12. La promessa


Massimo

«Nic!»

Chiamo mio fratello, correndogli incontro per fermarlo prima che entri in casa.

Lui, senza neanche voltarsi verso di me, si appoggia con la schiena allo sportello dell'auto e attende che lo raggiunga.

Sembra rassegnato. Immagino intuisse che lo avrei aspettato al varco, stasera. E infatti quando, finalmente soli, fisso il mio sguardo di rimprovero nel suo, ancora prima che io possa pronunciare una sola parola mette le mani avanti.

«Max, calmati» mi prega.

«Calmati?» ripeto, cercando di non alzare troppo la voce. L'ultima cosa che voglio è che qualcuno senta la nostra conversazione. «Avresti dovuto dirmi che Aurora sarebbe tornata. Sai che cosa ha significato per me vederla stasera, così, all'improvviso? Cristo, Nic!» impreco. «Devi aver perso del tutto la testa! Hai una vaga idea di quello che hai fatto?» gli domando.

«Temo di sì» ammette, suo malgrado.

La sua franchezza mi spiazza, per un momento. Ma poi rinfocola ancora di più la mia rabbia: che cosa significa il suo "temo di sì", che si è messo a giocare al burattinaio con la mia vita?

«E sentiamo, come immaginavi che avrei reagito? Che mi sarei alzato e l'avrei salutata, abbracciandola come avete fatto tutti?»

Nic sospira e scuote la testa. «No, non credevo questo Max. Non so, in realtà, che cosa credevo. Credo di aver agito d'impulso, ecco tutto, e di aver sottovalutato la situazione.»

Lo guardo a lungo negli occhi in silenzio. Per un po' valuto l'idea di credergli. Ma poi sorrido. Oh no, Nic. Non mi freghi. Sei troppo in gamba per aver sottovalutato la situazione. Oltre al fatto che tu non agisci mai d'impulso, ma proprio mai. Figuriamoci in una situazione così delicata.

«Sul serio, Nic, pensi che ti creda?»

Dalla luce che per un attimo balena nei suoi occhi capisco di aver fatto centro. Ma Nic sembra molto risoluto a mantenere la sua posizione.

«Volevi sganciare la bomba atomica, vero?» insisto per scrollarlo e provocarlo. «Non ho idea del perché ma ti do una notizia: sei riuscito nell'intento.»

Allarga le braccia, si lascia scappare un mezzo sorriso. «Ok. E anche se fosse? Max, secondo te è normale che da qualche tempo a questa parte giochiamo a fare la famiglia allargata felice?» domanda.

Ecco che scopre le sue carte. Finalmente!

«Non mi fraintendere. Sono felice che tutti quanti stiamo cercando di reagire civilmente a questa assurda situazione, a prendere il meglio e a cercare di costruirci un presente degno. Ma su quali basi lo stiamo facendo? Lo stiamo facendo continuando a mentire! Stiamo fingendo che il segreto di Laura, di tua madre, non abbia portato te e Aurora ad avvicinarvi a tal punto da innamorarvi. Stiamo nascondendo uno scheletro gigantesco nell'armadio, e io non ci sto. Stiamo cercando di superare un segreto nutrendo un altro segreto, Max!»

So che mio fratello ha ragione. Ma quello che non capisce è che non c'è altra scelta. Se lui davvero pensa che far tornare all'improvviso Aurora nella nostra vita sia la soluzione, mi ricredo su di lui, non lo facevo tanto ingenuo.

«Nic, quello che dici è vero. Ma la cosa comunque non ti riguarda. Riguarda me e riguarda Aurora, ok? Non devi permetterti di decidere per noi che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. Già altri lo hanno fatto in passato e hai visto che cosa è successo.»

Nic rimane per un po' in silenzio.

Lui ha ragione da vendere, ma ne ho anche io. Non si gioca con la vita, questo l'ho imparato a mie spese. Non voglio che lui si metta a giocare con la mia e con quella di Aurora.

«Mi riguarda, invece, Max. Perché tu sei la mia famiglia da molto più tempo di quanto non lo siano per te Diego e Laura. Se riguarda loro, riguarda anche me, mamma e papà.»

Non trovo parole per replicare alle sue. Allo stesso tempo vorrei picchiarlo e abbracciarlo. Anche quando mi fa più arrabbiare, Nic riesce sempre a dimostrarmi quanto ci tiene a me. Come adesso. Come posso rimanere indifferente di fronte alle sue parole?

Nic mi appoggia una mano sulla spalla guardandomi rassicurante.

«Mi dispiace per stasera, avrei dovuto dirtelo, hai ragione, per prepararti all'idea. Ma rivoglio indietro mio fratello e la mia migliore amica. Fidati di me, se l'ho fatto è solo perché ho intenzione di aiutarvi entrambi a risolvervi. E se farlo significa assistere ogni giorno ai vostri litigi, be', chi se ne frega, è ciò che voglio! Dovete affrontare il vostro demone per sconfiggerlo.»

Sorrido, a disagio.

«Nic... quel demone si chiama sesso, e non scomparirà. Lo capisci? L'unico modo per "risolverci", come dici tu, è imparare a fare finta che non sia mai successo.»

Nic sospira, scuotendo la testa non capisco se più in segno di disappunto o di rassegnazione. Non può non capirlo. Come si risolve una cosa del genere? È impossibile.

Alla fine sono io a guardarlo, serio, negli occhi mettendogli una mano sulla spalla, proprio come lui ha fatto poco fa con me. «Ti ricordi la promessa che mi hai fatto poco dopo il mio ritorno?» gli domando.

Lui annuisce, in silenzio. Certo che se la ricorda.

«Bene. Allora sappi che è arrivato il momento di mantenerla...»

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