capitolo 50

Cause baby you look happier, you do
My friends told me one day
I'll feel it too


« Non sono pazza! » grido, mentre Jack e Alex mi trascinano dalle braccia, dentro casa.

« Su, Maddie, il dottore ha detto che devi stare a riposo. » Jolene mi spinge da dietro, ma non voglio entrare in casa. Non prima di aver sfondato la porta di Mickey Mouse.

« Ora devi spiegarci ciò che è successo, sono molto confuso, Maddie. » dice Alex, sospirando. Lui è confuso la maggior parte delle volte, non è una novità. Il punto è che sono confusi tutti, e mi fanno sentire davvero pazza. Non ho avuto le allucinazioni, non sono ancora così cogliona, inoltre, non sono drogata.

« Niente, la paura di aver quasi ammazzato una persona, mi ha mandato fuori di testa. Sono svenuta e basta. » dico, sfuggendo alla loro presa, andandomi a sedere sul divano. La testa mi scoppia, mi sento debole e forse non ho riposato abbastanza, perché mi sento davvero uno schifo. Sarà colpa del fuso orario, devo ancora abituarmi.

« Abbiamo iniziato bene... » borbotta Annabelle, venendo accanto a me. Mi prende la mano, mentre mi studia con attenzione, come se fossi veramente malata.

« Smettila, mi inquieti. » le dico, spingendola più in là. Non capisco perché mi guardano come se fossi un alieno. Solitamente non svengo mai, penso sia stata una tra le prime volte. Oppure sono morta e il mio fantasma è qui? O magari sto solo sognando, sì.

« E noi che volevamo uscire... » dice Alex, sbuffando. Beh, grazie mille. Non è colpa mia se il mio cervello mi fa brutti scherzi.

« Potete uscire lo stesso, starò qui a fare la brava, poi, stasera usciamo di nuovo, magari. » dico, sorridendo.

« E lasciarti sola a casa, in queste condizioni? » chiede Jolene, indicandomi con l'indice, alzando un sopracciglio. Wow, ancora non mi sono abituata al fatto che abbia un cuore e si preoccupi davvero per me. Cioè, me l'ha dimostrato in tutti questi mesi, ma lei é Jolene, quindi è strana. Non è affettuosa, tende a stare sempre per i fatti suoi quando è arrabbiata, ma, almeno, sa esserci per gli amici, quando hanno bisogno d'aiuto.

« Beh, se proprio ne sei sicura... » dice Alex, assottigliando lo sguardo. Alzo gli occhi al cielo, prendendo il telecomando da sopra il tavolino e accendo la TV.

« Potete andare quando volete, mi trovate qui. » dico, iniziando a fare zapping, sperando di trovare qualcosa da guardare per passarmi il tempo. In momenti come questi, mi servirebbe il mio PC e il wifi, così guarderei serie tv fino alla nausea.

Che bello, sono a Londra, chiusa in casa, svengo peggio di Dante, inoltre ho avuto le allucinazioni. E il dottore mi ha chiesto pure se avessi assunto stupefacenti, incredibile. Quando gli ho descritto l'aspetto del ragazzo che mi aveva portata in ospedale, mi ha sorriso, comprensibile, e mi ha guardata come se fossi psicopatica.

Nemo salta sul divano, accoccolandosi accanto a me e i ragazzi sembrano convinti. Alex storce il naso, poco convinto, ma finisce per cedere.

« Ci facciamo solo un giro e torniamo subito. » dice, e annuisco. I ragazzi mi salutano ed escono di casa. Lo sento chiudermi a chiave dentro casa e alzo gli occhi al cielo. Come se mi potesse venire un attacco di pazzia, e scappassi di casa. Contenti loro, contenti tutti.

Nemo fa le fusa e sorrido, accarezzandogli il musetto. Ci passa la lingua di sopra, facendomi ridacchiare, e lo stringo di più a me, sentendo il suo pelo caldo contro il mio corpo. Gli lascio un bacio sulla testolina, grattandolo, poi, sotto il mento e lui chiude gli occhi.

