capitolo 49

We're not done till we say it's over
We won't fade away
Oh the sun will rise
Tomorrow never dies

Sento qualcuno che mi sta leccando i capelli e, non so perché, ma sto pensando ad una mucca.
Non appena apro gli occhi, vedo Nemo quasi seduto sulla mia testa, che continua a leccarmi. Ma che schifo.
Lo prendo dalle zampe, tirandolo giù e lui miagola, agitandosi.

« Buongiorno anche a te, Nemo. » dico, accarezzandolo. Mi stropiccio gli occhi, scostando la trapunta, appoggiando i piedi a terra, e fisso il pavimento. Una ciocca di capelli ricade davanti al viso, e me la porto dietro l'orecchio. Non oso neanche guardarmi allo specchio, perché so che mi spaventerei di me stessa, quindi prendo l'elastico che ho al polso, abbasso la testa e raccolgo i capelli, facendomi uno chignon, mezzo decente.
Mi alzo in piedi, rischiando di inciampare nel mio zainetto, che ho lasciato accanto al letto, e mi dirigo verso la finestra.

Scosto le tende, come fanno di solito nei film, ma non appena lo faccio, mi sento come Edward Cullen.

Chiudo gli occhi, portandomi una mano davanti ad essi, e ne riapro uno, cercando di abituarmi alla luce del giorno. Mi sembra di essere uscita dal letargo.

Appoggio i gomiti sul davanzale, e osservo il cielo, leggermente coperto dalle nuvole. Spero soltanto che non si metta a piovere, non voglio restare chiusa in casa. Svegliarsi con il nodo alla gola, non è bellissimo. Mi sento nervosa, ansiosa, come se dovessi vederlo in carne e ossa. Ho paura di come potrei reagire, una volta davanti alla sua lapide.
Non potrò dirgli di tornare indietro, e questo so che ucciderà anche me.
Potrò soltanto dirgli di avere un bisogno urgente di lui, per vivere la mia vita come prima.
Mi manca, mi manca ogni cosa di lui.

Sento delle grida, rumore di piatti, spero non rotti, risate e, no, non sono i vicini, ma i miei amici.
Vado verso l'armadio e apro le ante, decidendo cosa indossare.

Dunque, non c'è il caldo di Orlando, ma neanche si muore di freddo, diciamo che è il clima perfetto per quelle come me. Non so se è vera la frase " A Londra c'è sempre la nebbia", ma fino ad ora mi sembra il contrario. In ogni caso, con o senza nebbia, sono sicura che sia bellissima lo stesso, e non vedo l'ora di visitarla.

Tiro fuori dall'armadio un paio di jeans chiari e una maglietta nera, con il logo di qualche band che piaceva a Harry, dato che la sua maglietta ora appartiene a me, e non soltanto questa. Insomma, per tutte le volte in cui restava a dormire a casa mia, ogni volta dimenticava qualche sua maglietta, o le lasciava da me apposta, per avere il cambio. Prendo anche l'intimo pulito e i calzini, appoggiando il tutto sul letto, ed esco dalla stanza, per assicurarmi che il bagno sia libero.

« Maddie, vieni a fare colazione, anche se è mezzogiorno! » Alex mi prende dal braccio, trascinandomi in cucina, ma gli afferro il braccio, fermandolo.

« Devo farmi la doccia, vestirmi, e- »

« Prima mangi, poi fai quello che vuoi. » dice, comportandosi come mia madre. Certo, lui se lo può permettere, visto che si è già lavato e vestito, e il suo alito non puzza di gatto morto.

Oddio, non esageriamo, però è quasi così...

« Vado a lavarmi i denti, e poi vi raggiungo in cucina. » dico, lasciandogli il braccio. Osservo i miei piedi scalzi, e mi viene in mente il fatto che le mie ciabatte siano rimaste dal mio vicino, perché gliele ho lanciate in testa.

Oh, cazzo.

