Capitolo 49
[N/A: questo capitolo è venuto fuori lungo più di 7000 parole. Spero così di riscattarmi in parte per tutta la suspance con cui vi lascio ogni volta, imbestialite per via di cosa è successo e nell'ansia di un prossimo giovedì.
Beh, adesso vi lascio iniziare a leggere il capitolo vero. Buona lettura.]
Nonostante fossero in piena estate, e le notti fossero considerevolmente corte rispetto che nel resto dell'anno, Jonathan pensava che sarebbe impazzito quella notte; che pareva essersi fermata.
Il cacciatore veniva logorato dall'ansia e dal puro terrore: non sapeva chi aveva rapito Thomas, cosa gli stesse accadendo, perché l'avessero fatto, non poteva fare alcunché o contattare qualcuno. Poteva solo disquisire con la sua mente, che lavorava frenetica in cerca di risposte; facendogli venire una forte emicrania, ad un certo punto.
Si diresse nel bagno personale, alla ricerca di un'aspirina per porre fine a quel suo dolore più che secondario: era un dolore infimo rispetto alla sofferenza che gli dilaniava il cuore a causa del rapimento di Thomas...
Frugando nel mobile bianco accanto lo specchio, scorse alla fine la parte superiore di una scatoletta con delle aspirine. Per prenderle, doveva scostare altri medicinali, ed in mano gli finì un flaconcino di sonniferi.
L'aveva preso perché, vicino all'anniversario della morte della madre (cioè verso gennaio) gli venivano spesso gli incubi.
Girò il flaconcino, in un gesto quasi meccanico.
Scadevano di lì a poco.
Una idea gli passò per l'anticamera del cervello, sfondò la porta che portava al conscio e lì si radicò, diventando un piano più che plausibile nella testa del castano.
Jonathan prese la scatoletta con le capsule, la mise in tasca e richiuse l'armadio con un sonoro tonfo, lasciando molti medicinali sul tavolino. Scattò fuori dal bagno e successivamente dalla camera da letto in velocità, quasi rischiando di inciampare nella sedia accanto alla scrivania.
Scese le scale, saltando insieme gli ultimi quattro gradini, si diresse in cucina e si versò un bicchiere d'acqua.
Aprì allora il flaconcino e lo tenne mezzo inclinato sopra la mano aperta, un po' a coppa.
Un sonnifero serviva quando l'adrenalina era troppa.
Un sonnifero sulla mano.
Due sonniferi totali svuotavano la mente.
Una seconda pasticca fece compagnia alla prima.
Tre sonniferi per non fare brutti sogni.
Il duo diventò un trio.
Si ficcò in bocca i sonniferi, neanche fossero caramelle, e li mandò giù con un bicchiere d'acqua.
Si mise allora, nell'attesa, a fissare il tavolo marrone scuro con tutte le sue striature, alcune un po' più chiare e altre un po' più scure.
Passò quasi dieci minuti in quel modo prima di ridestarsi senza che niente di effettivo avesse potuto provocare la rottura del momento di sospensione.
Con l'effetto soporifero dei sonniferi in circolo, camminò a passo trascinato fino ad uno dei due divani in soggiorno. Appena si sedette si sentì ancor più stanco, ma non sapeva se era un effetto placebo, dato che anche la mente chiedeva tregua al più presto, o se era la dose di sonnifero presa, abbastanza forte, che gli stava facendo effetto.
Forse c'entrava che li prendeva solo poche volte all'anno e quindi non ne era un totale esperto...
Quasi subito la testa gli cadde sul divano e, messosi meglio steso, si girò nel comodo ma stretto letto improvvisato. Poi il sonno lo colse.
•~-~•
<T-T-TU?!> si stupì Thomas balbettando, agitandosi tantissimo sul letto.
<Allora mi hai riconosciuto, eh?> se la ridacchiò il kitten dai capelli biondicci e gli occhi ambrati.
Il moro provò a dare dei calci all'aria, disperato, sperando che l'altro si tenesse a una certa distanza, ma non fu così. Il kitten biondo gli prese le gambe, gliele allargò e vi si sedette in mezzo, tenendole ferme con i palmi sulle ginocchia.
Thomas si sentì un unico fascio di nervi teso, con quello stronzo tra le gambe; tra l'altro immobilizzato e disteso.
<È stato davvero un peccato perderti quella sera, sai? Però vedo che sei cresciuto e anche molto bene. La tua bellezza è solamente aumentata negli anni...> notò quello lì, accarezzandogli una guancia, sporgendosi verso di lui.
Thomas provò a mordergli la mano per puro dispetto e rabbia, ma si ritrovò con la bocca semi aperta in una buffa smorfia a causa del suo rapitore, che lo prese per il mento prima che agisse e tenendogli premute delle dita sulle due guance.
Il biondo si mise subito a baciare con la lingua il moro, tenendolo comunque per il mento mentre si sporgeva ancor di più.
Thomas non riuscì a muoversi neanche un pochino, mentre veniva baciato, e provava dopo tanto tempo un ribrezzo che quasi lo nauseò.
Quell'uomo aveva avuto 26 anni circa quando ne aveva lui 9... Era passata una decina di anni scarsa e in quel momento ne avrebbe dovuti avere 36 circa... Il doppio della sua età! Un tizio del doppio della sua età lo stava baciando!
Quando il biondo si staccò, ghignando, il kitten provò a muoversi e protestare, senza però ottenere risultati. L'adulto gli aveva rimesso le mani sulle gambe, tenendolo fermo.
<Mi dispiace quasi che ora non sei più vergine... chissà come deve essere stato bello possederti per la prima volta... con questo bel corpicino che ti ritrovi...> e gli sfiorò la coscia vicino all'inguine con uno sguardo così pieno di lussuria e perversione da fare schifo fin nel profondo al moro.
<Smettila di toccarmi, brutto traditore pervertito!> gli sputò in faccia il moro, con una voce carica di rabbia, alla quale il biondo reagì ridendo maligno e sfiorandogli la coda.
<Oh, non dire così. Mi lusinghi...> recitò il biondo con uno sguardo da finto commosso, continuando ad accarezzargli la coda.
