Capitolo 34 - incontri fugaci
Mi sdraio sul letto dopo aver cenato, ma passano la bellezza di cinque minuti che subito sento il mio telefono squillare.
Sbuffo sonoramente allungando il braccio verso il comodino, come giro il display verso di me, noto un numero non registrato nella rubrica.
«Pronto?» la voce che sento dall'altro capo del telefono mi porta ad alzare subito gli occhi al cielo «ciao Julia, ti disturbo?», cerco di essere più cordiale possibile, evitando di far notare il mio tono scocciato, sta già iniziando male, Manuel.
«No, dimmi pure», non vedo l'ora di chiudere «volevo chiederti se ti va di uscire domani pomeriggio» mi alzo dal letto cercando il pigiama nell'armadio, mentre rispondo poco interessata «si, avviso Sonia, ora devo andare, buonanotte» lo liquido il prima possibile, per poi digitare il numero di Sonia e informarla della chiamata non richiesta.
«Pronto?» la sua voce squillante risuona nel mio orecchio, accenno una risatina e rispondo «indovina chi mi ha appena chiamata», lei subito intuisce e ridacchia «iniziamo già male eh?» alzo gli occhi al cielo con un sorriso, non potendo negarglielo «direi di sì, odio i tipi appiccicosi, come ben sai» lei rimane in silenzio.
«Ci sei?» la richiamo, quando sto per attaccare la chiamata, convinta che la linea sia disturbata, la sento ridacchiare sotto voce «sto aspettando» la sento dire, non capendo di cosa stia parlando «che cosa?»
«Che tu mi dica che ho ragione!» ...continuo a non capire «ma su cosa? Non ti capisco», lei allora cede, e inizia a spiegare «Julia non puoi forzare una cosa che parte già male in partenza. Questa persona non ti piace neanche un po' e continuerà ad essere così, penso che l'unica cosa che cambierà sarà che lo troverai sempre più pesante» conclude.
Ha ragione, ma cosa dovrei fare? Sbuffo sonoramente in modo che lei mi senta, come a darle la ragione ma senza ammetterglielo, «comunque domani sei con me, mi ha già chiesto di uscire il tipo» Sonia a quella frase ride di gusto, per poi confermare e darmi la certezza che non mi lascerà sola, tutto ciò mi consola immensamente.
Dopo esserci date la buonanotte e aver chiuso la chiamata, mi lascio avvolgere dalle dolci braccia di Morfeo, sprofondando in un sonno profondo.
La mattina sento il telefono suonare insistentemente, questo rumore fastidioso non mi ha dato modo sicuramente di avere un risveglio piacevole. Afferro con violenza il telefono dal comodino guardando chi è, quando vedo il nome di Sonia, lo ributto nel comodino, cercando di ignorarlo. Ma cosa vorrà adesso?
Quando non sento più quella suoneria fastidiosa, il mio corpo si rilassa nuovamente, ma nel momento esatto in cui sto per riprendere il sonno terribilmente interrotto, sento nuovamente quella maledetta suoneria riecheggiare nella stanza.
Apro gli occhi e con movimenti nervosi mi alzo, afferro il mio dannatissimo telefono e rispondo senza nemmeno vedere chi mi chiamava.
«Pronto?» Sonia balbetta dall'altro capo del telefono, notando il mio tono di voce alquanto irritato «buongiorno Juli, allora, dormito bene?», il suo girare intorno alla questione mi innervosisce ulteriormente, così, priva di tatto, le dico in modo molto schietto «cosa vuoi? Mi auguro che la cosa che tu hai da dirmi sia di estrema urgenza, e anche che tu me la dica nell'arco di due secondi», Sonia risponde prontamente, e tutto d'un fiato.
Sa quanto mi infastidisce essere svegliata così. «S-si certo, ecco... diciamo che volevo chiederti l'orario per oggi» spalanco gli occhi incredula e le chiudo la chiamata in faccia, poi la chiamerò.
Mi corico nuovamente nel mio letto, sprofondando dolcemente e chiudendo gli occhi, cadendo nel baratro del sonno, o almeno ci provo, dato che non ci riesco. Abbastanza seccata da ciò, decido di alzarmi, mi faccio una doccia calda e vado in cucina, prendo una tazza di caffè per donarmi forze, utili per questa giornata, poi prendo il telefono e, con molta calma, chiamo Sonia che, fino ad ora, non mi ha mandato nemmeno un messaggio.
Il telefono fa in tempo a fare uno squillo, che subito sento la sua vocina dall'altro capo della linea «buongiorno!» esclama contenta è finita troppo esuberante, di prima mattina.
Tuttavia, la mia risposta al suo buongiorno, è solo un mugugno di parole «cosa vuoi?» passo subito al dunque, è fin troppo che l'ho richiamata. In genere prima che io parli con una persona appena svegliata delle passare come minimo un'ora.
Lei, tuttavia, questa cosa la sa perfettamente, infatti non si arrabbia minimamente anzi, con un tono molto più calmo del precedente, mi risponde «volevo chiederti, a che ora ci dobbiamo incontrare questo pomeriggio, con i ragazzi?»
