Capitolo 28

Dopo quel bacio, non fu immediato il loro provarci l'un con l'altro. Anzi, prima che facessero un passo avanti passò un bel po' di tempo, all'incirca una settimana e mezza; o quanto meno il tempo che bastava a far arrivare maggio con il suo calore piacevole e le giornate che si allungavano a vista d'occhio.

Thomas in quei giorni era sempre malinconico; né le serie TV, né l'astronomia e i suoi appunti, né le due cameriere aiutavano più di tanto. Il moro era triste per diversi motivi, primo tra tutti stava soffrendo pene d'amore per Right. Era ovvio che non ricambiasse e poi... erano l'altro un umano cacciatore e lui stesso il suo kitten "schiavo"!
Era impossibile che qualcosa potesse sbocciare!

"È invece è accaduto..." e il ragazzo sospirò, mentre osservava dalla finestra chiusa ermetica il paesaggio fuori.
Le spighe di grano belle gialle gli ricordavano i mesi primaverili ed estivi passati in campagna con Ariana a 10 anni, spesso quando vedeva fuori glielo ricordava; ma con le spighe pari a manufatti d'oro il ricordo si faceva vivido. E il suo lato felino non aiutava: aveva voglia di uscire, di stare nelle ore più calde ancora non eccessive sotto i raggi solari a godersi placidamente il loro calore. Aveva voglia di correre in quei campi e sentire i singoli pezzi di grano che gli solleticavano le gambe e le braccia.
Sospirò una seconda volta, e ancor più pesantemente.
Quell'isolamento lo uccideva.

Non voleva neanche più davvero come prima ritornare dagli altri: certo, gli mancava un sacco la sua famiglia nuova ed allargata, ma si sentiva ormai parte di quello luogo e... attaccato a Jonathan. E ciò lo faceva ammattire, perché gli pareva impossibile chi scegliere con chi stare, in quel periodo.
Poi, a pensarci, come poteva anche solo sperare di provarci? E come? E quando? Si mise le mani tra i capelli e sfiorò la base delle orecchie, come a provare a rilassarsi. Nulla di nulla.
"Ah, che nervi!" si disse, scocciato il moro, battendo la mano contro il muro senza reale forza. Era esasperato e ciò influiva perfino sulle sue forze, sulla sua produttività e sulla sua solarità.

Jonathan ovviamente se ne accorse e si mise a tirare le somme, intuendo abbastanza in fretta che il moretto era desolato dal non poter uscire fuori. In quella settimana e mezzo il pomeriggio, oltre ad andare a farsi una camminata, stava "trafficando" per riuscire in un suo intento e, finalmente, quel pomeriggio avrebbe potuto mettere a punto il suo piano.
Dopo essere uscito da lavoro passò al negozio a cui, con una piccola aggiunta, aveva fatto promettere di tenere acqua in bocca, data la richiesta strana e che avrebbe suscitato lo sospetto di chiunque fosse in cerca di sue notizie, alias i giornalisti.
Quanto li odiava, quelli.
Si riscosse dal pensiero quando rimise in moto l'auto, con la busta accanto a sè sul sedile del passeggero.

Arrivato a casa, prese la busta e la buttò in soggiorno, sul divano. Disse chiaramente a Cassandra, lì presente a spolverare un ripiano, di non toccare quella busta di plastica e il suo contenuto. La bionda annuì all'istante, facendosi nel mentre mille e mille domande e congetture, sospirando si disse che solo il tempo le avrebbe dato delle risposte e si precipitò subito dopo in cucina per far sapere pure del divieto alla rossa.

Intanto, in camera, Jonathan si stava cambiando e sentiva la confusione nella sua testa e nel suo petto prepotenti. Era frustrante amare qualcuno di cui era illogico che ti innamorassi e che, con ogni probabilità, non ti amava. Anzi, aveva il puro terrore di te e ti odiava.
Però... una piccola parte di sè gli diceva il contrario, facendogli apparire davanti alla mente tutte le prove sul fatto che Thomas provasse lo stesso per lui. Tanto piccola qual era quella parte, veniva spesso soffocata dal pessimismo e realismo del cacciatore, oltre che dalla parte di sè che lo caratterizzava ormai da qualche anno.
Però, come si dice, la speranza è l'ultima a morire e, perciò, quella piccola speranza che bruciava dentro di lui gli diceva costantemente di non arrendersi e che, quel pomeriggio, avrebbe capito meglio i sentimenti che il kitten provava nei suoi confronti.