Corro in bagno, ma non appena apro la porta, rimango sconvolta.

Cosa diavolo ci fa un piccione seduto sul bordo della vasca?
Sbatto lentamente le palpebre, convinta che questo sia semplicemente frutto della mia immaginazione. Tengo gli occhi chiusi per un attimo, ma quando li riapro, il piccione è ancora qui.

« Alex, vieni subito qui! » grido, indietreggiando verso la porta, pregando che questo grazioso animaletto non si metta a svolazzare di qua e di là.

« Oh, hai conosciuto Harriet! » esclama, ridendo. Che cosa? Ha chiamato il piccione Harriet?

« Stai scherzando, vero? Leva questo coso, subito! » gesticolo verso il piccione, ma Alex scuote la testa, incrociando le braccia al petto, come un bambino dispettoso.

« No! In pratica, mi stavo facendo la doccia con la finestra aperta, e quando ho finito, l'ho trovato sul davanzale. Così ho pensato di adottarlo e chiamarlo Harriet, così ti faccio sorridere e penserai a Harry...» sussurra, abbassando lo sguardo. Mi è impossibile non sorridere, perché un sorriso me lo strappa sempre, ma immaginare Harry un piccione, non è bellissimo.
Non me la sento neanche di ridere, sapendo il motivo per cui sono venuta qui.

Non posso mettermi a fare conversazione con un piccione, mentre gli racconto come mi sento.

« Alex, siamo arrivati da poco, e hai già deciso di adottare un piccione? Lo sai, vero, che non potrai portarlo con te in America? » gli chiedo, guardandolo negli occhi. Lui annuisce e sospira, andando verso l'uccello. Lo prende tra le mani e poi va verso la finestra, mormorando qualcosa a bassa voce, del tipo "Mi mancherai, Harriet", e lo lancia in aria, per farlo volare.

« Oddio, e se non ha le ali? » si gira di colpo verso di me, spaventato.

« È un piccione, mica si è arrampicato qui come Spider-Man! » mi colpisco la fronte,  e lui resta interdetto, come se stesse riflettendo sulle mie parole.

« Quando sei diventata così intelligente? » mi chiede di punto in bianco, avanzando verso di me.

« È un uccello, ha le ali! Lasciamo perdere, esci fuori. » alzo gli occhi al cielo, spalancando del tutto la porta, facendogli segno di uscire. Obbedisce, senza dire niente, e mi chiudo la porta alle spalle.
Prendo lo spazzolino e il dentifricio, ma prima mi osservo allo specchio.

Wow, ci sarà mai una volta in cui non farò così schifo, la mattina?

Mi lavo i denti e la faccia, con l'acqua fredda, per svegliarmi del tutto, e poi mi asciugo il viso. Esco dal bagno, andando dritta in cucina, e vedo tutti al tavolo.

« Scusate, ma questo cibo da dove sbuca? » chiedo, indicando le uova con il bacon e i pancakes.

« Beh, stamattina mi sono svegliata per prima-» dice Jolene, ma Alex alza il dito.
« Io mi sono svegliato per primo! » ribatte, puntando il dito verso di lei.  Ed eccoli, iniziano di nuovo.

« Vabbè, stavo dicendo.... Mi sono svegliata, quindi sono uscita a cercare un supermercato o qualcosa del genere, ma ho incontrato il nostro vicino, il quale mi ha dato una mano. È gentile, comunque. » fa spallucce, infilzando la forchetta in un pezzo di bacon e riduco gli occhi in due fessure.

Se quello è gentile, allora io sono la regina Elisabetta.

Mi siedo al mio posto, e non so proprio cosa mangiare. Negli ultimi mesi il mio appetito è andato al diavolo, ma oggi il mio stomaco sembra volersi ribellare troppo. Sospiro e afferro la forchetta, prendendo due pancakes, mettendoli nel mio piatto. Ci metto lo sciroppo d'acero, e mi verso un bicchiere di succo di frutta. Osservo anche le uova e il bacon e prendo il piatto, attirandolo verso di me.

