Capitolo 3
Anche se Thomas sentiva i crampi della fame non gliene importava granché, anzi, almeno l'avrebbero distratto dal dolore che gli dilaniava il petto.
Non aveva toccato il cibo, rimanendo rannicchiato sotto le coperte a piangere o semplicemente fissando il vuoto.
Era una bambolina, adesso.
Sarebbe stato un giocattolo, adesso.
Avrebbe sofferto tanto, adesso.
Avrebbe avuto tanta paura costantemente, adesso.
Non avrebbe mai più riso, adesso.
Non avrebbe avuto più una vera vita, adesso.
Non avrebbe più rivisto Ariana, adesso...
Gli mancava già troppo Ariana e sapeva che quello stronzo aveva appena cominciato a divertirsi, che quello era solo la punta dell'enorme iceberg che c'era sotto.
Si era interrotto nel suo piangere quando sentì dei passi per le scale.
Almeno le sue orecchie da gatto gli stavano ritornando utili in quel caso.
Era entrata la stessa ragazza che gli aveva portato il cibo, che ritrovò intoccato e lo guardò un po' stupita (e forse triste) mentre riprendeva il vassoio ed usciva.
Poi aveva sentito un cicaleccio venire da fuori per un poco e successivamente che erano andate giù per le scale due persone, preferibilmente entrambe ragazze, dati i toni delle voci smorzate da muri, porte e distanza.
Quando fu sicuro che le due persone si fossero allontanate, si rimise a singhiozzare.
Però la stanchezza lo sovrastò, a forza di piangere, portandolo tra le braccia di Morfeo, mentre lui era ancora aggrovigliato tra le coperte col viso rivolto verso il muro con la grande finestra.
•~-~•
<Ariana!> urlò Thomas, vedendo l'amica in lontananza.
Era la solita Ariana, coi capelli castano scuro arruffati, gli occhi scuri ma non neri, con la coda e le orecchie color nocciola che rispecchiavano felicità.
La castana era a braccia aperte, lo stava aspettando per abbracciarlo e stritolarlo come solo lei poteva fare.
Sentì lacrime di felicità solcargli il volto, mentre correva verso la ragazza più veloce che poteva.
Eppure gli sembrava che ad ogni suo passo lei si allontanasse di due passi, senza però muoversi.
No, non doveva lasciarsela scappare, non poteva rimanere da solo, non voleva vivere senza l'amica.
E corse con lunghi passi, riuscendo a guadagnare terreno su quell'entità che spostava sempre di più indietro, in modo continuo e alla stessa velocità, la persona a cui teneva di più in assoluto.
La stava per raggiungere; bastava un solo salto.
Un unico balzo e l'avrebbe potuta abbracciare ancora una volta.
Avrebbe sentito la cascata dei suoi capelli solleticargli le orecchie, il proprio viso sul suo petto/spalla, ed odorare quel profumo strano che però per lui era sinonimo di casa.
Perché Ariana era la sua casa.
Fece un salto pieno di speranza, per veder l'amica, appena la toccò, scomparire in una nuvola di fumo denso, scuro, irrespirabile. Sentì il proprio cuore incrinarsi, ma la speranza non del tutto crollare.
Lei era ancora lì, doveva esserlo.
Brancolò nel buio provocato dal fumo, per sentire subito dopo qualcuno prenderlo per la coda per girarlo e successivamente afferrarlo per il polso.
Infine quel qualcuno lo attirò a sé prima che il moro scappasse o almeno ci provasse.
La paura sovrastò la speranza, prima di ritrovarsi premuto col viso contro il petto di un uomo o comunque qualcuno più alto e massiccio di lui, cosa non tanto difficile.
Una mano gli prese il mento, costringendolo ad alzare il volto, per fissare il viso di Jonathan con le labbra piegate in uno sghembo sorriso.
<Tu ora sei il mio kitten, il mio nuovo giocattolino...> gli cantilenò nell'orecchio Jonathan, spingendolo indietro mentre gli rimaneva appiccicato.
Finirono su un grande letto, dove Thomas si ritrovò immobilizzato da una forza sconosciuta, mentre Jonathan gli abbassava i pantaloni.
<...e ora ti farò totalmente mio...> cantilenò ancora, ridacchiando sadico mentre il moro sentiva, con gli occhi chiusi, che gli venivano abbassati senza troppe cerimonie i boxer.
