Capitolo 50

Quel giorno, a casa Right, passa frenetico fra macchinazioni di un piano fino al minimo dettaglio e variabile; con i tre ventenni che se lo imparano a memoria e che saprebbero dirlo con la stessa facilità con cui avrebbero detto nome, cognome e data di nascita.

Invece, Thomas, nella tana del lupo, fra le grinfie di quell'uomo, lo passò come un inferno e quelle che sono meno di ventiquattro ore gli paiono come giorni, se non settimane. Quel mostro non conosceva limiti al suo sadismo; adorante nel vedere gli occhi verdi del moro supplicare una pietà impossibile da ricevere, mentre lottava con il suo stesso corpo per non dargli la soddisfazione di vederlo lacrimare o urlare di dolore. E Regulus neppure sembrava conoscere una qualsiasi sorta di stanchezza fisica.

L'atto sessuale è una attività fisica che, nonostante si compia tutta anche in un letto qualsiasi, é come se prosciugasse energie e portasse ad una stanchezza quasi irreversibile.
A quanto pare Lee doveva avere caffeina al posto dei sali minerali in corpo, dato che continuava a deflorare il povero moro appena poteva smettere di affacendarsi coi suoi lavori per un tempo sufficiente. E questo, da capo e che progettava la vendetta dell'indomani da innumerevoli mesi (anni), il tempo libero non mancava.
E se proprio non poteva venir meno a scartoffie o ultimi ritocchi e precisazioni al piano o avvenimenti inerenti ai suoi commerci (droga o schiavismo o prostituzione che fosse), se li faceva mandare in camera; dove poteva farli sotto i continui vezzeggiamenti di Thomas, ordinati da quel pazzo.

Il moro, ormai, andava come se avesse una sorta di pilota automatico. Ascoltava, ubbidiva, subiva, proprio come una qualsiasi prostituta. Ma gli eventi delle ultime 48 ore gli avevano lacerato l'anima.
Chi ha perso una intera seconda famiglia perché l'ha fatta disperdere per la loro salvezza, chi ha visto davanti a sè morire quella persona che era stata l'ancora per anni, chi ha subito violenze da chi pensava di essere amato reciprocamente (e che gli ha detto di odiarlo), chi si è ritrovato di fronte a demoni del passato che lo hanno preso nel suo luogo più intimo e che lo hanno ridotto ad un gigolò... come può voler combattere?

Come può lottare se non ha nulla per farlo?
Quasi non pregava neppure più di scappare.
Piuttosto di morire. In fretta e senza dolore. Qualcosa come un attacco cardiaco improvviso. O una pallottola precisa nel cuore o nel cervello.
Qualsiasi cosa che lo troncasse in fretta.

Chiedeva quello al suo Dio della Morte, che pareva ridacchiare accanto a Regulus Lee, mentre questo lo faceva soffrire: gli sembrava che la Morte adorasse vederlo ridotto ad una bambolina di pezza, rotto nel cuore, strappato e privato dell'anima. Come se già negli anni non gliene fossero capitate di tutti i colori.

Quel giorno arrivò al suo tramonto e la Luna fece capolino per tutti, fissata intensamente per un bel po' dai tre in casa Right (prima che si prendessero un sonnifero per riuscire a dormire qualche ora). Poi anche la Luna, rimasta nel cielo scuro per breve tempo, data l'estate in piena regola di fine giugno, se ne andò e lasciò spazio ad un sole che tinse l'aria di colori caldi e pastello, per poi arrivare ai toni più violetti ed azzurri, che piano piano si levò in alto nel cielo.
Per i comuni cittadini, impegnati nelle loro non sconvolte vite, quello era un giorno come un altro. Ma, per chi quel giorno era un giorno diverso, che aveva in serbo qualcosa di particolare, era un giorno decisivo: e la presenza fredda della Morte fece capolino nelle mente di qualcuno di loro.
Era una inevitabile conseguenza, che qualcuno ci lasciasse le penne. Quello di cui si era all'oscuro, in teoria, era chi avrebbe avuto tale sorte.