Inizio a mangiare le uova e il bacon, come se non mangiassi da un anno, e, diamine, sono davvero buone, eppure sono soltanto delle uova.
Prendo un tovagliolo, pulendomi gli angoli della bocca, e poi continuo a mangiare.
Dopo aver finito le uova e il bacon, mando giù il succo di frutta e sospiro, spostando il patto vuoto, rimpiazzandolo con quello dei pancakes.
Al primo boccone, chiudo gli occhi, perché sono davvero buoni.

Dopo aver finito di mangiare, mi porto la mano all'altezza dello stomaco e gemo. Non mangiavo così tanto da quando....

« Vuoi... vuoi per caso mangiarti anche il tavolo? » chiede Jack e alzo la testa verso di lui, guardandolo male.
Noto che tutti i loro sguardi sono puntati su di me, e sembrano scioccati.

« Comunque... Il nostro vicino ha detto che ci darà un passaggio più tardi, sai, per andare...» dice Jolene, senza finire la frase. Abbassa lo sguardo, grattandosi il collo, a disagio. In cucina cala il silenzio e rimango a fissare il piatto vuoto.

« Non perdete tempo a stringere amicizia con i vicini... » dico, continuando a fissare il piatto.

« Abbiamo solo parlato un po'. Ci ha chiesto se siamo turisti e, se in caso avessimo bisogno d'aiuto, di rivolgerci a lui. Si chiama Michael, comunque. » dice, finendo di mangiare.

« Quale dei due? » chiedo, alzando un sopracciglio.

« Quello di ieri sera. Il suo coinquilino neanche l'ho visto. » risponde, sorridendo e alzandosi in piedi. Prende il piatto, mettendolo nel lavello, e Annabelle e Jack si limitano ad ascoltare la conversazione, come se dovessero poi fare una recensione.

« Vai a prepararti, tra non molto usciamo. Quando sei in vacanza, il tempo vola. » dice Alex, prendendo la bottiglia d'acqua, leggendo l'etichetta. Neanche mi chiedo più che problemi abbia.

Mi alzo, strofinando le mani sul viso, sbadigliando. Vado nella mia stanza e prendo i vestiti puliti, dando un'occhiata a Nemo, che sta giocherellando con le mie cuffiette. Perfetto, romperà anche queste.
Alzo gli occhi al cielo e vado in bagno, chiudendo la porta a chiave. Non si sa mai. Osservo la finestra e mi assicuro che sia chiusa, non vorrei trovarmi Harriet nella doccia.

Harriet...ma che diavolo! Tutta colpa di Alex.

Metto i vestiti da parte e inizio a togliermi il pigiama e a sciogliere i capelli, osservandone allo specchio il tatuaggio. Ci passo le dita di sopra, dopodiché mi giro di schiena, e osservo l'altro tatuaggio, che mi sono fatta due mesi fa, nello stesso posto dove ce l'aveva Harry. Mi sono fatta lo stesso tatuaggio, i doni della morte, accompagnato da una piccola frase sotto: You're my ikigai.

Da quando Harry non c'è, ho voglia di farmi sempre più tatuaggi, perché è come se lo sentissi più vicino a me. E sto facendo davvero di tutto, a costo di sentirlo con me. La sua assenza mi fa stare male, ogni giorno, perché mi giro sempre a cercarlo tra la folla, consapevole di non trovarlo.

Finisco di spogliarmi e regolo l'acqua calda, prima di entrare in doccia. Non appena il getto caldo mi colpisce in faccia, chiudo gli occhi, e resto ferma, a pensare. Non potrei non farlo, dato che ormai lo faccio sempre. Perché è l'unico momento in cui posso piangere, mentre le lacrime si mescolano alle gocce d'acqua, con nessuno a chiedermi il perché delle mie lacrime.
È l'unico momento in cui lascio uscire fuori il dolore, per poi riprenderlo e tenermelo dentro. Scivolo lungo le piastrelle, con l'acqua che continua a riscaldarmi, e appoggio la testa sulle ginocchia, chiudendo gli occhi.

