Capitolo 6

<No-non è nulla. Una ferita da artiglio qualsiasi che mi sono procurato tanto tempo fa.> mentì in parte Thomas.
Era vero che era una ferita da artiglio che si era procurato tanto tempo prima, ma era assolutamente falso che era un nonnulla.

Sperò con tutto il suo cuore che la coda non lo tradisse o che Jonathan non sapesse riconoscere i segni quando i kitten mentivano.

E lui non era bravo a mentire o a non mostrare la coda che si muoveva, avvolgendosi su sè stessa e facendo un piccolo cerchio verso la punta.
Jonathan non sapeva capire quei "segni" lì, però notò come il moro si era irrigidito al dire che "non era nulla".

<Voglio la verità, kitten.> ordinò Jonathan e già Thomas si preparava mentalmente al rivivere quei ricordi e non piangere.

Thomas però subito non volle parlare, non gli piaceva dire quella parte del suo passato.
Era già debole in partenza di fronte al cacciatore, quello non avrebbe fatto che accentuarlo.

Si morse il labbro inferiore e restò muto.

<Tsk. Non dici niente?> domandò retorico il castano, mentre schiacciava a sé il kitten e gli appoggiava le mani sul petto, facendolo sobbalzare.
Però comunque Thomas non sembrava voler spiccare parola.

<Allora facciamo così... se gemi mentre ti tocco me lo dovrai dire...> "propose" Jonathan incominciando subito a sfiorare con i polpastrelli l'area attorno ai capezzoli del kitten, mentre gli mordicchiava il retro del collo, leccandogli pure la pelle.

Thomas si morse con violenza il labbro inferiore per evitare di gemere.
Voleva muoversi per non dover gemere ma Jonathan sembrava glielo stesse impedendo facendo solamente leggera pressione coi polpastrelli sul suo petto.

Thomas non voleva emettere suoni, però non sapeva neppure per quanto tempo sarebbe riuscito a resistere senza gemere, soprattutto perché la zona toccata era molto sensibile per chiunque, figurarsi per lui!

<Mh~> gemette Thomas ad un certo punto, dopo un minuto circa che stava resistendo a stento.
Jonathan non smise subito e il moro continuò a gemere, non riuscendo più a trattenersi.

Sentì pure che la sua eccitazione stava aumentando suo malgrado e molto probabilmente nel suo basso ventre quel qualcosa stava iniziando a crescere.
Ne provava fin troppa vergogna e sperò che non crescesse troppo, mentre continuava a gemere, provando a soffocare i propri versi ma senza grandi risultati.

<Hai perso...> gli sussurrò Jonathan nell'orecchio dopo aver ascoltato per dei minuti il kitten gemere e muoversi sopra di sé.

Smise pure di toccarlo lì, facendo riprendere al moro lentamente i respiri normali, mettendogli una mano sul fianco e una sulla schiena, dove ripercorse la cicatrice.

<Ora devi dirmi come ti sei procurato questo taglio...> gli ordinò e Thomas sentì il silenzio calare nella stanza.
Prese un profondo respiro mentre sentiva attorno a sé il silenzio più assoluto, forse eccezion fatta per il proprio respiro e quello di Jonathan, che gli premeva contro la schiena.

Stava forse per dire qualcosa che...

<Ahia! Le mie orecchie!> si lamentò di scatto, quasi gridando, il moro, scalciando come un matto, mentre un suono acuto e sgradevole raggiungeva le sue orecchie, che abbassò e si tappò.
Era comunque seduto sopra Jonathan ma era libero dalla sua morsa, che aveva tolto vedendo come aveva reagito il kitten.

Il castano aguzzò l'udito e sentì un rumore, quasi inudibile per lui, provenire da fuori.
Si tolse il kitten da sopra, che rimase con le mani premute sopra le orecchie mentre si lamentava a bassa voce dal dolore e si metteva tutto rannicchiato sul letto.

Il castano uscì e andò verso camera sua, dove il rumore era più forte.
Ma... era la suoneria del suo telefono per la sveglia!
Aprì del tutto la porta socchiusa e notò il cellulare vibrare con un fracasso sulla scrivania, con su scritto che si sarebbe dovuto preparare.
Fermò il rumore della sveglia.

Doveva già prepararsi?

Beh, d'altronde distava molto in auto ed era una di quelle persone che ci metteva secoli a prepararsi, battendo a volte delle amiche o clienti per quanto tempo ci mettesse.
Ritornò un attimo nella camera del kitten lasciata aperta.

Thomas si era tolto le mani dalle orecchie e si stava mettendo a risedere, guardando in giro in cerca della sua maglietta che adocchiò ancora sul letto, lungo il bordo destro.