Alex ha dovuto pulirlo al posto mio, dopo la caduta miracolosa dentro il wc, e per fortuna non è successo come con Harry, che lo stava per uccidere con il getto d'acqua. Ora che ci penso, Harry me lo stava per uccidere più di una volta.

Beh, non andavano molto d'accordo, ma non erano neanche così male, soprattutto perché, a volte, il mio gatto si lasciava accarezzarle soltanto da noi due.

Non so  neanche quanto tempo sia passato da quando sono tornata dall'ospedale, ma so soltanto di essere confusa.

Sposto Nemo, mettendomi a sedere e mi tolgo le converse. Prendo il cellulare, cercando qualche rete wifi, ma hanno la password.  Beh, vuol dire che il mio vicino ha il wifi, quindi potrei chiedergli la password.

Dopo aver quasi rubato la sua macchina, dubito che mi rivolgerà ancora la parola. Ma, tentar non nuoce!

Inizio a cercare le mie ciabatte, ma non le trovo da nessuna parte. Mi fermo un attimo, pensandoci, e ricordo di avergliele lanciate. Una scusa in più per recarmi da lui.

Lascio Nemo sul divano, che dorme beatamente, e vado verso la porta, aprendola piano. La chiudo e mi dirigo verso quella del mio vicino. Inizio a bussare, non troppo forte, e la porta si apre in uno spiraglio.

« No! » esclama, chiudendomi la porta in faccia. Ma...
Busso di nuovo, ma non mi apre più. Deve essere davvero arrabbiato con me.
So di essermi comportata male, probabilmente mi starà ad un chilometro di distanza quando mi vedrà, ma gli chiederò scusa.
Sospiro e vado verso la mia porta, ma è chiusa.

Alex ha le chiavi. Ottimo, fantastico! Da dentro si apre, ma Nemo ancora non è così intelligente da aprire porte. Più che altro, non è così alto.

Busso di nuovo, appoggiando la fronte contro la porta.

« Ehi, scusa se ti rompo, ma sono rimasta chiusa fuori, ho i piedi scalzi, tu hai le mie ciabatte. » dico, tristemente, sperando di suscitare in lui un po' di compassione.

Come non detto, la porta si apre e Michael mi guarda male.

« Entra, ma non parlare. » dice, quasi in tono minaccioso. Non appena entro, mi guardo intorno, mettendo a fuoco l'appartamento. Non è molto diverso dal nostro, solo un po' in disordine. Scarpe dappertutto, nel salotto c'è ancora qualche cartone di pizza sul tavolo, e in un angolo c'è il pianoforte.

« È tuo? » chiedo, indicandolo.

« No, ora stai zitta e fai la brava. Non devi muoverti dal divano, capito? Io tra poco devo uscire, ho paura di lasciarti qui, onestamente. Potresti dare fuoco a tutto.» dice, terrorizzato. Wow, forse gli ho fatto una bruttissima impressione la prima volta.

«Se mi dai la password del WiFi, starò qui, proprio come un angioletto. » dico, facendo lo sguardo da cucciolo bastonato. Lui alza gli occhi al cielo e allunga la mano, prendendo il mio cellulare dalle mani. Va nelle impostazioni, cliccando sul wifi e immette la password. Me lo ridà, guardandomi male e si passa la mano tra i capelli.

« Prometti di fare la brava? »  chiede, inarcando un sopracciglio, sospettoso.

« Promesso! » dico, esaltata.

« Bene, se trovo una sola cosa fuori posto, farò in modo di rispedirti in America. » sorride in modo forzato e lo scimmiotto, ma lui mi fulmina con lo sguardo. Alzo le mani in segno di resa e inizio a cazzeggiare con il cellulare.