Mi rialzo, prendendo il bagnoschiuma e la spugna, e inizio a lavarmi, facendo finta che non sia successo niente.
Prendo lo shampoo e mi lavo i capelli, dopodiché lascio che l'acqua mi scorra sulla pelle.
Dopo aver finito, chiudo l'acqua ed esco dalla doccia, afferrando l'accappatoio e un asciugamano, per avvolgere i capelli.

Mi sposto di nuovo davanti allo specchio, portando il palmo della mano su di esso, per pulirlo, visto che è appannato. Oh, ora va molto meglio.

Mi stringo nell'accappatoio e, o sono impazzita io, oppure sento davvero il mio vicino mentre suona il pianoforte. Beh, almeno questa volta non sta strimpellando la chitarra. Mi avvicino al muro, appoggiandone di sopra l'orecchio, e cerco di sentire meglio. Ma di cosa cavolo sono fatte le pareti di questo palazzo? Riconosco subito la canzone che sta suonando, Waves di Dean Lewis, e resto in silenzio, ascoltando fino alla fine.
Appoggio i palmi delle mani sulla parete e deglutisco, lasciandomi trasportare da questo suono dolce. Mesi fa, Harry aveva iniziato a darmi lezioni di pianoforte, ma dopo la sua morte ho preso lezioni private, per finire di impararlo. Mi sarebbe piaciuto suonare per lui, un giorno.

Non posso fare a meno di piangere di nuovo, perché penso a lui. Perché ogni cosa che vedo, che sento, mi ricorda lui. Anche Harry suonava con amore, si lasciava cullare dalla musica, e mi sembra di rivederlo, mentre chiudeva gli occhi e sorrideva.

Vaffanculo, caro vicino.

Dopo essermi asciugata, mi infilo velocemente i vestiti e prendo il pettine, iniziando districare i capelli, prima di prendere l'asciugacapelli e asciugarli.
Ogni volta, dopo che finisco di asciugarli, sembro uno spaventapasseri.
Me li scompiglio, cercando di darli una forma decente, e, dopo aver finito di prepararmi, raccolgo le mie cose, lasciando il bagno pulito.

Esco fuori, trovando Nemo davanti alla porta, che miagola.

Oh, merda. Deve fare i suoi bisogni. Non ho la lettiera, non so dove ho messo i guanti. Panico.

« Va bene, Nemo, ora devi fare come ti dico. » lo prendo in braccio e corro verso il wc, alzando la tavoletta.

« Dici che ce la fai? Ti prego! » faccio la faccia da cucciolo abbandonato e lui inizia a muovere le zampe, per scappare via.

« Tranquillo, non ti lascio cadere dentro il cesso. » lo tranquillizzo. Non appena sembra che stia per fare i suoi bisogni, ecco che spunta Alex sulla soglia della porta, facendomi spaventare.

Nemo cade dentro il wc.

« Oh, cazzo! » grido, riprendendolo e tirandolo su. Alex scoppia a ridere, credendo di potersi appoggiarsi alla porta, ma quest'ultima è aperta, e lui cade all'indietro.

« Mi sono rotto il braccio! » grida, ancora a terra. Lo ignoro, tenendo Nemo fermo e aspetto che faccia i suoi bisogni. Questa cosa dovrò scriverla da qualche parte e ricordarla a vita. Non so se ho fatto bene a portare il gatto con me.

*******

« Ciao, mocciosa. » non oso neanche girarmi verso di lui, perché potrei sentirmi male. Lo ignoro, continuando a guardare la TV, ma lo sento ridacchiare. Jack gli ha detto di entrare, che saremmo stati pronti in pochi minuti.

