Capitolo 1

Erano in viaggio da quindici minuti abbondanti quando il kitten fece un piccolo verso di scontentezza, segnalando al guidatore che si stava svegliando dal sonno indotto a forza.
Ed intanto mancavano ancora dieci minuti buoni prima di arrivare a destinazione, la casa di Right.

Questi rivolse all'altro una rapida occhiata; aveva di sicuro fatto inalare al kitten il "sonnifero" più diluito, e perciò dall'effetto dalla durata minore, e non gli parve un peccato: avrebbe avuto tempo per capire meglio come era fatto quel kitten.

Era divertente per lui terrorizzare o sedurre quelle creaturine che sapevano con mesta certezza che il loro destino era segnato a svolgere un ruolo infimo come quello di bambole sessuali, vendute e comprate come caramelle.

Thomas rizzò le orecchie prima di aprire gli occhi, sentendo il rumore sordo delle ruote sull'asfalto; era su un'auto, ma come ci era finito?
Poi gli venne in mente le ultime vicende era accadute: mentre stava camminando, lasciando liberi i propri pensieri, qualcuno l'aveva assalito da dietro e fatto svenire.

E quel qualcuno doveva essere un cacciatore di kittens o in ogni modo una persona che di buone intenzioni non ne aveva neppure l'ombra.

<Apri gli occhi, so che sei sveglio.> ordinò una voce al ragazzo, familiare.
La riconobbe quasi all'istante. Era quella del famoso cacciatore Jonathan Right, andato più volte in TV e che lui aveva sentito di sfuggita ascoltando fuori dalle case degli umani, che d'estate lasciavano la finestra perennemente aperta.

Thomas aprì gli occhi, vedendo avanti a sé solo della strada in mezzo a della campagna.
Provò a fare qualche movimento, ma sentì i polsi segarsi tra di loro per via delle corde strette e le caviglie quasi immobilizzate; faceva male.
Tra l'altro era legato con la cintura di sicurezza: l'aveva quasi totalmente bloccato.

<Guardami.> ordinò, con una voce carica di qualche cosa indecifrabile per Thomas, quell'uomo (più che altro ragazzo, si ritrovò a pensare il moro: sapeva che aveva sui 23 anni).

Thomas si girò verso la voce e i suoi occhi verdi si scontrarono con degli occhi nero pece.
Quegli occhi neri erano accompagnati da un ghigno divertito.

Thomas interruppe quel contatto visivo per primo, voltando lo sguardo in avanti e notando che il cacciatore aveva accostato.
Cosa voleva fargli quello psicopatico?
L'avrebbe poi venduto?
Oppure sarebbe stato il suo... giocattolino?

Perché se fosse stato la seconda opzione la cosa sarebbe stata solo "leggermente" fastidiosa: secondo lui sarebbe stato vomitevole baciare un altro uomo e non solo.
Forse però gli sarebbe capitato lo stesso venduto ad un'asta, quindi tanto valeva.

Poi un'altra domanda totalmente differente gli fece capolino nella mente: Ariana e gli altri sapevano che lui era stato rapito/catturato?
Aveva paura, paura di non rivedere mai più Ariana con la sua voce squillante ma che adorava sentire cantare, col suo profumo indescrivibile e familiare, i suoi dolci sorrisi, i suoi caldi abbracci...

<Continua a guardarmi, kitten.> lo apostrofò Jonathan e Thomas fu costretto, riluttante, a rifissare quell'uomo negli occhi, timoroso per quello che gli poteva capitare se avesse fatto il contrario.

Poteva fargli di tutto d'altronde...
Almeno quella paura gli scacciava quella per la perdita di Ariane e la immediata mancanza.
Jonathan aguzzò lo sguardo, osservando attentamente quei due smeraldi che quel kitten si ritrovava al posto degli occhi...
Era carino, davvero carino.

Soprattutto con quel viso così spaventato, con le orecchie rizzate, come la coda, quasi immobile e ritta.
Sarebbe valso tanti soldi, eppure...
...eppure c'era qualcosa che gli dava fastidio al pensare che l'avrebbe dovuto vendere.