•~-~•
A quel punto Thomas aprì gli occhi di scatto, sentendo il proprio petto abbassarsi e alzarsi con degli spasmi e il cuore che batteva i mille colpi al secondo.
Era stato un brutto incubo.
Ariana non era scomparsa in una nuvola di fumo, era andato lui in giro per la città ed era stato catturato. Jonathan non l'aveva ancora stuprato, ancora non ci aveva neanche provato sul serio; l'aveva solo minacciato.
Doveva calmarsi.
Non poteva impazzire. Almeno, non subito.
Si girò sull'altro fianco, fissando il muro dove c'era la porta.
Sentì qualcosa di umido sulle guance mentre si girava.
Sollevò un pochino la testa dal cuscino mentre si toccava le guance con una mano.
Aveva di nuovo pianto e tanti cerchi bagnati sul cuscino lo constatavano.
Doveva smettere, non poteva solo piangersi addosso.
Provò a mettersi a sedere però, sentendo i crampi della fame farsi insistenti, ricadde sul fianco di nuovo.
Non aveva di forze, tra l'altro quel giorno non aveva neppure fatto colazione, tanto era stato stupido.
Era dalla sera prima che quindi non mangiava e oramai aveva perso tante energie: un po' sapeva resistere, era una qualità difficile da perdere, ma anche lui doveva magiare come tutti.
Vide l'orologio appeso al muro segnare le 14:45.
Era da chissà quante ore che non toccava cibo.
E aveva rifiutato quello di prima come un cretino, si rendeva conto di aver fatto una scemenza solo adesso.
Era stato in preda alla disperazione più totale e aveva fatto la cretinata.
Si mise meglio addosso le coperte, coprendosi fin sopra il mento, rannicchiandosi leggermente su se stesso e provando a dormire, l'attività che dispendeva meno energie.
Chiuse gli occhi e quasi subito Morfeo l'accolse di nuovo nel suo regno, facendolo però dormire senza incubi.
•~-~•
Jonathan osservò l'orologio appeso alla parete di camera sua.
Erano le 15:00.
Spense la TV.
Sarebbe andato a fare una camminata, poi si sarebbe fatto una doccia e infine sarebbe andato dal suo kitten a divertirsi un pochino.
Nel giro di un quarto d'ora si era messo su qualcosa di adatto per andare a camminare.
Scese giù le scale e bussò alla porta dietro di esse, cioè quella che portava alla stanza riservata alle sue due cameriere.
<Si, signor Right?> chiese Cassandra, aprendo immediatamente la porta.
<Io vado a camminare, volevo solo avvertirvi che starò fuori per un'oretta.> avvertì Jonathan, mentre si girava e andava verso la porta d'ingresso, facendo avviare la musica dell'I-pod attraverso le cuffiette.
Si chiuse dietro di sé la porta di casa mentre usciva e faceva un giro per le campagne attorno, d'altronde ci teneva a tenersi in forma.
•~-~•
Ritornò a casa alle 16:00 passate e, appena rientrato, Elizabeth uscì dalla stanza delle cameriere e chiese: <Signor Right, devo prepararle la vasca?>
<No, prepara solo qualcosa di ricambio sul mio letto.> fece Jonathan, seguito per le scale dalla cameriera nella sua "uniforme".
Entrambi entrarono nella camera di Jonathan e lui si diresse verso il bagno annesso, mentre la cameriera apriva il suo armadio e cercava qualcosa da mettergli.
Dopo due minuti Jonathan era sotto il getto caldo della doccia. Si rilassò e scacciò via il sudore e la stanchezza della "corsa" (camminata veloce) appena fatta.
Dopo un quarto d'ora minimo uscì dalla doccia e trovò sul proprio letto cosa aveva pescato dall'armadio Elizabeth.
Una maglietta a maniche corte e dei semplici pantaloni, entrambi capi scuri.
Apprezzava il buon gusto della sua cameriera e di come sapeva il cosa lui voleva indossare.
Uscì dalla propria camera coi corti capelli castani ancora umidi dalla doccia, andando in camera del kitten. Aprì la porta e si stupì di vedere sia le tende che il mobilio sulla destra non danneggiato in alcun modo.
Era davvero strano.
Anche se già glielo aveva detto la cameriera, gli era sembrato irreale.
