Capitolo 24
Un'altra settimana passò abbastanza tranquilla, nella quale però Thomas avvertì in modo molto forte la mancanza di Ariana, perché doveva resistere alla grande tentazione del chiamarla. Perché, se lo faceva anche solo per qualche secondo, Ariana ne sarebbe stata male forse per un'intera giornata e poi la mancanza di lei sarebbe stata ancor peggio dopo quella comunicazione. In un modo o nell'altro era fregato, ma non voleva che l'altra ci stesse troppo male e quindi resisteva dal chiamarla.
Era comunque brutta quella sorta di isolamento. E molto logorante.
Le cameriere provavano in tutti modi a farlo distrarre durante la giornata, tra consigli su serie TV o se si sarebbe letto qualche rivista o libro che avrebbero potuto trafugare tra casa loro, dei loro genitori o prendere in prestito dalla biblioteca.
Thomas le ringraziava e le assecondava, riuscendo per un po' a distrarsi tra serie TV e libri. Ma dopo qualche episodio smetteva di guardare molte delle storie che iniziava, solo due o tre aveva protratto fino alla fine della prima prima stagione e solo una serie si era fomentato nel vedere, ma della quale doveva aspettare la terza, e ultima, stagione: Una serie di sfortunati eventi.
Quei tre poveri ragazzi li capiva. Anche lui aveva avuto molti sfortunati eventi nella vita.
Ma non voleva stare solo davanti alla TV tutto il giorno a logorarsi gli occhi e a poltrire. Sempre abituato al movimento, non riusciva a non muoversi. Perciò si era creato la sua "ginnastica" improvvisata da fare, nella quale si sgranchiva le ossa e provava ad arrampicarsi sui pochi mobili stabili e solidi nella stanza o faceva semplici esercizi di stretching o cose imparate dai tre kittens adulti.
Passava il tempo a non rendere pigro il proprio corpo che, se da un lato era esile e piccolo come un bambino o una femminuccia, dall'altro lo rendeva agile e scattante.
E, anche se era rinchiuso lì dentro, riusciva a trovare un sotterfugio per leggere i suoi libri di astronomia ed uno di astrologia grazie sempre alle due cameriere.
La famiglia di Elizabeth, nonostante non fosse così benestante, aveva una bella e varia collezione di libri in una grande sala adibita a biblioteca e non era stato così difficile farsi dare i libri richiesti da Thomas (visto che i titoli li ricordava a memoria) dai genitori della rossa; che disse che erano per un suo amico appassionato in quel campo.
Quando, due giorni prima, la ragazza era riuscita a portargli i libri richiesti, Thomas l'aveva stritolata e le aveva detto almeno venti "Grazie" nel giro di cinque secondi.
Quella dimostrazione di affetto e di gioia era stata accolta di buon grado dalla ragazza, che dopo mezzo minuto aveva goffamente ricambiato l'abbraccio. E Cassandra, subito dopo finito quell'abbraccio, gli porse un taccuino in pelle nera e una matita con gommina finale.
<Questo è per i tuoi appunti, visto che ti dispiaceva non avere i tuoi libri appuntati, anche se ormai li sapresti a memoria... Ho pensato fosse una cosa carina e...> non aveva neanche finito la frase che anche lei fu circondata per la vita dalle braccia esili del moro e un continuo "Grazie" contro la spalla.
E quella mattina Thomas stava tranquillamente sfogliando i libri, appuntando a piè pagina tutte quelle note che erano stampate nella sua mente in modo fotografico e poi le trasferiva in bella sul libricino, cercando di scrivere nel modo più ordinato che conoscesse. E cioè in maiuscolo, come i bambini piccoli.
Eppure quella scritta grande, chiara e semplice, accompagnata da disegni ricopiati dal libro stesso, dava a quel taccuino l'aria di un libro a sua volta, più semplice e chiaro.
Passò la giornata talmente tanto immerso nei suoi appunti e ricopiature che quasi dimenticò di essere un sottomesso di Jonathan Right e di abitare sotto lo stesso tetto di quest'ultimo, in una sorta di prigione dorata. Talmente tanto concentrato qual era, si riscosse dal suo lavoro solo quando Cassandra lo scosse con dubbia delicatezza da dietro.