Thomas, nel mentre che l'altro si cambiava, lo fissava di sottecchi, rosso in volto; facendo finta di essere impegnato a rappresentare la costellazione del Sagittario con il nome delle sue stelle in una pagina del suo taccuino. Era rosso in volto, mentre nell'errore invertiva il nome di due stelle.
Quel corpo non era esageratamente pompato, ma gli addominali erano scolpiti come delineati ma delicati solchi sulla pelle dell'addome e i muscoli delle braccia guizzavano al più piccolo movimento. Le spalle larghe e le gambe lunghe e muscolose non erano da meno.
"Mi sono innamorato di quel Jonathan dolce che ho visto ogni tanto, ma neppure il corpo è da buttare via..." si disse e ridacchiò sommesso.

A quel suono delicato ma cristallino il cacciatore si girò, con la maglietta rimasta a metà petto, a guardarlo.
Il moro si sentì coperto da una vergogna che pareva totalmente da ragazzina e si mise a capo chino sul suo quadernetto, si accorse dello sbaglio e borbottò arrabbiato per l'errore stupido commesso.
"Quella risata... è cosi delicata. Spero che questo pomeriggio la rifaccia tante volte. E che gli occhi gli si illuminino come quando ha parlato di astronomia." si disse Jonathan, mentre la mente gli piazzava davanti quel viso dai lineamenti così dolci e gli occhi verdi già grandi di loro farsi come più grandi e luminosi.
Qualche giorno prima era ritornato da camminare ed era entrato in camera mentre scriveva in quel suo taccuino, che aveva provato repentinamente a nascondere. Per cercare di alleviare la tensione, e rivedergli quell'espressione serena vista per un secondo appena entrato, gli disse di non preoccuparsi e, anzi, che voleva sapere qualcosa di più sull'astronomia.
E in quel momento il moro era partito in uno sproloquio per almeno venti minuti, in cui il cacciatore non aveva fatto davvero caso alle parole, ma alle labbra che si muovevano veloci, al sorriso che perennemente tenevano anche se non rimanevano ferme, alle guance leggermente rosee dal precedente imbarazzo e gli occhi.
Due grandi gocce di color speranza.

Tutto quello era finito quando lui aveva sussurrato <Carino>.
Thomas non aveva propriamente sentito l'aggettivo usato, ma la vibrazione della voce bassa del castano non gli era sfuggita e perciò si era distratto e si era reso conto dello sguardo incantato che il cacciatore gli stava rivolgendo.
Jonathan provò a rimettersi un po' più composto e attento ma ormai il danno era fatto e il kitten si era già girato dall'altro lato, con le guance in fiamme.
Non si erano parlati per le seguenti ore.
La bolla in cui era racchiuso il ricordo scoppiò e ritornò alla realtà. Si tirò giù la maglietta e proprio in quel momento le cameriere entrarono con i pranzi.
Il pasto passò in tranquillità, con la TV sotto a creare un certo rumore.

•~-~•

Quel pomeriggio, verso le 15:00 circa, Jonathan decise che era il momento. Attraverso il personale bottone presente in camera, chiamò le cameriere ed Elizabeth si affrettò ad arrivare dopo mezzo minuto. Jonathan non le lasciò tempo di porgere la domanda retorica solita e ordinò: <La busta che ho lasciato di giù, in salotto, portala qua di sopra.>
Anche se l'ordine non era così freddo, era con un tono più accorto e non si potrebbe definire dolce ma l'umanità e il minimo senso di gentilezza del castano erano trapelati. Ciò stupì sia Thomas che la cameriera ma mentre il primo si poté permettere di spalancare gli occhi stupito, la rossa poté solo annotarselo mentalmente prima di dire: <Certo, signor Right.> e fiondarsi di giù.
Ritornò quasi subito con la busta, scorgendo per sbaglio un qualcosa di lungo, robusto e scuro al suo interno, simile a qualche corda e la consegnò al cacciatore. Poi si congedò, lasciando definitivamente da soli i due ragazzi.
<Speriamo in bene...> sussurrò la rossa, andando di giù e pregando per il meglio.

