20. Normalità
Aurora
Incredibile a dirsi, stiamo parlando, ridendo e scherzando da più di un'ora senza che siano successi incidenti di qualche tipo, nel frattempo. Mi sento sollevata. Stupita, ma sollevata.
A dire la verità un paio di momenti di tensione ci sono stati, durante la nostra lunga colazione. È stato quando i nostri genitori sono scesi di sotto. Ci hanno guardato un po' straniti, sospettosi, e per qualche attimo abbiamo percepito il loro disagio mescolarsi al nostro. Poi i nervi si sono distesi, hanno capito tutti che in quel nostro inedito stare insieme non c'era niente di sconveniente e si sono uniti ai nostri scherzi, alle nostre risate.
Mio malgrado ammetto che è stato... piacevole. Sì, lo è stato davvero. Una sorta di normalità che, per quanto strana e inaspettata, condita qua e là da attimi di freddezza e spaesamento, è pur sempre normalità, ovvero qualcosa che non provavo più da anni.
Anche se non riesco ancora a sentirmi perfettamente a mio agio davanti agli altri e soprattutto davanti a Massimo, per la prima volta da quando questa storia ha avuto inizio penso che ce la posso fare davvero a non implodere. Ma forse è solo l'illusione di un attimo: anche se in alcuni momenti può sembrare facile rimanere serena e salda nei miei principi, in altri non lo è affatto.
Per esempio è evidente a tutti, credo, che a malapena riesco a guardare mia madre. È troppo presto per deporre l'ascia di guerra con lei. Ci siamo scambiate solo frasi di circostanza da quando sono qui e temo con tutta me stessa il momento in cui dovremo confrontarci sul passato. Quel momento arriverà, lo so. E sarà una delle sfide più difficili della mia vita. E con Massimo, be', come posso pretendere di rimanere presente a me stessa se nei suoi confronti mi sento come su un'altalena di emozioni contrastanti? Da quel punto di vista, niente è cambiato rispetto al passato. Dovrò farmi davvero tanta, tanta forza.
Il solo pensiero di ciò che mi aspetta mi paralizza dall'ansia. Non mi illudo di sfuggire, anche se ci proverò, a una giornata in spiaggia. Come farò a resistere con Massimo davanti a me in costume da bagno, ovvero costantemente mezzo nudo?
Mi accorgo troppo tardi che mentre la mia immaginazione volava al ricordo del suo meraviglioso corpo scolpito anche i miei occhi sono volati su di lui e ci si sono posati sopra. Chissà da quanto tempo, poi. Trasalisco quando se ne accorge, volgendo il suo sguardo su di me. Trattengo il fiato, faccio finta che quel mio fissarlo sia una cosa da niente, tento un mezzo sorriso innocente. Lui lo ricambia, ma sembra assente tanto quanto me e la cosa mi turba. Torno a guardare Nic, che non si accorge della mia agitazione. All'ennesima battuta rido, rilascio la tensione.
In quel momento Rita attira la nostra attenzione bussando allegra sul vetro della finestra che si affaccia sulla veranda. Il suo arrivo mi offre l'occasione per alzarmi e rompere l'incantesimo, sottraendomi allo sguardo di Massimo che, chissà perché, è ancora fisso su di me. Ma Riccardo mi impedisce di darmi alla fuga, precedendomi verso l'ingresso.
«Tranquilla Aurora, vado io ad aprire la porta» mi sorride. Annuisco, poco convinta, tornando a sedermi. «Sei un'ospite, e sei in vacanza. E poi ne approfitto, saluto Rita ed esco, mi avvio verso la spiaggia. Prima che gli ombrelloni finiscano...» spiega, raccogliendo il portafoglio e le chiavi di casa. «Ben arrivata» la accoglie, aprendo la porta d'ingresso. Dà alla mia amica un affettuoso bacio sulla guancia, che lei ricambia. Li osservo stranita. Sembra che ci sia un buon rapporto tra loro. È bello e strano allo stesso tempo constatarlo. «Stavamo aspettando tutti te» le fa cenno di entrare e di raggiungerci in cucina.