Provò a prenderla ma, all'entrata del cacciatore, si immobilizzò per un attimo nella posizione allungata in cui era, per poi rimettersi subito seduto dove era prima.

<Hai sentito il mio telefono squillare fin da qui e ti ha pure provocati così fastidio? Puoi illuminarmi su questo?> lo derise il castano, mentre lo faceva ri-sedere sulle sue gambe per qualche ultimo minuto di divertimento.

<C'era assoluto silenzio quando... quando è partita quella suoneria e... e conteneva ultrasuoni così... così fastidiosi che con queste orecchie s-si sentono benissimo...> fece a scatti Thomas, mentre Jonathan faceva passare le proprie mani per il suo petto e lo baciava sul collo.

Quelle pause nel discorso del kitten erano i brevi momenti in cui gli passavano scariche di ribrezzo per la colonna vertebrale e in cui doveva trattenersi dal gemere.
Jonathan gli diede un ultimo bacio con la lingua e si staccò dopo un minuto buono.

Fece scendere il kitten da sopra di sé ed uscì dalla camera chiudendola a chiave, rivolgendo al moro uno sguardo malizioso e divertito.

Thomas aspettò di sentire i passi di Jonathan affievolirsi prima di scendere dal letto e prendere la propria maglietta, caduta a terra, e se la rimise subito, contento di potersi ricoprire il petto.
Tirò un sospiro di sollievo per poi stendersi sul letto a pancia in su.

Che fosse benedetta quella sveglia!
Aveva distolto il cacciatore dal sapere la verità su quel taglio che non adorava dare.
Proprio per nulla.

Sperò che non se ne ricordasse più tardi.
Era un fattaccio che tirava in ballo orribili ricordi che aveva confidato solo ad Ariana.

Ariana era come una sorella per lui, si era instaurato un legame particolare fra loro fino da quando si erano incontrati.
A pensarci meglio, il loro primo incontro in sé era stato particolare.

•~-~•

Stava scappando, col cuore che gli martellava il petto, mentre la maglietta con degli strappi sulla schiena sembrava non riuscire a reggere la velocità del ragazzino.

Aveva rubato del cibo per disperazione da un market, travestito malamente da umano, e stava correndo per strade senza una meta e la gente si scostava al suo passaggio, non volendo ritrovarsi addosso una piccola scheggia in fuga.

Corse verso un parco e si arrampicò su un ramo di un albero, poi su uno più in alto, dopo un altro più in alto ancora e avanti così con la confezione del cibo fra i denti.

Raggiunse una buona altezza in fretta e solo allora vide sotto di sé una guardia del market correre, oltrepassare l'albero su cui era lui e andare avanti.
Stette un pochino lì a fissare davanti a sé, protetto dalle fronde primaverili.

Si accorse solo allora, vagando lo sguardo attorno a sé, di un'altra presenza sull'albero, più in alto di lui e verso la sua sinistra.

Era una figura femminile che lo fissava, le orecchie color nocciola totalmente chinate su una cascata di capelli di un castano più scuro.
La coda le si muoveva frenetica.

<Anche tu sei senza casa?> chiese lei, diretta. La voce era bianca, sottile, "infantile".

Thomas suppose avesse la sua età, più o meno.
Il moro annuì, triste al ricordare di come aveva perso tutto, e si arrampicò verso la ragazzina.

Quella non si mosse, ritornando con lo sguardo ai propri piedi, mentre teneva le mani sullo stomaco e si lamentava borbottando con un soffio di voce.
Arrivato vicino alla castana sentì uno stomaco brontolare.

<Scusa per il commento...> notò la kitten, continuando ad osservare i propri piedi pendolare dal ramo.

Lei tirò fuori da una tasca una barretta mezza vuota e mangiò l'altra metà rimasta con voracità, quasi con disperazione.
E poi si rimise a fissare il vuoto, prendendosi una ciocca di capelli su un dito e attorcigliandola attorno.

Thomas fissò curioso quella ragazzina.

Ella sospirava pesantemente e aveva gli occhi rossi dal pianto e sulle ginocchia, dove i pantaloni erano strappati, spiccavano diverso taglietti.

La felpa era sporca e logora nella parte più bassa, mentre la maglietta sotto aveva uno strappo da metà pancia fino ai bordi inferiori.

I pantaloni erano sporchi e, oltre a quei buchi sulle ginocchia, c'erano dei piccoli fori in corrispondenza della coscia sinistra.
E si intravedeva un cappellino spuntare dalla vita, che era schiacciato per metà nei pantaloni.
Le scarpe erano la cosa messa meglio di quell'insieme di vestiti.
Erano solamente un po' sporche.

