Capitolo 2

Jonathan si mise a mordicchiare e leccare un orecchio di Thomas, facendogli produrre dei versi a metà tra delle fusa e gemiti umanoi.

Era estremamente divertente stuzzicare quel kitten, che faceva di tutto per non far risaltare sul proprio viso il godersi, almeno a livello animalesco, quella situazione; anche se mentalmente era totalmente contrario.

Smise dopo un bel po' di stuzzicarlo per l'orecchio e scese con una scia di baci dalla testa, per la fronte e la guancia per arrivare alle labbra molto rosee, baciandolo avidamente.

Thomas non si lasciò andare a quel bacio, non del tutto arreso a quello stronzo, mentre Jonathan sfregava il proprio bacino sul suo, lo schiacciava un po' di più a sé e gli stringeva con più forza i polsi sopra la testa.

Jonathan si staccò dalle labbra del moro quando incombé il bisogno di aria nuova, non allontanandosi eccessivamente, rimanendo naso contro naso. Sogghignò, vedendo la bocca ancora semi chiusa del kitten immettere più ossigeno possibile dopo l'apnea forzata e con una piccola scia di saliva a scendergli dalle labbra diventate più rosse.

Jonathan leccò via da Thomas quella striscia di saliva, fissandolo dritto negli occhi spalancati dalla confusione, provocandogli un arrossimento immediato delle guance mentre cercava di evitare lo sguardo del castano sopra di lui.

<Guardami.> impose Jonathan e il kitten fu costretto a rialzare lo sguardo e fissare quegli occhi neri mentre erano naso contro naso, coi loro respiri che si fondevano.
Se solo avesse potuto, il moro avrebbe dato a quello lì un calcio nello stomaco molto più che volentieri, però purtroppo era l'altro a condurre i giochi e si limitò a fissarlo truce.

Jonathan ridacchiò e continuò a leccare sulle labbra il kitten, solo per provocarlo mentre questi si arrabbiava, contrariato a quei gesti, e provava a dimenarsi.
Jonathan si schiacciò contro il kitten, immobilizzandolo maggiormente sotto il suo peso.

<Lo vuoi capire che questa è la tua nuova casa e che tu sei mio, piccoletto?> domandò retorico il castano, lasciando leggermente la presa su un polso mentre si posizionava meglio col bacino su quello del kitten.

Non sentì alcun tentativo di movimento scomposto da parte del moro e il castano gli lasciò totalmente il polso destro, per scendere con la mano per il viso, il collo ed il busto per arrivare fino al fianco destro del moro, dove prese i bordi dei pantaloni.
Le orecchie e la coda del kitten si rizzarono spaventati, mentre si congelava totalmente dal terrore.

Ecco, ora era davvero immobilizzato dalla paura.

<Lo vuoi capire che tentare di opporre anche una minima resistenza velocizzerà le cose e basta? Il che, tra l'altro, è solo un male per te?> continuò a chiedere retorico Jonathan, iniziando ad abbassare da quel lato i pantaloni di cinque centimetri.

<Lo vuoi capire che prima o poi ti fotterò talmente tanto forte da non farti reggere più in piedi o da non farti sentire più il culo per giorni?> continuò a chiedere, mordendogli il labbro inferiore.
Thomas non reagì se non con un verso stridulo e gli occhi leggermente lucidi: la paura lo stava mantenendo bloccato mentre il petto si gonfiava in un senso di arrendevolezza mischiato al puro terrore.

<E che, perciò, è meglio solo ed esclusivamente per te che mi assecondi, mh?> concluse Jonathan, rialzando i pantaloni di quei pochi centimetri che erano stati abbassati. Notò il kitten sotto di sé tremare letteralmente dalla paura, con gli occhi ancora lucidi che lo fissavano, incapaci di distogliersi dal loro nuovo terrore e tormento.

Jonathan gli lasciò andare anche l'altro polso e il kitten non provò ad alzarsi e combattere: era pietrificato.
Jonathan ridacchiò divertito, baciandolo con la lingua, più delicato rispetto prima, non sentendo ostacoli e percependo che il kitten si stava sforzando di muovere la propria lingua e assecondarlo.

