Quanto vale la tua vita

Quando vedo quella brocca spaccarsi in testa all'energumeno, penso che sia la mia giornata fortunata, tutto sommato. Mi dispiace solo per quel vino, sprecato sulla sua faccia.
Detesto gli uomini che urlano, invece di parlare.
-Vuoi morire! - grida quello, afferrando per il bavero l'oste, che gli aveva spaccato la brocca in testa. -Hai la più vaga idea di chi IO sia?-
Bevo un altro sorso di latte, unico sostituto valido all'alcool, per quanto mi riguarda.
Il maestro è stato chiaro.
Ottava regola :Niente alcolici prima di un lavoretto.
Ho sempre odiato le sue regole; ma devo ammetterlo: se non fosse per i suoi insegnamenti, mi sarei già alzato e avrei trapassato da parte a parte quel essere, tanto inutile all'umanità. Ma, anche così, con la divisa grigia attraversata da rivoli di rosso scarlatto del vino, resta uno dei soldati del Re.
Dorian LeGrai. Ecco il nome del grand 'uomo che devo eliminare stanotte.
Un metro e novanta di altezza, moltiplicati per braccia grosse quanto le mie cosce, ancora per le due spade gemelle legate alla sua schiena.
No. Non ho la minima speranza di vincere un duello con costui. E, accidenti, non mi pagano nemmeno abbastanza per correre questo rischio!
Dorian -devo cominciare a dargli del tu, se poi devo ucciderlo- fa volare l'oste sul mio tavolo; vedo chiaramente i suoi muscoli contrarsi e distendersi, mentre lo scaraventa nella mia direzione, così come vedo gli occhi dell'oste stringersi per la paura, mentre i suoi novanta chili circa, di cui almeno ottanta di lardo sulla pancia, si abbatte inesorabilmente sul legno tarlato, facendolo a pezzi. Fortunatamente, ho avuto tutto il tempo di salvare la mia bella tazza di latte.
Ne bevo ancora un sorso, volutamente ignorando lo stupido essere che si divincola ai miei piedi.
Lo spettacolo è di fronte a me. Infatti, due clienti, forse amici dell'oste, attaccano entrambi con un gancio. Nessuno dei due è mancino. Mi viene da sorridere per la loro stupidità: ovviamente, Dorian scivola a destra, mandando a vuoto entrambi i colpi, assesta un calcio al ginocchio al primo dei due, che si accascia a terra, attraversato da dolori lancinanti che, a mio tempo, ho conosciuto molto bene anche io.
Quarta regola: puoi dare solo il dolore che hai conosciuto.
E io non potrei mai scordare il dolore di una gamba fratturata.
Il compare di quello ha esitato, vedendo il suo amico atterrato con un calcio; è di Dorian, ormai. Gli assesta un jeb, diretto, gancio e, infine, lo manda a terra con un montante.
Rido, sinceramente divertito: non è propriamente quello che avrei fatto io. Ma immagino sia questa la differenza tra un soldato e un assassino, no?
-Che hai da ridere, tu?- mi dice uno, venendo verso di me. Ha bevuto parecchio, ma si regge bene in piedi, carica un gancio...cazzo, ma quanto è lento! Ho tutto il tempo di osservare quei capelli sudati -Dio, che schifo- , quel viso così giovane, anche se, odio ammetterlo, deve essere anche più vecchio di me.
Ma quanti anni mi vede la gente addosso? So di sembrare più vecchio...ma di quanto?
Ricordo ancora il mio viso terrorizzato, quando mi hanno rasato i capelli , al Campo addestramento.
Non so nemmeno quanto tempo ci ho passato, in quel inferno.
Mi becco il gancio; sputo un po' di sangue, e avverto un fastidioso dolore alla mascella. Vedo questo idiota che sorride, tutto fiero del suo colpo "ben assestato", e immagino, da come si stanno muovendo le labbra, che stia cercando di dire qualcosa, qualcosa di estremamente irrivelante, per me, ma vitale, per lui.
Vitale. Termine azzeccato, penso, visto che le sue parole gli muoiono in gola, quando gli pianto un pugnale nel cuore. Resto così, accozzato a lui, al suo orecchio, e dalle sue spalle guardo l'osteria intorno a noi. La rissa ha coinvolto molti, e pochi altri stanno scappando via. Grazie al cielo, al mio amico Dorian piace divertirsi picchiando a sangue. Faccio ruotare la mia sciocca vittima, e guardo dietro di me: un paio di ragazzi si danno un pugno a vicenda, e poi , dopo ogni colpo, attaccano a ridere, sicuramente in preda a qualche buona dose di shonin, visto gli occhi rossi e lo sguardo rilassato; alla mia destra, una donna sta rubando l'incasso dell'osteria, per poi correre via. Per un attimo mi guarda, forse preoccupata che cerchi di fermarla. Per tutta risposta, sfilo la sacca delle monete dal fianco del moribondo tra le mie braccia, e gliela lancio. Lei mi sorride, i capelli biondissimi che danzano attorno al suo viso, dove due occhi chiari guizzano, in aria, seguono la sacca e guidano la mano destra verso il nuovo tesoro. Mi fa l'occhiolino, leggo un "grazie, dolcezza" tra quelle labbra carnose, e scappa via, approfittando del caos che ci circonda.
