Capitolo 19 - ritorno improvviso e ripartenza
Preparo le valigie con le lacrime agli occhi. sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, ma quando ci sei così vicino, seppure sei preparato, fa male lo stesso.
Appena mi sdraio nel letto sento le lacrime che iniziano a pizzicarmi gli occhi, non riesco a fermare i pensieri che mi vorticano in testa e che non accennano ad andarsene.
Perchè? Perchè dev'essere tutto sempre così complicato tra noi due? Mai un attimo di tregua, ogni volta che sembra le cose stiano andando bene, lui deve rovinare tutto.
Non lo vedrò per chissà quanto tempo, non avrò più la possibilità di incrociare quegli occhi che mi trasmettono così tante emozioni, non vedrò più il suo bel viso, non avrò l'opportunità di far in modo che il nostro conflitto possa finire.
Mi risveglio con la testa che sembra un palloncino, il mascara è tutto colato lungo le mie guance, ho un aspetto terribile.
«Tesoro preparati, tra un'oretta partiamo»
Vado in bagno per lavarmi la faccia e cercare di levare i residui di trucco presenti sul mio viso. Ho un'aria sconvolta: i miei occhi sono vuoti, contornati per di più da due enormi occhiaie violacee, la mia pelle olivastra risulta molto più pallida del normale e il sorriso che un tempo mi illuminava il viso, si è sostituito da una linea dritta.
Mia madre si affaccia allo stipite della porta, mi guarda per poi andarsene.
Sa benissimo come sto, per questo non mi degna di mezza parola per tutto il tragitto fino alla nave.
Una volta arrivata in cabina, mi butto nel letto e ascolto musica, quando sento la nave iniziare a muoversi, e le onde, non riesco più a trattenere le lacrime, così mi affaccio all'oblò, e ciò che vedo mi spezza il cuore. La mia terra, si sta allontanando sempre più e io non posso più farci nulla.
Chissà quando potrò tornarci, quando potrò essere di nuovo felice.
Mille ricordi mi annebbiano la mente: le risate, la scuola, le litigate con lui... sento già la nostalgia di quei momenti felici, che non torneranno mai più.
Tutte le mie paure si materializzano quando metto piede sulla terraferma. Ormai devo rassegnarmi, non servirà a nulla continuare a piangere.
Arriviamo al porto di destinazione, ci prepariamo le poche cose portate in cabina e abbandoniamo quella terribile stanza.
Percorriamo un tratto non indifferente in macchina fino ad arrivare a casa, devo dire che questo posto non mi è mancato neanche un po'.
Le pareti grigie, l'arredamento trascurato e le scale, tutto è così miseramente orrendo ai miei occhi.
Una settimana. È passata esattamente una settimana da quando sono qui. Il mio malumore aumenta ogni giorno che passa. Non mi piace stare qui e ogni momento è buono per ricordarlo anche ai miei genitori. Ma d'altronde, cosa possono farci? Nulla.. assolutamente niente.
Cerco sempre di non pensare ai momenti felici, perché quelli, ora, mi ricordano di quanto io sia infinitamente triste.
E Dio... quanto mi manca lui.
Per quanto io volessi dimenticarlo, sono consapevole che non ci riuscirei mai.
Mentre sto giocando con Fatima in salotto, sento il telefono squillare nel corridoio, ma non faccio in tempo ad alzarmi, che mia madre si precipita a rispondere.
Dopo cinque minuti, si affaccia alla porta con gli occhi lacrimanti e visibilmente preoccupata.
La guardo accigliata, lei si avvicina a noi e finalmente sputa il boccone amaro.
«Nonno... nonno sta male, dobbiamo partire subito»
In quel momento non riesco a pensare nemmeno io lucidamente, mio padre rientra da lavoro visibilmente stanco, e quando sente ciò che mamma gli ha riferito, si precipita a chiamare la zia, per chiederle di prepararci i biglietti.
In questo momento, sento due emozioni differenti, che si scontrano tra loro.
Non nego del fatto che sono felice di rientrare, finalmente, ma il pensiero che mio nonno abbia il cancro mi elimina ogni residuo di felicità.
Il viaggio lo passiamo in completo silenzio, nessuno sa cosa dire, sono momenti delicati; ognuno vive e soffre il proprio dolore.
Appena varco la soglia della porta di casa di nonna, lo scenario che mi si presenta davanti mi spezza il cuore. Mio nonno, mio nonno non è riuscito a sconfiggere il cancro; questa malattia se l'è portato via.
Mia nonna, con lo sguardo assente, fissa insistentemente un punto a caso della stanza; mia zia piange sulla spalla di mio zio e gli altri parenti sono seduti nel divano, non riuscendo ad esprimere il dolore che provano in questo momento. Tutt'intorno a me si è fatto cupo. Il sole che riempiva di luce questa casa se n'è andato via per sempre.
Sono ancora sconvolta dalla notizia, non riesco ad assimilare il tutto. Quando mia cugina nota che non mi sono ancora mossa dall'uscio della porta, si avvicina a me per abbracciarmi.
In quell'esatto momento, sento che il mondo mi crolla addosso.
Nonostante siano passati un paio di giorni, io non riesco ancora a realizzare pienamente ciò che è realmente successo. Quell'uomo che, per me, era indistruttibile, forte come una roccia e con un sorriso sempre stampato in viso, è stato battuto da una malattia come il cancro.
Mentre ero per le mie in cucina, sentivo mia zia spiegare come erano andate le cose, mio nonno si è sentito male all'improvviso, seppure prima non avesse nulla; quando l'hanno portato all'ospedale ormai era troppo tardi, il cancro si era diffuso in tutto il corpo, e i medici non hanno potuto fare più nulla per salvarlo.
Passano cinque giorni dal funerale, quando poi siamo costretti a tornare a casa.
Non voglio, mi rifiuto di partire ancora, io sto bene qui, come fanno a non capire il male che mi causano portami con loro?
Mia nonna, come vede che io mi ribello a tutto questo, si avvicina prendendomi le mani, e con la dolcezza che solo una nonna può trasmettere, mi rassicura.
«Julia, ti prometto che a breve tornerai, e rimarrai qui per un bel periodo di tempo, non preoccuparti. Ora parti tranquilla, lascia che sistemiamo un paio di faccende, e poi verrai. In questo momento non fa, cerca di capire anche tu»
Mi guarda con gli occhi lacrimanti. Le sue parole placano la mia tristezza riempiendomi di speranza. Non mi mentiva, lei no.
L'abbraccio stringendola a me, e subito dopo salgo in macchina, questa volta molto più fiduciosa, e con la speranza nel cuore di tornare.
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