Regulus svegliò Thomas carezzandogli prima la guancia pallida, per scendere fino ai fianchi, ai quali si arpionò, per poi baciarlo con foga.
Se Thomas, anche solo una settimana prima, avrebbe adorato risvegliarsi con un bacio da parte di una certa persona, in quel momento sarebbe voluto morire lì seduta stante.
<Sveglia, Thom~. Oggi dobbiamo uscire, giusto un pochino. Sarà una giornata speciale, sarà... come andare a teatro! Per me sarà una fantastica commedia!> commentò il kitten con tono divertito, da deviato di mente, all'orecchio del più piccolo.

Poi, si allontanò leggermente, per commentare: <Anche se credo che, per qualcun altro, sarà una tragedia!> e si lasciò a dei risolini a voce bassa, intrinsechi di malvagità e una punta di follia.
Subito si riavventò sulle labbra del moro, schiacciandolo contro il materasso mentre si metteva sopra, per sovrastarlo.

<Ma c'é sempre tempo per un round, Thom caro~> e, sempre con quella risata psicotica, lasciò che le mani e le labbra vagassero su tutto il corpo del moro. Thomas, solamente, chiuse gli occhi, lasciando che quel grumo di dolore fermatosi in gola venisse soffocato e che lacrime o singhiozzi non fuoriuscissero dalle sue labbra.

•~-~•

Nel mentre, a casa Right, Jonathan si era svegliato per primo. Non volendo svegliare le due cameriere dormienti in soggiorno, rimase in camera; almeno fino a che non si sarebbero fatte le otto meno dieci.
Erano solo le sette e cinque.

Si ripeté il piano almeno altre due-tre volte, prima di sospirare affranto e divagare su Thomas.
Una volta salvato, infrangendo un casino di leggi... cosa avrebbe fatto con lui?
Come si sarebbero comportati entrambi?
Come gli avrebbe chiesto scusa?
Erano tutti quesiti che gli frullavano per mente; senza reale risposta. Tentò qualche discorso in testa e, nonostante i ben strutturati schemi mentali per esporre scuse e colpe, le prefazioni di poeticità e perle di filosofia degne di nota e l'enorme sincerità a spronarlo... non riusciva a trovare nulla che gli piacesse.
Che fosse adatto ad essere anche solo udito dal moretto.
Che fosse accettabile.

Era come se non ci si potesse preparare discorsi antecedenti ad una situazione, se il motivo per cui sei spronato a parlare è un così forte sentimento. Un brutto sentimento, quel senso di colpa che gli opprimeva la gabbia toracica non era per nulla piacevole, ma era pur sempre forte. Molto forte.
L'unica cosa plausibile, al constatar quel fatto, fu di arrendersi all'evidenza: non c'era né bisogno né possibilità di prepararsi; al momento giusto, sarebbero venute fuori. O almeno ci sperava.

Alzò gli occhi al soffitto.
7:53.
Meglio andare a svegliare le due cameriere, che ormai erano come una sorta di amiche. Non erano nulla di paragonabile a Jack (quel pittore era insostituibile), ma erano fidate e sapevano quando faceva le cazzate e incolparlo (anche solo con un astioso silenzio) e quando aiutarlo e supportarlo per un bene comune.

Scese di giù e, messe le mani a coppa, fece a voce alta: <SVEGLIA!>
Il volo giù dal divano che Cassandra fece a quel forte rumore era ineguagliabile e Jonathan sorrise di gusto; sentendosi come più leggero del peso al petto.
Quelle ragazze erano davvero speciali. Nulla come Jack o Thomas, ne era costantemente conscio, ma erano entrambe importanti per lui, a modo suo.

•~-~•

Jonathan Right arrivò di fronte alla ex-casa di quei tanti kittens, dispersi prima della caccia grazie allo zampino del fidanzato, e fece un profondo respiro. Nell'aria c'era un lieve odore di pioggia ed era da pressappoco mezz'ora che il cielo si stava riempiendo, qua e là, di nuvole sempre più scure.
Probabilmente sarebbe piovuto.
Si riscosse da quell'irrilevante pensiero.

