Capitolo 32
Jack arrivò al tavolo dove stavano gli altri e disse telegraficamente all'orecchio di Jonathan: <Thomas.Ora.> con un volto cereo ed un'espressione funebre ad accompagnare il tutto. Jonathan non esitò ad alzarsi, dire: <Scusate> e seguire il migliore amico in bagno. Quando arrivarono lì il pittore si assicurò che non ci fossero estranei e poi disse: <Thomas; Jonathan è qui>
<Jon...> un miagolio, letteralmente, provení dall'ultima cabina del bagno sulla quale Jonathan si fiondò, trovando una scena ancora più pietosa di quella vista da Jack.
<Il calore... Jon... Il calore...> biascicò il moro, raggomitolandosi ancora di più su sè stesso perché l'odore di Jonathan era ancor più invitante di uno qualsiasi come Jack perché il cacciatore era colui di cui, pure sentimentale, era innamorato. Jonathan capì al volo (essendo un cacciatore era a conoscenza di certi punti deboli dei kittens) e afferrò un poco di carta igienica che lanciò al kitten con l'ammonimento: <Mettitelo sul naso.> e il moro obbedì.
La carta igienica premuta contro il naso attutì leggermente gli altri odori, facendo recuperare un minimo di lucidità al moro; ma era davvero esigua perché pregò con voce supplicante: <Casa...>
Il cacciatore, sapendo di compiere un grande azzardo, si avvicinò e cercò di sistemargli la camicia allacciandogli i bottoni che il moro si era slacciato per tentare di alleviare il calore. Thomas dovette chiudere gli occhi e ripensare a momenti orribili della sua vita per riuscire a non saltare addosso al cacciatore anche quando rimise alla bell'e buona la coda tra i passanti dei jeans per farla risembrare una cintura. Si sentiva la testa divisa in due, il corpo caldo e tremante dalla punta delle orecchie da gatto (ancora nascoste tra i capelli) fino ai piedi.
<Piccoletto, ti prego, resisti un altro po'. Adesso andiamo via, ma ti prego di lanciare via il pezzo di carta e prendere la mia mano al mio segnale; ok?> spiegò Jonathan e il moro annuì in stato semi-confusionale. Con la confusione che il suo corpo gli stava dando, il moro si sarebbe buttato da un burrone se il castano glielo avesse anche solo suggerito.
<Assurdo...> asserì Jack con un enorme sorriso più che nervoso e quello ricordò al cacciatore la sua presenza.
<Jack...> iniziò quest'ultimo mentre l'altro fece: <Cosa significa tutto questo?! Davvero...?> ma venne interrotto. Jonathan sapeva di starsi comportando male ma doveva. Doveva per il bene del fidanzato. <Jack, copri me e Thomas, dicendo che lui si è sentito male e che l'ho portato a casa sua e che sono rimasto con lui perché pareva grave. Lo so, ti sto lasciando senza spiegazioni questa sera ma ti giuro che se domani, a qualsiasi orario tu arriverai a casa mia e chiederai risposte, io te le darò... Ma adesso ho bisogno di aiuto. Ti prego.> fece Jonathan, mettendo a nudo tutta la sua ansia.
Jack non resistette davanti al suo migliore amico in quello stato così vecchio ma di una familiarità mancata per così tanto tempo. Gli occhi neri non erano solo profondi e scuri, ma velati da un certo luccichio che non gli vedeva addosso da anni; forse da quando Maria Esposito era morta e Jonathan lo aveva supplicato di un abbraccio confortante. Quindi gli fu quasi naturale annuire e schizzare fuori dal bagno.
Perché se Thomas, umano o kitten che fosse, riusciva a tirare fuori parti di Jonathan Right (del vero Jonathan Right) così a lungo celate... forse ne valeva davvero la pena.
Jonathan tirò un sospiro di sollievo mentre diceva al vento un flebile "grazie". Si disse che forse un amico così... giusto e disponibile non se lo meritava. Ma si riprese piuttosto in fretta perché il moro accanto a sè emise un miagolio soffocato: Thomas non aveva la minima idea di quanto avrebbe potuto ancora reggere.