Thomas distolse lo sguardo quando la kitten lo rivolse di nuovo a lui, andato in imbarazzo.
Il moro si concentrò sul pacco di cibo (un grande pezzo di pizza in busta), l'aprì e ne strappò una bella parte che allungò subito davanti al muso della castana, che lo guardò stupito senza però afferrare il cibo.

<Tieni.> incitò il moro, mettendoglielo meglio sotto il naso.
Quella si spostò un po' più in là, come a prendere le distanze, e notò con circospezione: <È il tuo cibo. Te lo sei guadagnato tu ed è tuo.>

<È mio, giusto, quindi ci faccio quel che voglio. Tieni.> insistette il ragazzino, avvicinandosi di più alla ragazza col pezzo di pizza davanti a lei.

La castana fissò il pezzo di cibo per mezzo minuto prima di afferrarlo e iniziare a mangiarlo lentamente, gustandoselo.

<Beh, grazie.> ringraziò la castana imbarazzata e Thomas sentì che era sincera.

<Significa che ora siamo mezzi compari?> domandò la ragazzina dopo un minuto che stavano in silenzio.
<Mezzi compari?> chiese l'altro, non volendo capire.

Si era promesso di non avere più contatti con kitten o di crearsi dei compari (o anche mezzi compari, qualsiasi cosa significasse).
Però... quella ragazza, appena l'aveva vista, gli aveva fatto crollare quel muro che si era creato.
Sembrava che pure lei ne avesse viste di tutti i colori.

Sperava che fidarsi di lei non l'avrebbe portato a degli sbagli come quelli dei genitori.

<Compagni, mezzi compari. Dillo come vuoi. Intendo che collaboriamo per salvarci la pelle a vicenda, senza ancora fare il giuramento di sangue.> spiegò la ragazzina con un tono quasi cinico e arrabbiato.

Thomas non capiva il perché di quella voce, ma anche a lei la vita non doveva sorridere: non ti trovi su un albero affamata se hai qualcuno che ti aiuta.

Se hai una famiglia...
O una casa, che pure lei stessa aveva detto di non avere.
Che avesse perso la famiglia come l'aveva persa lui?

Improbabile, ma sicuramente era sola.
Beh, credeva davvero di potersi fidare, almeno un pochino, anche se si era ripromesso poche settimane prima di non farlo mai più.

Convinceva quella parte di sè restia dicendosi che quella lì era una kitten disperata come lui, e aveva come l'impressione che non tradisse facilmente gli altri.
Era una semplice impressione, e ancora non sapeva che aveva tremendamente azzeccato.

<Allora... mi piacerebbe essere il tuo "mezzo compare". Io mi chiamo Thomas, tu?> si presentò il moro, mentre un tuono risuonava in lontananza, facendolo sobbalzare.
Di lì a poco sarebbe piovuto.

Quella ragazza ridacchiò al suo sobbalzo e disse: <Io mi chiamo Ariana. Beh, mezzo compare, quanti anni hai? Io ne devo compere 9 ad agosto.>

<Io ne ho compiuti 9 a inizio marzo.> rispose lui mentre sentiva nell'aria l'odore crescente di umido.
<Allora abbiamo la stessa età. Ed è meglio se scendiamo in fretta. Con un temporale meglio stare lontani dagli alberi.> notò la ragazzina, scendendo giù usando pure i suoi piccoli artigli retrattili.

Thomas la guardò con un pizzico d'invidia per un momento, lui non li aveva e non li avrebbe mai avuti.
Toccò terra dopo Ariana, che lo prese per un polso e, correndo, lo trascinò con sé.

<Andiamo a cercare un riparo.> disse con tono autoritario ma con una punta di apprensione la castana mentre si trascinava dietro un Thomas che annuiva.

•~-~•

Thomas sorrise al ricordo.
Era da lì che era nata la loro amicizia; da un fortunato incontro.

Erano poi cresciuti per tanto tempo da soli, vivendo esperienze pure orribili, si erano aperti l'un l'altro ed erano diventati sempre più come fratelli.

Avevano trovato quella casa, i bambini, James, Nick e Luke solo quando avevano 16 anni.
Si erano imbattuti in James mentre pure loro due stavano scappando con del cibo.

Avevano seguito il kitten adulto, curiosi, e si erano ritrovati davanti a quella casa nella quale James, ritrovandosi dietro i due ragazzi, li aveva fatti entrare per non farsi beccare.

