuppata. Lui se ne accorse, e fu rapido a tornare in auto e prendermi il suo giaccone, adagiandomelo sulle spalle.
<< Adesso ci conviene tornare in macchina >> disse.
Gli porsi le chiavi, ma non le prese.
<< Guida tu, io ho un po' di sonnolenza. Gli effetti collaterali che ti dicevo prima iniziano a farsi sentire >>.
Mi sedetti dalla parte dell'autista, spiazzata. Giacomo era decisamente più alto di me, e non di poco: dovetti spostare in avanti il sedile di alcuni centimetri e regolare lo specchietto retrovisore.
<< Stai tranquilla, ci sono io >> mi rassicurò.
Certo, chi non starebbe tranquillo avendo accanto un potenziale sociopatico?
Non che il mio ex insegnante di guida fosse meglio, in effetti.
Misi in moto l'auto, riuscendo miracolosamente a non spegnerla. Sembrava che con lui accanto fosse tutto più facile.
<< Quindi ti piacciono i Beatles >> dichiarai.
Il silenzio era persino più imbarazzante della discussione di prima.
<< Sì >> si limitò a rispondere.
Evidentemente non voleva parlare del bigliettino di quella mattina.
<< Dovresti cambiare marcia >>.
<< Ma tu non eri sonnolente? >> puntualizzai.
Rise.
<< É che la mia auto mi sta chiamando in aiuto >>.
Tipico dei ragazzi.
<< Già, perché le auto parlano, come dite voi uomini. Io non le ho mai sentite, comunque >>.
<< Forse perché parlano una lingua diversa dalla tua >> mi prese in giro.
Decisi di accettare il suo consiglio; allungai la mano per cambiare marcia, e in quello stesso momento compì anche lui lo stesso movimento, così che le nostre mani si sfiorarono. Sentii tremare la sua, incredibilmente fredda, sotto la mia, e la allontanai rapidamente.
<< Scusa >> disse, guardandomi con aria triste e al contempo spaventata.
<< Non preoccuparti >> lo rassicurai. << Succede >>.
Per il resto del tragitto nessuno dei due proferì parola. Eravamo quasi arrivati a casa, quando mi ricordai di non aver risposto all'sms di mio padre.
Cavolo, mi avrebbe come minimo uccisa se mi avesse vista insieme a Giacomo, per di più a guidare. Ferma ad uno stop, estrassi il cellulare dalla tasca e guardai l'ora, tirando un respiro di sollievo: erano ancora le cinque e mezza . Composi rapidamente un sms di risposta: "Papà, non preoccuparti. Mi ha accompagnata a casa Giada". Almeno non si sarebbe spaventato. Giacomo guardava fuori dal finestrino.
Un'ultima curva, e arrivammo a casa.
<< Tua madre sarà preoccupata >> dichiarò.
<< Non credo, le luci sono spente. Deve essere uscita a fare la spesa >>.
Strano, però. Di solito era sempre in casa, a quell'ora.
<< Allora, io scendo qui >> dissi, spegnendo l'auto e restituendogli le chiavi.
Mi guardò, stupito.
<< Guarda che anche io abito qui. O forse ti ho graffiata cercando di cambiare marcia e adesso devo abbandonare il quartiere? >>.
Quella sua affermazione mi fece ridere involontariamente. Come poteva passare, in pochi minuti, dalla timidezza più estrema al sarcasmo pungente? Quella sua capacità mi affascinava.
<< Giusto. Però la macchina la parcheggi tu >> specificai.
L'avevo lasciata praticamente in mezzo alla strada. Tipico di me, non sapevo proprio cosa fosse un parcheggio.
<< La prossima volta ti insegnerò a parcheggiare >>.
Dava per scontato che ci sarebbe stata una prossima volta. Forse non avrei dovuto illuderlo, dandogli una possibilità.
<< Vedremo. Buonanotte >> gli dissi, allontanandomi.
Mi ricordai di avere addosso il suo giubbotto. Feci per togliermelo, ma mi fermò.
<< Te l'ho detto, me lo restituirai la prossima volta, quando ti insegnerò a parcheggiare >>.
<< Grazie >> gli dissi.
Mi avvicinai al cancello di casa e lo aprii.
<< Comunque non avrei sperato in niente di meglio che toccare la tua mano, stasera >> mi strillò dietro.
Non commentai.
<< Buonanotte, Melissa >>.
Non si poteva negare che fosse incredibilmente dolce.
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