Jonathan estrasse dalla busta una corda liscia, rivestita di pelle lucidata e colorata di nero, lunga qualche metro e leggermente appiattita, risultando simile ad una enorme e lunghissima linguina, pasta stile spaghetti ma più schiacciata, appunto.
Thomas non capì all'inizio cosa fosse, traducendolo nella paura come una lunghissima e strana frusta o una corda da bondage e mando giù un groppo in gola dalla paura quando il cacciatore gli disse, anche se con voce calma: <Vieni qui, Thomas.>

Avanzò con la stessa funerea espressione di un criminale pronto alla decapitazione, e chiuse con forza agli occhi quando fu arrivato davanti al cacciatore. Però un piccolo "click" gli fece aprire incuriosito gli occhi e, volgendoli a poco più in basso, notò che al suo collare era legato un altro gancetto (oltre quello della targhetta), che coincideva con un'estremità di quella lunga corda.
<È una sorta di guinzaglio, cosa ti aspettavi, scusa?> chiese quasi sbruffone il cacciatore, mentre nella mente aveva adorato quel visino e subito dopo confuso quando aveva realizzato che era un guinzaglio.

<E... perché ciò?> chiese in un sussurro il moro, strofinando tra il pollice e indice un piccola parte della frusta, molto vicina al gancio.
<Perché ho notato come guardi i campi di grano qui vicino con certi occhi languidi e diciamo che... beh...> il castano si sentì le orecchie in fiamme dall'imbarazzo <... forse era una buona idea risollevarti il morale e intrufolarsi senza farsi beccare in quel campo di grano.> e indicò con un accenno della testa al campo che si vedeva dalla finestra, lo stesso campo che ogni volta Thomas vedeva e sospirava.

Il moro in questione si sentì più che felice e, con un sorriso da orecchio ad orecchio, chiese incredulo: <Davvero?!>
Il castano si morse l'interno guancia, maledicendo in piccola parte quel kitten dato il suo essere troppo adorabile. Distogliendo lo sguardo in un piccolo momento di debolezza rispose: <Davvero.> e poi lo guardò come a mantenere un certo contegno <E lo faccio solo perché mi deprime avere un kitten così melanconico e se per risolvere questa situazione basta una scorazzata non propriamente legale in un campo di grano posso pure farlo.> spiegò ed aprì la porta.
Si voltò, come a dire di sbrigarsi e il moro si disincantò mentre però la testa ripeteva: "O MIO DIO QUANTO È STATO DOLCE A PENSARCI! SARÀ UN FANTASTICO POMERIGGIO!" come impazzito e stordito.

Scesero velocemente le scale e Thomas si permise di osservare meglio tutto lo spazio, visto e considerato che la prima ed unica volta in cui aveva visto il piano sotto era stato di sfuggito appena arrivato. E aveva giusto un po' di terrore per fare caso al resto...
Notò il salone di parquet scuro in contrasto con il soffitto e i muri panna. Una grande TV al plasma stava dal lato opposto di un enorme divano nero ad angolo, un tavolino basso per il caffé in mogano e un piccolo puff sempre nero. Sotto a questi mobili stava un enorme tappeto rosso, andando in un piacevole contrasto con gli altri colori. Due grandi finestre stavano dietro i divani e, al centro della stanza, pendeva dal soffitto un enorme lampadario dalla forma e stile moderni.
Dall'altro lato scorse una sala piastrellata in un giallo molto tenue e l'enorme tavolo già visto una sola volta in precedenza (quando era accaduta la storia del panino, che quando ci ripensava ora arrossiva più che mai) e notò chiaramente due teste curiosare da una sala ancora più in là, con la porta per metà aperta.
Thomas dedusse fossero le cucine e notò chiaramente anche dalla distanza come Cassandra stesse facendo i pollici in su e come Elizabeth stesse esibendo il suo miglior facepalm. Con un radiante sorriso, le salutò e si voltò verso il cacciatore, che stava aprendo la porta di ingresso.

Appena mise piede fuori l'aria fresca della campagna in piena primavera gli invase le narici e respirò a lungo, chiudendo gli occhi. Sentì un'enorme calma dentro di sè che non avvertiva da talmente tanto tempo che non ricordava.
La Natura lo stava chiamando a modo suo, dicendogli di immergersi in lei, benedire la Terra per il grano tenuto sotto le cure del grandissimo Sole e della essenziale pioggia, sorvegliate nel sonno dalla onnipresente e pallida Luna e le sue amiche Stelle.