Stava per fare un commento sarcastico, per poi notare che sul letto si intravedevano praticamente solo le orecchie e i capelli neri del kitten, tutto il resto era nascosto sotto delle coperte.
O si era rifugiato lì sotto per dispetto mentre lui entrava o stava dormendo.
Si coricò vicino al kitten, non facendo troppi movimenti bruschi, felpato e silenzioso come un predatore, e poi tolse con un rapido gesto le coperte dal ragazzino.
Si ritrovò davanti il proprio kitten addormentato su un fianco.
Le orecchie erano leggermente piegate e i capelli erano per metà sul volto del moro e per metà sul cuscino.
Il viso era rilassato, aveva la bocca socchiusa, ma se la "copriva" per metà con un pugno chiuso.
Notò pure che aveva dei piccoli solchi sulle guance... che fossero dei rimasugli di una scia di lacrime che avevano percorso il viso del moro?
Scosse la testa, concentrandosi sul resto del bel corpicino davanti a sé.
L'altro braccio era appoggiato sulla vita e ricadeva sulla pancia piatta, mentre le gambe erano vicine e una sopra l'altra. Era pure leggermente rannicchiato, facendolo così apparire come una creatura innocente ed indifesa ancor di più di quanto già non era.
Jonathan osservò per un minuto buono il kitten dormiente, trovandolo molto carino.
Quell'aura che aveva attorno gli conferiva in quel momento un'aria da... angioletto.
Sì, da piccolo e puro angioletto.
Aveva una voglia matta di attirarlo a sé e baciarlo con forza, volendolo svegliare in un modo non propriamente tranquillo.
E fu quello che fece.
Gli mise un braccio attorno al fianco, attirandolo a sé e baciandolo con la lingua molto facilmente, visto che questo appunto aveva la bocca socchiusa nel dormire.
Quasi all'istante Thomas aprì gli occhi, svegliato, e si immobilizzò sul posto, ricordando dove fosse e con chi.
Jonathan sogghignò mentre lo baciava possessivamente, accarezzandogli con una mano la coda, anche se erano su un fianco ambedue.
Il castano fece passare una mano "sotto" le spalle del moro, cosicché riuscì a mettere la propria mano tra le scapole del più basso, spingendolo a sé.
Thomas, non volendo in quel momento grane, si lasciò andare a quell'abbraccio un po' rude mentre gli scappavano dei piccoli gemiti ogni tanto per via di Jonathan che gli stava "accarezzando" la coda.
Dopo qualche minuto il castano si staccò dalle labbra dei più piccolo, sorridendo divertito.
Thomas fissò inespressivo l'uomo, sapendo di dover mantenere quel contatto.
<Allora hai capito qualcosa da stamattina, piccoletto...> sogghignò il castano, notando che lo stava continuando a fissare come gli aveva detto quella mattina.
Jonathan accarezzò ripetutamente la schiena e il viso del kitten, riprovando a "sedurlo" con qualcosa di dolce, che però creò sempre quella piccola smorfia di disgusto sul volto del kitten.
Mentre lo accarezzava, però si sentì un forte brontolio e a Thomas le guance si tinsero di rosso, capendo che cosa era e sentendo la stanchezza dalla fame assalirlo di nuovo.
Abbassò lo sguardo per quello, ritrovandosi a fissare il petto del cacciatore.
<Hai mangiato qualcosa di quello che ti hanno portato?> chiese Jonathan, supponendo che fosse un enorme borbottio dello stomaco dell'altro.
Thomas mosse in diniego la testa, conscio che mentire non portava a nulla di buono.
<E come mai, mh?> fece Jonathan, prendendo con due dita il mento del ragazzo, rialzandogli lo sguardo.
<Non...volevo mangiare...> sussurrò Thomas, mantenendo solo con molta forza di volontà il contatto visivo.
Non voleva vedere negli occhi quell'uomo.
Gli dava in qualche modo fastidio ammettere quelle cose fissando in quei piccoli buchi neri.
<Di solito i kittens tendono a distruggere la loro nuova stanza all'inizio e, se gli portano del cibo, al massimo tendono a mangiucchiarlo. Di sicuro non mantengono integra la stanza e non toccano il cibo fino a farsi venire i crampi dalla fame> notò Jonathan a voce alta, mettendosi a sedere e, essendo avvinghiato al moro, tirò a sedere pure l'altro.
