17. Ritorno alla normalità?
Aurora
Non c'è che dire, è stato un fine settimana piuttosto anomalo ma è finito per fortuna. Il rientro a scuola è stato traumatico, quasi quasi rimpiango la confusione emotiva del weekend. No, non è vero, non la rimpiango affatto, non sono così masochista.
Comunque della scuola non ne posso veramente più. Stamani ho aggiornato il conteggio sul calendario che tengo sulla scrivania in camera. Meno tre settimane alla libertà. Al pensiero quasi piango dalla gioia. In confronto a questo ultimo round di lezioni e interrogazioni il periodo degli esami sarà una passeggiata.
Più si avvicina la data dell'esame, infatti, più i professori perdono la testa. Dico sul serio, sembrano impazziti! Il professore di letteratura prima ha deciso di interrogare a tappeto per l'ennesima volta tutta la classe, poi ha capito che non riuscirà mai a finire in tempo il programma e quindi, in preda al panico, ha stabilito che ci troveremo due pomeriggi a settimana in classe per fare lezione extra.
Come se noi poveri maturandi non avessimo già abbastanza cose da fare. Come la tesina, ad esempio, che giace abbandonata sulla mia scrivania da cinque giorni.
Per non parlare della professoressa di latino e greco, che ha fissato sedute intensive di lettura metrica e traduzione perché ha il terrore di fare brutte figure con la commissione.
Quasi mi dimenticavo la più anormale di tutti. Quella di filosofia oggi mi ha interrogata a sorpresa. Lei dice che lo ha fatto perché voleva che arrivassi al sette in pagella, io dico che è perché non mi sopporta e gode delle mie sconfitte. Ovviamente il sette in pagella non lo vedo nemmeno con il cannocchiale dopo questa sua bella iniziativa...
«Sono così esausta che per un attimo ho pensato seriamente di risponderle male!» mi sfogo con Rita all'intervallo. «Ho diciotto anni, ma pensa seriamente che mi importi qualcosa di Kant?»
Stavo per aggiungere "quando la mia testa è completamente altrove", ma mi sono morsa la lingua. Questo dimostra non solo che la mia testa è effettivamente altrove, ma che negli ultimi tempi ho problemi molto seri con la mia di ragione. Kant mi fa un baffo, a me.
Rita sospira nascondendo disperata la testa tra le mani. «E io allora cosa dovrei dire?»
Non l'ho mai vista tanto affranta per un'interrogazione andata male in cinque anni di liceo. Il professore di storia l'ha trovata impreparata e lo stronzo le ha messo un bel quattro.
«Come faccio a prepararmi su tutto il programma entro venerdì? Senza contare che per prendere sei dovrò fare un'interrogazione almeno da 8. Come faccio? Quel figlio di ha deciso di boicottarmi l'ammissione all'esame, lo so...»
L'abbraccio, sperando di trasmetterle così un po' di fiducia in sé. «Ce la farai Rita. Sei preparata, devi solo chiuderti in casa per qualche giorno e non fare altro che ripetere.»
Lei ha quasi le lacrime agli occhi. «Sei seria? Hai idea dello sforzo che dovrò fare per non suicidarmi?»
«Andiamo, non essere tragica!» sdrammatizzo. «Passerà, e poi ci riderai sopra. Tra qualche anno. Tieni», mi chino verso lo zaino e prendo il mio quaderno di storia, glielo porgo. «I miei appunti sono aggiornati, mi ha interrogato la scorsa settimana, ho fatto tutti i riassunti. Ti aiuteranno.»
Rita sfodera un sorriso a mille denti e prende il mio quaderno come fosse una reliquia. «Ti amo Aurora, te l'ho mai detto?»
Rido. «No, non me l'hai mai detto, ma apprezzo che tu l'abbia fatto adesso!»
Mi prende per mano e mi costringe ad alzarmi dal banco, «Ti meriti un caffè della macchinetta come premio per essere la migliore amica di sempre.»
Rido di nuovo, e la seguo fuori dall'aula.