Si slacciò la cintura di sicurezza, mentre si sporgeva dal suo posto per avvicinarsi al kitten, immobilizzato.
Thomas tremava, eppure non provò più di tanto ad arretrare; sapendo anche che non poteva e sarebbe risultato solo più penoso.

Un tocco caldo si diffuse sulla sua guancia, mentre Jonathan lo accarezzava.
Era davvero caldo, eppure lui non percepiva quel calore se non con disgusto.
Sì, odiava quel contatto.

Una cosa del genere da Ariana lo avrebbe di sicuro apprezzato; ma a quanto pareva quei tocchi delicati del cacciatore non erano qualcosa che lo colpivano nel profondo.
Molto probabilmente perché era proprio il cacciatore ad accarezzarlo, sì: era certamente per quello.

Jonathan continuò ad accarezzare il suo viso, mentre con il pollice di quella stessa mano gli toccava le labbra e sussurrava con voce sensuale delle frasi sdolcinate e/o provocatorie.

A Thomas quei complimenti e notazioni davano una sorta di ulteriore disgusto, si sentiva ancora di più un giocattolino in mano ad un pazzo.
E aveva voglia di dimenarsi o di imporgli di togliergli quella manaccia dal viso.

Jonathan mise l'altra mano sulla sua spalla, con sicurezza e calore, mentre si sporgeva per stargli più accanto.
Intanto continuava a dire parole dolci, continuava con tocchi e carezze delicati e caldi.
Ma tutto quello faceva sempre più disgusto al kitten.

<H-hai f-fi-fin-fini-finito?> vistosamente balbettò spaventato Thomas, ma per nulla rosso in viso, come doveva essere in teoria per Jonathan.
Aveva infatti solo paura.
E disgusto, un enorme senso di disgusto annidato alla bocca dello stomaco.

Thomas pensò che il castano non avrebbe avuto alcun tipo di reazione, se non una risata di derisione per poi continuare con quel che faceva, eppure...
Jonathan si ritrasse fluidamente, mettendosi di nuovo la cintura e al volante.

Quel diavolo di kitten non si era piegato per nulla davanti alle sue carezze?
Non aveva balbettato dall'imbarazzo, ma solo dalla paura (come avrebbe fatto pure prima di quelle sue parole)?
Non era minimamente arrossito?
Non si era lasciato andare alla sua voce, neanche in una minima parte del subconscio?

Aveva funzionato pure con kitten all'apparenza indomabili o più coraggiosi di lui, eppure resisteva a moine e carezze che avrebbero scatenato l'inconscio felino e gli avrebbero fatto prendere il comando, sciogliendolo come burro.
Si ritrovò a pensare che a molte persone sarebbe piaciuto un kitten del genere.
Sfidante nei confronti nel padrone, ma innocuo e assolutamente non aggressivo.

Semplicemente perfetto.

Rimise in moto l'auto, dirigendosi verso casa.
Aveva ancora di più nel petto quella sensazione di fastidio al pensare di doverlo vendere... poi capì, sentendosi uno stupido per non averlo intuito prima.
Voleva tenerselo per sé quel kitten.

Beh, era un kitten dal volto delicato, piccolo e minuto, che gli resisteva e che aveva attorno a sé una strana aura che lo attirava e rendeva il ragazzino altamente fottutibile per lui.

Era un miscuglio di caratteristiche più unico che raro e non poteva permettersi di lasciarlo andare via, qualsiasi fosse la cifra che sarebbe valso ad un'asta.
D'altronde non aveva ancora un disperato bisogno di soldi e il pomeriggio del giorno dopo avrebbe avuto un lavoro da fare e avrebbe preso un altro po' di soldi.

E poi non aveva mai avuto un bel kitten che non fosse mai stato di qualcun altro prima... o che fosse comunque vergine.

Quel kitten era molto attraente e secondo lui era al 100% sicuro vergine.
Ma non voleva farselo subito, decretò quasi promettendoselo.
Voleva goderselo in maniera speciale, in un modo tutto suo; come a voler mettere in pratica il famoso motto "l'attesa del piacere è il piacere stesso".

<Come ti chiami?> chiese Jonathan, dopo due minuti scarsi nei suoi pensieri.
<Mh?> chiese il kitten, spaventato e ridestato dai suoi pensieri per nulla belli.
<"Come.ti.chiami?". Non mi piace ripetere le cose.> scandì Jonathan.