Entrò dentro la casa.
Erano passati pochi giorni e ricordava che l'ingresso era un corridoio lungo, con porte laterali ed un salotto, in fondo, senza porta, con delle scale in un lato della stanza; per portare ai piani superiori.
Si diresse verso quel salotto e, entrandoci, notò che era grande. Di sicuro, se la casa fosse stata ristrutturata, quel soggiorno sarebbe stato uno dei suoi punti forza.
Grande, dal soffitto non così basso e le ampie finestre, incrostate di polvere, sul lato destro. La parere sinistra aveva della decadente carta da parati, come le altre due pareti senza finestre.

Guardò l'orologio al polso.
Le 9:50. Mancava poco alle 10:00.
Il peso della pistola nascosta dai vestiti gli dava l'idea di potersi un minimo difendere.

E il piccolo amichetto in tasca (un apparecchio da usare in caso di pericolo; se attivato, inviava la posizione di dove l'apparecchio fosse al piccolo schermo, che avevano le ragazze) gli ricordava che non era solo.
<Buongiorno Jonny! Ti sono mancato?> salutò allegro una voce ben familiare. Dalle scale scese Regulus Lee col suo ghigno ben vistoso ed un luccichio di follia negli occhi ambrati.
Al suo seguito c'erano due omaccioni ed uno di loro trascinava Thomas.

Right, al riconoscerlo, leggermente si irrigidì, non solo perché non ci sperava troppo che avrebbe portato lì Thomas (d'altronde, era certo che lo volesse uccidere e basta) e anche per come era ridotto il fidanzato. Il corpo del moro tremava leggermente, con le gambe che non parevano stabili ("Da quanto é che non mangia?" si chiese nello spavento Jonathan, dato che la sera che era stato rapito, non toccava cibo dal mattino stesso) e pareva sofferente solamente a stare fermo, in piedi (e una supposizione di quel malessere, fatta capolino nella testa del cacciatore, lo fece incazzare oltremodo).

Ma non era solo il suo portamento a spaventarlo.
La coda era a penzoloni, come senza vera voglia di muoversi (o vivere), le orecchie si erano nascoste fra i capelli neri e gli occhi... Oh, gli occhi!
Gli occhi verdi, di solito animati di una particolare luce, erano vitrei e spenti, al pari di quelli di una pregiatissima bambola di porcellana che, per quanto simili alla realtà, erano pur sempre finti.

<Sono stato bravo, no? Il piccolo Thom è qua... ma non te lo ridarò. Dopo anni finalmente è mio!> e il capo mafia schioccò rumorosamente le dita. Dalle scale scesero molti uomini armati e si disposero a ventaglio attorno alle persone già presenti nella stanza, tenendo la mira pronta su Jonathan che, discretamente, attivò il dispositivo in tasca.

<Quindi... ti consiglio di farci ciao ciao. Ultime parole, Right?> concluse Regulus, quasi a dare un effetto teatrale al momento.
Gli occhi di Thomas si spalancarono, spaventati, rianimati di nuovo di luce, anche se di terrore: amava Jonathan, nonostante tutto, e una speranza che si fosse pentito aveva fatto capolino nella mente, appena lo aveva visto.
E dopo le parole di Regulus... quella fiamma era divampata: Jon ancora lo amava ed era venuto lì solo per lui. E non poteva permettersi che un'altra persona a lui così cara perdesse la vita a causa sua.
La sua mente e la sua anima non avrebbero retto.

Stava per mettersi in ginocchio ed urlare a Regulus, supplicante, di fare a lui tutto quello che volesse, lasciando in cambio in vita e libero Jonathan che non ce ne fu bisogno.
Jonathan, ghignando, neanche fosse lui ad essere quello con venti fucili puntati contro, esordì: <Sei sicuro che sarò io a dire le mie ultime parole?> e, neanche si fossero messi d'accordo sul secondo, avvenne un casino.