Poi si erano conosciuti, avevano scoperto che vi erano tre kitten adulti che si prendevano cura di bambini abbandonati dai genitori disperati, li allevavano e li aiutavano a imparare a come vivere nel mondo.

Ariana aveva subito chiesto se potevano rimanere lì con loro, aiutandoli nell'istruzione dei bambini dicendo che voleva sul serio aiutarli nella loro causa.

Thomas non aveva trovato così insolito che Ariana chiedesse una cosa del genere.
Il moro pensava che la castana fosse una delle persone migliori che potesse capire l'abbandono volontario da parte dei genitori.
I tre li avevano squadrati e poi avevano accettato.

E avevano fatto conoscenza con tutti, compresi i bambini.
Ed era stato come se la loro famiglia si fosse allargata.
E di tanto.

Sospirò triste al ricordo.
Perché era appunto quello, un ricordo. Non era più la sua realtà.
Era un'utopia pensare di riavere quella vita indietro.

Sentì dei passi nel corridoio e poi scendere per le scale.
Suppose fosse Jonathan che andava chissà dove.

Quando il castano uscì dalla porta e, salito sull'auto, si diresse verso la città, Cassandra fece un respiro di sollievo.
<Posso parlare ad alta voce!> quasi urlò contenta.

<Ti devo ricordare che c'è il kitten di sopra?> domandò retorica Elizabeth, prendono dei prodotti per pulire dagli scaffali della stanza riservata. <E che è meglio se adesso andiamo a pulire i bagni?> aggiunse.

<E come facciamo per quello nella stanza del kitten?> chiese Cassandra mentre salivano i gradini.
<Semplicemente andiamo entrambe. Una sta nella stanza col kitten e l'altra pulisce.> suggerì Elizabeth.

<Allora io voglio rimanere a sorvegliare il kitten! In cambio per due giorni interi guido io!> propose Cassandra ed Elizabeth disse: <Va bene, guarda che te lo ricorderò, eh.> mentre si dirigeva nel bagno nella stanza di Jonathan.

<Lo so!> acconsentì quasi urlando, di nuovo, Cassandra mentre entrava in quello degli ospiti.
Thomas sentì le due ragazze conversare (soprattutto sentì le frasi di quella che urlava) e capì che dopo sarebbero venuti lì, in camera sua.

Corse d'istinto un attimo in bagno, solo per vedere com'era la situazione "morsi" e non era granché messa bene.
Si vedeva tanto il livido rosso-viola lasciato dal castano, soprattutto con la sua pelle pallida come il latte.

Sospirò passando una mano per i capelli, rendendoli sbarazzini come al solito.
Poi andò verso l'armadio in camera e lo aprì, sperando di trovare qualcosa di decente dentro.

Quei vestiti che indossava non erano granché e sperava di trovare qualcosa dal collo alto per nascondere i morsi.
Si ritrovò davanti ad un piccolo mondo di vestiario.

C'erano tante magliette, ma avevano lo scollo grande.
Tra l'altro sembravano di una o due taglie più grandi della sua, quindi lo scollo sarebbe aumentato su di lui se le avesse mai indossate.

Stette tanto tempo a guardare e cercare qualcosa di migliore.
Notò, per sua fortuna, che su un ripiano più in basso c'erano delle camicie con il colletto alla coreana (N/A: per chi non lo sapesse, è una camicia col colletto alzato e rigido) e pensò che forse con quelle avrebbe risolto il problema di non vedersi davanti agli occhi quel diavolo di segno.

Trovò anche dei pantaloni lunghi e neri e se li mise in fretta, timoroso che le due ragazze potessero entrare da un minuto all'altro.
Sia i pantaloni che la camicia gli stavano molto larghe, ma almeno il colletto gli pareva nascondesse un pochino il segno.

Fece due grandi risvolti a ciascuna manica per averle di decente lunghezza, idem per i pantaloni.
Andò in bagno dove buttò in una cesta dei panni sporchi i vecchi vestiti indossati.

Si guardò allo specchio e la scena era abbastanza buffa.

Si vedeva lontano un miglio che quei capi gli andavano larghi, come minimo erano due taglie più grandi della sua, e gli sembrava di essere un bambino che provava a vestirsi con gli abiti del padre.

E solitamente, quando nei film si vede questa scena, il bambino risulta solo più carino e buffo.
Lui si vedeva soltanto ridicolo, tanto ridicolo. Il carino, nel suo caso, chissà dov'era (per lui).

Stava ripensando che forse si sarebbe dovuto rivestire coi vecchi indumenti, che sentì la porta della camera aprirsi.

Troppo tardi per avere ripensamenti.