Lo sbadiglio che fuoriesce dalla mia bocca, fa intendere alla perfezione il mio interesse in questa fantomatica uscita «non lo so, sai ieri l'ho liquidato abbastanza in fretta, non lo stavo nemmeno ascoltando» le confesso con molta tranquillità, lei trattiene il respiro, «ma Julia! Mischino, se ne sarà accorto secondo te?» sollevo le sopracciglia sorpresa della sua affermazione, mi meraviglia che non abbia ancora capito che non me ne può fregar di meno.
«Non saprei» inizio «e non mi interessa» concludo la mia risposta, accompagnata da un'alzata di spalle.
Lei sospira, come al solito, e mi raccomanda di farle sapere. Io, invece, nel frattempo, le annuisco disinteressata e riprendo in mano la lettera che parlava del corso di cucito, mantenendo il telefono tra l'orecchio e la spalla «Juli! Non mi stai ascoltando, vero?» Continuo ad annuire, facendole capire che ha ragione, continuando a cercare con gli occhi la data di inizio corso.
Decido di dirlo a Sonia, tra una cosa e l'altra, il corso di cucito non mi è passato nemmeno nell'antica metà del cervello, questi giorni. «Mi sono iscritta a un corso di cucito» lei a sentirmi, esulta «davvero? A me sta insegnando mia zia, ho fatto anche due camicette uguali, una per me e una per te. Stasera te la porto», mentre la ascolto (questa volta), metto la busta della lettera sopra il caminetto «si, sono curiosa!» Detto ciò, ci salutiamo, tanto ci dobbiamo tenere informate per "l'uscita".
Una volta aver pranzato, mi sdraio cinque minuti, prima di chiamare Sonia. Ma proprio nel momento in cui sto per digitare il suo numero, lo schermo del display si illumina.
«Pronto?» già mi immagino chi sia, «ehi, sono Manuel», allontano il telefono dal mio viso, alzando gli occhi al cielo e sbuffando, poi lo riavvicino al mio orecchio e accenno un sorriso finto «dimmi»
Spero solo che si muova
«Ti ho chiamata per sapere l'orario di stasera» fa una breve pausa, mentre io rimango in silenzio «a te andrebbe bene alle cinque?»
Sì, basta che tempo un'ora e me ne rivado «si, perfetto, anche perché oggi devo rientrare un po' prima» invento una scusa grande come questa casa, lui prontamente risponde «allora se vuoi possiamo fare anche prima» spalanco gli occhi.
Assolutamente no!
«Ormai non posso prima, ho già preso degli impegni», improvviso un'altra scusa «allora lasciamo così, ci sarà modo ti vederci un altra volta per più tempo»
Spero vivamente di no
«Ma certo!» fingo divinamente
Ma quando chiude?
«Ora devo andare»
Dato che non chiude lui la chiamata, lo faccio io.
«Va bene, a tra poco» alzo per l'ennesima volta gli occhi al cielo, come appoggio lo sguardo verso la porta della stanza, vedo Anna appoggiata allo stipite della porta, ma da quando è lì?
Chiudo finalmente la chiamata, per poi rivolgermi a lei «da quanto sei qui?» le domando accigliata, lei sorride «più o meno da quando è iniziata la chiamata» il sorriso si trasforma in una vera e propria risata «ho visto tutte le tue facce buffe e annoiate»
Le sorrido, come posso negarlo? Le racconto tutto ciò che è successo ieri, ma le parole uscire dalla sua bocca sono esattamente le stesse di Sonia «non riuscirai mai ad andare avanti con questa situazione se non la affronti. E non puoi dimenticarlo agendo così» ne sono consapevole, non la guardo in viso, abbasso lo sguardo e devio il discorso.
Quando Anna si dirige verso casa sua, io esco dal cancello percorrendo la strada opposta, mi incontro con Sonia e insieme andiamo verso la piazza, intravedendo già all'entrata di questa, le due figure di Simone e Manuel che ci aspettano, seduti su una panchina.
Prendo a braccetto Sonia, mentre ci addentriamo nella piazza, andando verso di loro. Non appena ci avviciniamo, sento dentro me una sensazione di vuoto e ansia che si impossessa del mio corpo, non riesco a controllarlo.
Con una scusa banalissima mi avvicino a Sonia e ci allontaniamo di qualche metro «Julia ma che hai?» lei subito nota il mio essere un po' strana, ma non faccio in tempo a risponderle che subito spalanco gli occhi.
Vedo la sua figura slanciata fuori dalla piazza principale, quegli occhi in cui mi sono immersa un sacco di volte, ora non notano il peso del mio sguardo mentre osservo i suoi movimenti. Ma dopo nemmeno cinque minuti, lui sale su un autobus e sparisce dalla mia vista, lasciandomi l'amaro in bocca. Lo vedo allontanarsi sempre più da me, lui che con se porta via anche tutte le mie speranze e le notti passate in bianco. Vorrei solo che i ricordi e i bei momenti che ho passato viaggiano con lui, che gli restano appiccicati alla mente così tanto da non riuscire a liberarsene, così come è successo a me. Con quest'immagine abbandono ogni speranza, ogni cosa che ho provato in questi anni, lo sconforto, il timore e la mia debolezza nei suoi confronti. Lo lascio andare non togliendoli gli occhi di dosso fino a quando non scompare dalla mia vista, così da imprimersi nella mente che questo è l'unico contatto che avrò con lui, fino a quando non sarò stata capace di mettere una fine a tutta questa storia, che per anni mi ha risucchiato in un vortice da cui spero di uscirne il più presto possibile, e soprattutto da sola, senza di lui.
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