Rita non se lo fa ripetere due volte. Entrando saluta tutti con un rapido "buongiorno", manda a Nic un bacio frettoloso e si aggrappa al mio collo, stringendomi in un abbraccio senza fine che mi riscalda il cuore e che ha il potere di farmi sorridere dentro.
«Finalmente!» esclama, mentre ricambio con forza l'abbraccio. «Ero troppo impaziente di arrivare, stai bene?» mi prende le mani e le stringe nelle sue.
Sorrido. «Sì», rispondo. «Come dovrei stare?» chiedo, ironica, pentendomi troppo tardi della domanda. Spero con tutta me stessa che Rita non risponda. Per fortuna, non lo fa, anche se tutto intorno per qualche attimo ho percepito una certa angoscia. Siamo alle solite. Come dovrei stare? Come una che è tornata a casa dopo cinque anni e deve fingere di non amare il ragazzo che ama perché ha scoperto che è suo fratello. La guardo con aria innocente. Lei mi sorride. Credo abbia capito.
«Ragazzi, adesso che c'è anche Rita vi lasciamo un po' da soli» dice mio padre. «I vecchi si ritirano» ride guardando mia madre e Marta. «Andiamo a dare una mano a Riccardo?» chiede avviandosi verso l'ingresso.
«Sì, ma certo» risponde mia madre che si affretta a seguirlo.
Passando dietro a Massimo gli mette le mani sulle spalle, accarezzandole con affetto a mo' di saluto. Mentre saluta Massimo con quel gesto materno guarda me e mi sorride. «Ci vediamo dopo tesoro...» tenta.
Mi irrigidisco all'istante sulla sedia.
Per lei è diventata normale quella confidenza con suo figlio. Per me non lo è. Non riesco a rispondere. Credo che nel mio sguardo siano palesi lo sgomento, la rabbia e l'imbarazzo. Non so se è solo una suggestione ma ho l'impressione che tutti intorno a noi stiano trattenendo il fiato.
Massimo mi fissa imperscrutabile. Per qualche secondo il mio sguardo incrocia di nuovo il suo. Vorrei che non riuscisse a intuire l'incendio di emozioni che, improvvisamente, infiamma dentro di me. Ma ci riesce. Lo so, lo vedo, lo sento da come mi sta guardando. Cerco di calmarmi e di recuperare lucidità. Mi sforzo di annuire.
Consapevole della tensione che si è creata, Marta raggiunge mia madre e mio padre. «Vi aspettiamo in spiaggia?» ci chiede, schiarendosi la voce, per cercare un diversivo.
Nic e Rita annuiscono con decisione, ben felici di poter smorzare l'inaspettata tensione.
«Vi contiamo anche per il pranzo? Pensavamo di rimanere al ristorante del bagno. Ci fate compagnia?»
«Ok, volentieri» risponde Massimo continuando a fissarmi. La sua voce, quasi atona, i suoi occhi scuri, così penetranti, scatenano in me una valanga di sensazioni incontenibile. Mi metterei a piangere perché brucia tanto eppure è impossibile, eppure è sbagliato. Chissà se si stanno rendendo conto di quanto brucino i nostri sguardi e di quanto stia battendo forte il mio cuore.
«Ottimo!» mia madre sembra davvero felice e ci sorride.
«A più tardi ragazzi» ci salutano tutti e tre, affrettandosi a uscire. «Fate i bravi, d'accordo?» ironizza mio padre e il suo monito mi fa presagire che deve avere ben intuito qualcosa di ciò che si è appena consumato, invisibile, di fronte a lui. Cerco di non pensarci.
Attendo di sentire la porta d'ingresso chiudersi prima di parlare. Mi schiarisco la voce, prendo coraggio, tornando padrona di me stessa non prima di aver inspirato a fondo un paio di volte. «Andate voi. Io vi raggiungo più tardi...». Forse, aggiungo dentro la mia testa.
Nic e Rita si voltano a guardarmi come se fossi un'aliena.
«Che cosa? Non esiste che andiamo senza di te» risponde Nic, deluso.
Avanti, Aurora! Questo è il momento perfetto per giocarsi la scusa del lavoro. «Il fatto è che... ho promesso a lavoro che avrei monitorato la situazione, quindi speravo di potermi prendere del tempo per controllare la posta stamattina. Potrebbero esserci delle mail urgenti che non ho letto.»