<Non avevo voglia di toccare cibo...> ripeté ma con parole diverse Thomas, mentre Jonathan lo faceva sedere sulle proprie cosce, mantenendo comunque il contatto visivo.
Thomas si ritrovò ad arrossire per qualche secondo sulle guance mentre Jonathan lo accarezzava dietro le orecchie, provocandogli delle basse fusa.
A Thomas quasi sembrava dolce, ma non lo incantò.
Appunto, "quasi sembrava" dolce.
<Mi accontenterò di quella risposta... ma perché comunque non hai sfoderato i tuoi artigli e non hai lasciato la tua firma dappertutto? Anche dei kittens molto più fifoni di te l'hanno fatto...> notò comunque Jonathan, "accarezzando" la coda del kitten.
Si divertiva a fare per metà il dolce e per metà il cacciatore "stronzo".
<Io... non posso...> sussurrò in un soffio il moro, talmente tanto basso che quasi Jonathan non lo sentì.
<Come "non puoi"? Non puoi davvero graffiare?>
<Anche quello è genetica. Se si possono fare le fusa, non si hanno gli artigli e viceversa. Ecco perché kittens che sanno fare le fusa sono così rari: muoiono molto prima degli altri perché a loro manca una difesa e per trasmetterlo in modo che si veda nei figli, come caratteristica, entrambi i genitori devono possederlo...> spiegò Thomas, mentre Jonathan baciava la guancia e il mento del moro, infastidendolo per quello.
<Questo non lo sapevo... beh, comunque oggi faremo qualcosa di insolito. Però sappi solo che se anche domani fai così non sarò così dolce...> spiegò Jonathan togliendo da sopra di sé il kittens ed uscendo dalla stanza, non preoccupandosi di chiuderla a chiave.
Il kitten era senza forze praticamente e il cacciatore l'avrebbe preso se avesse solo provato a scappare, poi il fatto che il kitten non avesse una cosa potenzialmente pericolosa come gli artigli lo rendeva molto più gestibile.
Andò con passo veloce in camera propria, recuperando delle corde e ritornando in camera del kitten, che era steso su un fianco, raggomitolato su sé stesso e si teneva la pancia mentre per la stanza si sentiva un altro borbottio.
Jonathan lo rimise a sedere, una volta sedutosi lui stesso sul letto, e gli prese i polsi, che gli legò.
Il kitten non si oppose, sapendo che era inutile.
Poi Jonathan gli legò le caviglie in modo che potesse camminare ma a piccoli passi, praticamente lo aveva legato come quando lo aveva messo nella propria auto.
Jonathan rispose per sfizio alla tacita domanda del kitten dicendo: <Per sicurezza>
Poi lo prese a mo' di sposa, e Thomas emise un gridolino spaventato appena fu sollevato.
Non se lo sarebbe aspettato e gli dava fastidio.
Si sentiva ridicolo, anche se nessuno lo stava guardando oltre a Jonathan, ovviamente.
<Sei molto leggero piccoletto, e visto che non ti puoi tenere a me stammi attaccato.> ordinò Jonathan uscendo dalla stanza.
Thomas fu costretto ad obbedire e si sentì strano, tenuto in quel modo da Jonathan e premuto così contro il suo petto.
Sentiva i battiti del cuore dell'altro.
Peccato che il castano, scese le scale, fece qualcosa che fece strillare al ragazzino un: <EHI!> d'istinto.
Jonathan gli aveva palpeggiato il culo.
Il moro subito si ritrovò con le labbra del castano sopra le proprie appena detta quella esclamazione.
Fu tenuto sollevato un po' di più mentre erano in fondo alle scale, fermi.
Intanto due ragazze stavano sbirciando ridacchiando dalla loro stanza, con la porta socchiusa.
<Ah, dannazione! Non riesco a vedere il kitten!> si lamentò Cassandra, sbirciando da più in alto di Elizabeth, la quale era chinata ma anche più bassa di lei di suo.
<Poco importa! Comunque, forse, Jonathan sta portando il kitten in cucina a mangiare qualcosa...> notò Elizabeth.
<Sarebbe bello poter registrare con una videocamera la scena... Sarebbe una cosa così carina, se non fosse finta per Jonathan.> quasi sbuffò Cassandra.