Con quel kitten non funzionavano le lusinghe, i tocchi caldi e gli sguardi di (finta) dolcezza, ma la paura, la dominazione e la costrizione. Le sue tecniche affinate nel tempo, dopo averle studiate senza saperlo, diventavano nulle davanti quell'ibrido.

Aveva la boria di sapere che un giorno sarebbe riuscito a farlo cadere nella sua trappola di moine e gli avrebbe fatto fare quello che voleva mascherandolo. Avrebbe reso pure lui una marionettina, però incapace di spezzare i propri fili che lo legavano a lui (come gli altri kittens prima di lui, non avrebbe avuto la sua stessa chance).
Lo accarezzò sul viso mentre lo baciava.

Thomas era immobilizzato quasi totalmente dal terrore e si sentiva male dentro.
Un male confuso, che premeva gravemente sul petto e che voleva uscire.
Voleva piangere disperato per lungo tempo, in aggiunta, ma mai l'avrebbe fatto davanti a lui.
Si sarebbe trattenuto il più che poteva, anche se non sapeva quanto significavano le sue stesse parole.

Già odiava a livelli estremi essere baciato a quel modo dal cacciatore e odiava percepire le mani di quell'orribile tizio sulla propria coda e sulle proprie orecchie.
Con due dita il castano gli prese a sfregare tra i polpastrelli la punta dell'orecchio destro mente con l'altra mano accarezzava la coda, rigida sul materasso.

Non si era messo ad ansimare e gemere senza ritegno solo perché era impiegato nel bacio e perchè gli stava accarezzando la coda in modo mooolto lento.
Voleva tanto scostarsi e dimenarsi, ma il corpo era contrario a quasi qualsiasi movimento e una vocina nella testa gli diceva di non fare cretinate se non voleva pentirsene subito dopo.
E muoversi era certamente una cretinata per cui dannarsi un istante dopo averla fatta.

Jonathan dopo un altro po' si staccò, scendendo da sopra il kitten e dal letto matrimoniale.
Jonathan osservò il kitten voltarsi nella direzione opposta a lui e rannicchiarsi in posizione fetale, come a creare una barriera fra sé stesso e quella nuova realtà a cui non voleva appartenere.

Il castano uscì e chiuse a chiave pensando a quale casino avrebbe dovuto ritrovarsi dopo, sapendo che tutti i kitten, pure i più pietrificati dalla paura, subito graffiavano tutto quello che avevano attorno per paura o rabbia o stress. Erano comunque in parte più animali degli esseri umani, il loro istinto animalesco più sviluppato e meno sottoposto al rigoroso raziocinio.

Guardò l'orologio e vide che segnavano le 12:10.
Era ancora troppo presto per mangiare, perciò si diresse in soggiorno di sotto per potersi guardare qualcosa su Netflix. Optò per iniziare con una nuova serie TV, una delle innumerevoli serie che voleva guardare.

Intanto Thomas, grazie le sue orecchie, si assicurò che quello stronzo stesse scendendo le scale prima di scoppiare. Una volta che i tonfi si perdevano in lontananza, si abbandonò ad un pianto sommesso ma disperato, rannicchiato e rivolto verso il muro dove c'era la grande finestra.

Pianse lacrime amare mentre dei bellissimi raggi caldi, i primi davvero caldi di quell'anno, entravano nella sua stanza ignari della tristezza che vi regnava.
Si mise sotto le coperte e strinse un po' di lenzuola a sé, immaginando di essere sul suo letto sgangherato, con Ariana al piano di sotto che parlava, allegra, e che di lì a poco sarebbe venuta fin nella sua stanza per chiamarlo a pranzare.

Aveva paura che quella scena così bella e familiare non si ripetesse mai più, che al suo posto ci sarebbero stati solo la paura, i pianti disperati nella solitudine, gli ordini di quello stronzo, gemiti prodotti senza davvero desiderarli e dolore.
Tanto dolore.