<Tho-Tho-Thomas...> balbettò il moro fissando nella direzione del castano per paura che, se non l'avesse fatto, l'avrebbe fatto incavolare.

"Thomas... bel nome" si ritrovò a pensare onestamente il cacciatore.

<E quanti anni hai, Thomas?> chiese ancora Jonathan, guardandolo un secondo, dovendosi però concentrare maggiormente sulla strada se non voleva sbandare o altro.
Thomas lo fissò confuso, non capendo perché gli interessasse, ma rispose e questa volta senza balbettare: <18...>

<Hai 18 anni? Sembri un 15enne per la statura e il tuo faccino. Di solito i kitten maschi sono molto alti...> noto solamente il castano.

<E dai tratti duri, lo so. Io però sono basso e sembro un bambino, ok? Non sarò mai neanche 1,70m e mai avrò una mascella da vero e proprio uomo...> notò senza riflettere ma acido il ragazzo, volendosi dare ceffoni subito dopo.

Perché si mostrava così vulnerabile sulla sua statura e il suo aspetto quasi bambinesco?
Non doveva mostrarsi più debole di quanto già non lo avesse fatto.

<E chi ha detto che è un problema? Quel faccino è una bella peculiarità ed è molto più bello e facile fottere le persone se esse sono più basse di te...> notò Jonathan con tranquillità e Thomas fece una ben visibile smorfia disgustata a quella considerazione.

<Ti fa così schifo l'idea del sesso, kitten?> domandò retorico il castano, mettendogli poi apposta una mano sulla coscia, relativamente vicino all'inguine.

Fu allora che Thomas avvampò, sentendo la coda agitarsi impazzita tra la sua schiena e il sedile e le orecchie dritte sulla testa: si sentiva male dentro, non lo sentiva giusto e provava disgusto.

Ma era comunque imbarazzato; quello poco ma sicuro.
Inoltre, gli provocava un fastidio inimmaginabile avere la mano di quello stronzo lì, su un suo punto così intimo.

<To-to-togli la ma-ma-mano d-d-da lì> "ordinò" Thomas, non sentendo la più minima inflessione autorevole nella sua voce, odiando profondamente quel contatto.

<Non sei nelle condizioni di impartire ordini tra i due...> notò con un ghigno Jonathan, avvicinando ancor di più la mano all'inguine del ragazzo, che avvampò ancor di più.
Jonathan tenne la mano lì per tutto il viaggio, sentendo tutta l'ansia e tensione del kitten per via della rigidità della coscia e da come erano le orecchie e la coda del moro, a cui dava una sbirciata di tanto in tanto.

Allora i contatti dolci e non troppo possessivi non lo incantavano, però appena si iniziava a parlare di sesso o lo si toccava in punti "problematici" diventava molto rosso e più vulnerabile di tanti altri kitten.

Ottimo a sapersi.

Dopo cinque minuti da quando Jonathan aveva messo la mano sulla coscia di Thomas, parsi anni al moro, il castano frenò l'auto, arrivati a destinazione.
Scese dall'auto per primo, per poi far scendere anche l'altro.

Thomas intravide attraverso il finestrino, sulla destra, una casa abbastanza grande di due piani, a cui arrivavi all'ingresso attraverso un vialetto di ciottoli ed un curato giardino. Ma la cosa particolare era la nulla esagerata sfarzosità dell'edificio; era grande, sì, ma non trasmetteva quel senso di ricchezza così ostentato in modo pacchiano.

Jonathan aprì la portiera dalla parte del kitten, togliendogli la cintura di sicurezza, sollevandolo per la felpa e trascinandolo un po' bruscamente con sé dentro casa.

Thomas attraversò un ingresso che dava su un lato ad una sala da pranzo e dall'altro un lato ad un spazioso soggiorno arredato in stile moderno.
Davanti a lui c'erano delle scale che portavano al piano di sopra, anche se più in là c'erano altre stanze.

Il moro ebbe una enorme difficoltà a salire le scale con le caviglie così vicine tra loro, facendo irritare Jonathan che lo tirava più bruscamente.

