Capitolo 21 - una partenza strappalacrime

Mi alzo dal letto leggermente frastornata, questi giorni non sono riuscita a chiudere occhio la notte a causa dei mille pensieri che mi bombardano la testa.

La prima cosa che faccio è dirigermi in cucina per prepararmi un po' di caffè, così da tenermi sveglia anche durante il volo.

Nel frattempo mia madre entra vedendomi con due occhiaie spaventose, non mi chiede nulla, anche se vorrebbe, ma sa già benissimo la motivazione di questo mio stato d'animo: mio padre. Proprio quando sto per andare a farmi una doccia calda per rilassarmi un po', entra lui e si avvicina a me abbracciandomi; io inizialmente rimango spiazzata, erano due giorni che a stento mi rivolgeva la parola, e questo gesto di affetto non me lo aspettavo proprio. Quando si stacca dall'abbraccio, mi guarda dolcemente per poi andare verso la porta. Quando è sull'uscio, si ferma di spalle «alle tre del pomeriggio sono qui per andare all'aeroporto. Fatti trovare pronta» lo guardo girato di spalle, e passano un paio di secondi prima che io riesca a rispondere «sì, tranquillo» dopo avermi sentita, continua a camminare davanti a sé e chiude il portone.

Rimango ancora impalata lì davanti, fino a quando non sento Fati che mi risveglia dal mio stato di inconscio, e corre ad abbracciarmi «io non voglio che tu vada via» ha gli occhi lucidi e le lacrime iniziano a bucarle le sue guanciotte rosa.

Non riesco più a trattenere le mie emozioni, davanti a tutta questa situazione, e finalmente, crollo anche io. Tutta la mia buona volontà di non cedere qui, di non piangere davanti a loro si frammenta davanti alla figura di mia sorella.

Mi inginocchio per abbracciarla anche io, lei quando mi vede così si asciuga le lacrime e mi

guarda incattivita «ehi! Qui se c'è qualcuna che si può permettere di piangere, sono io! Non tu!» mamma nel vedere la situazione e la determinazione di mia sorella, scoppia in una risata, e anche io, a quel punto, non posso farne a meno.

Non so nemmeno io perché abbia reagito così, io sono contenta di poter ripartire, ma sicuramente la situazione in casa con mio padre, il suo abbraccio e il piagnisteo di mia sorella mi ha scosso talmente tanto da portarmi a piangere come una fessa, senza una reale motivazione valida. I sentimenti, i pensieri e ciò che stava succedendo in me in questi giorni erano talmente contrastanti tra loro da avermi fatto cedere, completamente.

Ad un tratto sento mio fratello uscire dalla sua camera, ancora assonnato va verso la cucina, quando nel corridoio vede me con Fati a terra con le guance rigate dalle lacrime, e la mamma con un sorriso nel viso.

Si ferma per capire la situazione fino a quando, accigliato, scuote la testa «ma cosa succede qui? Perché voi siete in terra? E tu perché ridi? Loro piangono e tu ridi... questa è una gabbia di matti» continua a borbottare entrando in cucina, mentre noi ridacchiamo per la sua faccia confusa.

Faccio fare la doccia a Fatima per poi entrare io, e quando finalmente siamo tutti pronti iniziamo a fare colazione nel tavolo da pranzo «mi spieghi, ora che la situazione è più normale di prima, perché eravate buttate nel pavimento dell'andito piangendo? Non dovresti essere felice che parti?» si rivolge a me.

Addento un cornetto e lo rispondo, mentre lui continua a guardarmi confuso «infatti lo sono, è che la situazione in casa con papà non è stata d'aiuto, poi prima che tu ti alzassi mi ha abbracciata, e quando se ne stava andando questa monella...» accarezzo i capelli di Fati, parlando di lei «mi ha abbracciata e fatta piangere, e poi si è arrabbiata dicendo che l'unica che poteva farlo era lei, mamma vedendo la scena si è messa a ridere e poi sei arrivato tu» gli spiego a grandi linee ciò che è successo, lui mi guarda stranito mentre continua a mangiare, poi scuote la testa e si alza dalla sedia «una gabbia di matti, mi hanno adottato perché altrimenti non si spiega, sono l'unico sano in questa casa» continua a ridacchiare mentre borbotta tra se e se, mentre io e mamma iniziamo a sparecchiare la tavola.