Non solo per quando gli avrebbe sfondato il culo, ma perché era conscio che persone sadiche come quel cacciatore potevano usare durante le loro sessioni di divertimento o punizione pure fruste o altri sporchi giochetti da BDSM (aveva sentito quell'acronimo sulla bocca di James o Luke poche volte, mentre discutevano a bassa voce con tono greve).

Pianse per altri venti minuti buoni prima di provare a darsi un contegno.
Era appena riuscito a calmare il proprio battito e respiro che qualcuno entrò nella stanza.
Thomas si girò rigorosamente sotto le coperte, mettendosi sul fianco opposto a quello su cui era prima, e notò una donna vestita con una divisa, "forse una cameriera al servizio di Right" suppose Thomas, con un vassoio in mano.

La signora, o per meglio dire donna o ragazza perché pareva molto giovane dal viso, appoggiò il cibo sulla scrivania vicino all'armadio, seguita in tutti i movimenti dallo sguardo indecifrabile del kitten.

Quando uscì e chiuse la porta, la cameriera rimasta fuori che era lì nel caso il kitten avesse provato a scappare, chiese: <Com'è la stanza?>
<Tutta stranamente in ordine, lui era solamente rannicchiato tra le coperte sul letto...> spiegò la prima, mentre entrambe scendevano le scale.

<Davvero strano; di solito provano a sfogarsi graffiando tutto, sia che siano già stati violati, sia non...> notò la seconda ragazza.
<Va beh, non sta a noi decretare la stranezza di quel kitten, ma era davvero carino, anche se era nascosto sotto le coperte, praticamente.> fece contenta la prima, grata di poter un pochino alleggerire il discorso mentre si dirigevano in cucina, col padrone di casa che si era appena rintanato in camera propria.

<Davvero?! Su una scala da 1 a 10?> domandò curiosa l'altra.
<Un bel 9 se lo merita come minimo!> ridacchiò la prima, mentre l'altra prendeva dal bancone della cucina il vassoio con il cibo per Jonathan.

<La prossima volta ci voglio andare io, allora!> brontolò la seconda, dirigendosi verso le scale, con l'altra che la osservava dall'uscio della cucina.
La ragazza, salite le scale, bussò alla porta del padrone di casa che rispose con uno svogliato: <Avanti.>

La cameriera entrò e appoggiò il cibo come al solito sul letto del padrone.
Prima di uscire Jonathan le chiese: <Il kitten ha creato problemi? Non ho sentito alcun rumore o urlo per provare a calmare qualcuno>

<Non ha creato alcun tipo di danno.> spiegò la ragazza e, capendo subito dopo che l'uomo la stava liquidando, fece un accenno di inchino con il capo ed uscì.
Ritornò dall'amica e si misero a parlare.

<Elizabeth, sono contenta che il nuovo kitten di Jonathan non faccia casini... oggi non avrei proprio avuto voglia di riordinare tutto...> quasi benedisse il cielo la seconda ragazza, rivolgendosi alla prima.

<Dici bene. Beh, Cassandra, quel ragazzino lì aveva un faccino da "Non riuscirei a fare del male neppure ad una mosca."> notò Elizabeth, stringendo di più la propria coda di cavallo, che raccoglieva alla perfezione i suoi capelli rossi e lisci.

<Basta, Eli. Mi rendi una curiosona così, lo sai che mi fai venir voglia di sbirciare!> quasi si lamentò Cassandra, con i capelli biondi e ricci attorno al viso che la facevano sembrare una mezza scatenata.

<Ok, Cassy. La smetto. Però non vedo l'ora di finire il turno di oggi...> borbottò Elizabeth.
<Come al tuo solito, no? Meglio che ci mettiamo a lavare le pentole...> notò Cassandra, prendendo una pentola e iniziandola a lavare nel lavello.

<Poi però avremo pure i piatti... E quindi così mancherà ancora metà roba> si lamentò la rossa, prendendo un altro oggetto e iniziando a lavare accanto alla collega e amica.

<Oggi sei davvero una piattola, hai almeno bevuto il caffè a casa?> domandò interrogativa la bionda, ricevendo in risposta un diniego col capo.
<Ok, ora si spiega tutto... Oggi comunque guidi tu fino a casa... E pure domani> ricordò Cassandra, ricevendo subito in risposta da Elizabeth: <Perché io?!>

<Perché io l'ho fatto anche ieri, anche se era il tuo turno... Oggi sonnecchierò io in auto!> puntualizzò Cassandra ed Elizabeth fu costretta a borbottare un sì.