« Se c'è qualche problema, mandami un messaggio su WhatsApp. Segna il mio numero.  » afferma, e faccio come dice, salvando il suo numero in rubrica. Gli mando un messaggio, perché vuole avere la conferma, e poi mi guarda un'ultima volta, sempre in modo strano, e poi va via.

Farò la brava, è molto carino a fidarsi di me, nonostante io abbia fatto ciò che ho fatto.
Non mi sembra il caso di curiosare tra le sue cose o girare per la casa, ma il mio sguardo scatta verso il pianoforte. Beh, solo una canzone, mica combino qualche guaio. E menomale che dovevo cazzeggiare con il cellulare.
Vado verso il pianoforte, sedendomi davanti ad esso, e osservo i tasti.

Forse quello che è successo oggi, mi ha resa ancora più sensibile, perché, più guardo il pianoforte, più mi viene da piangere. Tocco i tasti e sospiro, non può essere così difficile. Ce la posso fare, è soltanto una canzone.

Inizio a suonare le prime note di Endless love, una tra le prime canzoni che Harry mi aveva insegnato a suonare, o almeno, ci stava provando. E ora capisco cosa provava ogni volta, quando chiudeva gli occhi e suonava con amore. Sono davvero impazzita?

« Mi spieghi perché diavolo stai toccando il mio pianoforte? » chiede una voce, con un forte accento inglese, alle mie spalle, e sento il mio cuore bloccarsi.

Mi alzo di scatto, girandomi verso di lui, ma non riesco a guardarlo bene, a causa delle lacrime che mi offuscano la vista.
Oddio, sta succedendo di nuovo.

Sto impazzendo sul serio, o mio Dio.

« Ti ho fatto una domanda! Che diavolo ci fai in casa mia? » avanza di più verso di me, ma non ce la faccio. I miei polmoni sono bloccati, il mio cuore sta per cedere, così come le mie gambe. La stanza incomincia a girare, e, Santo Nemo, sono davvero peggio di Dante.

Potrò scrivere la Divina Commedia, parte seconda. Con la mia fervida immaginazione, riuscirò a fare uscire fuori una roba da sballo. Le mie allucinazioni stanno peggiorando.

« Penso di stare per svenire... » dico, allungando un braccio verso il pianoforte, per aggrapparmi a qualcosa.
Lui si precipita verso di me, prendendomi dalle braccia, e sbatto lentamente le palpebre.

« Sei Gesù Cristo sceso in terra. » dico, vedendolo triplo.

« Sono Harry, e tu sei mentalmente instabile. » dice, ma non appena mi conferma il nome, ecco che non vedo più niente.

Porca puttana, Dante, ora ti capisco.

Harry, tu sei la mia Beatrice.

*****

« Avanti, svegliati, dannazione! » sento qualcuno scuotermi per la spalla, dandomi qualche schiaffetto in faccia, per farmi reagire. Cerco di aprire gli occhi, ma mi sento male, di nuovo. Non voglio finire in manicomio, sono troppo giovane.

Cerco di aprire gli occhi, mettendo a fuoco il suo viso, a poca distanza dal mio, mentre mi scruta con preoccupazione e confusione.

« Puoi dirmi qualcosa? Stai bene? » chiede, guardandomi con un cipiglio. Osservo il suo viso, ma non capisco più qual è la realtà.

« I tuoi occhi sono come l'Irlanda. » dico, e sento i miei occhi riempirsi di lacrime. Questo sogno sembra troppo reale, e lui mi manca davvero troppo.

« Che cavolo...» borbotta, facendo una smorfia.

« Verdi, come l'Irlanda. » dico, allungando una mano verso il suo viso, ma si scansa subito.

« Come diavolo ti chiami? » domanda, e mi stropiccio gli occhi, cacciando indietro le lacrime.