Ed eccolo qui, a far innervosire il mio sistema nervoso.

« Il gatto ti ha mangiato la lingua? » continua a chiedere, venendosi a sedere accanto a me.

« Ti prego, non rivolgermi la parola. Non ho voglia di parlare.» rispondo, facendo zapping, non degnandolo di uno sguardo.

« Okay, forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato. Io sono Micheal, piacere! » dice, allungando la mano verso di me. Alzo lo sguardo verso di lui, quest'ultimo mi sorride sghembo, e non so, il mio dito medio si alza di sua spontanea volontà.

« Sei sempre così? » chiede, allungando le gambe e mettendo le braccia dietro la testa.

« Da quando ero piccola come l'unghia del piede. » rispondo, fulminandolo con lo sguardo.

Stavo andando così bene prima... Ragazza educata, buona, e neanche dicevo parolacce!

« Interessante, come ti chiami? » chiede, tirando su le gambe, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, mentre la sua testa è rivolta verso di me.

« Maddie. » dico, sperando che non dica quello che sto pensando.

« Diminutivo di Madison? » chiede, sempre più curioso.

« Mi dispiace, noi due non potremo mai essere amici. » dico, schiarendomi la gola. Lui mi guarda in modo strano e sento Jack ridacchiare, mentre avanza verso di noi.

« Anche io la chiamavo Madison all'inizio, e sembrava che volesse staccarmi il pene e darlo da mangiare ad un kakapo. » ride, ma io e Michael lo guardiamo in modo strano, dopodiché lui si gira verso di me, corrugando la fronte.

« Ad un che? » chiede, confuso.

« Benvenuto nel mio mondo. » dico, alzando gli occhi al cielo.

« Oh, avete ragione, scusate! Non mangia carne. » spiega, ma continuo a non capire.

« Non parliamone di apparati riproduttivi, ho brutti ricordi. » dico a Jack, e lui arrossisce, schiarendosi la gola, facendo finta di niente. Si passa la mano tra i capelli e fa segno a Michael di seguirlo dagli altri. Getta le chiavi della macchina sul tavolino, e si alza in piedi, seguendo Jack.

Osservo la TV e poi le chiavi. Le chiavi e poi la tv.

Oddio, no. Fai la brava, Maddie.

Mi alzo di scatto, prendendo le chiavi e corro verso la porta d'ingresso, uscendo fuori, senza fare rumore. Va bene, la patente non sarà valida, ma ho una macchina a disposizione, e, nonostante io non guidi da mesi, forse questa volta ce la farò. Al massimo potrò beccarmi una multa... Forse.

Scendo le scale alla velocità della luce e, una volta fuori, guardo le macchine. Non non so quale sia, non so dove dovrei andare, non so niente.
Premo sul bottoncino, guardando tutte le macchine nel parcheggio, finché non sento scattare le sicure di una macchina. Olè!

Non so se essere felice di averla trovata, o di preoccuparmi per la mia salute mentale. Beh, non sto rubando una macchina, ma la prendo in prestito.

Vorrei soltanto andare a trovare Harry da sola.

Mi mordo il labbro e salgo in macchina, osservando l'abitacolo, cercando di abituarmi, senza combinare danni. Metto la macchina in moto, e ho una morsa allo stomaco. Non può essere così difficile.

Sospiro profondamente e parto, cercando di uscire dal parcheggio, ma, non appena faccio retromarcia, vedo un ragazzo passare di dietro, andando verso il palazzo, e lo colpisco.

Ma, cazzo! Di nuovo?

Scendo dalla macchina, prendendomi la testa tra le mani, e vado verso il ragazzo, che sta cercando di alzarsi in piedi.

« Ma porca puttana, si può sapere chi diavolo ti ha dato la patente? » grida, girandosi verso di me, con una mano appoggiata sul braccio dolorante.