Thomas chiuse gli occhi un attimo, cercando di non lasciarsi andare a quella sensazione non voluta che spesso lo pervadeva e sperando che l'altro non aumentasse con velocità o altro il modo in cui gli toccava la coda.
<Perché sono qui, rinchiuso? Non dovrei essere ad un'asta in nero ad essere venduto con tu che accogli la migliore offerta, come hai fatto coi miei genitori?> domandò sprezzante il moro.
Stare vicino a quello che gli aveva cambiato di più la vita in negativo lo rendeva spavaldo, almeno un pochino.
Il biondo gli tolse la mano dalla coda.
<Oh, no no. Sei troppo utile per essere venduto ad una qualsiasi asta ad un qualsiasi riccone panzone. Ho progetti molto più in grande e diversi per te. E se te lo ricordi, te l'avevo già detto in passato.> se la ridacchiò il biondo, mentre si sfilava la maglietta.
"Oh no..." pensò spaventato il moro, mentre quello stronzo stava sfilandogli la propria e gli stava sfiorando la pancia piatta e praticamente glabra.
<Sei così pallido e delicato come della porcellana...> notò come incantato il biondo mentre lo toccava.
Il kitten legato si mosse con più frenesia, non volendo essere toccato insistentemente da quel mostro e fece ridestare l'adulto seduto tra le sue gambe dalle sue considerazioni.
<Non ti conviene tanto lamentarti.> notò con un ghigno il biondo, mentre scopriva del tutto il petto del kitten, facendo ricadere la maglietta sulle braccia tenute contro volontà protese.
Tagliò con un artiglio la maglietta via da lì, facendola ricadere tutta sbrandellata per terra.
Sfiorò la schiena del moro e si stupì di sentire una cicatrice per tutta la schiena. <Ti ho lasciato un segno così grande?> chiese retorico il biondo, mentre l'altro lo fissava calato nel mutismo.
<È un piccolo peccato; anche se credo ti dia un valore aggiunto: perfetto ma non fin troppo. Anche se per me sei l'essere più attraente e perfetto in tutto l'Universo.> se la ghignò il biondo.
Thomas soffiò un: <Brutto stronzo...>
<Oh, non mi lusingare ancora di più!> recitò l'uomo, mettendosi meglio sopra il prigioniero e posizionando le mani sul davanti.
Poi il biondo iniziò a toccare insistentemente il moro sul petto.
<Mh~> non riuscì a trattenersi Thomas quando il biondo lo stuzzicò per i capezzoli.
Il rapitore continuò a far gemere ed eccitare contro volontà il kitten per un bel po', finché non gli abbassò e tolse pure i pantaloni.
Thomas commentò con un miagolio spaventato quell'azione e il biondo rialzò lo sguardo sul suo prigioniero dicendo: <Miagola ancora, su. Non sapevo che sapessi farlo così bene...>
Thomas si tappò le labbra, rosso in volto per quel verso, mentre si imponeva di non rifarlo.
<Fallo.> insistette il biondo, con uno sguardo e voce taglienti.
Il kitten non fece di nuovo quel verso, a labbra serrate.
Però aveva paura, stava tremando; beh, d'altronde era solo in boxer e aveva davanti/lo-stava-istigando-contro-la-sua-volontà chi da piccolo gli aveva tolto i genitori per venderli ad un'asta e che aveva cercato di prenderlo con sé per farci fare in futuro la brutta della bambolina sessuale; cosa che stava capitando in quel momento.
Il moro stette quindi ancora zitto.
E fu allora che il biondo iniziò con le minacce.
Fece scattare un artiglio davanti al viso del kitten e fece con voce fredda: <Miagola ancora o ti farò un altro taglietto oltre a quello che ti ho procurato sulla schiena... ma questa volta sul viso. E forse non sarai più così bello... o totalmente capace di parlare o respirare>
Il moro, alle strette, miagolò ancora una volta, più a lungo e spaventato. Non voleva una ferita seria sulla faccia, oltre a quello che gli aspettava.
Meno dolore si procurava, meglio era.
Il biondo si tolse i pantaloni mentre diceva: <Bravo.> e ritraeva l'artiglio.
Thomas trasse un respiro di sollievo, almeno si era evitato un'artigliata sul viso. Rispetto al resto che sarebbe ovviamente successo però non era un grande traguardo.
Si ritrovò di nuovo le luride mani dell'adulto sul petto, a farlo eccitare e gemere.
Il moro si sentì davvero sporco dentro, mentre non riusciva a mantenersi calmo e muto.
Il biondo continuò a eccitare il kitten più piccolo, gustandosi i suoi versi e i sospiri.
Poi si mise a baciarlo sul collo, sfiorandogli comunque il petto. E allora il moro chiese, senza davvero pensarci, la domanda che gli frullava in testa nella sua parte razionale: <M-ma, se non mi v-v-vuoi vendere ad un asta, vuoi a-a-anco-ancora che io s-s-sia la tua stupida bambolina ses-ses-sessuale?>
L'aveva detto con voce incrinata, leggermente balbettante, ma stava anche tremando tutto; non poteva avere una voce così ferma.
<Te lo sei ricordato, eh? Tu, per me, hai avuto sempre questo ruolo. E adesso cambierebbe qualcosa se lo dicessi di nuovo ad alta voce o meno?> chiese retorico il biondo, baciandolo alla base del collo; rendendolo rosso, quasi violaceo.
<Comunque... diciamo che adesso c'è anche un secondo scopo... però questo è saltato fuori da poco e questo non impedisce l'originale...> ghignò l'adulto e il ragazzo deglutì, con le budella contorte dalla paura e tremante davvero come un sottile filo d'erba al vento di un tornado.
Il biondo si sporse verso l'alto, slegando dalla corda il kitten, ma lasciandolo comunque in manette.
Appena il moro tentò di liberarsi, il biondo lo prese per le manette e lo mise a sedere, baciandolo senza doversi sporgere troppo verso il basso.
Thomas tentò di muoversi ancora, ma era totalmente immobilizzato dall'altro.