<Meglio che vada a prendere il cibo in camera del kitten...> notò Elizabeth, guardando l'orologio in cucina.
Era passato abbastanza tempo per poter consumare un pasto con calma.

<E io in camera di Jonathan... però volevo andare io dal kitten...> si lamentò Cassandra.
<Ci andrai domani.> notò Elizabeth con un sorrisetto notando il disappunto dell'amica mentre salivano le scale.

Cassandra entrò nella prima stanza a sinistra, prendendo il vassoio ripulito dal cibo del padrone ed uscì senza che l'altro avesse detto una sola parola, impegnato a guardare la TV.
La bionda si ritrovò davanti Elizabeth con un vassoio con ancora tutto il cibo integro dentro.

<Non ha toccato cibo...> notò Elizabeth, quasi triste, diventando improvvisamente seria.
D'altronde loro due facevano solo il loro dovere, ma ogni volta che veniva un kitten era come se acquisissero un nuovo parente stretto, tipo un fratello o cugino.
Soprattutto per la bionda, sempre a condizione che ci legassero.

<Ora entro io e gli faccio ingoiare qualcosa a forza...> dichiarò Cassandra, entrata nella "modalità-mamma" come l'aveva soprannominata la rossa, provando a prendere il vassoio dalle mani dell'amica e andare nella stanza del kitten.

<Cassy.> disse seria Elizabeth e la bionda sbuffò, ritornando sui suoi passi e scendendo le scale al fianco della rossa.
<È solo che morirà di fame così, lo so che all'inizio si rifiutano di mangiare ma di solito, vinti dalla fame, prendono qualcosa...> borbottò Cassandra, mentre si dirigevano verso la sala da pranzo che portava alla cucina.

<Cassy, che ci vuoi fare? Lo so che hai una specie di istinto materno, però non puoi andare lì e ficcargli il cibo in bocca. Dagli tempo. E poi appena sono entrata aveva lo sguardo di chi si è interrotto a piangere solo perché non vuole farsi vedere.> spiegò Elizabeth, tra le due la più calma di solito.

<Anche senza il caffè fai la seria tra le due, eh? Hai ragione, come al solito... Però domani glielo dico io al kitten chiaro e tondo di mangiare se anche stasera non manda giù qualcosa!> promise la bionda.
<Ok, ok...> ridacchiò la rossa, arrivate in cucina.

•~-~•

<PERCHÉ NON È ANCORA QUI?!> urlò Ariana in preda ad una crisi isterica, praticamente.
Thomas era scomparso da diverse ore e nessuno sapeva dove fosse e l'unico che forse poteva saperlo non era lì.
Era oramai pomeriggio e aveva mangiato quasi nulla.

Aveva ingoiato qualcosa poco prima a tavola solo per il benessere dei bimbi, già preoccupati dall'assenza di Thomas; potendo così avere un altro po' di energie da impiegare nel disperarsi ulteriormente e non addormentarsi, vinta dai fumi dello sfinimento.

<Dove cazzo è James?! Era mica lui quello che doveva andare oggi insieme a Thomas?> quasi urlò Ariana, dando un calcio ad una sedia della sgangherata cucina.
<Ariana... calmati. Arriverà presto, ne sono sicuro.> provò a calmarla Nick, uno dei tre kitten adulti abitanti e curatori della casa e dei piccoli da prima della venuta di Ariana e Thomas.

Nick si alzò e provò ad avvicinarsi, fermandosi a qualche metro di distanza, quando Ariana lo fulminò con lo sguardo, gli occhi spalancati come una poco di buono.
<Sarà meglio per tutti voi che arrivi presto, perché altrimenti mi metto a dare pugni a questa fottuta casa finché non crolla del tutto.> fece furente Ariana, la bile a ribollirle dentro, sovrastando la paura dell'assenza dell'amico.

