Capitolo 30 - malattie infantili
Sono davanti al lavandino intenta a insaponare i piatti, mentre penso che domani dovrò impacchettare i miei bagagli e partire per l'ennesima volta.
Inutile dire che io non sono per niente d'accordo, e appena sento il campanello suonare con l'entrata di mia mamma dal portone principale, mi irrigidisco.
Mi volto verso la porta con ancora le mani insaponate, vedo la figura di mia madre accompagnata dall'amica con un sorriso. Mi adocchia subito sorridendo e avvicinandosi a me a braccia aperte, le faccio un sorriso tirato venendole incontro e ricambiando l'abbraccio.
Ci stacchiamo e lei continua a guardarmi sorridente, «allora, come stai?» faccio una smorfia piena di indifferenza per liquidare con un «sto bene», poi mi giro nuovamente verso il lavandino per finire ciò che avevo iniziato poco prima e concludere con una frecciatina «sto bene, qui», termino la frase mostrando ancora le spalle.
Sento tutti gli sguardi incuriositi su di me, mentre proseguo a risciacquare il tutto.
Nell'aria si respira un certo imbarazzo da parte di tutti quanti, a causa mia. Tutti continuano a mantenere un rigoroso silenzio fino a quando non mi volto verso mia madre, notandola con il viso chinato verso il pavimento che si tortura le mani. Seppure posso avere degli atteggiamenti da stronza, non mi piace vederla così, quindi prendo un discorso banalissimo pur di spezzare questo momento di tensione.
«Allora...» inizio, non sapendo minimamente che dire «com'è andato il viaggio?» domando la prima cosa che mi passa in testa.
Lei solleva il viso con lo sguardo su di me, accennando un sorriso timido «bene, un po' stressante ma niente di che», le sorrido e poi mi volto per prendere un panno asciutto e asciugare i piatti.
Nel frattempo, zia e nonna prendono parola «volete un po' di caffè?» l'amica di mamma pronuncia un «sì» talmente a bassa voce da fare fatica a sentirlo, mentre mamma annuisce prontamente.
Zia allora va verso la cucina affiancandomi e prendendo la caffettiera dalla credenza, mi dedica uno sguardo fugace e poi inizia a bisbigliare «non fare così, infondo è sempre tua madre», la guardo di sbieco e poi mi volto verso mamma seduta sul divano, cercando di non farmi vedere, e rispondo a zia «lo so, ma sa quanto io soffra», lei sospira ormai arresa dal mio comportamento e finisce il discorso «lo sa benissimo, ma purtroppo la situazione è questa, non fargliene una colpa», non mi concede nemmeno il tempo di risponderle che posiziona la caffettiera nella cucina a gas e prontamente si sposta, dirigendosi verso il tavolo e accomodandosi nella sedia.
Una volta finito, mi siedo tra zia e nonna, che nel frattempo hanno iniziato a parlottare cercando di mettere a proprio agio anche l'ospite.
Dopo essere rimasta in silenzio per dieci minuti, mi alzo improvvisamente dalla sedia e subito gli occhi di tutti sono puntati su di me «io vado a coricarmi un po'», osservo tutti, sentendomi a disagio ad avere tutti quegli sguardi addosso a me «la vostra stanza è già pronta» concludo, rivolgendomi a mamma e sorridendo a entrambe, dopodiché esco dalla cucina e vado in camera, mi sdraio e cerco di rilassarmi.
Tutti i miei tentativi però falliscono, il mio unico pensiero è che domani non avrò scampo, dovrò salire su quella maledetta auto e dirigermi verso la nave che mi condurrà dritta in Toscana.
Ripenso al viso dolce e pulito di Anna e a tutto quello che ha fatto per me in questi giorni, ripenso a Sonia, a quanto le ho stressate entrambe con Mirco, alla festa in piazza e ai suoi sguardi fugaci quando giocavo con i miei cugini, ripenso a quanto sono felice qui e a quanto tutto questo mi mancherà terribilmente tanto.
Chiudo gli occhi e mi addormento senza nemmeno accorgermene, con ancora il suo viso in testa.
Sento un leggero fastidio agli occhi, di colpo una voce acuta irrompe nella stanza interrompendo bruscamente il mio beato sonno, disturbando. Mi giro dall'altra parte del letto coprendomi con il lenzuolo fino alla testa, per alleggerire quella luce che penetra dalla finestra.
«Ju?» sento la voce di mamma che ha spalancato le tende, «dai alzati, tra un po' abbiamo la nave»
Mugugno sotto le coperte facendo finta di non sentirla, lei allora si avvicina a me continuando a incitare per alzarmi, mentre cammina verso la porta per uscire.
«Sto male» bisbiglio con voce assonnata, sento i suoi passi tornare indietro e avvicinarsi a me, «che hai?» si inchina per vedermi, scostando leggermente il lenzuolo che ora mi copre solo mezzo viso; apro gli occhi con malavoglia e continuo a mugugnare scuse pur di non alzarmi e non partire, «ho nausea e un fortissimo mal di testa» dopo aver detto ciò mi ricopro la testa con il lenzuolo «chiudi la tenda che mi da fastidio la luce» sento che si allontana e i raggi caldi del sole dissiparsi, la camera è nuovamente avvolta nell'oscurità per la gioia dei miei occhi.
«Ti porto una bustina per il mal di testa?» levo il lenzuolo dal viso e intravedo la sua figura appoggiata allo stipite della porta, «si, ma per la nausea?»
Lei tira un sospiro, ha già capito tutto ed è in evidente difficoltà «Ju, so che stai facendo tutto questo perché non vuoi partire» vedo le sue iridi puntate su di me, mi ricopro la faccia e continuo a borbottare a bassa voce, lamentandomi.
Alla fine, si arrende, tira l'ennesimo sospiro e prende parola «e va bene, hai vinto» dopo aver detto ciò la vedo incamminarsi verso il corridoio, subito le urlo contro «che cosa?!» la sento da lontano mentre continua a camminare «avviso tuo padre che partirò da sola, oggi» per non farmi vedere, mi volto verso il muro e mi copro la testa con le coperte, spalanco gli occhi e sorrido felice, l'ho scampata.
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