In quel momento il kitten, distolto dai suoi lavori così rudemente e di scatto, fece un miagolio spaventato, cercando di andare dietro con la sedia; non riuscendoci. La bionda, ancora dietro di lui, non fu così veloce nel schivare quel gesto istintivo e sbattè l'alluce destro contro la gamba della sedia, dando sfoggio al suo miglior repertorio di insulti.
Elizabeth, ancora sulla soglia della porta, a metà tra il dubbioso e il sorpreso, si disse che non aveva mai sentito imprecazioni così colorate e di quel calibro. Ed era tutto dire dato che aveva un cugino definito da lei stessa "Anticristo" data la quantità di insulti e bestemmie fosse capace di dire come respirare.
Solo al riconoscere la voce il moro si fermò e, voltandosi, notò dietro di sè una Cassandra irata e in piena fase di insulti nel mentre che si teneva il piede "infortunato" e sulla porta una Elizabeth con un palmo sbattuto sul viso ma con un evidente sorriso ad accompagnare il volto divertito.
Quando Cassandra si fu calmata, e cioè dopo mezzo minuto buono, Thomas riuscì a dire: <Scusa Cassy. Sai, ero talmente tanto assorto che non ti ho avvertita finché non mi hai scosso e mi sono spaventato...>
<E mi sono accorta che non hai sentito! Abbiamo battuto ben 10 colpi a quella stupida porta, sempre più forti, prima di arrenderci ed entrare dentro. Volevamo essere gentili ma il tuo essere fra le nuvole ha mandato in fumo questo proposito e mi sono presa una botta al ditone del piede!> si lamentò la bionda come una bambina, mentre sbuffava.
<Cassy, fattelo dire, hai dato sfoggio ad un corteo di insulti degno di un vero scaricatore di porto.> commentò Elizabeth.
<Come mai siete venute qui? Sono solo le 11:30...> notò Thomas, distraendole dalla fonte di un probabile battibecco, osservando il semplice e grande orologio a muro appeso vicino alla TV.
<Per dirti dove tener nascosti qui libri e quaderno. Sai, comunque non credo che Right approverebbe una cosa del genere e spostare tutti i giorni nel nostro magazzino non è il massimo della comodità.> spiegò la rossa e Thomas annuì. Si alzò attento a non provocare altri danni a Cassandra e porse i libri alla rossa.
Questa lanciò una qualche sorta di segnale alla bionda che avvertì il moro: <Guarda dove li nascondiamo> e poi si diresse verso il letto matrimoniale e tirò per una maniglia poco sporgente da sotto del letto, che rivelò uno scomparto mai utilizzato e che si trovava sotto le doghe del letto.
<Wow. Forte.> si entusiasmò Thomas e, mentre Elizabeth richiudeva, Cassandra iniziò: <Thomas, ho una domanda.>
<Fa pure.>
<Come mai ti interessa tanto l'astronomia? Ci hai sempre detto che è stato un tuo hobby coltivato fin da piccolo, ma per quale sogno? Volevi diventare un astronomo o astrologo anche se sei un kitten?> concluse e si rese conto solo dopo aver finito di parlare di aver toccato un tasto dolente, data la faccia di lui.
A Thomas erano ritornate in mente le parole di Nick, più o meno le stesse, quando quei tre glielo avevano chiesto e pure quelle di Ariana. Tutti che si facevano i fatti suoi, perché? Ok, sapeva che era mera curiosità ma a lui riportavano a galla ricordi belli impregnati però di malinconia.
<È che... il cielo era la passione di mio papà. Visto che il cielo era "dare uno sguardo al passato" e che "dal passato i problemi e le storie ritornano, ripetendosi, solo con nomi diversi"; diceva che nel cielo c'era tanto da scoprire e tanto da osservare. Anche perché "il cielo stellato è uno spettacolo magnifico che la Natura ci da ogni giorno e noi spesso lo ignoriamo."> poi iniziò a sentire la vista appannarsi e il respiro farsi irregolare. Aveva detto le stesse parole del padre. Gliele aveva dette la sera prima... dell'incidente.
Quella sera, l'ultima volta che aveva sentito quelle parole intrise di una saggezza così popolana ma vera, e non sapeva che sarebbero state le ultime... faceva male quella consapevolezza.
Tanto.
Sentì due corpi caldi quasi all'istante contro di sè e si calmò velocemente, riprendendo il controllo su di sè.
<Scusami, sono una cretina. Quella botta era il Karma che mi puniva in anticipo> si discolpò Cassandra e a quelle parole il moro non poté fare a meno di ridacchiare, facendo tremare i petti delle due ragazze contro quale era.