<Ahi.> si lamentò dal dolore il moro, muovendosi di nuovo un pochino contro l'altro senza accorgersene, mentre il biondo gli mordeva dove c'era il segno viola sul collo.
<Fa così male?> chiese retorico e quasi stupito ma palesemente ironico il più grande, per poi continuare a mordere lì il moro.
Thomas continuò a gemere dal piacere e dal dolore insieme e si sfregò contro il bacino del biondo senza rendersene conto.
Il kitten più grande sentì qualcosa pulsare vigorosamente nel suo basso ventre e pensò di farsi soddisfare dal moretto.
[N/A: da qui inizia la vera roba SMUT. Se non volete, saltate fino ad una rigona di asterischi]
Si tolse da sopra il ragazzo, tenendogli comunque le manette con una mano, mentre con l'altra si abbassava i boxer e notava: <Ora tu risolverai il problemino che mi hai creato.>
E tirò giù dal letto, inginocchiandolo tra le sue gambe, il moro.
<Succhia.> ordinò il biondo, prendendolo per una ciocca di capelli e spingendolo di più contro la sua erezione.
Thomas si disgustò davanti alla grande e retta erezione dell'adulto, pensando che avrebbe dovuto fargli un pompino e poi sicuramente ingoiare.
Il biondo lo spinse di nuovo di più contro lì e il moro fu costretto a mettersi in bocca il pene del biondo, facendo su e giù con la bocca per la lunghezza, mentre la lingua sfiorava ogni tanto l'erezione.
Il biondo si eccitò molto al pompino fatto dal moro, gemendo, per poi venire nella bocca del kitten dopo un periodo indefinito.
<Ingoia...> sibilò soddisfatto il biondo e il kitten lo fece, costretto ad avere ancora le labbra a contatto con l'erezione del più grande.
Thomas voleva vomitare per lo schifo che gli aveva lasciato delle tracce in bocca.
Il più alto tolse il ragazzino dalla propria erezione e lo alzò in piedi mentre lui stesso si alzava. Thomas si ritrovò con il viso contro il petto dell'uomo, tirato per i capelli.
Sentì gli occhi lacrimargli per il dolore.
Poi il biondo lo ributtò sul letto, sedendosi tra le gambe dell'altro dopo avergli tolto i boxer.
Il moro arrossì violentemente, vergognato a livelli estremi, appena si ritrovò nudo sotto gli occhi di quel pervertito.
Avrebbe voluto tanto coprirsi.
<Sei così bello... E tutto mio...> ghignò il biondo, sfiorandogli il cazzo e facendolo sussultare.
Il moro si ritrovò con la lingua del biondo in bocca inaspettatamente, mentre sentiva che gli aveva circondato la base del pene con la mano.
Il moro spalancò di più gli occhi sorpreso e il biondo si staccò dalle labbra dell'altro appena iniziò a fare su e giù con la mano per la sua erezione.
Thomas provò a non lasciarsi a quell'appannamento, ma ancora una volta non ci riuscì e iniziò a gemere a voce alta senza trattenersi.
Si sentì in fretta così vicino al culmine e stranamente il biondo non lo bloccò, facendolo venire sul suo stesso stomaco.
Il biondo prese un panno pescato da lì vicino e pulì il "disastro" fatto dal moro per poi sussurrargli: <Piaciuto l'assaggio di come mi divertirò con te?> e gli morse la punta dell'orecchio.
Thomas si sentì sprofondare mentre recepiva il messaggio.
Il biondo lo prese per le manette, lo fece alzare e lo condusse verso la scrivania.
Thomas ebbe paura e provò a ribellarsi, mentre una possibile idea di cosa voleva fargli il biondo si faceva strada nella sua mente.
Il biondo però lo tenne saldo e stese il moro con il petto sulla scrivania, legandolo con un'altra corda ad un appiglio apposta nel muro. Così il ragazzo si ritrovò piegato a 90, mentre mostrava per bene il culo davanti a quello stronzo.
Il biondo gli legò le caviglie, una per gamba anteriore della scrivania, facendolo risultare con le gambe divaricate; come se prima non bastasse. Thomas chiuse gli occhi e trattenne un verso dal terrore mentre sentiva le mani di quello stronzo sulle proprie natiche, stringendole con forza.
<Hai un culo fantastico...> fece a bassa voce il biondo, strusciando brevemente la propria erezione contro l'apertura del più basso.
Il moro si morse il labbro superiore per evitare di fare versi che esprimessero almeno in parte il terrore che stava provando. Poi sentì tutto il contatto contro di lui sparire e udì il biondo spostarsi e aprire un cassetto, estraendone qualcosa che lui non vide.
Però lo schiocco in aria che risuonò dopo per la stanza gli bastò: aveva preso una frusta. Il moro si sentì male, pensando a quello che avrebbe dovuto subire. E, senza preavviso, sentì un colpo rapido e secco contro le sue natiche, provocato dalla frusta di pelle.
<Conta.> ordinò il biondo, rialzando il braccio per dare un'altra frustata.
<Uno...> fece con un lamento il moro, mentre sentiva il proprio fondo schiena già andare in fiamme.
Chissà per quanto voleva andare avanti quel pazzo.
Il biondo continuò e ogni volta Thomas sentì sempre più male, mentre calde lacrime di dolore gli solcavano il volto e, tra lamenti e balbettii, diceva il numero; finché...
<Q-q-qu-quin-quindi-quindi-quindici...> balbettò stremato dal dolore il ragazzo.
Sentiva il proprio culo andare in fiamme e sapeva che del sangue stava colando giù per i tagli aperti. Era distrutto. Il biondo, con un sorriso crudele, toccò con una buona pressione quei tagli, facendo gemere dal dolore il kitten.
Il moro non ne poteva più.
Sentì che, stranamente, il biondo gli stava asciugando (ma usando comunque la forza) le ferite dal sangue; però il terrore, l'ansia e l'apprensione persistevano insieme al dolore, sentendo la forte pressione che faceva sulle ferite quello stronzo. Tutto quel mix di emozioni e sensazioni erano insieme alla stanchezza psicologica e fisica, ovviamente.