<"La Natura siamo Noi, la Natura è tutta attorno a Noi e la Natura è qui per Noi. Rispettiamo ogni singola, anche piccola, parte della Natura perché lei non ci lascia mai e ci darà sempre nuove opportunità, sempre che noi siamo disposti a vederle e prenderle".> recitò sottovoce Thomas, ancora ad occhi chiusi davanti all'ingresso ombreggiato.

Quelle erano parole della madre, parole della loro religione e della stile di vita dei kittens: se esisteva qualcuno da venerare non era un semplice uomo, o nel loro caso sarebbe stato più idoneo un ibrido, ma la Natura stessa che aveva creato tutti e che avrebbe fatto per sempre.

Un rumore di sassi che si scontrano e di passi ed aprì gli occhi, uscendo da quella bolla di pace. Jonathan aveva mosso qualche passo con grande rumore per il vialetto ghiaioso e ora lo guardava, confuso.
<Cosa hai recitato, scusa? "La Natura siamo Noi" o roba del genere?> chiese aggrottando le sopracciglia il cacciatore. Come se fosse stato colto in flagrante il moro arrossì e, a capo chino, lo seguì per il vialetto.
Il rumore della ghiaia sotto quelle scarpe era piacevole e finalmente il Sole lo colpiva sulla pelle. Rimase un attimo estasiato e trasognato da quel calore tanto agognato prima di parlare.

<È una sorta di preghiera della mia religione... noi non veneriamo alcun uomo, ma la Natura stessa e in tutte le sue parti; piccole o grandi che siano.> e sorrise dolcemente, facendo rivolgere lo sguardo del castano davanti a sè. Aveva bisogno di distogliere lo sguardo perché altrimenti si sarebbe imbambolato, e quello era l'unico modo che aveva per non farlo sembrare sospetto.

Saltarono un canaletto al confine con il campo di grano. Appena oltrepassato, c'erano due passi massimo prima che l'enorme campo di spighe, alte fino alla vita, si parasse di fronte a loro. Tante ordinate file distanziate da una distanza che permetteva il passaggio senza problemi calpestare il raccolto, a patto di camminare in laterale.
Jonathan, si disse, sicuramente non ci avrebbe mai potuto camminare evitando di andare in laterale. Forse un ragazzino o una donna molto magra avrebbero potuto camminare tranquillamente dritti.
Nonostante ciò, da lontano quel campo pareva un vero e proprio mare d'oro e da vicino la cosa non cambiava più di tanto. Anzi, aumentava al kitten la voglia di andarci in mezzo.

Thomas scattò come un velocista, Jonathan di riflesso aumentò la presa sul guinzaglio non attorcigliato attorno la sua mano, e il moro si mise a camminare lesto in mezzo alle file di grano dritto. Metteva i piedi uno avanti l'altro come se fosse un funambolo, ondeggiando leggermente con le mani tenute a palmi aperti, leggermente staccate dai fianchi, che venivano inghiottite da quella marea dorata e una dolce risata ad uscirgli dalle labbra.

Il cacciatore si affrettò a seguirlo in laterale per quella striscia di terra, beandosi di quelle risate e di quella spensieratezza che sembravano essere prerogative indissolubili del moro.

Thomas si sentì come inebriato da quel calore, da quella natura tutta attorno a lui, da quella sensazione pallida ma simile alla libertà che da tanto tempo gli pareva perduta per sempre. E tutto quello era possibile solo grazie al cacciatore, che l'aveva portato fuori notando il suo malessere sia fisico che emotivo. Forse davvero a Jonathan importava di lui, forse per il castano lui non era solo un giocattolino o un pupazzetto...
Forse...