Mi dirigo verso la mia stanza per controllare di non aver dimenticato nulla da portare in Sardegna, quando all'improvviso entra Ale «Juli ti vuole mamma, devi aiutarla ad apparecchiare» lo guardo storto per poi andare in cucina «scusa, ma Alessio non poteva aiutarti? Io stavo facendo cosa» lui guarda la TV beato in sala, ignorandomi completamente, così io, a dispetto, mentre apparecchio sbatto le cose per fare più rumore possibile. Sono una rompi coglioni, lo so, ma mi diverto un sacco. Quando siamo quasi pronti per mangiare, sentiamo papà rientrare, così mamma inizia a distribuire il pranzo.

Mangiamo in rigoroso silenzio, non sapendo cosa dire, non so come muovermi e preferisco starmene sulle mie. Finalmente l'ora di partire arriva, dopo aver finito di sparecchiare, prendo la valigia per dirigermi in salotto e salutare tutti.

Mio padre è già in macchina aspettandomi, quindi mi devo dare una mossa. Mi avvicino a mamma abbracciandola, lei mi stringe a se e mi sussurra qualcosa all'orecchio «vai, e sii felice» mi stacco dall'abbraccio prendendole le mani «lo sarò mamma, grazie» si avvicina mio fratello e inizia a dire cose senza senso «allora, cosa sono questi momenti strappalacrime? Tranquilla che di me non te ne liberi, tra due mesi sono di nuovo da te» lo guardo iniziando a ridere «beh, allora ti aspetto» mi abbraccia per poi prendermi la valigia e iniziare a portarla in macchina.

Fati è vicina alla porta, con le braccia incrociate e un musino arrabbiato. È offesa, e vorrebbe piangere, ma non lo fa per farmi vedere che lei è forte e per non far piangere anche me «e tu, mi raccomando...» le sciolgo le braccia facendomi abbracciare, lei non oppone resistenza e, dopo un pò, mi abbraccia «devi fare la brava e aiutare mamma, non farla arrabbiare altrimenti per Natale non vengo» mi guarda con gli occhietti lucidi, e io non posso far altro che sciogliermi davanti a lei «ma è difficile non farla arrabbiare, lei urla per tutto» inizio a ridacchiare, per poi rivolgermi verso mamma «e tu, non urlare per tutto, che Fati deve concentrarsi per fare la brava» lei ride, mentre mamma rimane in silenzio, annuendo dolcemente.

Mio fratello rientra in casa e, vedendo da situazione, cerca di smorzare l'aria di tristezza che ci avvolge «ancora qui? Cosa aspetti? Muovi il culo che papà ti aspetta. Alla mocciosa ci penso io» le mette il braccio sopra la sua testolina e lei inizia ad arrabbiarsi verso di lui «guarda che io non sono il tuo mobile d'appoggio, appoggiati da qualche altra parte, antipatico!» lui, di tutta risposta ride, e inizia a fargli versacci e facce buffe, così io ne approfitto e vado verso la macchina.

Vedo mio padre intento a guardare davanti a lui, chissà cosa sta pensando. Apro lo sportello e salgo in macchina, quando sente che lo richiudo si "risveglia" dal suo stato di trans e mette in moto la macchina. Il viaggio prosegue in rigoroso silenzio, ogni volta è così. Lui tutte le volte che mi accompagna all'aeroporto, non mi guarda e non mi parla, e io ho sempre rispettato questa sua volontà. Guardo fuori dal finestrino, cullata dalla musica che passa in radio, fino ad addormentarmi.

Mi risveglio a causa della posizione scomodissima, e quando riapro gli occhi, la prima cosa che vedo dal finestrino, è proprio l'aeroporto. Cerco di stiracchiarmi come meglio posso, quando poi mio padre parcheggia, io lo guardo, e non sapendo che fare con lui prendo la valigia dai sedili posteriori.

Quando sto per scendere lui mi prende la mano «mi raccomando fai la brava, ci vediamo per le vacanze di Natale va bene?» ho gli occhi lucidi, e non vorrei mai staccarmi dalla presa di papà, ma purtroppo è già tardi, e tra poco chiudono il gate, quindi sono costretta a lasciarlo e a rassicurarlo «certo, ti chiamo appena arrivo» scendo dalla macchina e mi dirigo dentro, dopo essermi persa non so quante volte, trovo il gate e aspetto che ci facciano salire sull'aereo.

Questa attesa è snervante, non vedo l'ora di arrivare lì. Dopo non so quanto tempo, finalmente ci fanno salire, mi accomodo al mio posto, e aspetto. L'agitazione inizia a scorrere in me e la contentezza si propaga come un fiume in piena. Sono felicissima, e soprattutto pronta. Sono pronta a vederlo, questa volta le cose andranno meglio, e spero con tutto il cuore che riusciamo a mettere da parte l'orgoglio e abbattere i nostri muri di difesa che ci siamo costruiti.

Sono pronta, sto arrivando.

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