Capitolo 10

Jonathan si disse che se si poteva definire quel momento come quello in cui "la bomba era stata sganciata".

E si era sentito un emerito idiota mentre agiva e ordinava quella cosa.

Perché, come al suo solito, non si faceva i cazzi suoi e fotteva il kitten nel giro dei primi due giorni in cui arrivava a casa sua?
Perché si era ripromesso di aspettare?
Perché voleva scoprire meglio il kitten, ma non solo per aspetto fisico?

Tutte quelle domande furono però messe da parte appena notò come il kitten aveva reagito a quella domanda.
Le orecchie erano dritte, la coda si muoveva fin troppo frenetica, e sentiva contro il proprio petto quello del moro alzarsi e abbassarsi velocemente.

Sembrava come una statuina in preda a degli spasmi.
Jonathan mise una mano sulla schiena del sottomesso, facendola scorrere fino a dove i pantaloni cingevano i fianchi del moro e da dove spuntava fuori la coda.

La prese delicatamente fra le dita, lisciandola ed accarezzandola.
Thomas si agitò ancora di più, in preda ad una sensazione che avrebbe preferito non provare con tutto il caos che gli frullava in testa e petto.

Si lasciò scappare qualche mugugno dalle labbra, mentre percepiva i muscoli del suo corpo prima tendersi e poi rilassarsi.
Jonathan, percependo che l'altro si era calmato, smise; continuando ad accarezzargli la schiena.

<La risposta alla mia domanda? La posso avere con le buone o ti devo convincere con le cattive?> chiese Jonathan, usando una voce minacciosa vicino alle orecchie da gatto del ragazzo.
Thomas riuscì solamente a sussurrare: <Perché lo vuoi sapere?>

Jonathan, non volendo ovviamente ammettere che non lo sapeva razionalmente neppure lui, rispose: <Mera curiosità. Sai, sarò pure un cacciatore "leggermente" puttaniere, ma sono comunque un umano dotato di voglia di conoscere.>

Thomas sospirò, maledicendo mentalmente ancora una volta il cacciatore per quella domanda a cui esigeva una risposta.

<Quindi o mi rispondi o mi rispondi.> impose Jonathan, staccando il viso del kitten dalla propria spalla e facendo scontrare i loro occhi.
Quelli verdi del più basso furono costretti a scontrarsi con quelli neri del più alto.

<Rispondimi.> ordinò imperativo Jonathan, mantenendo il contatto visivo come rafforzativo.
Thomas iniziò a tremare sul serio, pensando di aprire bocca e mentire.

Però quegli occhi neri come la pece e profondi come un abisso lo trafiggevano da parte a parte, scrutandogli l'anima, rendendogli difficoltoso il creare una farsa.

Soprattutto perché lui non era bravo a mentire.
Optò per omettere quasi tutto.
Così il dolore non l'avrebbe totalmente investito, non si sarebbe messo "a nudo" davanti Jonathan il quale avrebbe avuto la risposta a quella sua domanda così fuori luogo e tutti sarebbero stati contenti.

<Sono l'unico figlio avuto dai miei due genitori, con cui ho vissuto fino a 9 anni. Poi tutto è andato a caput e mi sono ritrovato senza casa, senza famiglia e senza protezione in un istante.>

Thomas dovette fare una pausa per evitare di far riaffiorare vividamente i ricordi, mentre quegli occhi neri lo fissavano sempre più avidi di conoscenza.
Non poteva neppure distogliere lo sguardo perché, appena di provava, il castano gli rifaceva incontrare i suoi occhi.

E così quel verde brillante doveva restare a specchiarsi in quel profondo nero, senza pause di nessun tipo fino alla fine.

Thomas mandò giù un groppo in gola e poi riprese a parlare: <Ho vagato da solo per un mesetto, fino a che non ho incontrato una kitten nella mia stessa situazione. E per puro caso siamo diventati "compari"... Beh, due kitten sono compari se fanno una specie di giuramento di sangue e si promettono di salvarsi sempre l'un l'altro. Comunque, abbiamo vagabondato insieme per molti anni, fino a che, a 16 anni, abbiamo fatto conoscenze particolari. Abbiamo chiesto loro se potevamo rimanere con loro, assicurando che avremo attivamente dato una mano nel loro scopo, in cambio di avere un luogo stabile. Cosa che abbiamo fatto ed è persistito così fino a quando tu non mi hai preso e... beh. Ora sono qui.> concluse Thomas, sentendo la valanga di ricordi passare veloce nella sua mente.

Strizzò gli occhi qualche volta per evitare di piangere, mantenendo sempre (purtroppo per lui) il contatto visivo.
Ogni volta, col suo passato, lottava per non piangere.
Forse quella volta ci sarebbe riuscito se a Jonathan fosse bastata la sua risposta, invece...