« Maddie. Non fare finta di non saperlo, non è divertente. Tutto questo non è divertente, Harry. Ora dammi un pugno in faccia, devo svegliarmi, perché mi fa male, per favore. » dico, singhiozzando. Mi tiro su, mettendomi a sedere, e lui si siede per terra, lontano da me. Mi guarda in modo strano, scioccato, forse ha davvero paura di me.

« Smettila, subito! » grido, prendendomi la testa tra le mani. « Esci dalla mia testa, ti prego! Sto male, per favore, non farmi questo. » scoppio a piangere, colpendomi la testa con le mani, come se potessi farlo uscire dalla mia mente.
Scivolo giù dal divano, sedendomi per terra, appoggiando la testa sulle mie ginocchia.

« Senti, ora mi fai paura. » dice, avvicinandosi a me. Certo, paura. Dovrei averne io, dato che sto parlando con il suo fantasma.

« Tu sai chi sono. » dico, girandomi verso di lui. Sto provando così tanto dolore, perché mi sento presa in giro dalla mia mente e da lui.

« La tizia che mi stava per investire nel parcheggio. »  risponde, sbuffando. Lo osservo, e mi avvicino a lui. Lo guardo in faccia, ispezionando il suo viso, ma è così reale, dannazione. Allungo un dito verso il suo petto per toccarlo e lo sento.

«  Ma sei vivo! » grido, sgranando gli occhi.

« E menomale! Mi stavi per uccidere, prima. » afferma, ma gli getto le braccia intorno al collo, stringendolo forte, attirandolo verso di me. Lui cerca di tirarsi indietro, ma lo stringo ancora di più. Non capisco più niente, ma lui è davvero qui, riesco a sentire la sua colonia, posso sentire di nuovo il suo corpo stretto al mio. Come diamine è possibile? Perché non si ricorda di me?

« Staccati, cazzo, sei inquietante! » appoggia le mani sulla mia vita, spingendomi via da lui, e obbedisco, prima che chiami davvero i rinforzi.

Ci fissiamo, come se non fosse vero, e deglutisco rumorosamente. I suoi capelli sono leggermente cresciuti, il viso non è cambiato di una virgola, a parte la piccola cicatrice che ha vicino al sopracciglio sinistra.

I suoi occhi restano, comunque, i più belli che io abbia mai visto.
Vivo o morto, si veste come sempre. Una maglietta nera gli fascia il torso, e un paio di jeans gli ricadono sulla vita bassa, mettendo in evidenza le sue gambe toniche. Mi ero quasi dimenticata quanto fossero belle le sue gambe. Beh, sempre meglio delle mie.

Si alza in piedi, scompigliandosi i capelli e cerco di riprendermi, perché devo sapere qualcosa di più, altrimenti finirò per impazzire davvero, e lui insieme a me.

« Scusami per la mia reazione esagerata...» mormoro, abbassando lo sguardo, ancora scioccata.

« Beh, di solito le ragazze non svengono quando mi vedono, sei particolare, vedo. » alza un sopracciglio, divertito, ma una fitta di gelosia mi attraversa tutto il corpo.

« No, in realtà no. Hai fatto riemergere un ricordo, che mi fa male. » gli dico, stropicciandomi gli occhi.
Non si ricorda davvero di me. Come diavolo è possibile, dopo tre mesi?

« Ciò non toglie niente al fatto che tu sia pazza. » ribatte, guardandomi con la coda dell'occhio. Sospira, mettendo le mani dentro le tasche dei jeans, indeciso su cosa fare.

« Quindi, tu vivi qui? » gli chiedo, quasi in un sussurro.

« Da una vita, direi. Non farmi domande personali, non ti risponderò. Sei pregata di starmi lontano e non ficcare il tuo naso nelle mie cose. Sei qui, da quanto? Un giorno? E già hai fatto abbastanza. » il suo tono di voce è serio, come se stesse parlando ad una sconosciuta. E che cosa potrei dire? "Ciao, sono la persona per la quale sei morto, ma poi sei resuscitato, manco fossi Gesù Cristo (?)".