<Thomas...> lo richiamò Jonathan e lui alzò lo sguardo appannato verso il fidanzato che gli tendeva la mano. <Al mio via. Tre... Due... Uno... VIA!> e Jonathan afferrò il polso del kitten il quale si lasciò tirare su e trascinare, mentre il pezzo di carta igienica abbandonava il suo naso e cadeva a terra. Usciti dal bagno Jonathan si fece spazio a suon di gomitate e maleducati "Levati" e "Spostati", mentre il moro pensava di essere diventato una bambola di pezza sballottolata qua e là anche se ringraziava il cacciatore che, se non lo avesse trascinato tutto il tempo, lui di sicuro si sarebbe inchiodato attratto da un odore in particolare. Arrivati fuori l'aria fresca lo investì e gli diede quel minimo di lucidità per stringere più forte la mano a Jonathan, sorridere dolcemente ad occhi aperti (e terribilmente annebbiati) e sussurrare senza miagolare: <Jon...>.
Mentre macchine fotografiche di cellulari erano stranamente in azione puntante su di loro, Jonathan sentì il suo petto carico di rinnovata forza a quel semplice e piccolo gesto, riuscendo ad arrivare all'auto ad una velocità da centometrista amatoriale. Aprì a distanza l'auto e, arrivato lì davanti, aprì di malagrazia lo sportello per Thomas che, in gesto automatico, si gettò dentro l'abitacolo. Richiuse con forza e il castano andò al posto del conducente.
Appena chiusa la portiera partì e si concesse un attimo più tardi di allacciarsi la cintura di sicurezza in un gesto automatico... Ma solo quando stavano percorrendo strade più tranquille che si concesse di rilassarsi e solo allora avvertì quanto il respiro del moro fosse agitato; anche se aveva notato che teneva una manica della propria camicia premuta sul naso.
Quell'odore suo non poteva incantare il moro ed infatti avvertì solamente la puzza nauseabonda del proprio sudore. Ciò riuscì a snebbiargli la mente abbastanza da riuscire a fare un discorso senza impazzire dopo tre secondi.
<Scusa Jon... Io, davvero... Non avevo più fatto caso ai giorni e non mi ero accorto che... oramai eravamo a oltre metà maggio... É passato tanto tempo da quando sono arrivato a casa tua...> fece il moro, con l'istinto di scusarsi sempre attivo e con l'autocontrollo un po' a schifo; straparlando come fanno gli ubriachi: infatti l'ultima frase gli era uscita senza che davvero lo volesse.
<Tranquillo Thomas. Non te lo scegli mica tu quando ti viene, no? A quel che ne so, vi viene in primavera e che vi rende così desiderosi di sesso da parere dei drogati in astinenza forzata...> spiegò Jonathan; provando a buttarla sul ridere.
<Beh... la forza con cui desideriamo fare sesso è anche peggio al massimo del nostro calore, ma sì; praticamente é così...> e il moro prese un respiro, con l'odore schifoso del sudore che gli invadeva le narici e faceva come da dissipatore dell'annebbiamento che gli invadeva la mente.
<É anche giusto dire che viene in primavera ma non c'è un periodo specifico generale. Ad ognuno viene in una certo momento della primavera e dura sempre e solo una settimana. La prima volta capita quando si hanno 9 o 10 anni anche se in maniera molto più lieve rispetto che verso i 13-14 anni che davvero diventa potente tanto quanto ce l'ho io e diventa un problema.> spiegò Thomas.
<Toglimi una curiosità.> interruppe Jonathan. <É perché siete mezzi gatti che avete questo calore ma ciò vi impedisce di poter procreare tutto il resto del tempo? No, perché altrimenti tutti voi nascereste più o meno nello stesso periodo di mesi...>
<Ma che domande ti fai?> ridacchiò Thomas, a metà tra l'imbarazzato e il divertito.
<Domande strane che ti fai nei momenti più platonici della tua esistenza; e cioè sotto il getto caldo della doccia...> rispose il castano e il moro ridacchiò sinceramente divertito, avvertendo il calore nel corpo diminuire (come se a scherzare con il fidanzato aiutasse a calmare in qualche strano modo il calore) ma non era.così ottimista da levare la manica dal naso.