Avrebbe voluto continuare con qualcos'altro del genere il biondo?
Non sapeva neppure se sarebbe rimasto tanto lucido in quei momenti.
<Non essere tutto un fascio di nervi, Thomas... Farà solo più male quando entrerò...> notò il biondo mentre gli palpava ancora il culo e posizionava la propria erezione davanti l'apertura del moro.
<N-no-non d-d-dire il mio no-nome...> sibilò ancora balbettante dal dolore il moro, ma con nella voce la poca rabbia rimastagli.
Il biondo ghignò mentre diceva: <Non sei nelle condizioni di ordinare, Tom.> ghignò, mentre utilizzava quel nomignolo.
Ed entrò dentro il kitten con una forte spinta. Il moro si sentì dilaniare dall'interno mentre quello stronzo sussurrava roco dalla botta di piacere ricevuta: <Mio Sole, sei così stretto.>
Il biondo diede una pacca sulla natica del moro, rossa e con ferite aperte per le frustrate ricevute, mentre usciva di poco dal ragazzo per rientrare subito con più forza e più a fondo, cercando il punto sensibile del più piccolo.
Thomas praticamente urlò dal dolore sia quando il biondo gli entrò dentro per la prima volta, sia quando cercò di arrivare più a fondo del suo stretto buco impreparato. Si sentiva morire, le lacrime che gli solcavano il volto, il povero fondo schiena già provato e che stava subendo il dolore più grande possibile.
Il biondo prese a muoversi con forza cercando sempre di andare più a fondo, prendendoci ritmo e gusto. E gemeva, gemeva tantissimo appagato mentre violava il ragazzo davanti a sé, sentendosi appagato totalmente dal più piccolo.
Aveva aspettato anni e, anche se la sua preda non era più vergine, era fantastico.
Era meglio di tutte le puttane (maschi o femmine che fossero) di cui aveva usufruito in quegli anni. Nessuno lo eguagliava. Niente eguagliava quella perversione ed eccitazione che lo stava pervadendo in quel momento.
Nessuno poteva anche solo sperare di eguagliare Thomas, perché quel kitten moro e fragile davanti a sé era il suo desiderio da anni e ora che lo aveva gli pareva ancora meglio di quanto aspettato.
E la soddisfazione era a livelli immani perché sapeva che quel fantastico giocattolo sarebbe rimasto suo per sempre. Si sentiva sempre più vicino all'apice mentre era avvolto stretto da quell'esile corpo.Quel corpo minuto ma con quel culo fantastico, con quella bocca perfetta e quelle labbra invitanti... era semplicemente divino.
Thomas nel frattempo pensava che quello lì non si sarebbe fermato mai più. Che quello sarebbe stato il suo inferno perpetuo. Avvertiva solo un dolore continuo, mentre le lacrime gli scorrevano sul volto. Ma non gemette più dal dolore. Quello no. Non gli avrebbe dato pure quella soddisfazione.
Il kitten adulto venne dopo un po' dentro il più piccolo. Il biondo si sentì appagato uscendo dalla stretta entrata del kitten, colante del suo sperma, mentre il moro chiuse gli occhi ed emise un verso dal dolore.
Ecco, ora il biondo aveva ottenuto tutto di lui.
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[N/A: vi siete persi uno stupro, lettori: non è tutta sta gran perdita.]
Thomas si accasciò con la testa sulla scrivania: era davvero stremato; se quello lì voleva ancora fargli qualcosa non avrebbe retto senza svenire, probabilmente.
Sempre che non lo facesse prima.
Sentiva la testa pesante, il corpo dolorante e quasi come se non gli rispondesse: restare lucidi sembrava una fatica erculea.
Percepì che il biondo gli stava slegando le caviglie e appena lo fece fu come trascinato, per quel che si poteva, verso il basso dalla forza di gravita.
Non sentiva davvero più le gambe, ma era ancora legato per i polsi al muro ed era comunque col petto sopra la scrivania, quindi non si accasciò a terra, per sua fortuna.
Appena l'uomo lo slegò dal muro con la corda e lo tirò in piedi verso di sé grazie alle manette, il moro sentì le proprie gambe di gelatina e barcollò all'indietro e subito si scontrò con la scrivania di legno.
Sentì il proprio culo reclamare per l'ulteriore dolore subito (tra l'altro sentiva che faceva un male cane) appena si scontrò con forza lì, però era troppo stanco e confuso per pure lamentarsi verbalmente.
Il biondo ghignò crudele per lo stato in cui aveva ridotto il kitten: così sembrava per la sua mente malata solo più piccolo, innocente, indifeso e "scopabile" mentre non riusciva a reggersi in piedi, stremato fisicamente e psicologicamente fino al limite, con solchi di lacrime sulle guance e con in viso un'espressione distrutta.
Lo prese a mo' di sposa e il moro non protestò, anche se gli faceva male stare in quella posizione, mentre la coda, che si era tenuta contro la sua schiena per non essere frustata o colpita, si lasciò penzolare, "stanca" pure lei.
Thomas, troppo distrutto per resistere, andò senza volerlo con la mente altrove e si addormentò profondamente (o "svenne" per tutto quello capitato) tra le braccia di chi l'aveva appena violentato, senza davvero volerlo.
Aveva davvero provato a resistere, ma ancora una volta il corpo aveva avuto la meglio sulla sua razionalità.
Il kitten più grande si accorse poco prima di lasciarlo ricadere sul letto che era addormentato profondamente. Lo si notava dal petto che si alzava in modo lento e stabile, dal volto rilassato che era contornato da qualche ciuffo nero che era appiccicato sulla fronte e dagli occhi chiusi, ma che parevano sereni.
Era un piccolo angioletto in quello schifo di mondo.
In braccio alla personificazione, appunto, dello schifo peggiore.
Un ghigno comparve sulle labbra del biondo mentre appoggiava con estrema delicatezza il kitten sul letto e si rivestiva.
Prese poi le chiavi che chiudevano le manette del moro e gliele aprì, estraendo poi dal comodino accanto al letto dei vestiti aderenti della taglia del ragazzino (li aveva presi apposta) e vestendolo con essi, dopo avergli messo i boxer.