Mi si gela il sangue, quando vedo, seguendo la schiena della ladra, altre due donne, che si graffiano e tirano i capelli a vicenda. Odio vedere delle belle donne farsi del male. Un guizzo di luce nera -sì, a quattordici anni ho scoperto che la luce può essere nera- mi costringe a voltarmi: due uomini, di cui non vedo il viso, nascosto dal cappuccio della loro tunica nera a venature rosse, agitano le mani guantate, descrivendo piccoli archi, mentre le dita a tratti diventano nere , anche esse, mentre scariche di fulmini neri passano da una falange all'altra. Loro non si accorgono di me, grazie al cielo: sono troppo occupati a giocare alle marionette con quelle donne.
A breve si stuferanno. Devo trovare Dorian e ucciderlo quanto prima. E non mi devo far vedere da questi due stregoni: Dio solo sa cosa mi farebbero fare, se sapessero cosa sono.
Lo vedo: Dorian sta prendendo a pugni, seduto su di lui, un cameriere, forse il figlio dell'oste, appena più giovane di me. Ma, a quanto pare, il ragazzo ha un fratello protettivo, che mi passa affianco, con un coltello da cucina in mano.
Dorian è di spalle. Non lo può vedere.
Eh no. Solo io devo uccidere Dorian.
Lascio finalmente cadere a terra quello che ormai era un morto che camminava, sostenuto da me, e proprio quando il vigliacco stava per piantare il coltello sulla schiena di Dorian, gli assesto un calcio destro sul fianco, facendolo sbattere sul bancone e, da lì, mi avvento su di lui.
Con la coda dell'occhio, vedo Dorian che mi guarda. Ha visto il pugnale cadere a terra, e mi sembra doveroso fargli capire che gli ho appena salvato la vita.
-Brutto vigliacco! -dico, senza smettere di colpirlo -Un vero uomo non colpisce alle spalle!-
Santo Dio, che gran cazzata che sto dicendo! Io ammazzo gente nel sonno, preferibilmente.
Ma ecco la differenza tra un cane dell'esercito e un lupo come me.
Io ho un codice di sopravvivenza; Dorian, ha un codice d'onore.
Non mi sorprende sentire la sua mano pesante sulla spalla. -Grazie, amico. Non lo avevo visto, questo vile-
-Il mio nome è Luca- dico, facendo cadere a terra questo poveraccio tutto sangue e lividi e porgendogli la mano, che lui stringe senza problemi. Osservo attentamente quei grandi occhi castani, le pupille dilatate per la birra, e finalmente capisco come uccidere questo colosso.
-Io sono Dorian - fa quello. Salto il bancone, sotto il suo sguardo confuso. -Ti verso da bere, Dorian? Chiederei all'oste, ma non mi sembra molto in forma, al momento-
Io e Dorian attacchiamo a ridere, quando diamo un 'occhiata all'oste, svenuto sul tavolo spezzato in due dal peso del suo corpo esanime.
-Si può sapere che cosa ti ha fatto?- chiedo, mentre gli preparo la mia specialissima birra.
-Ha dei prezzi esagerati-
Annuisco, porgendogli la sua caraffa. -Allora, lascia che questo giro te lo offra io, amico-
Osservo con attenzione le sue labbra pelose bere avidamente, in un solo colpo, mezzo litro della mia birra. Io finisco la mia in due sorsi, tenendo lo sguardo verso il basso, cercando di ignorare i due stregoni in fondo a destra. Mi chiedo se Dorian li abbia notati.
-Beh, meglio che io vada- fa, Dorian, dandomi una pacca sulla spalla -Alla prossima, Luca!-
Chissà cosa starà pensando questo cane addestrato, in questo momento, mentre mi dà le spalle e esce dall'osteria. Sicuramente penserà di aver fatto bene, a dare una bella lezione a quel oste disonesto. E sarà, immagino, anche lieto di aver trovato un uomo d'onore quale é il sottoscritto, in una betola come questa.
Venti secondi.
Bene, ora posso uscire anche io.