<E, se mai volessi parlarci di qualcosa, se mai volessi confidarti con noi... fallo. Ma non ti forziamo. Abbiamo intuito come parlare dei tuoi genitori ti faccia male ma se volessi cambiare idea... noi siamo quasi sempre qui.> lo assicurò la rossa, sciogliendosi per prima da quell'abbraccio. La bionda la seguì subito dopo ed uscirono svelte, per lasciargli il tempo di riflettere e raccogliere i propri pensieri.
Thomas si sentiva uno stupido. Si era mostrato così debole appena gli avevano chiesto il perché di quella passione. Era un suo punto di forza come un punto di debolezza.
Tra l'altro continuava a studiare astrologia come per tenere in vita la memoria del padre (e anche della madre, a cui in fondo piacevano le stelle; anche se più per l'astrologia) e realizzare il loro desiderio; saperne il più possibile. Cosa bella quanto difficile. Ma voleva tentare, anche se la vita gli andava contro da quando era nato.
Quando, un po' più tardi, il cacciatore era arrivato Thomas non si fece accuratamente vedere più di tanto negli occhi, leggermente rossi per il pianto. Infatti, dopo un minuto in trance, il moro era scoppiato a piangere come una fontana ed aveva smesso all'udire i passi del cacciatore sulle scale.
In quel momento si era rifugiato in bagno per cinque minuti, giusto il tempo per calmarsi ed escogitare un piano per non farsi vedere in quello stato.
Di sicuro non voleva dare un aiuto al castano nel ferirlo.
Nel pomeriggio, verso le 15:00-15:15, Jonathan era andato in palestra per una oretta e mezza, quindi era salvo per due ore considerato il tempo del viaggio e quant'altro; prima che il cacciatore ritornasse e potesse "riscattare la sua ricompensa giornaliera", come aveva definito ironicamente il cacciatore quei momenti.
Ma, per fortuna, non l'aveva ancora costretto a fare sesso anche se...
L'aveva di nuovo costretto, ieri, a rifare quello e anche peggio.
•~-~•
Il cacciatore cercava di non far aumentare a dismisura il suo ghigno, mentre osservava con occhi semichiusi e languidi il moro. Questi era appena uscito dal bagno con un accappatoio decisamente più grande di lui, e il petto niveo era scoperto fin quasi alla fine dello sterno, idem per le spalle nude su cui il tessuto assorbente rimaneva lì per miracolo.
Aveva ancora i capelli tutti umidi, ricadendo sulla sua fronte e pure alcuni sui suoi occhi, oscurando per piccole parti quei due smeraldi. Tra l'altro le guance erano tutte rosse e il respiro grosso, come se il troppo calore e vapore acqueo della doccia l'avesse fatto quasi morire di asfissia.
Il cacciatore si poteva godere quello spettacolo perché aveva annunciato al moro, prima che questi andasse in bagno a lavarsi, che avrebbe voluto dormire e gli aveva intimato silenzio. Erano tutte balle e sperava che il moro uscisse dal bagno solo in accappatoio, e non già cambiato come le altre volte (visto che si era chiuso a chiave quelle volte), e le sue speranze erano aumentare quando aveva notato il moro senza il cambio tra le braccia mentre andava dentro.
E ora si poteva vedere quello spettacolo, mentre l'altro pensava stesse solamente dormendo. Quella vista, il cacciatore lo doveva ammettere, lo allettava e aveva bisogno di un piccolo sfogo; soprattutto dopo gli eventi degli ultimi giorni. Non aveva voglia di buttarlo sul letto e farselo totalmente suo... quello non se la sentiva.
E ancora si ostinava a non capire il perché di quello, anche dopo tutte quelle serate in cui si erano mostrati di più per come erano, parlando e scherzando come se fossero amici. Ancora non metabolizzava quello che il Destino, crudele e sadico, aveva scelto per loro e impossibile da cancellare.
Ma non si sentiva per nulla male al pensare di farsi aiutare nel rilassarsi... E si sentì andare leggermente ai pazzi, a vedere quell'accappatoio velocemente scendere giù dal corpo minuto del ragazzo, per lasciarlo nudo; dando le spalle al cacciatore. E la situazione si "aggravò" perché Thomas si chinò davanti al letto, cercando qualcosa nel cassettone proprio lì.