<Scusate il ritardo! Ho notato il messaggio solo adesso! Mi dispiace, il gatto proprio non l'avevo visto!> si scusò James, entrando trafelato nella cucina dove si ritrovò davanti una strana scena.

Ariana aveva le orecchie totalmente piegate sulla testa e la coda che scattava e si attorcigliava freneticamente, simboli di tristezza e rabbia-ansia, Nick era un unico fascio di nervi davanti ad Ariana e Luke stava seduto sul tavolo, battendo ansioso gli artigli sulla superficie di legno.

I tre si voltarono all'entrata del nuovo arrivato.

<Finalmente!> esclamò Luke, passando una mano tra i suoi corti capelli neri-castani.
<Sai dov'è Thomas?> chiese subito Ariana, con voce fredda e con i pugni serrati.
Sembrava una mina sul punto di esplodere.

<Non... è rientrato dal giro?> domandò stupito, non aspettandosi che fosse quella "l'emergenza" segnata sul foglietto.
Pensava a qualche piccolo che stava male, a qualcuno di loro 5 ferito o ammalato gravemente, sicuramente non la scomparsa del moro!

<"Giro"?> si stupì Nick, tenendo una mano sulla spalla di Ariana, che già si stava dirigendo verso James, volendogli graffiare la faccia perché faceva lo stupito e lo stupido in simile situazione.
Luke saltò giù dal tavolo e andò dall'altro lato di Ariana, prendendole il braccio dove Nick non teneva appoggiata la propria mano. Solo per precauzione.

<Quando eravamo davanti casa, Thomas mi aveva detto che voleva andare a fare un giro, io gli ho raccomandato solo di stare attento e poi sono andato a fare un giro a mia volta dopo aver preso il mio pranzo, sapete, oggi andavo in perlustrazione a cercare informazioni. Pensavo avesse fatto un piccolo giro e fosse poi ritornato... non mi ero preoccupato di accertarlo. O di rientrare ad una delle zone sicure in fretta.> spiegò James, cercando di mantenere una voce calma e serena, sperando che attenuasse la reazione della castana.

Cosa che non avvenne minimamente.

<Mi vuoi dire che è uscito? È andato in giro senza che neppure tu sapessi la sua meta o per dove sarebbe passato?> chiese Ariana, con una voce quasi da pazza, ostentatamente e malamente fredda ma visibilmente furiosa, mentre fissava James.

<Sì.> ammise solamente l'altro.
E allora Ariana crollò emotivamente.
Ma non come gli altri avevano pensato.

Loro avevano supposto che si sarebbe messa ad urlare o a graffiare James, Nick o Luke o che tentasse di sfasciare l'intera casa già pericolante; invece...
La coda di Ariana, da ritta, si afflosciò, trasmettendo tutta la sua delusione e disperazione, e la kitten stessa cadde a terra, in ginocchio, sentendosi impotente e debole.

I due ai suoi fianchi non riuscirono a tenerla in piedi perché sorpresi da quell'azione.
<No...non è possibile...> sussurrò Ariana mentre gli occhi le diventavano lucidi.
<Thomas... è perso... per sempre...> aggiunse, come se fosse già morto.

Gli altri la sentirono e quasi volevano dirle che aveva torto, fatto totalmente falso.
C'erano ben poche possibilità che potesse ritornare perché probabilmente un cacciatore l'aveva preso per venderlo poi ad un'asta.
O peggio.

La ragazza chinò la testa, rannicchiandosi leggermente su sé stessa, e pianse.
Mise le mani davanti al volto per non farsi troppo vedere ma i suoi singhiozzi risuonavano nel silenzio funebre che invadeva la cucina.

E gli altri stettero a guardare, immobili e consci di un triste fatto.
Non potevano fare assolutamente niente per consolare qualcuno che aveva perso la persona che era come l'ultima parte di sé.

Perché Thomas, per Ariana, era tutto quello che le era rimasto di caro su quella terra crudele.






N/A: spero vi stia piacendo la storia anche se siamo solo agli inizi.

E visto che ogni tanto farò delle domande, inizio da adesso:
secondo voi la reazione di Ariana è esagerata?

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