Il castano si staccò dalle labbra del moro, non consapevole che le due li stavano vedendo, e commentò a voce alta con: <Non devi urlare, a meno che non siamo in camera tua sul letto... e preferibilmente senza vestiti.>
Il kitten arrossì a quel commento, borbottando a mezza voce un: <N-n-non vo-vole-volevo u-u-u-urla-urla-urlare...>
Comunque le due cameriere non vedevano il viso del kitten, ma almeno sentirono indistintamente la sua voce.
<Ha una voce quasi da ragazzino!> commentò Cassandra.
<Speriamo non sia un 15enne! L'ho un pochino pensato quando l'ho visto però non volevo dar credito a quell'idea...> quasi pregò Elizabeth.
<Sarà pure un perverso, ma Jonathan non è da pedofilia...> commentò Cassandra, distogliendo lo sguardo dalla porta e guardando la rossa.
<Comunque sono passati...> notò Elizabeth con ancora la testa fuori a sbirciare e la bionda provò a dare un'occhiata a sua volta di nuovo in speranza di vedere il kitten in volto, vedendo solo la schiena di Jonathan entrare in sala da pranzo.
<Ahhh... dovrò aspettare davvero domani.> quasi si disperò la bionda, sprofondando su una sedia che c'era lì.
<E va beh, ce la farai...> ridacchiò Elizabeth, ricevendo in cambio con un'occhiataccia.
<Ora io vado a farti un panino e ti lascio qui, aspettami ok?> chiese retorico ed ironico Jonathan, facendo sedere il kitten su una sedia a capotavola, sapendo che non poteva andare lontano senza forze, legato in quel modo, con tutte le finestre e la porta d'ingresso chiuse.
Thomas si perse a fissare il muro davanti a sé.
Perché Jonathan si comportava così?
Stava ancora provandolo a trascinare nella sua trappola, fatta da finte gentilezze?
Quasi certo.
E di sicuro non si sarebbe lasciato ingannare.
Non avrebbe ceduto alle lusinghe o ai gesti dolci, già gli bastava la paura per sentirsi uno schifo dentro.
Dopo qualche minuto Jonathan comparve dalla cucina e, presa una sedia, si sedette al contrario su di essa, molto vicino al kitten e con un panino in mano.
Thomas guardò il panino con una voglia matta di mangiarselo e Jonathan ridacchiò allo sguardo languido e concentrato del kitten e alla sua coda che ondeggiava.
<Hai tanta fame, eh?> domandò retorico il castano, baciando a tradimento sulle labbra il kitten.
Thomas, appena l'altro si staccò dal bacio, sussurrò senza pensare: <Ho fame...> come un bambino piccolo.
Jonathan strappò un pezzo del panino e lo mise davanti alla bocca del ragazzo.
Il moro sospiro, capendo che quello era l'unico modo per poter mangiare, e cercò di prendere il cibo evitando il più possibile il contatto con le dita di Jonathan.
Thomas si sentiva ridicolo, ma la voglia di mangiare era più della vergogna e prese ogni pezzo di panino, sentendosi sempre più sazio, evitando comunque il più possibile il contatto.
Il castano trovava il kitten un passatempo molto divertente, anche solo per come si comportava fuori dal letto.
Era diverso dagli altri ed era interessante averci a che fare.
Si comportava in modo infantile, ma in un modo che gli piaceva.
E, cosa molto importante, gli resisteva!
Si sarebbe divertito molto con quell'ibrido.
Era all'ultimo boccone, e Thomas stava cercando di prendere quel pezzo di panino senza toccare troppo le dita del castano; purtroppo che Jonathan fu di opinione contraria.
Infatti il castano spinse l'indice all'interno alla bocca del moro, oltre all'ultimo pezzo di panino.
Thomas sgranò gli occhi a quel gesto e stette fermo, guardando mooolto perplesso Jonathan negli occhi.
Cosa diavolo voleva adesso?
N/A: allora... questa settimana non ho nessuna domanda idiota o meno da fare.
Nemmeno di che preoccuparmi di negativo.
Anzi, sprizzo dalla gioia e vi ringrazio perché ABBIAMO GIÀ RAGGIUNTO LE OLTRE 100 LETTURE E OMIEIDEI COME È POSSIBILE?!
Cioè, sono strabiliata. E pure tanto.
Mi sembra così strano e ringrazio tutti voi che state dando una chance a questa storia.
Ancora un enorme ringraziamento, un saluto e alla prossima settimana!
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