Quel ben di Dio... così in mostra, spudorato e tranquillo. Che fosse stupido o solamente troppo fiducioso nel fatto che lui dormisse? Qualunque fosse la risposta, poco gli importava; degno del suo interesse era solo il suo amichetto che stava iniziando a diventare stretto in quei pantaloni. Si mise a sedere sul letto, piano, attento a non far troppo rumore e poi mi mise a carponi, avanzando piano verso il moro.
Thomas, che nel mentre si era messo dei boxer che fasciavano alla perfezione i suoi glutei, non aiutando sul serio la situazione; aveva messo in mezzo solo un sottile brandello di stoffa. La coda, scodinzolante mentre il suo possessore cercava di mettersi una maglietta, venne afferrata dal cacciatore; mentre cercava di tirare il moro sul letto, riuscendoci.
Thomas, per lo spavento, arretrò assecondando il tirare e, inciampando, cadde con la schiena sul materasso; mentre le gambe rimanevano penzoloni oltre la fine del letto. Deglutì, notando il ghigno aperto sul volto del cacciatore.
Scattò a sedere e provò ad alzarsi in piedi ma il castano lo afferrò per il colletto e lo tirò a sè, facendolo mettere a cavalcioni su di sè.
Tra l'altro il kitten si ritrovò a tenergli le mani sul petto e il disagio e l'imbarazzo aumentarono quando sentì una presenza premergli contro il bacino. Ingoiò una seconda volta la saliva, terrorizzato, mentre il cacciatore gli tirava i lembi della maglietta appena messa.
<Sai che ti sei scavato la fossa da solo, piccoletto?> fece retorico, usando ancora quel fastidioso soprannome. Il ghigno del castano era ampio e chiaro almeno quanto il terrore negli occhi del kitten.
Il cacciatore si mise a sedere pure lui, tenendo sul bacino il moro, mentre gli leccava e mordeva il collo.
Thomas sentì il solito appannamento prenderlo e, tentando di resistere, provò a spingersi via, lontano da quella causa. Il castano ne volle approfittare e si ruotò appena, mentre Thomas tentava ancora di spingerlo via, mentre lui teneva la presa sul moretto.
Ad un certo punto, lasciò di botto la presa e tutto andò secondo i suoi piani. Il kitten si spinse con troppa forza, cadendo dal letto e rimettendosi in ginocchio. Jonathan ne approfittò e mise la mano tra i capelli ancora umidi del kitten, costringendo a tenerlo giù.
<Ora tu resti qui e risolvi i problemi che hai creato tu stesso.> decretò il cacciatore, mentre tirava leggermente la testa del moro verso l'alto.
Paura e rabbia si scontrarono con superiorità e desiderio. Thomas provò ad alzarsi ma la mano del cacciatore lo costrinse a rimanere lì, facendolo pure gemere dal dolore.
<Fa' il tuo lavoro puttanella. Prima lo fai, prima finisci. No?>
Thomas dovette ricacciare indietro le lacrime e iniziare.
[N/A: da qui inizia una scena che, se anche è scritta a culo da me medesima, può urtare in qualsiasi modo i più sensibili. Per quelli, consiglio di andare a dopo la fila di asterischi]
Piano piano fece scivolare giù la stoffa dei pantaloni e dei boxer insieme, ritrovandosi vicino l'erezione già abbastanza eretta del cacciatore. Si sentiva lo stomaco rivoltare dalla vergogna di dover soddisfare quel coglione.
Mise la mano attorno alla base del pene, iniziando a fare su e giù; cercando di creare un movimento meccanico per poter lasciare lì il suo corpo e far vagare la mente. Ma, tra l'impacciataggine e il ribrezzo, non riuscì a sviare con la mente e rimase lì, con la sua mano che si muoveva su e giù mentre Jonathan tratteneva a stento i gemiti, dati dai tocchi delicati ma in qualche modo precisi del kitten.
<La... bocca...> riuscì a dire in uno scatto di lucidità il cacciatore mentre il moro si bloccava. No, quello no. Proprio no.
<Neanche per sogno!> sbottò staccando la mano da lì e alzandosi in piedi. Ma appena lo fece il cacciatore riprese il controllo di sè e si alzò, irato, sovrastando il kitten. Il moro si maledisse per essere stato così impulsivo e, prima di rendersene conto, si ritrovò una mano del cacciatore tra i capelli, che tirò con forza.