« Hai capito? » chiede e annuisco, a testa bassa. Non oso neanche alzare lo sguardo, perché potrei crollare di nuovo.

« Bene, vado nella mia stanza, non muoverti da qui e non toccare il mio pianoforte, altrimenti ti sbatto fuori. » alzo lo sguardo verso di lui, per trovare un'espressione furiosa sul suo viso. Wow, gli sto davvero antipatica.
Non mi lascia neanche il tempo di ribattere, che sparisce dalla mia vista, andando verso quella che dovrebbe essere la sua stanza. Mi risiedo sul divano, tirando le ginocchia su e penso.

Penso a come tutto questo sia possibile. Penso alla felicità di saperlo vivo e alla tristezza di essere un ricordo messo nel cassetto. Come fa a non ricordarsi proprio di me? Se mi ha amata come dice, si sarebbe ricordato di me, almeno una piccola cosa.

E, ora, lo amo più di prima. L'ho amato sempre, anche quando pensavo fosse morto.

Non sono più nulla per lui, mentre lui per me è tutto.

Forse me lo merito, in un certo senso. Forse io non merito lui. Pensavo fosse facile dare ascolto al proprio cuore; pensavo fosse andato tutto bene, che sarei riuscita ad andare avanti, con il ricordo nel mio cuore. Se mi sono spezzata quando pensavo fosse morto, ora mi spezzo, perché è vivo, e non è più il mio Harry.

Per tutte le volte in cui ho pianto per lui, lui era vivo.
Per tutte le volte in cui ho guardato le stelle, sperando di essere con lui, da qualche parte  e nel cielo, lui era qui.
Per tutte le volte in cui ho sperato di vederlo un'ultima volta sorridere, lui sorrideva ad altre persone.

Per tutte le volte in cui ho pensato di stare per impazzire, augurandomi che lui potesse vedermi e salvarmi, lui era qui. Era ovunque, tranne che con me. E sono sicura che sia colpa di suo padre, ecco perché Sarah non mi ha più dato alcun segno di vita.

È davvero così brutto amarmi?

Mi alzo dal divano, infilandomi le ciabatte, e prendo il cellulare. Sono soltanto un ospite indesiderato, cosa ci faccio ancora qui?
Ed esco dalla stanza, con un peso sul cuore, e la consapevolezza di non valere più niente per lui. Ho cambiato tutto di me, soltanto per lui. Volevo che fosse fiero di me.

Esco dal suo appartamento e vado verso il mio, sedendomi a terra, con la schiena contro la porta.
È uno di quei momenti in cui vorrei essere io a non ricordare niente degli ultimi mesi; uno di quei momenti in cui vorrei svegliarmi ubriaca e non dare peso a ciò che mi succede.

Vorrei dire " sto cadendo a pezzi", ma sono a pezzi da mesi. Cosa potrei fare? Quanto dovrò stare male, ancora?
Chiudo gli occhi e resto rannicchiata, contro la porta. Prima o poi i miei amici torneranno. Già immagino le loro facce, quando lo vedranno. Sorprese, poi tristi, perché non si ricorderà di loro.

La porta del suo appartamento si apre, rivelando la sua figura slanciata, un'espressione confusa sul viso. Contrae la mascella nel vedermi, e si appoggia allo stipite della porta.

« Mi spieghi perché stai qui, a terra? » chiede, impaziente.

« Perché qualcuno non mi vuole tra i piedi, quindi sto qui. »  borbotto, guardandolo male.

« Non essere ridicola, entra. » alza gli occhi al cielo, spostandosi, facendomi segno di entrare.

« Sto bene qui, grazie per la preoccupazione. » dico, sorridendo falsamente. Perché mi sembra di parlare con una persona completamente diversa? Come se fosse davvero la prima volta che ci vediamo?

« Lo faccio perché Michael ti ha ospitato, non io. Quindi, entra. » wow, questo sì che è rassicurante. Grazie per la conferma di fregartene totalmente di me.