Infatti, quella specie di furgone che Jonathan usava ogni tanto da cacciatore, si schiantò contro la parete finestrata, creando un enorme buco. Frammenti di vetro, pezzi di intonaco, mattoni e calce volarono un po' dappertutto, alcuni centrando e quasi travolgendo i sottoposti di Regulus schierati vicino a quella parete. Altri semplicemente arretrarono: non sarebbe dovuta andare così.
Gli indenni, oltre Jonathan, erano Regulus, Thomas, i due omaccioni e quegli uomini che erano schierati alla sinistra del cacciatore, cioè dalla parte opposta dalla finestra.

Il furgone era ancora incastrato nel buco creato dalla sua irruzione; aveva il parafanghi mezzo staccato e il muso del veivolo era ammaccato sia dall'impatto sia da ciò che gli era caduto addosso. Il cacciatore, fra sé e sé, ringraziò che quel furgone fosse stato prodotto in una lega particolarmente resistente.
Intanto, dentro il furgone, le due cameriere stavano urlando, incuranti quasi di cosa avessero sul serio fatto.

<GIURO CHE SE USCIAMO VIVE DI QUI TI AMMAZZO IO!> strillò Elizabeth nell'abitacolo del furgone, aggrappata al sedile spaventata; mentre Cassandra, al volante e con un sorriso folle in volto, gridò concitata: <RIFACCIAMOLO! È STATO FIGHISSIMO!>
<RETTIFICO, TI UCCIDO IN OGNI CASO!> ribatté la rossa, guardando male l'amica.
Jonathan non perse tempo a notare dai finestrini semi-abbassati il bisticcio tra le due.

Doveva usare il fattore sorpresa a proprio vantaggio: estrasse la pistola da sotto la camicia, alzò la canna della propria arma, e sparò un colpo con una freddezza e apatia degna da film.
La rabbia gelida di vedere Thomas in quel modo aveva preso il sopravvento nella sua mente. Sarebbe potuto diventare una macchina omicida fino a che Thomas non fosse stato fra le sue braccia, sereno.

Colpì quello più basso con un proiettile al petto, facendolo cascare al suolo e morire con un urlo straziato bloccato in gola.
Il moro, lì vicino, chiuse gli occhi evitando di vomitare o altro a quella vista così orribile, col sangue che zampillava fuori. Quel colpo, il corpo caduto a terra, spirando l'ultimo fiato, gli ricordava Ariana, purtroppo. E sentì di nuovo la sua volontà debole, sottoposta e schiacciata a causa del ricordo vivido ed opprimente.

Il biondo sgranò gli occhi, chiedendosi come cazzo fosse possibile che il suo piano perfetto fosse andato a rotoli. Trattenne il moro, estrasse una pistola prima ben nascosta e urlò all'altro secondino: <Rallentali, cazzo!>

Intanto lui scappò per le scale, trascinandosi il ragazzo dietro, il quale provò debolmente controbattere. Purtroppo il ricordo gli aveva dato una stilittata nel petto ed era ancora troppo debole (denutrito e violentato) per farcela davvero e si lasciò trasportare via come una bambolina, occhi supplicanti Jonathan di salvarlo.

<Eh no, non-caro il mio stronzo! Ora ci siamo noi due. Salviamo il culo a Jonathan e la vita a Thomas!> notò la bionda mettendosi un casco da moto, prendendo il fucile da caccia messo di traverso dietro il suo sedile e scendendo dall'auto, sparando qualche colpo di copertura, giusto per incutere timore.
Fu seguita a ruota dalla rossa e rimasero lì a sparare con quelli ancora in vita, mentre Jonathan schivava abilmente il secondino armato (sparandogli pure un colpo nella gamba, azzoppandolo e facendolo cadere) e andò alla ricerca dei due fuggiti.