Titubante, pensando pure che le due ragazze gli avrebbero tranquillamente riso in faccia per come era conciato, andò nella stanza da letto.
Vide la ragazza dai capelli rossi, poco più bassa di quella dai capelli biondi, fiondarsi nel bagno dal quale era appena uscito con dei prodotti per la pulizia.

La bionda girò la sedia accanto alla scrivania e la mise davanti al letto, sul quale Thomas si sedette guardando le lenzuola.

Nessuna delle due aveva riso, però per un attimo aveva visto sul volto della bionda un sorrisetto indecifrabile.

<Ehi, se vuoi ridere per come sono conciato, fallo.> notò distratto Thomas a voce bassa, prendendo la coda da dietro di sé e accarezzandosela delicatamente.

Se lo faceva lui stesso non lo faceva gemere o altro, lo rilassava.
Era tipo come con il solletico: quando te lo fai te stesso non ha alcun effetto.

<E chi riderebbe, scusa? Sei così carino!> fece Cassandra con una voce acuta, parlando di getto, e tappandosi subito dopo la bocca sussurrando tra i denti: <Perché cazzo l'ho detto?! Ok che sono cretina, ma pensavo di avere un limite pure io...>

Thomas capì cosa avesse biascicato più o meno la ragazza e, alzando lo sguardo sulla bionda, chiese: <Non ti faccio ridere? Sul serio? Io mi trovo ridicolo...>

<Per me sei assolutamente adorabile; e pure per la mia amica che è andata a pulire il bagno.> disse Cassandra, ridacchiando, facendosi sentire apposta dalla rossa.

Elizabeth disse qualcosa che lei non udì data la distanza, ma Thomas sì grazie alle sue orecchie e disse: <La tua amica ti ha appena lanciato qualche nome e ha detto che se non la smetti si raddoppiano i "giorni".>

<Davvero?> chiese Cassandra, rivolta alla rossa in bagno.
<Davvero.> quasi urlò Elizabeth, aggiungendo: <Alcune volte sei imbarazzante! Perché non chiudi il becco?>

<Perché mi va di parlare!> fece in risposta la bionda.

Forse avrebbero iniziato a bisticciare come due bambine di cinque anni se il moro non si fosse messo a ridacchaire senza ripensarci sopra due volte, attirando l'attenzione di entrambe, e facendo ricordare loro che nella stanza c'era pure lui.

<Scusate. Fate ridere.> fece a voce bassa il kitten arrossendo subito dopo, fissandosi di nuovo la coda che teneva tra le mani a stento, visto che si muoveva per l'imbarazzo.

<Beh, siamo contente, o almeno io, di farti ridere. Come ti chiami, kitten? Io Cassandra e quella lì a pulire Elizabeth.> presentò la bionda, mentre la rossa urlava: <Smettila o i giorni si triplicano!>

<Vabbè!> ridacchiò l'altra.

Il moro disse: <Io mi chiamo Thomas.>
<Voi non siete cattive, vero?> aggiunse subito dopo il moro senza rendersene conto.
Si volle dare uno schiaffo per l'emerita cazzata appena detta.

Si sentiva stupito perché pensava di averle offese in qualche modo.

Elizabeth rise dal bagno e notò: <La cosa più crudele che sto facendo è minacciare Cassandra di guidare solo lei per 6 giorni di fila se non la smette. Per lei, invece, è far domandare spesso alle persone che le stanno attorno se loro non dovrebbero andare dall'ottorino a causa sua. Decidi un po' te.>

Thomas sorrise e notò: <Allora tu non hai mai sentito la mia amica urlare: lei sì che spacca i timpani!>

Sentì un pochino il cuore incrinarsi al pensiero di Ariana, ma Cassandra inconsciamente glielo scacciò via dicendo, facendo la tragica: <COSA?! Qualcuno che urla più di me!? IM-POS-SI-BI-LE.>

Thomas ridacchiò e si disse che forse, con quelle due come "amiche", non sarebbe stato così impossibile vivere lì.






N/A: io adoro Elizabeth e Cassandra come personaggi, sono semplicemente due pazze molto simpatiche.

E avranno un ruolo "secondario" ma spesso comico nella storia.
Faranno tipo da fangirl taaanto pazze.
Ovviamente di più Cassandra... beh, tra l'altro è la me pazza ed Elizabeth la me "calma".

Spero vi sia piaciuto anche il flashback su come Thomas ha conosciuto Ariana.
Io davvero credo nei fortunati incontri, e ho voluto pure che quello dei due kittens fosse molto, come dire, "randomico".

E dopo questo, vi saluto e alla prossima settimana!

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