Il moro in tutto quello non si era svegliato, stranamente, e il biondo si leccò le labbra appena lo vide per bene con quel visino così rilassato.
Aveva una maglietta aderente sbracciata, lasciando libere da tessuto le braccia e mettendo in risalto il fisico asciutto che aveva e gli aveva messo addosso degli skinny jeans che fasciavano stretti le gambe e gli risaltavano per bene il culo sodo che il moro si trovava.
Riprese a mo' di sposa il kitten e aprì la porta, ordinando ai due uomini che erano fuori dalla essa:
<Tu, porta il ragazzino nella mia camera e chiudi a chiave la porta> e consegnò il moro dormiente all'uomo più basso, dai capelli rossicci.
<Tu, invece, fatti trovare tra tre ore nella sala chiamate. Allora, usando uno dei nostri innumerevoli telefoni, chiamerai Jonathan Right. Quando risponderà, me lo passerai.>
L'uomo più alto e dai capelli rasati, ma che si intravedeva fossero scuri, annuì mentre seguiva il capo.
L'altro uomo andò per gli alloggi del biondo il quale pensò, mentre ghignava e andava con l'altro suo secondino: "Ora vediamo come reagirà quello lì appena gli dirò di avere il suo amoruccio..."
•~-~•
Elizabeth e Cassandra, entrando in casa Right la mattina dopo, si ritrovarono davanti ad una scena particolare. E abbastanza preoccupante, cosa che provocò l'attivazione totale dei loro neuroni più presto del solito.
Trovare Jonathan Right riverso sul divano, addormentato, non era proprio una cosa quotidiana.
Si avvicinarono cautamente, scuotendolo piano. Niente.
Lo scossero un pochino, ancora abbastanza delicate. Nulla.
Qualche scuotimento più forte. Jonathan sembrava una bambolina inanimata.
Elizabeth, vicina al preoccuparsi seriamente, si mise a scrollarlo più forte. Pareva morto.
Giusto per assicurarsi che fosse vivo, Elizabeth avvicinò l'orecchio vicino alla faccia di Jonathan e udì perfettamente il flebile ma pacato e regolare caldo respiro del cacciatore. Facendo segno con la mano di "Ok", a rasserenare la bionda accanto a sé, si rimisero a tentare di svegliarlo.
Passarono a dargli qualche colpetto leggero e una o due schicche sulle guance. Ancora non reagiva.
Cassandra, seccata e spaventata, si mise a schiaffeggiarlo con (moderata) forza, sillabando la parola "Svegliati" a suon di ceffoni. Ottennero solo che Right aveva le guance più rosse dagli schiaffi della bionda.
Elizabeth stava per chiamare un'ambulanza o chissà che roba, che Cassandra le disse: <Fammi prima provare i metodi Cassy.>
I metodi Cassy erano ovviamente le strategie preferite dalla bionda; peccato che questi suoi metodi spesso e volentieri cadevano nel ridicolo e nell'impossibile efficacia e perciò tentava prima per tutte le altre ipotesi.
Dato che erano alle strette, Elizabeth annuì e basta. La bionda sparì un attimo in cucina, per rispuntare con un bicchiere d'acqua gelida presa dal frigorifero. La rossa la guardò prima di battersi una mano in fronte: non poteva funzionare!
<Doccia mattutina, Right!> trillò Cassandra, rovesciando il bicchiere in faccia al cacciatore.
Con il doppio fattore del freddo improvviso e che i sonniferi stavano appena appena smettendo di fare effetto, Jonathan balzò a sedere seduta stante. Bagnato in volto e tra i capelli, e con la maglietta per la parte superiore impregnata di acqua, borbottò un frustrato: <Ma che cazzo?!>
In un'istante, coi fumi del sonno già belli che andati, si ricordò cosa era successo la sera prima.
E si sentì male.
Non poteva essere vero. Doveva essere un incubo. Doveva essersi sognato tutta la serata, per come la ricordava.
Doveva controllare.
Si alzò di scatto e, barcollante, schivò le due ragazze che, preoccupate e incazzate, (perché non le aveva ringraziate e ovviamente perché non avevano già dimenticato quello fatto la giornata prima a Thomas) lo seguirono, richiamandolo. Jonathan arrivò davanti la porta del moro e si sentì morire quando, vedendola mezza aperta, notò che c'era lo stesso foglio della sera prima.
Non era stato un incubo.
Era la realtà.
Entrò nella stanza, giusto due passi, e si maledì di non essere intervenuto quella notte stessa.
<RIGHT!> lo richiamò Cassandra furiosa, per poi sbattere stupita gli occhi davanti la scena di Jonathan Right, gli occhi nero pece lucidi.
<Cosa...?> Elizabeth lasciò in sospeso la domanda, andando silenziosa verso la parete dove era ancora fisso il foglio.
Sgranò gli occhi spaventata.
Se loro due erano lì, allora Thomas...
Scosse la testa violentemente. No.
Non era morto ed era ancora tutto recuperabile, si nutriva di quella flebile speranza.
Lei e Cassandra erano andate lì senza contattarlo.
Non aveva chiamato lui loro, esse erano venute per via del lavoro.
Elizabeth inspirò a fondo, voltandosi verso gli altri due. Cassandra, sguardo duro e mani sui fianchi, fissava Right seria, anche se un leggero sorriso le incurvava le labbra, a tratti.
<Ora tu ci dici quel che sai, Right. Tutto quello che sai.> impose lei.
Jonathan acconsentì, facendo cenno loro di seguirlo in camera sua.
La rossa chiuse dietro di sé la porta in un gesto automatico, per poi ordinare: <Da ieri sera, quando hai lasciato casa.>
Jonathan annuì, sguardo basso e avvilito.
Sarebbe stata comica quella scena, cioè Cassandra ed Elizabeth padroni e Jonathan subordinato, se non fosse stato un momento serio e grave.
Il cacciatore inspirò, a darsi un certo contegno, ed iniziò a raccontare.