"Forse ho qualche speranza." si disse nella testa e, assimilando lentamente e con gusto quel piacevole ed inebriante concetto, la sua felicità aumentò a dismisura. Aprì gli occhi tenuti chiusi tutto il tempo e gli parve che il Sole fosse più caldo e radioso, il cielo più azzurro e sgombro di nuvole, le spighe di grano tanti sottili folletti che sussurravano concitate appena il venticello leggero ma fresco passava di lì.
Tutto in quel pomeriggio lì, in quel campo, era magnifico.
E parve dimenticarsi per qualche attimo di Ariana, della distanza da quella che era la sua vecchia casa e vita, dei suoi problemi d'amore e di Jonathan stesso. In quel momento esisteva solo lui e quel campo di grano.
In un monento di irrazionalità, si coricò supino per terra e allargò le braccia nelle due file di spighe. Schiacciava qualche stelo ai bordi delle righe ma poco importava. Tenendo chiusi gli occhi si beò del sole che anche in quel modo gli arrivava in viso.

Jonathan lo vide stendersi e stava per riprenderlo, ordinandogli di mettersi in piedi, ma l'espressione rilassata e contenta lo distolse.
"Dopo tutto quello che gli ho fatto merita un pochino di riposo e felicità" si disse il cacciatore. Fece un passo avanti, volendosi sedere ai piedi del kitten, ma il Fato non era d'accordo con i suoi piani e lo fece inciampare in un sassolino. Perciò si ritrovò a frenare la caduta coi palmi e le ginocchia, ingabbiando però il kitten sotto di sè che, a quei rumori attorno a sè sospetti, spalancò gli occhi.
Ebbe un tuffo al cuore appena realizzò di avere quelle due iridi nere che aveva imparato ad adorare a pochi centimetri dal volto e che le loro labbra erano separate da uno spazio talmente piccolo da essere quasi penoso ed umiliante.

Il suo cuore decise di provare la sua resistenza battendo con forza ed insistenza contro la gabbia toracica e le guance si tinsero di rosso. Tra l'altro sentì le orecchie fremere leggermente in modo costante, come un telefono in vibrazione, facendogli sentire un suono sottile ed acuto, un beep prolungato.
"Cosa dovrei fare?" pure pensare razionalmente gli pareva difficile in quel momento e l'unica cosa che riuscì a fare fu ingoiare a vuoto e tenere dischiuse le labbra.

Non proprio una mossa intelligente, visto e considerato che Jonathan sentiva il suo stomaco sballottato e in subbuglio neanche come era capitato a 14 anni dopo essersi trangugiato della pizza ed una lattina di Coca-Cola ed essere salito sulle giostre.
Insieme a quella strana sensazione di confusione totale, la testa pareva aver perso ogni controllo e tutte le sue regole giacevano a terra nella mente, come frammentate in tante piccole schegge di un piatto. L'unica cosa che nella sua testa persisteva era un impulso che cercava di farsi tirare più giù dalla gravità, finire appiccicato al kitten e far scontrare le loro labbra. E il fatto che il moro avesse socchiuso la bocca non aiutava.

Ad un certo punto, tra l'altro, sentì un qualcosa di morbido toccarlo con delicatezza sulla gamba e realizzò fosse la coda di Thomas, il quale divenne ancora più rosso (ed adorabile) di quanto già fosse. Il kitten si maledì per la sua coda che come le orecchie erano andate in modalità "Cazzi Nostri" e che si stava strisciando su Jonathan, in cerca di contatto ed affetto.

"Se non è questa prova di quello che provo per lui..." si disse il moro, mentre gli parve che il castano si fosse mosso di un filino più in giù verso di lui. Un altro movimento e le loro labbra si sarebbero scontrate.
Il Fato rise contro di loro e il passaggio di un'auto sulla strada lì accanto disgregò il momento magico creatosi fra i due.

In quel momento le regole del cacciatore, insieme alla sua facciata, si ricomposero in un istante e si alzò in piedi, tirando leggermente per il collare il moro, il quale si mise seduto. Quest'ultimo era confuso e frastornato.

<Ritorniamo a casa, prima che qualcuno venga qui.> ordinò freddo il cacciatore per mascherare l'imbarazzo. Quell'assenza di calore congelò la speranza del moro di ricreare quel momento e si mise in piedi come punto sul vivo.
Ritornarono a casa in un religioso silenzio.
Poi Jonathan, per evitare qualsiasi modo troppo tempo con lui a causa di ciò successo, si cambiò ed andò a camminare. Thomas sospirò mentre si mise a scarabocchiare sul suo taccuino senza voler dire qualcosa alle cameriere fino a dopo cena.