«Mail urgenti?», Rita trasecola. «Potresti aver ricevuto mail nel fine settimana?»
«Sì», confermo con decisione. «Il lavoro di redazione non conosce orari e non posso permettermi leggerezze. Il mio contratto è in scadenza, la mia responsabile è stata gentile a concedermi di prendermi una pausa, ma non posso abusare troppo della sua concessione. Mi gioco l'assunzione... è importante», spero così di impietosirla.
D'altra parte, non è che la verità. Ho un misero contratto di collaborazione, lavoro come una pazza da mesi, la competizione in ufficio è altissima. Un minimo errore e mi giocherei ogni possibilità di carriera. Se voglio tenermi il posto e ambire a diventare interna, non posso permettermi distrazioni. Il fatto di essere tornata, con tutto ciò che significa e comporta per il mio equilibrio mentale, è già di per sé una distrazione enorme e pericolosissima. Ne ho appena avuto una prova concreta...
«Aurora, vuoi scherzare? Io non sono venuta fino a qui per passare il mio tempo con Nic e Massimo, con tutto il rispetto» aggiunge, guardandoli a turno. Entrambi sorridono, affatto offesi, anzi. «Sono venuta qui perché sono cinque anni che non ti vedo, e ho un sacco di cose da dirti, da chiederti! Le mail puoi anche controllarle dallo smartphone, no?»
Accidenti agli smartphone. Sono oggetti così utili, eppure finisce che ti si ritorcono contro con questo fatto che sei sempre connesso ovunque. Mi stringo nelle spalle, ma sorrido anche io. Ok. Ho capito l'antifona. Il lavoro non funziona come scusa. «Sì, è vero, posso controllarle dal telefono...» ammetto. «Ma c'è comunque un problema.»
«E sarebbe?» domanda Nic.
Rita mi guarda con gli occhi sgranati, incapace di credere alle sue orecchie. Sono sicura che sta pensando che in passato non avrei fatto così tante storie per andare a divertirmi in spiaggia. Ma il passato è il passato. Il presente è tutta un'altra cosa. Se in passato avrei fatto carte false pur di passare una giornata in spiaggia con Massimo, nel presente non ne ho affatto voglia. Né ho voglia di farmi vedere da lui in bikini. Il pensiero mi imbarazza e mi agita. Non mi voglio infilare in un tunnel buio senza uscita.
Come faccio a dire una cosa del genere? Semplice, non posso. La mia migliore amica dovrebbe essere in grado di arrivarci da sola. Ma non ci arriva. La nostra connessione telepatica deve essersi un po' arrugginita in questi anni di distanza. Ci sta, dopotutto. Dovremo rimediare.
Sospiro. E decido di prendere tempo, sostituendo una verità scomoda con un'altra che scomoda non lo è. «Non ho con me un costume da bagno. Non era prevista questa gita al mare...», polemizzo, lanciando un'occhiataccia di rimprovero a Nic che evita il mio sguardo sorridendo tra sé e sé. «Non sapevo che avrei dovuto portarmi l'occorrente per la spiaggia, devo fermarmi a fare shopping.»
Rita si mette a ridere, sembra quasi sollevata. «E perché non ce lo hai detto subito? Questo non è un problema, ci fermiamo a comprare quello che ti serve mentre andiamo. Vero?» chiede rivolta a Nic e Massimo.
Nic conferma. Nonostante le loro rassicurazioni rimango in silenzio. Non posso sfuggire all'impegno senza essere sconveniente, perché non posso pronunciare ad alta voce il vero motivo della mia ritrosia. E rimandare l'uscita in spiaggia, d'altronde, non ha molto senso. Posso solo assecondare, in silenzio, gli eventi. Entrare in quel tunnel e sperare di non essere divorata dal buio.
Di fronte al mio indugiare Rita, scocciata, decide di prendere in mano la situazione.
«Avanti! Adesso basta», decide, «ti accompagno di sopra, sistemo le poche cose che ho portato con me per questi due giorni mentre tu ti vesti per uscire e poi andiamo».
Mi prende le mani nelle sue costringendomi ad alzarmi e a seguirla.
«Non ti vergognerai di noi, vero, Aurora?» chiede, con aria falsamente innocente.
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