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<Non so chi fossero, era sera inoltrata ed erano tutti incappucciati, oltre che quasi totalmente di schiena rispetto a me, ve l'ho già detto! Cosa possiamo fare?> si disperò Jonathan mentre le due cameriere lo guardavano apprensivo: potevano in parte capire quanto fosse spaventato per il kitten.
Anche loro avevano timore per dove fosse Thomas e con chi.
Anche se soprattutto Cassandra, tutte e due quasi si sentivano in colpa per non essere state lì in casa, almeno avrebbero provato a vedere chi erano.
Jonathan intanto si era seduto sulla sedia presente in camera sua con la testa fra le mani e i secondi silenziosi si dilatarono nel tempo.
<Davvero non pensi di sapere nulla di utile?> chiese Cassandra agitata, tentando per l'ennesima volta.
D'altronde, cosa altro potevano fare in quel momento?
Non potevano chiamare la polizia per un kitten, avrebbero riso loro in faccia e se si fosse saputo che era stato Jonathan Right a chiamare sarebbe stato trascinato in un vortice di notizie per troppo tempo utile che doveva essere sfruttato per cercare il moro.
E poi il moro ci avrebbe rimesso la vita.
Jonathan stava per rispondere seccato di nuovo di no, che Elizabeth fece segno di stare in silenzio a entrambi e corse nel il corridoio, da cui prese il telefono di casa squillante.
Visto che era in fondo al corridoio non lo si sentiva squillare tanto bene da lì dentro, però la rossa l'aveva percepito visto che aveva l'orecchio più teso a captare suoni esterni alla stanza, in quel momento.
Jonathan scattò in piedi, sentendo dentro al petto di avere un brutto presentimento mentre la cameriera tornava.
<È da un numero sconosciuto.> notò Elizabeth mentre passava il telefono a Jonathan.
<Ho come l'impressione che debba rispondere tu.> notò la rossa e il castano afferrò di scatto il telefono accettando la chiamata e rispose: <Pronto?>
Sentì un attimo di trambusto dall'altro capo del telefono e poi una voce rispondergli: <Ciao Jonathan Right, da quanto tempo che non ci si sente, eh?>
<Regulus Lee...> fece Jonathan con voce fredda riconoscendo l'interlocutore, mentre le due cameriere strabuzzavano gli occhi, sentendo quel nome.
Era un kitten ricercato perché gestiva delle aste in nero, vendendoci quelli come lui, ed era nei giri della malavita da anni.
Era molto in alto in organizzazioni del genere, se non il più in alto nel suo gruppo.
Come faceva a conoscerlo, Jonathan, un tipo del genere?
<Cosa diavolo vuoi, Lee? Vuoi per caso chiedermi se ho dei kittens da poter vendere alle tue aste? Oppure se voglio aiutarti per spacciare droga? Dopo tutto questo tempo vuoi ancora il mio aiuto? Ti ricordo che io ho chiuso con quello.> chiese con rabbia malcelata il castano.
Lo conosceva di persona, era vero, e da più giovane era stato un suo dipendente, per poi abbandonare il lavoro.
Fino a prendere i kitten ci era stato, ma venderli ad aste abusive e rimanere nella droga grazie tante ma no.
Tutto grazie all'aiuto di Jack.
Però non aveva tempo per chiacchierare con quello lì e stava per chiudere la chiamata che...
<Nah, non ti ho chiamato per cose del genere.> fece quasi amichevole il biondo, mentre nel cacciatore un tarlo del dubbio si insinuava nella sua mente e che gli evitò di riattaccare.
<E allora perché mi hai chiamato?> domandò seccato Jonathan, mentre le due cameriere si chiedevano come mai il loro capo parlasse in quel modo così "spiccio" (come se in passato fosse stato suo amico e ora fosse un nemico) con quell'essere così ignobile.
<Non sembri contento di sentirmi, sai?> chiese retorico il kitten biondo che ridacchiò dall'altro capo del telefono.
Stava per sganciare la bomba addosso all'ex-dipendente.
<Sembrate tutti così scontenti d'incontrarmi di nuovo dopo anni! Neanche il tuo kitten ha reagito così bene, rivedendomi, sai?> aggiunse, come se nulla fosse.
Jonathan sentì per un attimo il terreno mancargli sotto i piedi mentre il tarlo del dubbio risultava veritiero. Allora erano quelli della sua banda ad aver catturato il kitten e di sicuro lo avrebbero ucciso se non fosse stato fuori.
Stessa sorte se le due cameriere non fossero già andate a casa...
<Come "rivedendoti"?> domandò stupito Jonathan cercando di non esplodere. Non poteva perdere la calma, avrebbe fatto intendere troppo a quello stronzo.
E non doveva pensare al peggio subito, no? No? No?!
<Oh beh... credo ti abbia detto che quando lui aveva 9 anni un kitten caro alla sua famiglia li aveva traditi, aveva catturato i suoi genitori per venderli a delle aste abusive e aveva cercato di prendere pure lui per scopi personali, ma gli era scappato solo per il sacrificio dei suoi genitori. Mi sbaglio? So che siete diventati molto "intimi"...>
<Allora non avevo supposto male...> fece a bassa voce Jonathan, comunque recepito dall'altro, che sogghignò.
Tutto stava andando come voleva lui.
Jonathan stava eseguendo le mosse che aveva previsto.
E, pensando fosse da solo come lo era ai suoi tempi con lui (e avendolo riscontrato coi giornali), sarebbe stato facile ingannarlo. All'oscuro di un particolare importante, e cioè che persone fidate ne aveva, ghignò ancora più apertamente.
"Avrò la tua testa nel giro di ventiquattr'ore" si disse Regulus.
<COSA DIAVOLO HAI FATTO A THOMAS!?> gridò il castano, perdendo le staffe.
Non voleva davvero farlo, quello era ammettere di essere in posizione molto sottostante al nemico, ma era troppo in ansia per il suo amore che gli era stato tolto da quello stronzo per pensare davvero a stare calmo.