La fronte corrugata, talmente forte, che le sue sopracciglia per poco non si toccano; il naso leggermente arricciato, le labbra rosee, i capelli arruffati, e gli occhi più belli che io abbia mai visto in vita mia e che mai dimenticherò.

« Sto parlando con te, sei sorda? » chiede, alzando la voce, venendo verso di me. E siamo così vicini, che la testa inizia a girarmi e non capisco più niente.

« Sei Gesù Cristo? » chiedo, prima di non vedere altro, se non il buio intorno a me, e sento due braccia che mi afferrano, prima che io possa crollare a terra.

*****

« La vostra amica, ragazzi miei, ha dei fottuti problemi mentali. » sento dire da qualcuno, mentre cerco di aprire gli occhi, ma sembra che qualcuno mi abbia lanciato un mattone in testa.

« Beh... Non hai tanto torto, ma avrà sicuramente una spiegazione! » dice Alex, e sento qualcuno ridacchiare.

« Il mio coinquilino l'ha portata qui, mi ha chiamato lui e mi ha detto che lo stava per mettere sotto, con la mia macchina. » pone l'accento sull'ultima parola e alzo gli occhi al cielo, mentalmente.

Non capisco di cosa stanno parlando, davvero. Però, inizio a pensare sul serio di avere qualche problema mentale, perché altrimenti non me lo spiego.

Apro un occhio, scrutando la stanza e sento odore di disinfettante. Sono morta, e ora il mio spirito vaga per l'ospedale?
Apro entrambi gli occhi e guardo il soffitto.

« Alla buon'ora! » esclama Annabelle, avvicinandosi al mio letto. Mi acciglio, girando la testa verso di lei, e vedo anche gli altri. Ops, c'è anche Michael.

« Allora, la vostra amica si è risvegliata, finalmente? » chiede il dottore, entrando nella stanza. Lo fisso, ma mi sento così stordita, che non so più il motivo per cui mi trovo qui.

« Come ti senti? » chiede il dottore, e sto cercando di elaborare una frase di senso compiuto.

« Chi mi ha portata qui? » chiedo, massaggiandomi le tempie.

« Stavi rubando la mia macchina! » grida Mickey Mouse.

« Si dice prendere in prestito! Te l'avrei riportata indietro. » ribatto, facendo una smorfia.

« La tua patente neanche è valida qui! Sei completamente pazza. » ripete, facendomi alzare gli occhi al cielo.

« Cosa vuoi che sia qualche multa di qua e di là... » borbotto, cercando di ricordare l'accaduto.

« Posso sapere almeno dove diavolo stavi andando? » dimanda Alex, avvicinandosi a me. Il dottore osserva la scena confuso, senza dire niente. Non dovrebbe, tipo, mandare tutti fuori?

« Stavo andando al cimitero...» dico, e sento i battiti del mio cuore aumentare, troppo, decisamente troppo. Sto per morire, me lo sento.

« E poi? » chiede Jack.

« E poi è venuto il cimitero da me... » dico, ricordando finalmente ogni cosa. Ragazzo a terra, io sono svenuta come Dante, e poi... « Penso di stare per svenire, di nuovo. » dico, portandomi la mano sulla fronte.

« Va bene, ragazzi, uscite fuori. La vostra amica sta davvero male. » dice il dottore.

« O mio Dio, scriverò la Divina commedia...» dico, prima di vedere di nuovo il buio intorno a me, e forse sto sognando, ma rivedo quei due occhi verdi furiosi.

#MaddieAlVolantePericoloCostante

Uhm, ma che bello questo incontro, mi ricorda qualcosa.

Ciabatte che volano, l'arma mortale di Maddie.

Dante, esci dal corpo di Maddie, e ritorna nell'oltretomba.

Il prossimo capitolo è molto....uhm...non mi esprimo.

"Quindi, vicino stronzo, dici? Mina, cosa combini con questa storia? " 😂

Ecco cos'è successo stanotte 😂 ( su Instagram mi chiamo _shadowhunters_96)

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