- 9 : Nuove emozioni
Edoardo
Mi resi conto di aver detto una cazzata nell'esatto momento in cui mi girai e la guardai negli occhi. Rebecca mi fissava senza dire niente e io non riuscivo a capire se si fosse offesa oppure no, probabilmente mi ero espresso male ma era logico che non l'avessi detto con l'intento di portarmela a letto. Almeno non ancora, ci conoscevamo appena. Dopo la serata appena trascorsa possibile che lei potesse credere che quello fosse il mio unico scopo? A quanto pare si, lo pensava eccome.
«Scusami» le dissi sinceramente dispiaciuto «Non volevo intendere nulla di malizioso e capisco che detto in quella maniera poteva sembrare, ma io non mi permetterei mai, assolutamente. Dicevo di andare a casa mia solo per non finire qui la serata, magari bere un bicchiere di vino in terrazza e poi tornare a Borgo».
Lei continuò a scrutarmi come a voler capire se stessi dicendo la verità o meno. Dio, era bella anche con la faccia crucciata. Avevo già notato che c'era qualcosa che la turbava dal nostro primo appuntamento al bar ma non avevo inteso quanto era grave la situazione fino a che non aveva avuto l'attacco di panico in macchina. Mi era dispiaciuto vederla in quello stato, non sapevo come aiutarla e mi era salito il panico perché avevo paura le stesse accadendo qualcosa di grave. Fortunatamente poi mi era bastato abbracciarla per farla calmare e dovevo ammettere che era stato meraviglioso sentirla rilassare tra le mie braccia, respirare il suo profumo, sentirla solo mia per qualche istante e stringerla a me. Non avrei mai voluto lasciarla andare, mai più. Ovviamente sapevo che mi stava nascondendo qualcosa, sicuramente riguardava il suo passato, la sua vita. Le si leggeva negli occhi che c'era qualcosa che la faceva soffrire e anche nei momenti in cui era più spensierata, come a cena, bastava un commento sbagliato o una domanda un po' personale e le si spegneva il sorriso, si incupiva e poi fissava il vuoto. Era proprio in quei momenti che avrei voluto alzarmi e abbracciarla di nuovo, per farle capire che con me poteva stare tranquilla, che qualunque cosa le fosse successa l'avrei ascoltata, capita e aiutata, che nonostante fosse prematuro dirlo io ero completamente e totalmente pazzo di lei. Non avrei mai immaginato che all'età di ventotto anni avrei avuto un colpo di fulmine così. Diamine però era proprio la verità, il fulmine mi aveva colpito e la sua scarica continuava a scorrermi nelle vene, potevo sentirla benissimo ogni volta che lei mi osservava con quei suoi bellissimi occhi.
«No Edo, preferisco di no. Magari un'altra volta eh» rispose stizzita.
«Reb mi dispiace, davvero. Non essere arrabbiata per favore» le dissi mentre dolcemente le accarezzavo la guancia «non era davvero mia intenzione. Facciamo così, dimmi tu che ti va di fare. Ovviamente tornare a casa non è tra le opzioni».
Lei finalmente tirò un sospiro di sollievo e sorrise, mi guardò intensamente e mi posò un leggero e dolce bacio sulla guancia. Era tanto bella quanto maledettamente lunatica, come quasi tutte le donne di questo mondo d'altronde.
«Mi piacerebbe andare a fare una passeggiata a Piazzale Michelangelo» disse.
«Agli ordini principessa» la presi a braccetto e chiamai un taxi.
Arrivati a destinazione notai che la gente che di solito popolava la piazza non c'era, che stranamente era tutto deserto, a parte qualche coppietta sparsa qua e là intenta a scambiarsi effusioni nei punti più bui.
Aiutai Rebecca a scendere dal taxi, le misi la mia giacca sulle spalle dato che lassù tirava un gran vento e ci incamminammo verso il muretto della terrazza. Da là potevamo vedere tutta Firenze, Ponte Vecchio,il Duomo, Palazzo Vecchio e l'Arno; Era il punto panoramico più bello della città.
Rebecca si mise a sedere su una panchina a fissare davanti a sé in silenzio, mi avvicinai e mi sedetti di fianco a lei e la cinsi in vita con un braccio. Ero tentato di chiederle qualcosa riguardo la sua tristezza ma avevo paura di farla infuriare di nuovo. Avevo bisogno di capire, ormai ci sentivamo da un po' di giorni, ad ogni ora, e c'eravamo già visti due volte eppure non riuscivo a comprendere se le piacevo o meno. Avrei voluto poter entrare nella sua testa in quel momento, anche solo per qualche istante e cancellare ciò che la faceva stare così tanto male da non riuscire a lasciarsi andare con me. Volevo poter fare qualcosa per lei, per farla sorridere.
Presi coraggio e decisi di provare a parlarle ora che eravamo così vicini l'una all'altro.
«Come mai sei così triste? Non ti diverti?».
«No, non è questo. Sto benissimo qui con te, tu sei fantastico...» disse senza neanche guardarmi.
«Allora che succede? Non capisco».
«Io non ho mai fatto tutto questo».
«In che senso?».
«Non sono mai uscita con un uomo, un vero appuntamento, una serata romantica e tutte le cose belle che abbiamo fatto stasera».
«E dov'è il problema?» le risposi stringendola un po' più a me.
«Che non so come comportarmi. È stato tutto troppo veloce, io non ce la faccio. Più questa conoscenza va avanti tra di noi, più io vorrei avvicinarmi a te e più invece mi blocco e mi allontano. Io sono un casino. Ci sono delle cose che dovrei dirti ma non ho il coraggio di farlo e ho paura. Credimi se ti dico che è meglio lasciar perdere tutto» disse mentre una lacrima le rigava il viso.