E Lee gli poteva aver fatto, star facendo e poi fare tutto quello che voleva finché non lo ri-aveva tra le sue braccia. Doveva pure scusarsi, doveva pure spiegarsi per tutti gli errori idioti fatti, per la sua ottusità e boriosità nel voler sapere gestire tutto e avere sempre ragione.
Poteva perfino perdere per sempre Thomas senza aver mai risolto e avergli detto ancora una volta "Ti amo..." e sentirselo ricambiare con affetto.
Quelle consapevolezze pari a delle fredde lame di ghiaccio lo stavano uccidendo, affondando lentamente nel petto, per rendere il tutto ancora più straziante.
Le due cameriere si guardarono apprensive mentre anche i loro nuovi dubbi si rivelarono fondati: era stato Lee a prendersi Thomas.
E poteva DAVVERO avergli fatto di tutto.
Cassandra strinse i pugni al pensiero ed Elizabeth dovette tenerla per una spalla, onde evitare che andasse verso Jonathan, gli staccasse il telefono dalle mani ed urlasse al malavitoso di lasciare libero il moro.
<Avete entrambi un modo un pochino maleducato di parlare. Lui però sono riuscito a zittirlo... in un modo o nell'altro.> ghignò il kitten, non visto ovviamente dall'altro; ma che riconobbe comunque un tono divertito.
Jonathan strinse la mano libera a pugno, mentre cercava di non impazzire del tutto. La calma, in quel momento, era essenziale come il raziocinio; peccato che la paura fosse un tantino maggiore e, perciò, più forte...
Aveva davvero fatto del male di qualunque tipo al SUO kitten?
Lo aveva toccato e fatto gemere contro la sua volontà?
Lo aveva sfregiato in qualsivoglia modo?
Lo aveva violentato?
Distolse il pensiero da quelle cose, per non immaginarsi la faccia distrutta e terrorizzata di chi amava, impressa fresca nella sua mente dall'ultima vicenda trascorsa.
<Cosa cazzo hai fatto a Thomas?> ripeté il castano, con la voce carica di rabbia e malcelata con della freddezza.
<Ah, probabilmente nulla che tu non abbia già fatto.> rispose tranquillamente l'interlocutore e il castano ebbe la voglia matta di ucciderlo a mani nude.
Aveva detto chiaro e tondo di aver toccato il suo piccoletto, di averlo fatto gemere, di averlo usato per farsi fare un servizietto e... di averlo posseduto.
Se mai avesse avuto davanti il biondo, sicuramente avrebbe dovuto resistere dal picchiarlo fino a fargli perdere i sensi... o ucciderlo.
Anche se, pensò, perché si sarebbe dovuto trattenere in alcun modo?
Se lo meritava già prima di quel giorno, figurarsi dopo...
<Brutto stronzo...> imprecò a bassa voce Jonathan e Regulus sogghignò.
Tutto davvero stava andando secondo i suoi piani.
Ora mancava solo ritoccare l'esca et voilà, il gioco era fatto!
<Quanti soldi vuoi per il riscatto, sentiamo.> fece diretto il castano dopo qualche secondo in cui dovette evitare di urlare e lanciargli fin troppi insulti.
<Soldi? Non voglio soldi, non da te, almeno. Voglio che tu venga DA SOLO dove hai trovato l'ultimo bel gruppetto di kittens che però ti è sfuggito. Vediamoci lì domani mattina, alle 10:00. Ricordati però che so se chiamerai i rinforzi o una qualsiasi persona in cerca di aiuto... e in quel caso salterà tutto, neanche una mezza possibilità di rivederlo. In quel caso, forse, nella mia grande magnanimità, potrei fare un piccolo video del tuo kitten e mandartelo, giusto per avere un ricordo di lui, anche se geme tremante sotto di me. A domani.> "salutò" il biondo chiudendo la chiamata.
Ridiede il cellulare al suo sottoposto, che tolse la scheda SIM prepagata e la buttò via. Ordinò all'uomo rasato di andare a continuare col suo solito lavoro, mentre lui usciva da quella stanza e andava verso la sua camera; dove ci sarebbe stato il piccolo kitten ad "accoglierlo".
Ghignò, soddisfatto.
Il piano suo e di Ylenia per far rimanere secco Jonathan Right stava andando a gonfie vele. E finalmente si era ripreso ciò che gli sarebbe spettato da ben più di 9 anni prima. Due piccioni con una fava. Si vedeva proprio che il Sole e le Stelle erano a suo favore!
Intanto Jonathan, infuriato, lanciò il telefono sul letto lì accanto mentre nella sua testa diverse cose si affollavano. Una era cercare di capire cosa volesse da lui Regulus, un'altra era sperare che il proprio amore stesse "bene" e un'altra ancora era cercare di non impazzire dalla rabbia e frustrazione.
Sembrava assatanato con gli occhi neri così sgranati e le pupille così piccole rispetto l'iride.
Quando si fu leggermente calmato, e cioè dopo una buona manciata di minuti stringendo i pugni fino a far diventare le nocche pallide, Cassandra ebbe l'ardore di chiedergli: <Quanti soldi vuole? Se possiamo aiutare lo faremo...>
<Non vuole soldi. Vuole che io vada da lui e da solo.> rispose freddo Jonathan mentre fissava fuori dalla finestra.
<Noi andremo comunque con te! Ci teniamo pure noi tanto a Thomas! È come un fratellino!> spiegò Elizabeth facendosi avanti di qualche passo e fu subito seguita da Cassandra, stupita che si fosse fatta immediatamente avanti la rossa.
<NO! Voi non verrete! Lui mi ha detto che farà saltare tutto se chiamerò qualcuno per aiuto. E lui lo saprà se lo farò e sono sicuro che non stia bluffando, lo conosco abbastanza da esserne certo.> spiegò Jonathan.
<Lui ha detto che saprà se chiamerai qualcuno... vuol dire che può rintracciare le tue chiamate o i tuoi messaggi, ma non con chi stai parlando faccia a faccia senza prima intercettarlo. Noi siamo già qui e non sa che ci siamo. Possiamo venire nascoste con te senza che nulla salti, anche solo per tenerti pronta l'auto in caso di fuga.> notò Elizabeth e Jonathan dovette convenire che aveva ragione.