<Perché hai specificato due cose diverse per i due?> chiese intanto confusa la rossa, mentre si rifugiava insieme all'amica dietro un tavolo ribaltato.
<Perché sono sicura che il culo di Jonathan, anche letteralmente parlando, sia ancora salvo e quindi possiamo cercare di mantenerlo così; mentre siamo più che certe quello di Thomas non lo è da un bel po'. Almeno la vita cerchiamo di fargliela tenere!> notò Cassandra ironica per metà e la rossa si offese, manco c'entrasse lei, e la sgridò: <NON È UNA COSA CARINA SU CUI SCHERZARE!>

Cassandra ghignò involontariamente prendendo la mira e sparando: <E va beh, già fatto!>
<Alcune volte sei incorreggibile!> notò la rossa mentre usciva dal nascondiglio pochi secondi e sparava a quelli più vicini.

Forse lo facevano senza rendersene consciamente conto, forse la loro testa lo faceva apposta, ma stavano sparando senza guardare in faccia nessuno, pure forse uccidendo sul colpo o solo per dissanguamento.
Eppure la loro psiche non stava vacillando, non stava rischiando di crollare e lasciarle lì, sperdute, con gli incubi dei corpi privati di vita a causa loro... perché stavano affrontando il tutto con un sorriso.

Dicevano cazzate, si rimproveravano l'una l'altra ed era come si estraniassero dal mondo e dalla orribile azione, anche se per un fine nobile, che stavano compiendo. Quelle due ragazze, legate nel bene e nel male, stavano aiutando una faida in cui si erano coinvolte perché volevano fare qualcosa e stavano passando quell'esperienza traumatica col sorriso.
Per loro due, probabilmente, non ci sarebbe stata nessuna ripercussione... almeno a livello psicologico.

•~-~•

Jonathan stava inseguendo Regulus e Thomas. Il rumore degli spari, salendo di un piano, si stavano affievolendo, anche perché non aveva troppo tempo per pensarci (anche se, dentro di lui si sarebbe profondamente sentito in colpa se fosse successo qualcosa alle due cameriere).
Non stava sparando nella paura di ferire Thomas, che sapeva essere trascinato senza troppe grazie o resistenza da parte del moro stesso.
Non voleva ferirlo ulteriormente, poco ma sicuro!

Salito di un piano, finendo in un corridoio con diverse stante, probabilmente bagni o camere da letto, sentì dei passi aggirarsi per una di quelle stanze. Regulus voleva giocare a nascondino?
Bene, gli avrebbe dato ciò che meritava.

Provò ad entrare in una stanza e premette una volta il grilletto.
Colpo a vuoto.
Digrignò i denti, pensando che sarebbe stata una fregatura quella ricerca, che sentì dietro di sè uno scattare metallico.
Si girò e si vide, a poca distanza (due, tre metri massimo; erano a oltre metà del corridoio) Regulus, ghignante, che tratteneva per i polsi legati Thomas.

<Fre-ga-to.> sillabò Regulus, vittorioso. Jonathan alzò la pistola a sua volta: a fare lo stoccafisso non gli andava proprio.
<Oh, vorresti morire pur di uccidermi?> chiese il mafioso, con finto stupore in volto. il cacciatore stava per rispondere che capì la domanda sottintesa di quell'essere spregevole: sarebbe valsa la pena morire per liberare Thomas, ma lasciandolo solo con quel nuovo lutto?
<Oh, guarda; non ti faccio dare la risposta.> commentò subito il kitten, puntando la propria pistola alla tempia di Thomas, che si pose davanti come scudo.
<Fa il bravo e lui non si farà male.> ordinò Lee.

Il cuore di Jonathan sobbalzò.
<Appoggia la pistola a terra o di lui rimarrà un corpo senza vita.> aggiunse il kitten, e premette di più la canna contro la tempia del moro come piccolo incentivo.
Jonathan spalancò gli occhi: tutto ma non Thomas!
Però lasciare l'arma significava morire... e lui teneva troppo a Thomas per lasciarlo lì, distrutto ancora una volta (ancora a causa sua), specialmente nelle mani di quel lurido.
Fissò gli occhi smeraldini di Thomas, che lo supplicarono di fare come Regulus diceva. Il moro, dentro di sé, sapeva che avrebbe sopportato per anni la tortura di stare con Regulus, se solo Right si fosse salvato (anche se sapeva dentro di sè che ciò era impossibile).
Il cacciatore, intanto, aveva appoggiato la pistola a terra.