<Comunque il calore ci invoglia a farlo perché rilasciamo ormoni irresistibili per gli altri ma, come voi umani, non abbiamo uno specifico periodo dell'accoppiamento. Infatti io sono nato il primo di marzo mentre Ariana è nata a fine agosto...> e al solo citare l'amica si sentì triste. <Mi manca lei, i nostri amici e i bambini...> sussurrò ma il rumore nell'auto era così esiguo che l'altro lo sentì benissimo.
<Beh, come facevate quando veniva a te, o ad Ariana o ai tuoi amici il calore?> chiese Jonathan, con quella domanda in testa da poco.
<Quando più o meno era il periodo questi andava in una stanza del terzo piano (che non usavamo mai) dove veniva chiuso a chiave e con sè aveva le scorte per due settimane; per sicurezza. Ogni giorno si saliva in due, uno con un lenzuolo puzzolente in viso e l'altro libero, perché così il secondo annusava l'aria e controllava se il calore era già arrivato, se era in svolgimento o se era già finito. E il primo con il lenzuolo puzzolente, per non sentire gli ormoni, era lì per riacciuffare l'altro se si fosse fatto condizionare dagli ormoni.> spiegò il moro, ripensando a quanto fosse fastidioso mettersi quell'orribile pezza puzzolente sul naso sensibile. Al solo ricordo olfattivo storse il naso per qualche secondo.
E l'odore del sudore si fece più forte.
E la conversazione chiuse lì, mentre ormai erano già nella periferia cittadina da qualche minuto.
<A casa è meglio se sto nell'altra stanza a dormire... Non vorrei trascinarti a fare azioni di cui il giorno dopo potremmo pentirci... E anche perché ho bisogno di fare una doccia e stare in un posto in cui non ci sono in presenza forte odori di altre persone...> notò il moro quando oramai mancava poco all'arrivo a casa.
Jonathan, interiormente, non era entusiasta dell'idea perché adorava tenere stretto a sè nella notte il fidanzato ma capiva bene che era una situazione estrema e che quel suo infantile capriccio poteva pure essere represso per una settimana.
<Capito, certo. Tutto il tempo che serve. Se vuoi domattina ne parlo con Cassandra ed Elizabeth e vedremo se in tre teste, a mente fresca, riusciremo a tirare fuori qualcosa di buono...> propose Jonathan e Thomas annuì convinto.
Arrivati a casa salirono e, davanti alle due porte diverse, poterono scambiarsi solo un rapido "Buona notte" perché il moro aveva avvertito che il minimo contatto fisico era difficile da gestire.
Entrato dentro la propria stanza, Jonathan gliela chiuse per sicurezza a chiave, per evitare che si rivelasse un sonnambulo desideroso di sesso.
E così dormirono in due stanze differenti, mentre ad entrambi mancava il familiare calore altrui.
•~-~•
Il mattino successivo, fu strano per le cameriere entrare in camera del cacciatore e trovarlo nel letto senza Thomas. Infatti gentilmente gli chiesero, appena questi aprì gli occhi, dove Thomas fosse. Per un attimo Jonathan scattò a sedere spaventato prima che i fumi del sonno liberassero il ricordo della nottata precedente e si rilassò; più o meno.
<Thomas è nell'altra stanza.> fece sbrigativo il cacciatore, massaggiandosi un attimo le temperature; mentre i dettagli ritornavano.
<Cosa è successo ieri sera? Litigio?> chiese Elizabeth e Cassandra era già pronta a scattare verso Jonathan e dirgliene quattro per una volta nella sua vita: a Thomas voleva un bene dell'anima e non avrebbe mai pensato che un litigio potesse essere opera di un capriccio del kitten.
<È andato in calore, sapete che i kittens una volta in primavera ci vanno, no?> fece retorico il cacciatore e le due cameriere ripescarono quella notizia dai meandri della loro mente e annuirono assorte.
Cassandra rilassò i muscoli mentre capiva che non c'era stato alcun litigio.
<Perciò, per evirare azioni sconsiderate, avete optato per dormire in due camere diverse? Capisco...> commentò Elizabeth, per poi aggiungere: <Non c'è un rimedio per tenergli il calore sotto controllo?>
<Sinceramente non lo so. Bisognerebbe tenerlo calmo, poco ma sicuro e con qualche odore non di persone premuto contro. Per esempio stargli troppo vicino lo fa impazzire perché il naso, con il calore, diventa ancora più sensibile.> spiegò il cacciatore.