C'era speranza, forse.
<E prenditi con te una pistola, nascondila bene ovviamente, ma prenditela su! Ho un bruttissimo presentimento. Al massimo, io ed Elizabeth potremmo entrare e sfondare tutto con la tua auto da lavoro e sbaragliare tutti quelli che ci saranno e prendere così su il kitten e scappare.> tentò Cassandra.
<Perché dici cosi? Pensi che sarà con così tanti?> chiese Jonathan.
<Sarò io matta di film e serie TV su cose del genere, ma se c'è una cosa che ho imparato da quelli è: se un mafioso non vuole i tuoi soldi vuole vendetta o altro del genere, e con ciò sicuramente la tua vita.> aggiunse Cassandra, molto seria.
<Non ha tutti i torti.> notò Elizabeth e il castano dovette annuire con loro.
<Però... ora dobbiamo pensare ad un piano...> fece Jonathan, ancora in pensiero per il kitten.
<Forse non mi darà tanto credito però mi creda quando faremo del nostro meglio per uscirne vittoriosi. Ce la faremo.> fece Cassandra, determinata, con negli occhi una grande grinta.
Jonathan sorrise loro quasi speranzoso e, sfregandosi le mani, fece: <Allora, qual è il piano per dare dei calci in culo a Regulus Lee e riprenderci Thomas?>
•~-~•
Thomas capì di essere uscito dal mondo dei sogni dopo chissà quanto. Si ricordò di essere "svenuto" tra le braccia di quel kitten traditore. Sentì un brivido percorrerlo al pensiero.
Poi sentì sotto di sé un morbido letto e lo trovò quasi rincuorante, mentre capiva che vi era coricato su in una sua normalissima posa mentre dormiva. Era su un fianco, con il braccio che stava sotto piegato, facendo corrispondere la mano chiusa leggermente a pugno all'altezza degli occhi, mentre l'altra era "appoggiata sulle costole" ed era quasi a penzoloni giù dal fianco, mentre sfiorava con le dita le lenzuola.
La gamba tenuta sotto era stesa, mentre quella sopra era piegata; con molta fantasia sarebbe sembrato che stesse dando una ginocchiata; se messo in piedi.
Le orecchie erano tranquille tra la chioma di capelli neri e la coda stava ferma e rilassata, appoggiata sul letto.
Thomas aprì gli occhi e mise subito a fuoco.
Appena vide di avere coricato accanto a sé su un fianco, che lo guardava attento, Regulus; sobbalzò e provò a scansarsi.
Ma il biondo fu più veloce di lui e gli afferrò i polsi, tirandolo a sé.
Poi il più alto tirò a sedere sia sé stesso che il moro, che fece sedere sulle proprie gambe.
Thomas si mise a fissare le coperte lì attorno, mentre sentiva che l'altro gli stava facendo mettere le proprie braccia dietro al suo collo, facendo risultare i loro volti più vicini.
<Eri davvero carino mentre dormivi...> commentò con un ghigno il biondo, mentre alzava il mento del kitten e faceva scontrare i loro sguardi.
Quello verde era spaventato, timoroso e disgustato, mentre quello nocciola era bramoso, divertito e soddisfatto.
<Sembravi un angioletto incarnato in un corpo piccolo e perfetto, eppure così fragile...> e gli accarezzò la guancia, per poi scendere ai fianchi con le mani e iniziare a tirargli su la maglietta.
Solo allora Thomas si accorse di indossare una maglietta aderente che metteva in mostra il fisico asciutti e degli skinny jeans che gli fasciavano stretti i fianchi e le magre gambe.
Si vergognò di come fosse vestito e una domanda stupida gli venne in mente e gli uscì spontanea dalle labbra: <Mi hai vestito tu così?>
Ok, era detta con voce tremante e timorosa, ma non ci aveva comunque riflettuto più di tanto sul dirla.
E poi era anche palese la risposta.
Quindi era al 100℅ una domanda stupida detta spontanea.
Regulus smise di alzargli la maglietta e, ghignando, iniziò a baciarlo con la lingua di scatto.
Thomas spalancò gli occhi mentre il biondo gli metteva una mano sulla schiena e lo teneva più attaccato a sé, anche se Thomas aveva già le braccia attorno al collo di quello stronzo contro volontà.
Quando il biondo si staccò dalle sottili labbra rosse del moro continuò a ghignare, mentre Thomas lo fissava spaventato e con la bocca semi aperta, mentre una piccola scia di saliva gli colava dal lato sinistro della bocca.
Così era solamente ancora più bello e il povero ragazzo non se ne rendeva neppure conto.
Si stava come scavando la fossa da solo senza saperlo.
<Ovvio che ti ho vestito io così, e appena avevo finito mi è sembrato quasi un peccato averti vestito, coprendo il bellissimo corpo che ti ritrovi.> gli fece in un orecchio il biondo, facendo tremare il moro.
Odiava mostrarsi così debole, ma che altro poteva fare?
Era lì, di nuovo in mano ad un pazzo che lo trattava come fosse una bella bambolina con cui giocare.
Intanto il biondo gli aveva sfilato la maglietta e gli stava sfiorando il petto.
Fu quando si mise a mordere il collo in un punto leggermente violaceo e a stuzzicarlo per i capezzoli che il moro si risvegliò dai propri pensieri, mettendosi a gemere.
Provò a trattenersi, non riuscendoci ancora una volta.
Dopo poco il biondo lo spinse a coricarsi sul letto, con lui sopra.
Regulus prese i pantaloni del kitten e, mentre glieli sfilava, ghignò: <Preparati a gemere forte, Thomas.>
Il moro, chiudendo gli occhi, sentì una lacrima colargli per il volto e pensò di riflesso: "Jonathan, se mi ami ancora, ... trovami e salvami... ti prego."
Poi il biondo gli tolse pure i boxer.
N/A: muhahahahaha.
Adoro farvi soffrire.
Però, dai, siate felici che almeno è così lungo!
-tenete le maledizioni per il prossimo capitolo...-
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