***
«Amaro, dolce o molto dolce?» mi domanda Rita, che sembra aver dimenticato la sua disperazione.
«Amaro direi» rispondo, «anche se sarà disgustoso. Ho bisogno di qualcosa di forte che mi aiuti a svegliarmi.»
«Caffè amaro e disgustoso in arrivo» scherza lei selezionando la bevanda dalla tastiera della macchinetta. «Raccontami qualcosa che mi faccia dimenticare i miei dispiaceri in questi ultimi cinque minuti di intervallo, ti prego!» mi supplica qualche attimo dopo porgendomi il bicchierino del caffè.
Mi stringo nelle spalle. «Che cosa vuoi che ti dica?»
«Qualsiasi cosa purché sia interessante e frivola...»
Rido. «Dopo scuola andrò a mangiare insieme a Nic. Ieri è tornato prima del previsto ma non ce l'abbiamo fatta a stare molto insieme, quindi dobbiamo recuperare. Sono contenta, ho bisogno di stare un po' con lui...» ammetto. Sì, decisamente ne ho bisogno. Adoro la normalità, è molto confortevole. Un po' come un largo e caldo pigiama di pile quando è inverno e fuori piove.
«Lo capisco, ti invidio. Anche io vorrei avere accanto qualcuno come Nic in questi momenti» sospira. «È sempre intenzionato a entrare a medicina?»
«Sì, la preselezione è andata bene, ma adesso avrà l'esame ufficiale. È molto teso. Ieri infatti per quel poco che siamo stati insieme mi è sembrato un po' assente... Avrà qualche preoccupazione per la media.»
«Ma se è bravissimo!»
«Lo so, ma è un perfezionista» confesso, stringendomi di nuovo nelle spalle.
Proprio in quel momento, Nic passa accanto a noi e si ferma per un saluto veloce. Mi bacia frettolosamente sulle labbra e poi sparisce nel corridoio insieme ad alcuni amici.
«Sai che andranno a Mykonos questa estate? Voglio dire, il gruppo di amici di Nic e Massimo» rido. «Stanno facendo a Nic una corte serrata perché vada con loro e invece verrà a Parigi con me. Oddio, non vedo l'ora... Sono anni che programmiamo il nostro viaggio di maturità.»
Rita sbuffa. «Ma che noia! Cioè, romantico, per carità, ma noioso... Il viaggio di maturità solitamente si fa tra amici non con i fidanzati! Dovremmo andare anche noi due a spassarcela su qualche isola! Che ne dici di Ibiza?»
Scoppio a ridere. «Tu sei tutta pazza! Me a Ibiza, ma mi ci vedi?»
Mentre ridiamo passa accanto a noi anche Massimo. Lo guardo, indecisa se salutarlo o meno. Lui ricambia il mio sguardo, per un attimo si sofferma guardandosi intorno. Ha un'aria strana, sembra teso e sospettoso. Mi guarda di nuovo, ma siccome non accenna a un saluto decido di non essere io la prima a sbilanciarsi.
Torno quindi a fissare Rita, che a sua volta fissa a turno un po' me e un po' lui, con uno sguardo che non mi piace per niente.
«E che mi dici di...?» domanda con un filo di voce ammiccando verso Massimo. Poi assume uno sguardo sognante. «E se andassimo anche noi a Mykonos? Non sarebbe un sogno?» domanda. Le mancano solo le stelline agli occhi.
Annuisco decisa con la testa. «Mmm mmm, sì, un sogno...» mugolo, gettando via il bicchiere ormai vuoto del mio caffè premio. Poi, «Ieri mattina sono uscita con lui» la butto lì, tutta d'un fiato, sfoderando il mio sorriso più innocente mentre cerco, più in fretta che posso, di dileguarmi dalle sue grinfie.
Ma Rita è un fulmine e mi afferra stretta per un braccio. «Cosa?» domanda sgranando gli occhi. «E ti pare che me lo dici così? Ma che amica sei? Ridammi indietro subito il mio caffè!»
***
La campanella mi salva dal terzo grado.