<Beh... Forse uno di quegli oli calmanti in una camomilla aiuteranno a distendergli i nervi...> iniziò Cassandra, sapendo che in quella casa c'erano perché le trafugava lei per i suoi momenti in crisi.
<E poi mica c'è quella specie di medicina, il Vicks, che aiuta a stapparti il naso quando sei raffreddato? Ha un odore forte, se se lo mettesse sotto le narici sentirebbe solo quell'odore e nessun problema, mh?> propose Elizabeth subito dopo, dicendo a voce alta le sue riflessioni.
Gli occhi neri di Jonathan parvero illuminarsi e un flebile ma spontaneo sorriso sincero gli incurvò all'insù le labbra. <Grazie mille Elizabeth e Cassandra, siete mitiche.> ringraziò e fece pure un cenno del capo, come a mimare un inchino leggero.
Le due ragazze furono stupite da quella "gioia" così manifestata e sorriso di riflesso, dicendo: <Di nulla.>
<Ora vado in bagno a prendere il Vicks...> propose Elizabeth.
<E io preparo la camomilla con gli oli calmanti!> saltò subito la bionda ed entrambe si precipitarono fuori.
Jonathan si alzò, prese un panno pulito e lo mise sopra al vassoio di Thomas, tentando alla carlona di tenerglielo caldo, mentre faceva con calma la colazione. Più tardi avrebbe chiamato in segreteria per dire che quel giorno non sarebbe venuto in ufficio. Era certo che quel giorno Jack sarebbe venuto a reclamare spiegazioni e lui avrebbe mantenuto la promessa, facendosi trovare sempre in casa almeno quel giorno. Per il suo migliore amico che meritava quelle risposte legittime e anche tanto di più, come un amico che manifesti davvero i suoi sentimenti e non si nascondi dietro muri e muri perché la vita gli ha fatto dei torti. Però, visto che la seconda era leggermente infattibile, almeno dargli risposte gli sembrava il minimo.
Pochi minuti dopo erano tutti e tre davanti alla "stanza degli ospiti", dove Thomas si era recluso per sicurezza dalla notte passata.
<Thomas, siamo noi! Abbiamo un probabile rimedio per il tuo calore; almeno proviamoci!> fece Elizabeth e subito dopo una voce da dentro rispose: <Un tentativo non costa nulla... Aprite a chiave ma aspettate um attimo ad aprire sul serio!> e si sentì del trambusto dall'altro lato mentre Jonathan girava la chiave.
Quando sentirono un <Fate pure> da dentro aprirono e si ritrovarono davanti il moro, vestito in modo incredibilmente leggero, ma con un'enorme panno davanti al naso.
<Precauzione.> spiegò, mentre le cameriere gli porgevano i rimedi e Jonathan la colazione. Poi lui ringraziò e si eclissò di nuovo in camera, chiedendo che non venisse chiusa a chiave. Acconsentirono e rimasero lì qualche secondo prima di ritornare ai propri doveri.
<Chiamaci più tardi e dicci come va!> avvisò Jonathan prima di dover tornare al proprio lavoro.
Più tardi il rumore acustico, che segnava il chiamare le cameriere in camera, risuonò per la casa. Tutti e tre andarono verso la stanza e aggrottarono le sopracciglia preoccupati quando videro la porta leggermente socchiusa. Entrarono dentro senza pensarci due volte, spalancando quasi totalmente la porta e guardando dritto a sè.
<Thomas?!> fece spaventata la bionda, non vedendo il moro.
Una risatina arrivò da sopra di loro e subito dopo una figura calò su Jonathan, aggrappandosi alla sua schiena con le gambe e al suo collo con le braccia, urlando: <Sorpresa!>
<Tommy!> fece Elizabeth, con tono contento ma sguardo truce. <Che scherzo del diavolo é? Ci hai spaventati!> rimbeccò subito dopo sempre la rossa.
<E come hai fatto a saltare addosso così a Jonathan?> chiese la bionda.
Thomas scese giù dal fidanzato e spiegò: <Ho pensato che fare un'entrata a sorpresa fosse più bello, visto che ora sto bene. Grazie davvero ragazzi. Credo che dovrò solo prendere una tisana del genere un poco dopo ogni pasto e mettere spesso questa cosa sotto al naso!> ed estrasse dalla tasca dei pantaloncini a pinocchietto il barattolino di Vicks che rimise all'istante via.