Aveva tanta paura della possibile punizione.
Le budella gli si contorcevano per quell'ansia.
Jonathan lo trascinò per un corridoio ricoperto da un tappeto rosso, poi lo fece entrare nell'ultima stanza a destra, la seconda.

Thomas si ritrovò in una graziosa camera da letto con un grande letto a tre piazze sulla parete a sinistra, a destra c'era un armadio a due ante alto due metri e mezzo minimo con accanto una scrivania e il ragazzo aveva davanti a sé, e con ciò davanti alla porta, una grande finestra che dava sul giardino.

"Una gabbia dorata, insomma, se non sbaglio modo di dire..." si ritrovò a pensare Thomas prima di essere buttato sul letto con forza.

Si ritrovò sopra di sé Jonathan, divertito, il quale estrasse un pugnale dalla cintola con cui tagliò le corde che legavano le sue caviglie e poi dei suoi polsi, bloccandoglieli subito dopo, mettendo a posto il coltello appena ebbe finito di essergli utile.

Thomas non tentò neppure una fuga: i polsi e le caviglie gli erano stati legati molto stretti (quindi facevano male) e in una frazione di secondo in cui aveva avuto libero solo un polso non è che aveva potuto fare granché.

Però avrebbe dovuto tentarci, si pentì subito dopo.
D'altronde in quel momento aveva il cacciatore di kittens più famoso, temuto e giovane da quanto si ricordava della provincia e regione sopra di sé, potendogli fare qualsiasi cosa.
Almeno avrebbe tentato.

Aveva tanta paura, sapeva di averla dipinto sul volto, ma non valeva più meno di nulla provare a fare il coraggioso e lo spavaldo se poi balbettava e ubbidiva subito.
Jonathan rise di gusto.

Thomas lo fissò, infastidito da quel gesto fuori luogo, mentre il castano si appoggiava col suo bacino sul proprio; e il moro si sentì internamente imbarazzato.
Il castano gli teneva con una mano un polso e con l'altra gli sorreggeva il viso.

<Hai una faccia così terrorizzata, piccoletto. Ci andrò piano con te: voglio divertirmi molto con te, il mio nuovo kitten, prima di andarci giù pesante...> ridacchiò di gusto il castano.

<T-tu-tuo k-ki-ki-kitten?> balbettò Thomas, spaventato più da quello che dal resto, in quel momento.

Non l'avrebbe venduto ad un asta?
Non sapeva se esserne felice o meno.
Beh, almeno la sorta di disgusto sul fatto che era un uomo era leggermente sparita, non sapeva neppure lui come.
Forse la sua mente aveva pensato qualcosa del tipo:
"Vabbè, siamo nello schifo: almeno ti faccio sopportare di più il fattore "altro uomo""
Doveva ringraziare o maledire il cervello per quello, allora, per quel cambiamento?

<Esatto, ho deciso che sarai il mio kitten, non voglio altri soldi di cui adesso non ho bisogno, preferisco divertirmi con te...> notò il cacciatore e gli accarezzò una guancia, creando sulla faccia di Thomas disgusto.
E aveva ulteriore ribrezzo da mostrare, da vagonate!, perché lo toccava e gli parlava in quella maniera senza meritarselo.

Il disgusto stava diventando più per il tocco in sé, che non appunto perché era un ragazzo a farlo... beh, non più di tanto.
Il suo cervello non è che avesse fatto un ottimo lavoro da un secondo all'altro, cambiare un proprio modo di pensare è sempre difficile.

Però, se era Jonathan il suo "possessore", doveva riuscire a farselo andare a genio: in quelle condizioni non poteva fare alcunché. Non aveva possibilità né di obiettare, né di sfuggire.

<Oh, reagisci sempre così...> quasi si lamentò Jonathan.
<Ma che succederebbe se accarezzassi qualche tuo punto sensibile?> domandò retorico Jonathan, sussurrandoglielo vicino alle orecchie da gatto, iniziando a grattare lì dietro, sapendo che era uno dei posti vulnerabili dei kitten non troppo intimi, come la coda.

Thomas all'inizio non fece più di una smorfia di disgusto come al solito, lasciandosi però andare dopo due secondi.
Diavolo se era così sensibile sulle orecchie.
Anzi, in generale era molto sensibile.