<Calciala.> impose Regulus e Right, non volendo ribellarsi, eseguì.
Il kitten mafioso puntò, allora, la pistola al cuore di Right. Glielo aveva strappato via metaforicamente prendendosi Thomas, lo sapeva, e ora glielo avrebbe trapassato letteralmente con un bel foro di proiettile.
Thomas tremò, non volendo vedere chi amava morto davanti ai suoi occhi.

<Re-Regulus...> balbettò lievemente Thomas, con la voce tremante dal dolore e dallo sconforto. Lo sguardo del biondiccio cadde, leggermente sorpreso, sul volto dell'ostaggio/sua proprietà. <Lascialo vivo... farò sempre tutto quello che vuoi. Tutto. Ma lascialo in vita... ti prego...> supplicò il moro.

Regulus rise brevemente e in modo gelido dicendo ad alta voce: <Piccolo sciocco Thomas... tu farai tutto quello che voglio comunque. Right lo voglio uccidere da anni; da quando ha lasciato la mia attività, quasi atteggiandosi a bulletto perché sapeva di essere intoccabile. Lo sapeva benissimo il bastardo qua davanti.> e lo indicò, muovendo appena la canna della pistola.
<Ma è stata una piacevole sorpresa scoprire attraverso una mia cara amica che tu eri proprio lo schiavetto di Right! Quella sera pensavo di aver visto le stelle, Laire mi aveva dato una fantastica notizia!> esclamò il mafioso.

<Laire?> chiese confuso Jonathan.
<Già, Laire. La tua ex fidanzata dei tempi del liceo, Ylenia Baudelaire.> rise Regulus, davanti il leggero stupore del castano.
<Mai sottovalutare la vendetta di uno che ha sempre ciò che vuole e il desiderio di morte di una persona scomoda da parte di una persona sociopatica; specialmente se viene intaccata nelle proprie finanze.> notò il kitten, sempre ridendo maligno.

<Ma ora basta parlare.> Regulus cambiò tono di voce, diventando gelido e crudele.
I sensi di Thomas si acuirono.
Un'idea folle, insensata, impossibile (forse) da realizzare si era fatta spazio nella sua mente.
Sapeva cosa stava mettendo in gioco.
Ne era ben conscio.
Ma la posta in gioco era Right.

Ne sarebbe valsa sempre la pena.

<Infelice vita oltre la morte, Jonathan Right!> esclamò teatrale Regulus, aspettando un attimo a premere il grilletto; gustandosi quei secondi di pura vendetta.

Sono pazze le cose che si fanno nel nome dell'amore.

Regulus premette il grilletto ma, in temporanea, Thomas diede uno strattone più forte degli altri che, sulla presa allentata con cui Lee lo teneva, destabilizzò il mafioso, che mandò un colpo a vuoto.
Regulus, sapendo di avere ancora una chance prima che Right metabolizzasse il tutto e si spostasse a prendere la pistola, sparò un secondo colpo, di fretta, per poi tentate di acciuffare il moro. Avrebbe preso all'inguine, probabilmente in una vena molto importante passante per la gambe, se avesse colpito Jonathan.

Peccato che fu un altro a beccarsi il colpo.
Infatti, Thomas, si era già spostato in avanti, davanti a Jonathan, supponendo che avrebbe fatto così.

Thomas comprese appieno quella frase.

Il proiettile perforò la carne dello stomaco del moro, quasi fuoriuscendo dall'altro lato del corpo. Si era incastrato dentro il corpo, vicino però a trapassare la pelle accanto ad un rene. Il moro, ancora legato per le mani, cadde a terra come un sacco.

Thomas sapeva di essere diventato un vero pazzo, perché era pazzo d'amore.

Jonathan si sentì invaso da una disperazione che velocemente si tramutò in rabbia. Se prima aveva degli ottimi motivi personali per uccidere quello stronzo, in quel momento era diventato d'obbligo.
Regulus, capendo che le sorti stavano volgendo a suo sfavore, se ne andò via, saltando giù da una finestra della camera vicina a quella in cui erano, senza Thomas.