<E poi... Beh, mai sottovalutare l'agilità e velocità di un kitten, anche se mingherlino e senza artigli. É bastato premere il bottone a lungo, fare uno scatto fino alla scrivania sulla quale salire con un balzo, usare da trampolino per poi issarsi coi piedi sulla porta semi aperta e poi comprimersi nel piccolo spazio formato tra la colonna sopra la porta e il soffitto. Non so che funzione estetica abbia (se ne ha), ma è stata molto utile!> e sorrise dolce.
Il cacciatore lo strinse a sè e gli diede un rapido bacio a tradimento, chiedendogli all'orecchio: <Posso farlo, no?>
<Sì, ma non esagerare...> ricordò il moro e il castano annuì, arrendendosi sconsolato all'evidente impossibilità di poter stare vicino al moro come al solito.
Proprio in quel momento il campanello di casa suonò e Cassandra corse giù come un razzo, facendo all'ultimo un salto mangiando insieme quattro gradini, rischiando quasi di farsi male. Afferrò la cornetta per rispondere al citofono e fece dopo qualche secondo: <Aspetti un attimo che chiedo...>
Posò la mano sulla parte della cornetta dalla quale lei parlava ed urlò: <JONATHAN! JACK MONDPINT VUOLE VEDERTI!>
Jonathan serrò un attimo la mascella prima di sospirare sotto lo sguardo interrogativo di Elizabeth e quello per metà consapevole di Thomas, che ricordava brandelli della serata prima.
<Aprigli!> fece Jonathan, senza propriamente urlare. Una singola parola detta a voce solamente alta ma che Cassandra recepì benissimo, infatti apri a distanza il cancelletto e poi aprì la porta d'ingresso a chiave.
<Continuate coi vostri lavori... E portateci due caffè e... Tu che vuoi Thomas?> chiese Jonathan, mentre scendeva le scale tenendo per la mano il fidanzato. <Ehm... Un succo...> fece imbarazzato e il castano trovò la scelta molto da bambini, che, si sa, quando gli si chiede se vogliono una bevanda ci si può scommettere che ti dicono o un succo o una cola.
<Quindi due caffè ed un succo?> chiese Elizabeth, scendendo di più fretta le scale, già pronta ad ecclissarsi con la bionda in cucina.
<Sì, grazie, e se riuscite a ripescarla, portate pure la zuccheriera perché Jack adora fare il "caffè nello zucchero", piuttosto che il comune "zucchero nel caffè".> ironizzò il cacciatore e la rossa, con un sorrisino, annuì raggiungendo l'amica in cucina mentre Jack entrava e si ritrovava davanti Jonathan e, poco più indietro, Thomas che, senza guardarlo in faccia, si stava torturando la coda.
<Vuole accomodarsi, Mondpint, così riceverà le spiegazioni che reclama o vuole permettere a tutta la fauna locale di insetti di entrarmi in casa?> incalzò ironico il cacciatore e il migliore amico si disincantò e fece un: <Ah, certo, hai ragione.> richiudendo la porta mentre batteva la mano libera, a braccio teso, contro il fianco.
"Agitato e curioso insieme? Mh, umanamente possibile, soprattutto conoscendolo." si disse Jonathan, sapendo che l'amico batteva le dita contro qualsiasi cosa quando era curioso ma che teneva le braccia come ceppi di legno lungo i fianchi quando era agitato.
Ma la faccia era piatta, imperscrutabile.
"Non è tanto da Jack ma di sicuro tutta questo deve non avere senso ed è giusto che vada sulla difensiva e sulla diffidenza..." ipotizzò Jonathan, si voltò e si sedette su uno dei due divani, invitando l'amico (e senza volerlo il fidanzato) a fare lo stesso. Mondpint, vestito molto alla carlona con una felpa nera con su scritto tutto arcobaleno "Painted Life" e dei pantaloni grigio ferro di una tuta, sprofondò nel secondo divano. Thomas invece si accostò al fidanzato e, alzando finalmente lo sguardo su Jack, gli rivolse un timido sorriso.