Iniziò a produrre dei soffusi suoni di piacere, delle fusa praticamente, mentre Jonathan si stupiva leggermente, dipingendosi sul volto un sorrisetto interessato.
A nessun altro kitten aveva visto fare le fusa.

<Perché fai le fusa e non gemi o sospiri come gli altri, piccoletto?> domandò Jonathan, con tono quasi arrabbiato, nell'orecchio del kitten, mordendoglielo.

Thomas trattenne un mugugno dal dolore e stette in silenzio qualche secondo prima di decidersi a parlare.
<Solo alcuni kitten riescono a produrre le fusa in alcune situazioni... È come avere i capelli rossi o biondi o gli occhi azzurri o verdi: è tutto genetica... ed è molto molto raro.> spiegò Thomas, imbarazzato dal dover rivelare quel particolare, ma sapendo la possibile conseguenza se avesse detto fandonie o fosse rimasto taciturno.

Davvero gli dava fastidio rivelare quel particolare di sé, anche se il motivo gli era ignoto.
Peccato che gli ricordava pure quando da più piccolo Ariana lo abbracciava e grattava sulla nuca e in un preciso punto tra il lato e il dietro dell'orecchio sinistro, facendogli produrre fusa che alla castana facevano ridere.

E che a lui rilassavano mente e corpo, rendendolo sereno. Era uno dei ricordi più pregni di serenità e tra i più vecchi che avesse di loro due insieme.
Ma il tocco languido del cacciatore era totalmente diverso da quello amorevole di Ariana.

Ecco come rovinare nella sua mente una cosa reputata sempre e solo carina.

<Dev'essere molto raro sul serio, perché sei il primo kitten che incontro nella mia carriera a fare le fusa, piccoletto. Io però voglio sentirti gemere, non fare delle fusa...> sussurrò provocatorio Jonathan, afferrandogli la coda e accarezzandogliela, facendo su e giù per essa con il pollice e la mano per un po' della sua lunghezza.

Sapeva che era quasi come toccare una parte intima ai kittens in quel modo e voleva vedere come avrebbe reagito.
Subito Thomas strabuzzò gli occhi, iniziando a diventare rosso e a sentì il proprio respiro leggermente mozzato mentre gemeva.

Erano però gemiti piccoli, quasi strozzati e trattenuti; eppure Jonathan vedeva nel volto del ragazzino che non c'era neanche il tentativo di trattenersi, c'era solo quel piacere che sapeva sbagliato: faceva così e basta.

E cazzo se a Jonathan stuzzicava: gli faceva venire voglia di abbassargli i pantaloni e boxer e fotterlo, per sentirlo gemere a voce più alta.
Però si limitò a fare su e giù per una parte della coda con la mano, la quale si muoveva freneticamente.

Jonathan riprese pure a grattare l'altro dietro l'orecchio, facendo in modo che ai gemiti si aggiungessero a tratti delle fusa.
Gli piaceva quella situazione con il suo giocattolino.

Soprattutto perché il viso del kitten, contratto dal piacere anche se cercava di non mostrarlo troppo in quel momenti, era così bello: sembrava che la sua aura che aveva visto prima stesse creando una sua "magia", rendendolo più eccitante.

<B-ba-ba-bas-basta...> balbettò quasi disperato dopo un paio di minuti Thomas, sapendo che non doveva eccitarsi, ma cosa che stava accadendo comunque.
Si sentiva sporco dentro.

E poi qualcosa iniziava a formarsi nel basso ventre e lo capì all'istante: dannazione, era troppo sensibile ed eccitabile.
Jonathan lo avvertì pure lui: anche se era concentrato a vedere quel volto eccitato sentì della leggera pressione contro il proprio bacino.

Jonathan smise di stuzziacarlo per la coda e dietro l'orecchio, mentre vedeva il viso del moro riprendere abbastanza in fretta un colore normale e il petto ritornava ad alzarsi e abbassarsi normalmente.
Il kitten che aveva scelto era molto sensibile.

Altro punto a favore della sua scelta.