•~-~•

Come a mantenere quella momentanea distanza, Jonathan aveva già programmato la cena con il suo migliore amico Jack in una semplice kebabberia alla periferia della città, in un posto tranquillo.
Le cameriere se lo ricordavano dal giorno prima e furono liete di poter finire il tutto un pochino prima e sapere che il giorno dopo avrebbero avuto il giorno tutto libero.
Anzi, l'intera settimana libera, senza un apparente spiegazione ma ne erano così contente che non si fecero neanche mezza domanda.
Infatti si erano già preparare a far baldoria quella settimana, ma prima avevano bisogno di parlare con un certo moro alto 1.60m circa...

Intanto il cacciatore era già arrivato a destinazione. Aveva aspettato due minuti davanti all'ingresso prima di iniziare a spazientirsi. Al terzo minuto completo passato stava per prendere il telefono e mandargli un Whatsapp che, da dietro, qualcuno gli mise le mani sugli occhi, oscurandogli la vista.
<Indovina.> fece una voce fintamente acuta.
<Ancora questi giochi infantili, Mondpint?> chiese retorico Jonathan, sgusciando in avanti e togliendosi di dosso le mani dell'amico. Lo trovò intento a sorridere quasi furbino: <Meglio rimanere con l'animo da bambini, soprattutto se si è un artista come me!>

<Un artista un po' da strapazzo...> ironizzò il cacciatore, mentre riceveva un pugnetto sulla spalla.
<Ehi, non sarò ricchissimo ma comunque i miei lavori sono richiesti e riesco a camparci!> protestò Jack e Jonathan, stranamente, a quelle parole rilassò le labbra in un sorriso divertito.
<Ok ok, artista da strapazzo ma pagato.> ridacchiò il castano.
Jack lo fissò stupito.

<Che hai?> chiese il cacciatore, stizzito.
<È che hai veramente sorriso. Non è un ghigno quello. È da un po' di tempo che non lo facevi...> replicò Mondpint.
<Adesso non fare il sentimentale!> sbuffò Right, entrando dentro il localino.
L'odore di spezie li travolse in modo piacevole e Jonathan ricordò quando venivano lì da ragazzi, prima di andare in discoteca o dopo una giornata stressante a scuola. Quel locale non era cambiato in tanti anni, lui invece sì.

Ordinarono due Kebab, quello di Jack era oscenamente pieno di cipolle e verza; al contrario di quello di Jonathan che era pieno di maionese e ketchup. Mangiarono con calma, anche se Jack iniziò subito a tartassarlo di domande: <Allora? Come è andata la tua "uscita", come la hai definita tu?>
Jack non sapeva che Thomas fosse un kitten, Jonathan non aveva avuto il coraggio di dirglielo. Per Jack era un semplice ragazzo che riusciva a vedere tutti i giorni e da quello Mondpint era partito con le più disparate idee, non potendo mai azzeccare.
<È andato molto bene e... pare quasi che ricambi.> ammise Jonathan in un lungo sospiro. Gli sembrava di essere stato in apnea per molto tempo.
<E allora, che aspetti? Dichiarati, buttati! Al massimo puoi sempre cercare di mantenere l'amicizia con lui!> esortò Jack, con la cipolla che traboccava dalla cena e che stava finendo sul tavolo.

<Prima cosa, attento al kebab.> fece Jonathan e Jack seguì il consiglio.
<Seconda cosa, non è così semplice. E poi... dovrei ricreare l'atmosfera ed è stata una faticaccia farlo questa volta. Poi non sono romantico, o almeno... non credo più di esserlo da anni.> dichiarò Jonathan.
<Ci sarà pure qualcosa che fate insieme tranquillamente, mh?> ipotizzò Jack e a Jonathan una idea in testa si fece chiara come il Sole.

Intanto, a casa del cacciatore, Thomas stava discutendo con le due cameriere.
<Come è stato il vostro appuntamento?> lo sbeffeggiò Cassandra e Thomas, guardandola torva, precisò: <Non era un appuntamento! Comunque...> e li fece un piccolo sospiro trasognato <È stato bellissimo! Quando mi è finito addosso ho ricevuto dal mio corpo ulteriori segnali che mi hanno dato una chiarissima idea di ciò che provo. Ne sono davvero innamorato.> concluse il moro.