Jack non lo ricambiò se non con una leggera incurvatura all'insù mentre freddo diceva: <Sono qui per risposte, Jonathan. Pensavo ieri sera di essere io fatto di una qualsiasi sostanza che mi avevano rifilato nel bicchiere ma, entrando oggi qui, i miei dubbi sono stati dissipati. Davvero Thomas Dalton, sempre che si chiami così, è un kitten. E sta con te. Come è possibile?>
<Il mio vero nome è Thomas, ma non ho cognome come un qualsiasi altro kitten. Me ne ha dato Jon uno a caso per mascherare il tutto. Come il fatto che fossi nato e cresciuto in Florida, non è vero. Io non so neppure benissimo dove sia questa "Florida". Io sono nato e cresciuto nella enorme città qua vicino. Solo il fatto che ho perso i genitori da piccolo è vero...> e deglutì visibilmente e rumorosamente <ma non in un incidente stradale qualsiasi.>
Jack parve ammorbidire i propri lineamenti, ritornando più simile al solito spensierato Mondpint, dato il dolore a cui le parole di Thomas alludevano.
In quel momento fece la sua entrata Cassandra che appoggiò un vassoio con su due tazzine fumanti di caffè, un succo d'arancia e una zuccheriera. Jack alzò un sopracciglio mentre Jonathan beveva con nonchalance la tazzina di caffè bollente mentre Thomas si era appropriato del bicchiere di succo e l'aveva stretto a sè da fare il remake di Gollum con l'anello e bevendo a sorsetti brevi, con la coda che ondeggiava più tranquilla ma facilmente visibile.
<Beh, hai fatto le cose per bene Jon. Ti sei pure ricordato del fatto che io senza zucchero il caffè non lo bevo, mh?> fece retorico Jack mentre versava fin troppi cucchiai (a detta perfino di Thomas) di zucchero in quella misera tazzina.
<Anche se è da tanto che non andiamo al bar per un semplice caffè è impossibile per me dimenticare il famigerato "caffè nello zucchero", Jack.> rispose Jonathan, per aggiungere: <Comunque posso spiegarti come mai io sto con Thomas, come l'abbia conosciuto e tutto quanto se hai la pazienza di ascoltare.>
<Sono qua per risposte e non me ne andrò senza ma toglimi subito un dubbio...> e con quelle parole Mondpint suscitò in Right un "Mh?" come per sottintendere "Dica".
<É davvero lui colui per cui mi hai fatto fare il consulente quelle serate e per cui ti ho tartassato i maroni per sapere chi fosse?> chiese. Voleva avere una risposta che avrebbe deciso l'esito di tutta quella discussione fin dal principio.
Jonathan afferrò la mano a Thomas, gliela baciò brevemente, lo guardò negli occhi con un'espressione così... particolare e solo un'altra volta vista, ricambiata in pieno dal kitten, il tutto con un sorriso molto imbarazzato.
<Sì. Proprio lui. Ieri l'ho fatto venire in disco solo perché così lo conoscevi e non rompevi più ma il calore si è palesato e... Casini.> sentenziò il cacciatore.
Jack annuì, soddisfatto di ciò che aveva visto. Era disposto a sentire tutta la storia perché quella scintilla che vedeva risplendere negli occhi del cacciatore era unica, ancora più forte di quella vista con un'altra persona che gli aveva spento quella luce per sempre. E quel kitten, a differenza di quella lì, gli pareva così puro e sincero che gli sarebbe parso strano se avesse anche solo, per sbaglio, ferito il cacciatore.
<Racconta tutto dall'inizio.> spronò Jack.
E Jonathan iniziò a raccontare, partendo ovviamente da quella mattina dei primi di marzo in cui aveva catturato Thomas e un istinto gli aveva detto che doveva tenerselo lui e non venderlo e lui l'aveva piacevolmente assecondato. Poi passò al riassumere quelle giornate dove l'aveva trattato (testuali parole) "come uno stronzo del cazzo quale sono" e poi era passato a narrare velocemente della sera in cui aveva organizzato la festa e Kyle aveva quasi violentato Jonathan.
<In un certo senso devo ringraziare quel coglione.> sentenziò Jonathan, venenfo um attimo interrotto da Jack.