Era mezzo morto e, in ogni modo, era zavorra; anche se era la bambolina che desiderava da anni. In quel momento doveva scappare, per evitare di morire; perciò iniziò a scendere giù con l'ausilio degli artigli.

Jonathan afferrò la pistola, sparando un colpo all'aria, per poi afferrare in stato di mezzo shock Thomas, tenendolo stile sposa.

Il moro tremava mentre dalla ferita perdeva tanto sangue.
Doveva correre da Cassandra ed Elizabeth e curarlo. E, se possibile, nel mentre uccidere Regulus Lee. Senza fregarsene del fatto che sotto aveva lasciato la sala nel pieno di una sparatoria, corse di giù urlando: <Ragazze!>

Arrivato in salotto, le trovò in un angolo, illese, mentre attorno a loro c'era gente morta sul colpo o dissanguata. E, se Elizabeth era illesa a parte qualche graffio, Cassandra aveva una gamba sanguinante.

Ma ella parve quasi scordarsi di star soffrendo quando, sentiti i passi di Right, gli vide Thomas fra le braccia in quelle condizioni.

<Cosa cazzo...?!> esclamò stupita, terrorizzata, incazzata e chissà cos'altro.
<Dopo. Tu cosa hai?> tagliò corto Right, correndo verso il furgone dove Elizabeth stava cercando di aiutare Cassandra a salire sul retro del furgone.
<Foro nella gamba, ma sono più dura io di un proiettile. Stiamo cercando di fare il possibile...> notò Cassandra, per poi fare una piccola smorfia di dolore.

<Non ci sono bende lì, no?> chiese Right, concitato.
<Ci sono solo delle sorte di pezze, dei semplici pezzi di stoffa. Per ora useremo quelli. Non possiamo neanche andare in un ospedale... Per via di Thomas che é un kitten e per come é accaduto tutto questo. Non potranno mai accoglierci! Cosa facciamo?!> esclamò Elizabeth.

<Regulus non se ne é ancora andato da qui. Ed io voglio vendetta. Voglio ucciderlo. A causa sua e mia Thomas e Cassandra sono così. E voglio espiare le mie colpe liberando tutto il mondo da lui. Sali davanti Elizabeth e mettiti al volante. Io sto accanto a te. Cassandra...> e si voltò verso la bionda che, con quasi addosso Thomas, stava provando a tenere buono il sangue che già stava rallentando il flusso.
Per fortuna il colpo non sembrava aver danneggiato organi vitali e neanche vene importanti.

<Tu cerca di pensare ad entrambi. Ci sbrigheremo e troveremo una soluzione, lo prometto.> fece Right, più serio che mai nella sua vita.
Da fuori si sentì delle gomme di auto dare una sgommata e partire.
<Su, forza!> ordinò e chiuse il retro del furgone, salendo con Elizabeth davanti che, girate le chiavi, mise a tutto gas e partì.

La mente di Right era offuscata dal desiderio di vedere il sangue di Lee scorrere fuori dal suo corpo senza vita, e ciò lo portò a pensare prima alla faida da sanare che alla salute altrui.

Gli occhi neri di Jonathan erano spiritati dalla rabbia e dalla sete di vendetta.
Ma dovevano fare in fretta, prima che gli occhi di Thomas perdessero tutta la loro lucentezza.





N/A: so bene che mi starete odiando perché ogni volta che aggiorno la lascio con un finale aperto e sempre più tragico.

Un minimo mi dispiace se vi sto facendo rodere il fegato dall'ansia ma fin dall'inizio avevo ideato la cosa così.
-ma da un lato, lo ammetto come sempre, mi diverte. Il mio sadismo vuole esprimersi e lo fa bene nelle ff-

Almeno, cercate di prenderla sul positivo! Se si é già arrivati sul fondo della angoscia/disperazione creabile, non si può andare più in giù, no?
-eh eh, chi lo sa...-

Comunque... alla prossima settimana!

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