« Wow, una ragione in più per restare qui. » rido nervosamente e lui si avvicina di più, abbassandosi sulle ginocchia per afferrarmi dalle braccia e tirarmi su.

« Odio ripetere le cose, quindi stai zitta e segui il mio consiglio. » mi trascina per il braccio, dentro il suo appartamento, e più cerco di protestare, più mi spinge, facendomi stare zitta.

Stronzo. È uno stronzo.

Chiude la porta, incrociando le braccia al petto, girandosi per guardarmi.

« Vuoi una foto? » chiedo, sbuffando.

Ma ora che ci penso, il nostro incontro qui, è stato più o meno come la prima volta che ci siamo incontrati. Wow, le macchine lo amano, oppure è semplicemente destino.

« Hai fame? Sei svenuta tipo dieci volte in un giorno. » dice, passandosi le dita tra i capelli, e quasi posso sentire la sensazione dei suoi capelli tra le mie dita. Lo rivedo mentre chiude gli occhi, lasciandomi giocare con i suoi capelli, addormentandosi con la testa sulle mie gambe.

« Sono a posto, grazie. » sorrido tristemente, restando impalata, non sapendo dove andare.

« Almeno sai ringraziare. » mormora, facendomi segno di seguirlo in una delle stanze. Suppongo sia la sua, perché, non appena apre la porta, la prima cosa che vedo, è una chitarra appesa muro.
L'arredamento è quasi tutto sul blu scuro, ha una mensola sulla parete sinistra, dove tiene alcuni libri e cd. Nella parte destra della stanza, c'è una scrivania piena di fogli, quaderni, almeno tre macchine fotografiche diverse. Sorrido, perché è bello sapere che almeno questo non è cambiato.

Nella parte sinistra, invece, c'è una tastiera e una chitarra elettrica. Un letto matrimoniale al centro della stanza, con una cassapanca nera, davanti. Sospira, chiudendo la porta e mi fissa.

« Se tocchi qualcosa- »

« Mi sbatti fuori. Sì, sì, ho capito. » borbotto, buttandomi sul letto, affondando la testa nel cuscino, sentendo il suo profumo.

« Ottimo, ora stai zitta. » mi zittisce, senza neanche guardarmi. Si siede sull'altro lato del letto e prende una chitarra tra le mani, dandomi la schiena. Mi giro sul fianco destro, per osservarlo mentre suona. 

E vorrei baciarlo, senza sembrare una squilibrata.
Vorrei abbracciarlo, senza essere respinta.
Vorrei piangere, senza essere guardata come se fossi appena scappata da una clinica.  Vorrei piangere sulla sua spalla, vorrei che le sue braccia mi confortassero, come una volta. Vorrei urlargli tutto il dolore che  ho provato e che continuo a provare. Non posso fare nulla, se non aspettare e sperare.

« Non ti addormentare nel mio letto, altrimenti- »
« Mi sbatti fuori. » concludo la frase e l'angolo sinistro della sua bocca si solleva, rivelando un piccolo sorriso.

« Sei strana. » dice, girandosi di poco verso di me, mentre continua a suonare, a caso.

E vorrei dirgli "Lo so, per questo ti sei innamorato di me", ma sono costretta a sorridere e ad annuire.

A quest'ora avrei fatto i salti di gioia, gli sarei saltata sulla schiena, avremmo riso insieme, ricordando i bei tempi.

« Ti ricordo qualcuno, per caso? » gli chiedo, speranzosa. Mi basta una piccola cosa, soltanto una, per non perdere la speranza.

« No. » taglia corto, senza degnarmi di uno sguardo, mentre posa la chitarra a terra.

« Qualche tua amica? » continuo a chiedere e lo sento sbuffare, infastidito.

« No. » ripete, guardandomi con la fronte corrugata. 
Oh, fantastico. Non esisto proprio nei suoi ricordi. Ma perché? Ha per caso un blocco nella mente?
Deglutisco, tirandomi su le ginocchia, stringendole al petto.