<Comunque il "coglione" mi ha detto ieri sera, quando ve ne siete andati, che a vedere Thomas ha avuto una sorta di deja-vu: aveva l'impressione di averlo già visto ma chissà dove. Io ho sviato dicendo che aveva tutti i neuroni fritti, come al solito. Ringrazia pure che l'alcol gli ha impedito di ricordare tutto alla perfezione.> precisò.
<Meglio così. Anche perché avrebbe perso ad insistere contro me. Posso andare avanti?> chiese retorico Jonathan e all'accenno dell'amico proseguì.
Continuò il racconto, dicendo di come l'avesse fatto "trasferire" in camera sua, di come abbiano passato tante serate a guardare "Game of Thrones" nelle quali era più tranquillo, diverso dal freddo che era di solito e vedendo che pure il moro, piano piano, divenne più tranquillo e contento durante quelle sere.
E qualcosa era scaturito, pareva legittimo. Anche se nessuno dei due se ne rendeva conto.
Ma ad una cenata di gala in cui erano presenti sia la sorella Emma (che a fine cena gli aveva fatto notare quanto tenesse a Thomas) e Ylenia Baudelaire che cercò in tutti i modi di farsi perdonare nonostante tutto.
Jack lo interruppe un'altra volta.
<Perché non dici le cose chiare e tonde come stanno?> fece il pittore, per poi chiedere aggrottando le sopracciglia: <Non gli hai ancora detto nulla?>
Thomas guardò il fidanzato non capendo, però subito disse: <Abbiamo capito che entrambi abbiamo persone e momenti del nostro passato che vorremmo cancellare e dimenticare, anche se è impossibile farlo. Però, o almeno io personalmente, non mi sento così pronto per rispolverare le cose brutte del mio passato>.
Jonathan lo guardò stupito, notando la lucidità negli occhi del kitten, e lo baciò dolcemente e casto sulle labbra, sussurrando: <Tranquillo, aspetterò. Io invece penso che non passerà troppo tempo e ti spiegherò tutto.>
Thomas annuì e lo abbracciò.
Jonathan gli mise una mano sopra le spalle e in quella posizione continuò il racconto, fino alla serata della discoteca.
<Ed adesso siamo qui, e io ho finito.> decretò il cacciatore, aspettando una risposta dell'amico.
Jack Mondpint era molto serio, mentre teneva fissi gli occhi in quelli neri del cacciatore.
Poteva essere vero? Jonathan innamorato di quel kitten e viceversa?
Del cacciatore suo amico non aveva dubbi, i suoi occhi neri erano contornati da un'espressione neutra ma allo stesso tempo più... "rilassata" di quella della maschera di ghiaccio e cattiveria.
Guardò attentamente Thomas, per vedere se stava fingendo, approfittando di Jonathan stesso come già un'altra persona, meschina alla stessa maniera, aveva già fatto. Quelle iridi verdi brillavano, quasi letteralmente, mentre erano addosso a Jonathan, rimanendo comunque vivide ma leggermente di meno. Era un luccichio che aveva già visto così tante volte nella sua stessa Ariadne quando lo guardava innamorata.
Si alzò dal divano con un sorriso. Erano davvero innamorati l'un dell'altro. E per Jonathan, una figura così dolce e simile ad un'altra persa tanto tempo prima, sarebbe stato anche un modo (forse pieno di melanconia all'inizio) per superare meglio ciò che ancora era una ferita aperta nel petto.
<Se fossimo nell''800 e io fossi il padre di Jonathan... Beh, vi augurerei la mia benedizione ragazzi. Grazie Jon per avermi spiegato tutto con tanta calma e sono sicuro che vi amate l'un l'altro seriamente. Cercate solamente di non far cazzate e se volete compagnia non esitare a chiamarmi o messaggiarmi, Right.>
I due fidanzati, internamente, si rilassarono: la vera natura di Thomas era al sicuro. E Jonathan era dentro così felice che l'amico approvasse perché sapeva che del suo "pittore da strapazzo" si poteva fidare.
Lo accompagnarono alla porta e lì Jack, con un vistoso sorriso in volto, fece: <Buona giornata piccioncini!> e si incamminò soddisfatto con le mani nelle tasche della felpona nera fino al cancelletto dove, fuori, stava la sua auto grigio metallizzato.
Se ne andò sgommando, lasciando finalmente la casa di Right, dove i due fidanzati si stavano già baciando passionali, contenti.
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