<Come hai perso i genitori? Come si chiama questa kitten che hai incontrato? Cosa è capitato in tutti quegli anni? Qual é lo scopo di quegli altri che avete incontrato? Su, rispondimi. Io ho chiesto della tua vita.> ricordò Jonathan.

<E io te l'ho raccontata.> fece freddo Thomas, fissando quel volto serio.
<No. Tu hai fatto uno smunto riassunto. Non è quello che ti ho richiesto.> ribattè impassibile il castano.

Sembrava che si stessero affrontando in una gara a chi pareva il più stoico.
<A me pare di aver detto tutto. E poi... e poi da quando in qua un cacciatore chiede al suo kitten di parlare se non per fargli recitare la parte della puttana?> domandò il kitten con disprezzo, sapendo di star giocando con un fuoco ingestibile.

Gli occhi di Jonathan dardeggiarono dalla rabbia, prese per i polsi il kitten e, con rapidi gesti, lo fece ricadere di faccia sul letto, con lui sopra.
Thomas soffiò come un gatto infuriato, provando a divincolarsi.

Una ginocchiata data sotto le scapole bastò per togliergli l'aria dai polmoni e sedarlo.
Il moro poggiò la guancia sul cuscino, cercando in tutti i modi di vedere sopra di sè il cacciatore; provando a girare il collo più che poteva.

Jonathan avvicinò di più il proprio volto a quello del kitten e gli chiese, con voce bassa e minacciosa: <Ora vuoi rispondermi per bene, puttanella?>

<Ti ho già risposto.> ribattè Thomas, ignorando quel nome dispregiativo, usando una voce così rabbiosa e ferma da stupire sè stesso.
Lui solitamente non era così.

Il Thomas normale avrebbe iniziato a tremare dalla paura, balbettando vistosamente scuse. Invece dentro aveva una rabbia e una freddezza micidiali espresse nella voce e sfidando apertamente il proprio dominatore.

<Non demordi? Allora sai anche fare un po' l'osso duro...> notò il castano ghignando con cattiveria.
Si schiacciò di più sopra il kitten, comprimendogli maggiormente il petto.

Thomas si sentì mancare quasi totalmente l'aria, ma ancora soffiò; mentre sentiva Jonathan iniziare a morderlo sulla pallida schiena.

Non erano dei piccoli segni, ma proprio dei grandi morsi; fatti solo per il gusto di far male.
Jonathan affondò bene i denti nella carne del suo sottomesso, partendo dal retro del collo, andando vicino al segno viola sul davanti-lato del collo.

Thomas sentì le lacrime premergli ai bordi degli occhi, ma li chiuse forte qualche secondo e poi proseguì nel guardare male il cacciatore.

<Adesso non senti dolore? Oppure vuoi continuare a fare il duro e non ammetterlo?> chiese retorico Jonathan mordendo con più forza e scendendo di poco, cercando un buon punto per fargli male.

Oramai la curiosità per la vita del kitten era stata surclassata dal suo istinto sadico di voler punire il ragazzino.

Trovò il punto adatto e si mise a mordere con forza.
Thomas, dopo qualche morso, non resistette più al dolore e controvoglia gli occhi iniziarono a lacrimargli e un piccolo verso di dolore uscì dalle sue labbra.

Jonathan lo notò e, ghignando, continuò a morderlo per tutta la schiena, facendo colare tante altre lacrime per il volto del kitten.
Thomas provò in tutti i modi a trattenersi, senza successo.

D'altronde, le lacrime sono istantanee e quasi infermabili perché sono fatte apposta per avvertire il dolorante e chi gli sta attorno del suo soffrire.
E puoi anche metterci tutta la volontà che vuoi, ma il raziocinio é succube dell'istinto.

Quando Jonathan finì con tutti quei morsi, fece girare il kitten a pancia in su, tenendogli sempre i polsi.
Un ghigno soddisfatto comparve sul volto del castano e Thomas lo fissò fi rimando furente, con i solchi delle lacrime ben visibili.

<Potrai anche fare il gradasso a parole ma, quando si arriva ai fatti, non hai un minimo di resistenza...> notò Jonathan con ghigno malefico, mordendolo sul collo dove c'era il livido viola, con forza.

Thomas si morse il labbro superiore con altrettanta forza, ma comunque un soffocato lamento gli sfuggì, ancora.
<Ah, fotterti sarà davvero un piacere. Sarà una soddisfazione appurare totalmente che non riuscirai a trattenere il più flebile gemito quando entrerò lentamente dentro di te, dilaniandoti...> gli sussurrò nell'orecchio con voce maligna e sensuale, per poi staccarsi il minimo per guardarlo negli occhi il moro.