Il moro miagolò con forza, cadendo sulle ginocchia alla leggera spinta del cacciatore, il quale si risedette sul letto, proprio davanti al kitten inginocchiato.
<Usa quelle stracazzo di bocca e lingua e fammi godere, ok puttanella?> minacciò il cacciatore e Thomas si ritrovò a sfiorare con la lingua la punta dell'erezione, ricevendo in cambio la stretta sui capelli più forte.
Il moro, ingoiando ancora una volta l'orgoglio e la sua "umanità", si ritrovò a leccare quasi tutta la lunghezza dell'erezione, per poi; ad un altro ordine sibilato, inglobare nella bocca almeno una parte dell'erezione.
Continuò ad usare la bocca e la lingua (e pure la mano alla base, per un bel po' prima di sentire Jonathan mugugnare soddisfatto e stringere per un attimo di più la presa per poi rilasciare totalmente la testa del moro.
Prima che Thomas potesse interpretare quello successo, si ritrovò la bocca piena di un liquido biancastro e che sentiva, a contatto con le papille gustative, schifoso e vomitevole.
Scattò in piedi, ma si ritrovò il polso preso dal cacciatore che, quasi stritolandolo, gli impose: <Ingoia.> e lui fu costretto ad ubbidire.
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Subito lo schifo prese a grattargli la gola e, appena aprì la bocca per rilasciare un respiro di sfinimento, sentì qualcosa colargli giù dal lato della bocca; fino a raggiungere il mento. Toccò il liquido con mano tremante e capì che era ancora quello schifo: un po' gliene era sfuggito.
Si ripulì in fretta la guancia, per sentire poi qualcosa ritornargli su.
Anche l'altra volta aveva avuto quella reazione... si sarebbe mai abituato a quell'abbattimento del suo orgoglio e quello schifo che gli colava giù per la gola. Si disse "Mai", prima di fiondarsi in bagno e rigurgitare fuori con gli acidi dello stomaco ciò appena ingerito.
E mentre rimetteva fuori pure l'anima, distrutto dentro ancora una volta, non avrebbe ammesso così facilmente neppure a sè stesso che in microscopica parte gli era piaciuto e si era sentito come soddisfatto dall'espressione fatta alla fine da Jonathan, che era solamente a causa sua.
•~-~•
Ricacciò indietro il ribrezzo salitogli al pensiero e si disse che, per distrarsi, sarebbe stato perfetto continuare con i suoi appunti. Quando aprì il cassetto e si sporse per prendere il libro e il quadernetto notò una scatola abbastanza piccola in fondo. Incuriosito, la tirò fuori.
Era una scatola di cartone abbastanza piccola: lunga 25 centimetri, alta 15 e profonda 20. Era chiusa con del nastro adesivo marrone largo 5cm e Thomas, essendo sprovvisto di artigli, si arrangiò a tagliare quel nastro con le forbici trovate sulla scrivania.
Facendosi castelli in aria su quali cose segrete potesse tenere, fuori quasi deluso quando vide che dentro c'erano un mucchio di cassette e CD nelle custodie di plastica.
Ne prese uno e lesse il titolo scritto a pennarello indelebile sulla confezione.
"Jonathan, 16 anni."
La sua coda ondeggiò con movimenti ampi e lenti, pensierosa come una parte di mente del kitten, mentre un'altra parte, ansiosa, gli faceva picchiettare il medio sul retro della confezione.
Sarebbe stato bello vederlo, ma... come si faceva a vedere quel disco?
Si girò verso il televisore e si ricordò di quella piccola scatola di metallo sotto il dispositivo, che sapeva che si chiamasse lettore CD.
Probabilmente era quello che serviva per vedere cosa c'era dentro il disco. Alzandosi in punta di piedi provò a capire come capisse quell'aggeggio. Prima di tutto schiacciò un bottone cerchiato di rosso, con sotto scritto "On/Off". Una lucina si accese e il dispositivo emise un sottile rumore. Notando solo un altro tasto con su scritto "Eject", capì che, schiacciando quello, avrebbe in teoria espulso ciò che c'era dentro.
Lo schiacciò per scaramanzia e delle lucine azzurrine si accesero attorno una fessura sottile messa in orizzontale, ma senza far fuoriuscire nulla. Suppose che da lì uscisse il disco e, dopo aver ispezionato con lo sguardo che non ci fossero altre fessure, suppose che anche da lì dovesse entrare il disco.
