2. Provocazioni
Aurora
La lezione è ripresa da un po'. Abbiamo provato i colpi e adesso ci siamo accoppiati, come dice Freddy. Io e Rita siamo insieme. Devo dire che, superata la parte traumatica della lezione, cioè quella del riscaldamento, adesso è quasi divertente.
«Attenta che ti mollo un gancio!» scherza Rita, mentre io mi appresto a pararmi come ci hanno appena insegnato. Avrei creduto di sentirmi un pesce fuor d'acqua a quell'allenamento. Cioè, nel senso, io che vado a tirare pugni a un saccone? E invece scopro che è divertente. E sospetto anche che sia un ottimo rimedio contro la rabbia e lo stress. Me lo dovrò ricordare.
Mentre ridiamo come sceme, Massimo si avvicina a noi.
«Tutto bene principessa?» mi domanda, appoggiandosi con le spalle al muro e incrociando i bracci muscolosi sul petto. È tutto sudato ed è una meraviglia a guardarlo. Con quella maglietta nera aderente che non lascia niente all'immaginazione, i capelli castani spettinati e gli occhi scuri che mi fissano con un'intensità che, se non fossimo divenuti nemici giurati, avrebbe potuto mettermi molto a disagio. Scaccio subito quei pensieri dalla testa, cercando di concentrarmi sul fattore nervi: ho sempre odiato che mi chiamasse principessa. Lui lo sa che io non lo sono affatto. Lui è l'unico che lo sa davvero. E sa anche che mi fa arrabbiare sentirglielo dire.
Ergo, l'ha fatto apposta.
«Eviteresti? Grazie» dico senza fermarmi. «Già devo digerire che hai ripreso a parlarmi dopo anni di mutismo, dammi tempo per i nomignoli odiosi.» Gancio destro, destro, sinistro. Vedo Rita un po' in difficoltà.
Lui sorride. «Vederti qui è un sogno che si avvera» scherza. «Un miracolo, direi. È come vedere un angelo che si è perso all'inferno. Mio fratello sa che sei qui?» domanda. «Nel senso, casomai debba venire sul suo cavallo bianco a salvarti.»
Mi immobilizzo e lo fulmino con lo sguardo. Mi sta provocando. Mi odia così tanto? Ma che gli ho fatto?
«Potrei anche toglierti quel sorriso dalla faccia con uno dei pugni che mi avete giusto adesso insegnato a tirare, non ti conviene provocarmi.»
Non so perché l'ho detto. È una cosa stupida, perché io tiro pugni da neanche un quarto d'ora, lui li tira da anni e sa benissimo come fare a evitarli. Non è che sia poi una minaccia così seria la mia. È che mi fa uscire di testa!
Non mi arrabbio mai, non perdo mai la calma, sono sempre posata. Ma quando c'è lui di mezzo, mi basta mezzo secondo e prendo fuoco come un granaio.
So che Rita ci sta guardando sbigottita.
In fondo lei non sa niente del nostro passato. Quando ci siamo conosciute, il primo anno di liceo, per lei io e Massimo eravamo due perfetti nemici che non si filavano neanche per sbaglio.
Uniti solo da quel filo rosso che era Nic.
Io la perfetta ragazza del suo perfetto fratello, lui uno che io non potevo nemmeno tollerare, un mondo a parte, due universi paralleli che mai e poi mai neanche nei sogni più improbabili si sarebbero incontrati. Era questo che aveva sempre pensato. Che hanno sempre pensato tutti. E che io le ho lasciato credere.
E adesso di punto in bianco questo.
Dovrò darle qualche spiegazione.
Massimo si mette a ridere e si avvicina a me. «Con le ragazze di solito preferisco un tipo diverso di lotta, ma se ci tieni possiamo provare come surrogato.»
A quel punto non ce la faccio a trattenermi e gli allungo un bel pugno sul viso. Lui non se lo aspetta e per poco non lo prende davvero.
«Mai abbassare la guardia» gli dico piano.
Lui sorride e sembra divertito. In quel momento Freddy annuncia la fine della lezione.
Mi avvicino di più a lui, furente. Lo guardo fisso negli occhi e, scandendo bene perché anche Rita senta, «E comunque sei uno stronzo» gli dico.
Mi tolgo i guantoni, glieli mollo con un gesto rabbioso ed esco dalla stanza.
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