Mi stringo nelle spalle allargando le braccia, falsamente dispiaciuta. La faccia di Rita è la cosa più divertente che abbia mai visto nelle ultime settimane. Mi metto a ridere di cuore mentre mi avvio verso la nostra classe, con lei al seguito.
«Sei ingiusta...» si lamenta, e con lo sguardo cerca di farmi pena per indurmi a parlare.
«Non sono ingiusta, sono solo realista... Non voglio dare troppa importanza alla cosa.»
Rita mi supera, puntandomi l'indice contro con fare inquisitorio. «Tu mi racconti tutto, ok? Ti chiamo oggi pomeriggio. Non mi scappi...» minaccia ed entrando in classe mi lancia un ultimo sguardo di rimprovero.
In quell'attimo esatto, mentre sto per seguirla dentro l'aula, qualcuno mi afferra la mano tirandomi indietro. A malapena trattengo un grido di spavento.
«Ehi ma che...?!» mi lamento.
Incrocio di nuovo lo sguardo di Rita. Ha gli occhi sbarrati e la sua bocca è completamente spalancata in un'espressione di impotente sbalordimento.
Quindi capisco. Massimo.
«Vieni...» dice lui a bassa voce, guardandosi intorno. «Sta' zitta e fa' in fretta, potrebbe vederci qualcuno.»
Tre, due, uno... Rabbia.
Mi immobilizzo, liberandomi dalla sua presa e lo spintono per allontanarlo da me.
«Ma che modi sono? Ti detesto quando fai così!»
Lui non mi risponde, continua a guardarsi intorno, mi afferra di nuovo e mi costringe a svoltare nel corridoio. Dopo qualche metro, con una velocità disarmante, apre la porta dello sgabuzzino delle scope e mi ci spinge dentro. Entra nello stanzino insieme a me e si chiude la porta alle spalle.
Trattengo il fiato, un po' per l'ansia, un po' per la rabbia che come al solito inibisce ogni mia capacità razionale, spingendomi a dire e fare cose di cui poi, a mente fredda, mi vergogno tantissimo. Sarà così anche questa volta, lo so, è troppo più forte di me.
Massimo rimane a fissarmi per un bel po' in silenzio, poi si avvicina. È un attimo. Il mio cuore inizia a battere impazzito. Sono praticamente in apnea.
«Ok» dice, a un palmo da me. «Devo parlarti.»
Parlarmi? Cerco di riprendermi dallo shock e indietreggio da lui. Mettere tra noi un po' di spazio nonostante l'ambiente piuttosto ristretto mi aiuterà a riattivare i neuroni.
«Ok», concedo risentita. «E per farlo mi chiudi nello stanzino delle scope? E comunque sei un egoista incosciente! Ma ti rendi conto che per colpa tua mi beccherò un richiamo perché non sono rientrata in classe dopo l'intervallo? Hai presente che tra poco avremo la maturità? Vuoi che mi giochi tutto solo perché tu non puoi parlarmi come una persona normale?»
«Aurora, vuoi calmarti?», con un cenno cerca di fermare il mio gesticolare nervoso.
Ma io non mi calmo. «Cos'è, non ti hanno insegnato a chiedere le cose per favore? Oppure ti sei giocato la carta della gentilezza ieri e per vederti di nuovo gentile dovrò aspettare altri cinque anni? Be', in effetti forse non sarebbe una cattiva idea... Quando non mi parlavi ero molto più serena perché nessuno mi aggrediva nei corridoi di scuola!»
Lui ride, «Devo baciarti per farti stare zitta un attimo?»
L'effetto delle sue parole è immediato. Perdo ogni capacità di proferire parola. E anche di respirare. Di nuovo.
Oddio, si avvicina! Non vorrà farlo sul serio?
Non sono pronta! Oh accidenti, non è quello che volevo pensare...
Massimo sorride, probabilmente a causa del mio pallore, che immagino quasi fosforescente, e scuote la testa, penetrandomi con lo sguardo. «Tranquilla, principessa. Stavo scherzando, ovviamente.»
Ovviamente.
Allento la tensione.
E riprendo a respirare.
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