Provò a mettere il CD vicino all'apertura con un pochino di pressione e quasi subito il disco venne risucchiato. Un ronzio, che il moro identificò con il ruotare di qualcosa, si fermò dopo pochi secondi essere iniziato.
Si disse che, se lo voleva vedere, doveva per prima cosa accendere la televisione. Dopo qualche tentativo e premuta di tasti di cui non sapeva l'utilità, aprì una finestra grigia piena di sigle e vicino ad una c'era la stilizzazione di un disco.
Vi premette sopra e si ritrovò in uno spazio grigio in cui c'era un solo riquadro nero, che comunque premette.
Subito il riquadro si ingrandì, fino ad occupare tutto lo schermo.
<Jon, è tutto nero! Come faccio?> una voce femminile era tutta preoccupata ed era la prima cosa che si sentiva. Lo schermo era sempre sul colore nero.
<Mamma... hai lasciato il tappo sull'obiettivo.> una voce di ragazzo sopraggiunse con tono quasi esasperato. Dei passi seguirono la frase e si poté finalmente vedere qualcosa. Subito fu inquadrata una parte di un tavolo con sua una tovaglia color panna.
<Oh, grazie Jon! Sono una tale imbranata!> e la voce femminile ridacchiò, seguita da quella del ragazzo che aveva prima parlato e qualcun'altra, una o due voci non ancora sentite.
<Mamma, la prossima volta lascia ad Emma il compito di riprendere con la telecamera, ok?> quasi sbuffò il ragazzo di prima.
Thomas riuscì a mettere in pausa e si disse: "Emma? È il nome della sorella di Jonathan... Che questa voce sia della loro madre? Deve essere stato fatto quando loro due andavano ancora d'accordo, quindi prima che lavorassero... che il "16" sulla custodia stia per "16 anni"? Può darsi..."
Dopo quelle elucubrazioni mentali, rimise in "play" il video.
<Vai con Jack ed Emma, che così registriamo per bene la cosa e pace fatta. Al massimo, quando lo mettete su CD togliete questa parte; no? Si può, me l'avete detto voi!> fece speranzosa la donna, mentre si sentivano più voci sghignazzare un <Certo certo> molto poco credibile.
La donna finalmente alzò la telecamera dall'inquadrare la tovaglia e tre adolescenti occuparono le riprese.
Thomas fermò all'istante il video, trattenendo lo stupore e le risate; mescolate insieme.
Il primo ragazzo a sinistra non sapeva chi fosse, ma per esclusione intuì che fosse quel fantomatico Jack citato prima dalla madre.
Al centro della scena c'era Jonathan Right, era ovvio che fosse lui, ma era più piccolo. Sì, con ogni probabilità aveva 16 anni. I capelli erano rasati ai lati e, quelli superstiti, erano molto corti. Aveva un look davvero diverso e molto meno informale rispetto a quello attuale, quasi... strano dopo essersi creati un'immagine mentale di qualcuno. Aveva una maglietta nera a maniche corte molto più grande di lui, con stampati su una scritta ed un logo.
Se non leggeva male era "Nirvana". E probabilmente aveva dei jeans, dei quali vedeva a malapena la vita, visto che la maglietta era larga e lunga e il tavolo coprivano il resto.
Accanto al cacciatore Thomas riconobbe la sorella di lui Emma. I capelli erano raccolti in una treccia laterale e indossava un vestitino rosa confetto. Sembrava una bambolina più che una 17enne. Ed era ben lungi dalla bella e letale che era diventata.
I tre erano più o meno alti uguali, anzi, Emma era poco più bassa anche se era un anno più grande.
Rimise di nuovo play, mentre assimilava quelle nuove informazioni.
<Maria, scusa se glielo dico, ma avrebbe bisogno di un corso da parte dei suoi figli su tutta l'elettronica!> scherzò il ragazzo di nome Jack, ricevendo uno scappellotto in testa da Jonathan; che minacciò: <Ehi, non parlare così a mia madre! Capito!?>
Poi i tre esplosero in risate, come la donna che reggeva la telecamera, facendola un attimo traballare.
Un piccolo sorriso si era diffuso sul volto del moro. Era una perfetta scenetta familiare quella ed era sorprendente come il castano fosse il primo a scherzare e ridere; in quel filmato era così espressivo. Così diverso da quello attuale, cosa che lo portò a chiedersi per un secondo cosa fosse capitato per cambiarlo così tanto.