<Ehi, guarda che ho sentito che eri un poco eccitato sotto eh...> notò con fare furbetto Jonathan, facendo tingere di rosso il viso di Thomas che provò a ribattere balbettando: <N-no-non è-è vero...>

Però Jonathan lo zittì, iniziando a baciarlo sulla bocca in modo possessivo, andando subito di lingua, cercando quella del kitten.
Thomas provò a sfuggire a quel bacio sbagliato, eppure non ci riusciva: era totalmente immobilizzato da quel cacciatore.

Non poteva sopportare quella situazione.
Non aveva mai dato un bacio in bocca a qualcuna e quello lì si era preso il momento, come si era preso lui staccandolo dal resto della sua "famiglia".

Era solo l'inizio.
Anzi, solo il prologo.
Forse, ad esagerare, la prefazione dell'inizio del prologo di una lunga serie di avvenimenti.
Qualche piccola lacrima solcò il volto del ragazzo, disperato da come quella giornata stesse colando a picco così velocemente e tragicamente, mentre il bacio si dilatava nel tempo, rendendolo impossibile la totale situazione al moro.

Jonathan si staccò dopo un po' dalle labbra rosse del ragazzo, a cui rimase appiccicato un filo di saliva all'angolo della bocca; ecco, così sembrava più sexy, anche se aveva quegli occhioni verdi tristi e lucidi, con dei solchi umidi e salati sulle guance.

<Perché piangi, piccoletto?> domandò Jonathan stupito a quella reazione, d'altronde l'aveva solo baciato.
Non voleva un piagnone come kitten, poco ma sicuro.
Thomas non diede risposta, guardando comunque fisso in quei sottili occhi neri.

<Rispondimi.> fece severo Jonathan, mettendosi più contro il kitten, quasi schiacciandolo.
Thomas ancora non rispose: per metà era congelato dalla paura e per l'altra metà semplicemente non voleva dirlo.

<Dim-me-lo.> sillabò Jonathan, furioso, mentre già con una mano agganciava i pantaloni del ragazzo.
Non voleva subito farselo, se lo era quasi ripromesso, ma non si sarebbe fatto troppi problemi a minacciarlo in quel modo.

<Io... io non ho baciato nessuno in bocca... prima di adesso... e poi... oggi... tutto è andato...> disse a scatti e timoroso Thomas, sentendo la presa sui suoi pantaloni andarsene e il suo cuore continuare a battere.
Non sapeva neppure lui perché aveva detto la seconda parte.

<Beh, comunque hai dato il primo bacio al migliore, piccoletto.> ghignò Jonathan, mettendosi a baciare il kitten sulle labbra con insistenza e a grattargli dietro le orecchie, e il moro produsse delle soffuse fusa contro le sue labbra.

Al cacciatore in quel primo momento bastava, avrebbe fatto qualcosa di peggio, nel pomeriggio inoltrato.  Oppure si sarebbe divertito a continuare con qualcosa del genere.
Era divertente il kitten che si era scelto.
Avrebbe adorato spassarsela con quel moretto di nome Thomas.

Quest'ultimo invece era profondamente dolorante nell'animo, si sentiva un fottuto giocattolo che non aveva volontà propria, che veniva manovrato come voleva il suo burattinaio.
E aveva la paura che gli attanagliava perennemente lo stomaco, da quando era iniziata la tragedia lì, in mezzo la strada, accorgendosi troppo tardi che era fregato.

Il terrore gli disse nel suo perennemente sconfortate modo che di lì a pochi giorni, come massimo, sarebbe stato sicuramente stuprato. E, ritraendo un abbozzo del carattere di quell'uomo, sarebbe stato un atto senza pietà e lungo, quasi da parere infinito.

Gli mancava tanto Ariana e si pentì di non averla ascoltata, di non essere stato attento. 
Perché aveva voluto fare per forza di modi quel giro non necessario, quando lui stesso sapeva che era migliore a nascondersi da tutto che a confondersi tra la gente umana?
Era stato un totale stupido.

Ma quella gli sembrava una punizione troppo severa da parte del mondo per essere considerata anche solo lontanamente giustificata.




N/A: "amatemi" per la lunghezza di questo capitolo.

P.S.: scusate se ieri non l'ho pubblicato.

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