Nel dirlo e anche dopo prese a fantasticizzare con l'occhio della mente le sue stesse parole.
Prese ad immaginarlo con il volto roseo sulle guance, gli occhi liquidi dal piacere che malavoglia stava provando, i capelli scompigliati che quasi nascondevano le orecchie ritte.

A scendere con lo sguardo, poteva vedere il petto glabro e piatto del ragazzo pieno di morsi e succhiotti freschi e poi sentire fra le sue mani la consistenza del suo bel culo, che si stringeva attorno al suo-

Ok, credo si sia capito a che livello velocemente era capace di arrivare la perversione di Jonathan.

A quei pensieri perversi sentì i pantaloni stringersi leggermente, neanche si stesse godendo un bel porno.
Intanto gli occhi verdi del kitten lo scrutavano perplesso, data la palesità con cui si notava che era perso in qualcosa di suo.

Provò a muoversi e sentì che la presa del cacciatore era quasi nulla, peccato che il castano si risvegliò da quelle idee appena sentì dei movimenti sotto di sè.

Fermò il tentativo del kitten di sgusciare da quella posizione per nulla bella, e il moro si ritrovò la presa sui polsi più salda, con il volto del castano ancor più vicino al proprio.
Jonathan aveva dipinto sul volto un sorriso per nulla rassicurante e Thomas sentì qualcosa premere contro il proprio ventre ed arrossì vistosamente quando se ne accorse e intuì che fosse.

<Mi fai eccitare solo con il mio stesso pensiero... Non mi immagino nella realtà.> gli sussurrò nell'orecchio il cacciatore, provocando il ribrezzo nel moro a quelle parole.
Odiava che quell'essere si eccitasse a pensarlo in quel modo; provava un qualche cosa di sgradevole al pensarci e al rendersene conto.
Poi glielo aveva detto chiaro e tondo...

Il moro mise un broncio infastidito e pieno di ribrezzo a quelle parole e Jonathan, notando quel disgusto, ribattè: <Oh, ancora con questa storia che il sesso ti fa schifo, piccoletto? Tranquillo, ci penserò io a farti cambiare idea...> ghignò infine.

Thomas ingigantì gli occhi, terrorizzato a quel pensiero, e provò a dimenarsi, per ritrovarsi il bacino di Jonathan di più contro il suo.
E sentiva ancora premuto addosso a sè quella fastidiosa... "cosa".

<Non.mi.scapperai.> scandì Jonathan, baciando poi avidamente il kitten, cercando subito la lingua dell'altro.
Thomas aveva una immensa voglia di morsicare la lingua di Jonathan quando questa era dentro la sua bocca, però si trattenne capendo che l'avrebbe fatto solo più arrabbiare... come se già non lo fosse.

Appena il castano si staccò dalle sue labbra, Thomas ritornò a respirare normalmente, anche se avvertiva il bagnato della poca saliva che gli colava fuori dalle labbra. E sapeva pure di avere le guance paonazze.
Gli capitava ogni volta che tratteneva per abbastanza tempo il respiro.

Jonathan percorse con un dito il suo petto, sorpassando i capezzoli ed arrivando all'elastico dei pantaloni del kitten, che agganciò con entrambe le mani.
Thomas deglutì, spaventato.

Voleva davvero... fotterlo?
Sentì la paura paralizzarlo.
No. No. No. E ancora no. N-O!
No.

Aveva troppo terrore per muoversi, ma comunque i suoi occhi cercarono il volto del cacciatore; solo per vedere se aveva in volto uno sguardo perverso o cosa.
Notò che sul volto di Jonathan c'era solo un ghigno divertito, fin troppo. Come se stesse facendo uno scherzo di pessimo gusto a qualcuno.

<Pensavi che ti avrei fottuto adesso, mh?> se la ridacchiò il castano.
Il moro voleva dargli uno schiaffo, però le braccia erano pesanti, appoggiate a peso morto sulle lenzuola.
Quindi niente sua soddisfazione di vedere un bel segno rosso della propria mano sulla guancia del castano.

<Oh, mio piccolo kitten ancora fin troppo puro e innocente, ...> lo apostrofò sempre divertito il cacciatore, beccandosi un'occhiataccia dal moro <...io mi diverto fino in fondo prima di andare al sodo. E sta tranquillo che sarà lo stesso pure per te...> se la ghignò apertamente il castano, sussurrando quelle parole vicino al viso di Thomas.

Le orecchie da gatto del moro recepirono alla perfezione il messaggio e un brivido lo scosse dalla punta delle orecchie, fino ai piedi.
Poi Jonathan si alzò dal kitten e uscì rapidamente dalla stanza, chiudendo a chiave la porta, lasciandosi alle spalle uno spaventato e confuso Thomas.

N/A: spero vi stia piacendo ancora la storia e che vi stia interessando, in qualche modo.

Se avete critiche o consigli o giudizi non esitate a farli, sono gradite note costruttive.

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