<Sono una Esposito, non ci posso fare nulla se io e la mia famiglia non siamo così compatibili con la tecnologia!> si scusò da dietro la telecamera, sempre con una vena ironica, Maria.
<Però i Right sì! E siamo bravi anche se siamo per metà Esposito!> ribatté il castano orgoglioso.
<Siete la fusione perfetta!> commentò Jack con un sorrisetto.
<Oh dai, sbrighiamoci! Così poi andiamo di sopra e io li straccio alla Play!> fece con un bel sorriso la ragazza, mentre i due ragazzi la guardavano male a quel commento.
<Non è vero!> fecero entrambi, ma con gli occhi bassi; come ad ammettere silenziosamente la verità bruciante.
<Tanti auguri a te...> iniziò la madre dei due Right, piano piano, per far smettere quel piccolo silenzio e andare avanti.
<Tanti auguri a te...> iniziarono ad intonare Jack ed Emma, mentre Jonathan si imporporava dall'imbarazzo e il kitten finalmente notava una piccola torta sul tavolo con su due candeline speciali che formavano il numero "16".
Allora davvero quel "16" sulla copertina del CD stava a dire che c'entrava col sedicesimo compleanno di Jonathan.
<Tanti auguri a Jonathan/ Tanti auguri a te!!> e poi i due ragazzi si misero ad applaudire con forza, mentre la madre lo fece con una sola mano battendola sul tavolo. Il cacciatore soffiò sulle candeline imbarazzato, per poi fare: <Grazie, grazie. So di essere fantastico. Grazie per questo bel giorno>
<Sono contenta che tu sia felice, ma potevi anche invitare qualche altro tuo compagno di classe, Jon. Lo spazio non ci mancava.> fece accorta la madre, sempre da dietro l'obiettivo.
<A me va bene stare con loro due e te, mamma. Anzi, vieni qua che così ci sei pure te fisicamente nel video.> incoraggiò Jonathan.
<No no! Sei te il festeggiato!> ribatté lei.
<Maria Esposito, venga anche lei! Il festeggiato la reclama alla torta di compleanno!> recitò Jack in modo formale, scherzando.
Emma si spostò verso la madre, dicendo: <Dai su, lo tengo io.>
<Ok ok. Sono proprio costretta...eh?> ridacchiò e la donna comparì nel campo d'azione della fotocamera.
Thomas non poté negare a sé stesso che fosse bella. Pelle abbronzata, capelli lunghi, mossi e ramati quanto Emma e occhi grandi di un bel nocciola chiaro, quasi miele. Non tanto alta, minuta ma con belle curve. Davvero una bella donna.
ora si spiegava da dove i due Right avevano preso quella bellezza intrigante; dalla madre. Allora la freddezza l'avevano presa o col tempo o dal padre.
Jonathan assomigliava poco nei lineamenti alla madre, ma parevano avere la stessa energia e luce negli occhi. Emma già sembrava più forzata, nonostante ancora, in teoria, non era accaduto nessun problema nella famiglia Right.
<Bacio della mamma. Bacio della mamma. Bacio della mamma.> incitò Jack come un demente.
Jonathan lo fulminò male con lo sguardo ma Maria ridacchiò e propose: <Posso dartene uno piccolo piccolo sulla guancia? D'altronde sei comunque il mio bambino...>
<Mamma!> sbottò Jonathan, mettendosi a braccia conserte.
Sospirò subito dopo e rilasciò un basso: <Ok>
<Ho vinto io...> canticchiò la madre, avvicinandosi alla guancia del figlio.
Il moro era fin troppo preso dal video per accorgersi dei passi sulle scale e dello scatto della porta, che si aprì facendo entrare un Jonathan che si congelò nel rivedere sé stesso adolescente, conciato a quel modo e con la madre lì, viva e frizzante.
<CHE CAZZO HAI FATTO!?> tuonò il castano, facendo sobbalzare il moro che mise all'istante in pausa il video.
Thomas aveva il cuore in gola. Aveva fatto di sicuro un grande torto al cacciatore. Di sicuro sarebbe stato punto e non in modo leggero, ci avrebbe scommesso.
N/A: almeno, se ho pubblicato in ritardo di qualche oretta (sorry, sono una cattiva persona), ho fatto il capitolo più lungo.
E boh, mi fa schifo quella scena indecente che ho scritto sopra ma shhhhhhhh. Ci stava.
Più o meno.
Ah, vabbè. Alla prossima settimana gente!
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