« Suoni una canzone per me? Mi annoio. » dico, sperando che dica di sì.

« No. » mi lancia un'occhiata di rimprovero e lo guardo male.

« Per favore, cosa ti costa? »

« Tre minuti della mia vita. » risponde, sempre con tono serio. Ma che? Alzo gli occhi al cielo, trattenendo un sorriso. Mi è mancato tanto.

« È solo una canzone...»

« Per chi mi hai preso? Non suono per le ragazze. » borbotta, alzandosi dal letto. Certo, Harry, torniamo indietro a qualche mese fa.

« Perché? Sei maschilista? » mi metto sulle ginocchia, con le mani sui fianchi, ancora sul letto, e lui va verso la tastiera, sedendosi davanti ad essa.

« Non mi piace suonare o cantare da solo, con una ragazza. La reputo una cosa intima, non è da fare con chiunque. E tu, sei una sconosciuta, che stava per ammazzarmi. » il suo tono di voce, perennemente infastidito, non mi piace. È così strano non essere nessuno per lui, ed essere trattata come tratta tutti. Beh, forse fa bene ad avere un po' di paura, visto che lo stavo per mettere sotto le ruote, per la seconda volta.

Ma non merito di essere dimenticata.

« Va bene, come vuoi, antipatico. » dico, prendendo un cuscino, mettendomelo sul viso. Ora soffoco.

« Comunque, mi è piaciuto come suonavi Endless love, poco fa. » dice, toccando qualche tasto, non sapendo cosa suonare.

« Voglio dire, la suonavi quasi come me. » grazie al cavolo, Harry, me l'hai insegnata tu.
Resto in silenzio e scruto il suo profilo, sognando ad occhi aperti. Sporge il labbro inferiore, grattandosi il collo, e poi inizia a suonare questa canzone.

E mi sembra di rivedere il mio Harry. Perché, posso suonare questa canzone un milione di volte, non sarà mai bella come quando è lui a suonarla. Ha un  qualcosa di magico che mette in tutte le canzoni, facendoti sognare, emozionare e, talvolta, piangere, proprio a dirotto. Come sto per fare io adesso.
Si blocca, smettendo di suonare, e  si alza in piedi, guardandomi in modo strafottente.

« Forse dovresti andare. Ho sentito delle risate, magari sono i tuoi amici. » apre la porta e scendo giù dal letto, infilando i piedi nelle mie ciabatte a forma di unicorno. Lui abbassa lo sguardo verso di esse, e un sorriso divertito riaffiora sul suo viso.

« È stato un piacere passare del tempo con te. » dico, sorridendogli a trentadue denti.

« Vorrei poter dire lo stesso...» mormora, fingendo, poi, un colpo di tosse.

Stronzo.

« Ci rivedremo! » gli dico, trattenendo l'istinto di abbracciarlo.

« Ma anche no. » si affretta a dire, guardandomi spaventato.

« Sei il mio vicino, è inevitabile! » faccio spallucce, uscendo dalla sua stanza. Sento i suoi passi dietro di me, e mi mordo il labbro, trattenendo la voglia di girarmi verso di lui e baciarlo.

« A mai più. » dice, aprendo la porta al posto mio, invitandomi ad uscire.

« A presto, Harry. »

« Dio, no. » piagnucola, alzando gli occhi al cielo, come se volesse pregare Dio.

Oh, ti ricorderai di me, Harry. Quanto è vero che mi chiamo Maddie Jones.

THIS IS SPARTAAAAA! SCLERATE CON ME, EEEH MACARENA.

Votate e commentate, voglio sapere cosa ne pensate. 💞 Amatemi per il doppio aggiornamento

Signori e signore, vi presento IL MIO VICINO È UNO STRONZO.  😹👍

Ribaltare la storia del tutto, tutorial by Mina 😹❤

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