<E lui come ti è parso in quel momento?> chiese la bionda.
<Stupito come me, anche se lasciava trasparire molte meno le emozioni...> fece il kitten strizzando gli occhi, cercando di rievocare quella faccia.
<Allora non resta che fare il passo decisivo!> dichiarò la rossa, finalmente prendendo la parola.

Thomas fu colto dall'orrore.
<MA POTREI PURE ESSERMI SBAGLIATO! E SE NON MI AMASSE?! E SE STESSE FINGENDO? E SE-?!> iniziò a delirare il moro, seriamente spaventato. D'altro canto, come poteva non esserlo?

La rossa gli appoggiò una mano sulla spalla, per poi abbracciarlo.
Il kitten crollò un attimo e si permise di piagnucolare un poco.
La bionda si era già avvicinata e stava accarezzando la schiena al kitten.
<Ho paura... tanta paura...> ripeté come un disco rotto il ragazzo.
<Capisco ma... se non ti butti non potrai mai sapere la verità, Thomas.> la rossa cercò di confortarlo e dargli forza.

Il moro tremò contro la spalla della rossa, cercando di regolarizzare il respiro. Ce la fece in un minuto buono, riuscendo finalmente a staccare la testa dalla clavicola della ragazza.
<E come posso fare? Non posso materialmente creare un'atmosfera, un momento in cui siamo vicini per pura casualità senza che voi siate in casa e...> iniziò il moro, venendo fermato dalla bionda che ebbe la stessa idea balzata in mente al cacciatore in, più o meno, lo stesso momento:
<Glielo dirai domani, quando guarderete Game of Thrones!>

<Potrei domani, quando guarderemo Game of Thrones!> esclamò il cacciatore, dando un leggero pugno al tavolo che tremò insieme alle bevande appoggiate sopra.

Jack sospirò un attimo di sollievo quando vide tutta la birra ancora dentro alla lattina e poi guardò in faccia il cacciatore.
<È vero, mi avevi detto che lo stavi riguardando con lui, che ancora non l'aveva visto. Credo che sia una buona idea ma, ti prego, cerca di non farlo quando c'è gente che scopa: altrimenti sembrerebbe una scusa bella e buona per scopare un po' e basta data "l'atmosfera".> raccomandò, agitando un anello di cipolla che aveva in mano come se fosse una qualche bacchetta davanti a Jonathan.

Scostando la sedia un pochino più indietro per non ricevere per sbaglio sulla maglietta quell'untuoso pezzo di cipolla, decretò: <Vada per Game of Thrones> nello stesso momento in cui lo disse Thomas, dopo qualche secondo di riflessione.

Ora avevano una scadenza molto vicina, il tempo stringeva e chissà mai se avrebbero avuto abbastanza coraggio da dichiararsi.




N/A: finalmente, dopo secoli di enormemente lunghi capitoli di questa fanfiction, sembra che i nostri due protagonisti si siano messi arresi all'evidenza. E, alla buon'ora, hanno accettato ciò che provano e vogliono dichiararsi, alleluia.
Ma, se ci speravate, vi devo informare che la storia è ben lungi dal finire.

Comunque, chiedo scusa per questi capitoli che ormai sotto le 4000 parole mi risulta difficile fare se li trovate troppo lunghi.
Se fosse così, posso provare a dividerli in due parti che pubblico a pochi minuti l'un dall'altro. Se vi vanno bene così sono contenta, anche perché c'è dietro il lavoro di abbastanza tempo speso in bus a scrivere piuttosto che mettere in stand-by il cervello con la musica... E alcune volte non solo sul bus...

Comunque, dopo questa piaga, vi lascio ai vostri affari.
Ciao e alla prossima settimana!







P.S.: mi sono cimentata nel disegnare Thomas per conto mio. Purtroppo, l'unica cosa che mi riesce benino è ricopiare e allora mi sono chiesta "Chi conosco, di reale o finzione, che potrebbe essere definito l'essere più puccioso di questo mondo?" e beh... Mi è venuto in mente subito.
Quindi, ecco a voi Thomas disegnato sulle fattezze di Izuku Midoriya:

Tralasciando lo sguardo da drogato, non è così male, no?
*coro di grilli*
Ok ok, ho capito.
Ora, veramente, ciao e alla prossima!

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