Lo seguo fuori dall'osteria, e respiro a fondo l'aria delle due della notte: con quegli stregoni , ho seriamente rischiato di non poterlo fare. Alla mia destra, barcollante, intravedo il profilo di Dorian, delineato appena dalle lanterne appese agli stipiti delle case.
Mantengo le distanze, e continuo a pedinarlo per diciassette minuti.
Poi, ovviamente, Dorian, rallenta. Si poggia al muro, si mette la mano in bocca, si guarda attorno, confuso. Immagino che stia cominciando a intuire cosa sia successo. Si volta, mi vede e mi riconosce.
Dai venti metri che ci separano, lo saluto con la mano, con tutta l'innocenza di cui sono capace. Lo vedo digrignare i denti, e avanzare, minaccioso verso di me.
Non mi muovo di un solo passo, mentre lui é ormai a pochi metri da me. Ma i suoi movimenti sono sempre più meccanici, ogni falcata sempre più stentata.
Dorian si accascia ai miei piedi, in ginocchio.
-Non riesci a camminare, vero?- lui mi guarda, gli occhi lucidi, sempre più consapevole di quello che gli sta succedendo. -Nè ovviamente a parlare. Il veleno del pesce palla non posso usarlo per gli interrogatori, infatti. Lo prediligo, però, contro combattenti come te-
Mi metto alla sua destra, mentre la paralisi del suo corpo si estende anche agli superiori.
-Voglio essere gentile, con te, Dorian-dico, mentre una forte pioggia squarcia le nuvole, e si scaglia su questi due demoni. -La tua agonia può durare anche ore. Potresti vomitare l'anima, in preda alle convulsioni, così come potresti morire perché il tuo cuore perde colpi, e tu smetti di respirare. Si tratta di una tossina potente, che riserva sorprese ad ogni uso. Solo l'esito non cambia: la vittima muore. Sempre.-
Vedo i suoi occhi dilatarsi, quando prende consapevolezza che non vedrà l'alba di domani.
-Ma, come ho già detto, tu mi stai simpatico. Se vuoi, posso ucciderti subito, e evitarti tutto questo inutile dolore-
Si volta verso di me, gli occhi folli, in cui leggo tutta la sua perdizione. Prova a articolare qualche suono, ma , ovviamente, il veleno tiene la sua lingua in una morsa da cui non possono sottrarsi altro che mugugnii e grugniti gutturali.
-Sbatti le palpebre tre volte, e io porrò fine alle tue sofferenze-
Dorian mi osserva attentamente, e immagino che, finalmente mi veda realmente.
Io sono il suo assassino.
-Sono stato pagato per ucciderti, Dorian. Nulla di personale, credimi-
Sembra perplesso. Mi sembra giusto chiarirgli almeno chi abbia commissionato il suo omicidio. Magari si decide a farsi uccidere. Voglio sbrigarmi, ho sempre il terrore che qualcuno mi veda, visto che sono a viso scoperto.
-Si tratta di tua moglie. Pare che lei e Freddie...vogliano un nuovo futuro insieme. Un futuro in cui non ci sei tu a picchiarli-
Un bolo di saliva scende lungo l'esofago. Dorian sbatte le palpebre, una volta, gli occhi sempre più rossi piantati nei miei. Aspetto gli altri due rintocchi delle sue ciglia, ma niente.
Devo insistere.
-Vuoi sapere quanto vale la tua vita, Dorian?-
Mi avvicino al suo orecchio. -Cinquemila franchi. Non è circa lo stipendio di un mese, per te?-
Dorian versa lacrime, e, ancora , sbatte le palpebre.
-Credevo valessi molto di più, per tua moglie- provo a stuzzicarlo. Niente, non sbatte le palpebre di nuovo.
Cosa lo sta facendo esitare ancora?
Seconda regola: le tue vittime sono esseri umani.
-Se sei preoccupato per questo, hai la mia parola, Dorian: prenderò i soldi e basta. Non ho motivo di fare dal male a un mio cliente, credimi-
Il soldato sbatte ancora una volta le palpebre.
Tre. -Chiudi gli occhi, Dorian- gli dico, estraendo la spada.
Ho ancora nelle orecchie il suono della sua testa mozzata che cade sulla strada, quando sua moglie mi dà il compenso pattuito.
-A lei, madame- dico, passandogli la sacca di cuoio con il capo mozzato, unica prova valida del mio lavoro. La donna non sembra disgustata. -Mi faccia ora la decenza di sparire dalla mia vita, Luca-
Non mi metto nemmeno a contare le monete nella sacca: nessuno è tanto stupido da provare a ingannare un assassino.
-Sarà fatto. 'E stato un piacere lavorare per lei, madame-

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top