Le sue parole furono come una lama tagliente che si conficcava nel mio cuore. Non poteva già finire così, non potevo permetterlo.
«Non dire così, ti prego. Dimmi che succede. Parlamene. Ti ascolterò. So che c'è qualcosa che ti fa soffrire, si vede, ma io sono qui...per te. Non voglio prenderti in giro, so che sembra assurdo, so che ci conosciamo da pochissimo ma quando ti sono vicino sto bene e mi dispiacerebbe buttare via tutto».
Lei finalmente mi guardò in volto. Aveva gli occhi pieni di lacrime che cercava di reprimere ma qualcuna riusciva a sfuggire e a cadere. Era tutta paonazza e continuava inesorabilmente a mordersi il labbro e a rigirarsi gli anelli tra le dita. Sembrava come se avesse voglia di dirmi le cose che la turbavano ma ogni volta che tentava di parlare qualcosa la bloccava e, alla fine in silenzio, abbassava di nuovo lo sguardo in silenzio.
«Ehi...» le dissi mentre con una mano le tiravo su il volto «guardami, andrà tutto bene... dimmi tutto» e le detti un bacio sulla fronte.
Lei mi abbracciò forte. Era la prima volta che lo faceva di sua iniziativa e per me significava tantissimo. La strinsi forte a me e per il tempo che durò ne assaporai ogni minuto, ogni secondo, sperando che non fosse l'ultimo.
Alla fine si asciugò le lacrime, si allontanò da me e mi disse: «Mi dispiace Edo, tu sei meraviglioso.. ma io non sono ancora pronta per tutto questo, non riesco a vivermela serenamente, ti farei solo star male. È meglio chiuderla qua, ora che siamo ancora all'inizio...».
Non sapevo cosa risponderle. Probabilmente era vero che ci conoscevamo da troppo poco tempo ma io provavo già qualcosa di sincero per lei. Poteva sembrare assurdo ma dalla prima volta che l'avevo guardata negli occhi non avevo visto altro che lei nel mio futuro. Un tempo mi sarei preso per il culo da solo se me l'avessero detto ma ora che era tutto così reale io non sapevo come fare per lasciarla andare. Ero sempre stato un ragazzo sicuro di me, era proprio vero che i sentimenti rimbecillivano le persone, bastava guardare me in quel momento per capirlo. Imbecille era proprio il termine adatto. Un imbecille che continuava a correre dietro a una ragazza che non lo voleva.
«Va bene Reb, come preferisci» le risposi soltanto. Non so se quella fosse la risposta che si aspettava, se fosse stata la scelta giusta. Ma lei voleva questo e io non potevo costringerla a conoscermi e vivermi contro la sua volontà, probabilmente non ero l'uomo adatto a lei.
Rebecca annuì e rimase in silenzio. «Vieni, andiamo, ti porto a casa» le dissi e lei mi seguì senza controbattere.
Durante il tragitto in macchina ci fu un silenzio tombale. Mi chiedevo a cosa stesse pensando, se anche lei non voleva che finisse così, se si fosse pentita delle parole che aveva pronunciato, se non voleva perdermi proprio come io non volevo perdere lei.
Alla radio iniziò ''Fix You'' dei Coldplay, una delle mie canzoni preferite. Nonostante tutto quello che ci eravamo detti, alzai il volume, la presi per mano e la ascoltammo insieme. Il testo recitava alla perfezione quello che avrei voluto dirle in quel momento.
''When you try your best but you don't succeed
When you get what you want but not what you need
When you feel so tired but you can't sleep
Stuck in reverse
And the tears come streaming down your face
When you lose something youc an't replace
When you love someone but it goes to waste
Could it be worse?
Lights will guide you home
And ignite your bones
And Iwill try to fix you
High up above and down below
When you're too in love to let it go
But if you never try you'll never know
Just what you're worth
Light swill guide you home
And ignite your bones
And I will try to fixyou
Tears stream down your face
When you lose something you cannot replace
Tears stream down your face and I
Tears stream down your face
I promise you I will learn from my mistakes
Tears stream down your face and I
Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you''
Rebecca si appoggiò alla mia spalla e rimase in quel modo finché non arrivammo a casa sua, dopo di ché si tolse la cintura, prese la sua borsa e aprì lo sportello. Io non ci pensai due volte, la presi per un braccio e la tirai dolcemente verso di me e senza darle il tempo di replicare le presi il volto tra le mani e appoggiai le mie labbra sulle sue. Lei inizialmente rimase immobile quasi come a voler scappare, poi però, all'improvviso, strinse le sue braccia intorno al mio collo e mi baciò con passione, con trasporto. Fu il bacio più bello della mia vita, quel calore, quelle emozioni, quel sentimento non l'avevo mai provato con nessuna prima d'allora. La strinsi ancora di più a me. Ricambiai il bacio con tutto l'amore che potessi darle. La presi in braccio continuando a baciarla le passai le mani lungo la schiena. Ebbe un gemito e io ero completamente eccitato da tutte quelle sensazioni che stavo provando. Era mia. Tutta mia.
Senza darmi il tempo di realizzare, si allontanò, scese dall'auto, mi guardò negli occhi e mi disse addio. Ero basito. Rimasi paralizzato.La vidi andar via e non riuscii a dire niente. Mi aveva stupito, mi aveva appena fatto provare l'emozione più bella della mia vita e poi se n'era andata senza guardarmi indietro. No, non poteva finire così, doveva per forza aver provato qualcosa anche lei, era impossibile che quella magia che c'era tra noi l'avessi sentita solo io. La dovevo riconquistare, a ogni costo. Non l'avrei lasciata scappare da me.
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