Capitolo 3

Jamie:

Buongiorno, Giulia. Non volevo disturbarti, ma mi sono svegliato pensando a te e non ho resistito a scriverti. So che non vai a scuola di sabato e quindi stai dormendo, ma visto che qui a Pavia mi tocca, eccomi qui così presto! Mi consolo pensando a te, spero che anche tu lo farai al tuo risveglio.

Non vedo l'ora di tornare a Roma.

Tuo, Jamie.


Emetto un lamento, non ancora del tutto sveglio, e infilo il telefono sotto al cuscino, affondandoci la faccia sopra. Mi cullo tra il morbido delle coperte e il profumo nuovo del detersivo che mamma ha comprato al supermercato vicino al lavoro di papà. Lì non hanno mai il solito, quello alla lavanda, che apprezzo di più.

Sbuffo. Nemmeno sapevo stesse a Pavia, Giulia non ha specificato. Voglio finire questa storia. Non voglio più scrivergli. Ma non ho scelta.


Giulia:

Buongiorno a te, Jamie! Come sta andando il tuo primo giorno di scuola? Come ti trovi lì?


Mi accorgo che è più tardi di quanto pensassi. È da tempo che non dormo fino alle undici, ma ieri sera non sono riuscito a crollare nel sonno e ho fatto un po' tardi. Tutta colpa di Giulia e della discussione con lei.

Il messaggio di Jamie arriva in un baleno. Sembra che mi stesse aspettando.


Jamie:

Benissimo!

Cioè, per quanto riguarda la scuola. Starei molto meglio se fossi lì, accanto a te. Sarei tanto voluto rimanere a Roma.


Giulia:

I tuoi non ti lasciano?


Ho esitato prima di inviare l'ultimo messaggio. Non so che tipo è e se potrebbe rimanerci male per una domanda simile. Alla fine però gliel'ho fatta lo stesso perché non so di cos'altro parlare.

Quando risponde, tiro un sospiro di sollievo.


Jamie:

Ogni tanto, quando i viaggi sono brevi. Ma la maggior parte superano una settimana, e loro non se la sentono di lasciarmi solo per tutto questo tempo. Ammetto che finora mi ha fatto piacere girare l'Italia con loro, ho imparato così tanto. È la prima volta che desidero non essere partito.


Mi ripeto gli insegnamenti di mia sorella prima di riuscire a formulare una risposta.


Giulia:

Non so se dirti che mi fa piacere o che mi dispiace. Sarebbe egoista da parte mia esser felice del tuo rammarico? Solo perché significa che volevi stare con me, sia chiaro.


Per qualche minuto non risponde, tanto che inizio a domandarmi se abbia esagerato. Ma Giulia mi ha specificato che avrei dovuto essere "disgustosamente mieloso", e per questo non mi sono fatto troppi problemi.

Sospiro e sposto lo sguardo verso il sole ormai alto nel cielo, al di là della finestra. Può davvero funzionare tutto questo?

Che bello il pigro sole autunnale. Fuori dalla finestra. Di sabato... Mi ricordo di una cosa e sbarro gli occhi. Corro a guardare l'ora, pur conoscendo già perfettamente la risposta. Accidenti! Di sicuro Gio e Sam saranno già da Vladik, ma Giulia mi ha intimato di parlarci spesso almeno i primi giorni, quindi con una scossa del capo scrivo ai miei amici che farò tardi al solito appuntamento. Devo alzarmi e prepararmi, e nel frattempo devo scrivere a Jamie.

Mi lavo e mi vesto in tutta fretta con una tuta comoda, ma non c'è pericolo di perdere la risposta di Jamie, perché questa non arriva. Faccio spallucce ed esco. Casa di Vladik dista solo qualche via dalla mia, che percorro a grandi passi. Ogni tanto controllo il cellulare, e il niente che mi rimanda mi fa innervosire.

Ormai davanti al cancello della villetta il cui giardino ci ospita tutti i sabati, mi spazientisco e invio un altro messaggio, tanto per chiarire le cose.


Giulia:

Ho detto qualcosa che non va?


Non amo le attese, e se davvero devo stare appresso a questo tizio 24/7 preferisco che mi dica le cose come stanno, almeno in caso la finiamo qui.

Suono il campanello, la mente da tutt'altra parte. Il mio cellulare vibra proprio nel momento in cui il cancelletto viene aperto e davanti a me compare la copia spiccicata di Vladik, ma in versione più infantile.

«Leo!»

«Ehi, Al!»

Sorrido ad Albert, il fratello più piccolo del mio amico, e gli scompiglio i capelli. La faccia che fa, come tutte le volte, è impareggiabile e mi fa scoppiare dal ridere.

Sono già più tranquillo quando varco l'entrata e mi ritrovo nel giardino degli Skyba. Un cortile senza troppe pretese, ma che noi amiamo per il campetto di pallavolo che sta sulla sinistra. Certo, il pavimento è in mattoni e quando cadiamo è uno sbucciarsi assicurato, ma cosa possiamo chiedere di meglio per il sabato mattina che abbiamo libero?

«Leo!»

Mi giro verso il luogo in questione. I miei amici sono già lì ad attendermi, e con loro c'è anche Lucia, altra copia di Vladik ma al femminile. È stata lei a chiamarmi, gli occhi azzurro-verdi che le si sono illuminati sotto il sole di ottobre. Ha solo un anno meno di me e ha una cotta per me dall'anno scorso. Non me l'ha mai rivelato, è stato suo fratello a dirmelo, e io ho sempre fatto finta di non farci caso. Una storia seria è l'ultima cosa che vorrei, e di certo non prenderei mai in giro Lucia, dopo che la conosco da così tanto tempo.

«Ragazzi!» saluto mentre mi avvicino.

Il sole risplende sui capelli biondissimi dei tre fratelli. Sembrano fatti con lo stampino. Non sono per niente male, Lucia è molto bella, ma non riuscirei mai a starci insieme.

«Gliel'hai fatta. Mo potemo finalmente inizia'.»

Do una spinta a Sam, mio compagno di squadra insieme ad Al. Non viene a scuola con noi, ma ci siamo amici dalle medie, quando eravamo un trio super unito. Gio invece si è aggiunto dopo, l'abbiamo conosciuto alle superiori.

«Aspettate un secondo!»

Ricordo solo ora che devo scrivere a Jamie. Il nervosismo mi è passato, e ora voglio sapere che ha scritto.

Accompagnato dalle lamentele di Gio, leggo.


Jamie:

Scusami... non volevo che sembrasse così! Non hai affatto detto qualcosa che non va, sono io che...


Di seguito, un secondo messaggio.


Jamie:

Scusami, ho inviato per sbaglio... Sono una frana! Volevo solo dire che mi ha fatto piacere quello che mi hai detto, è che non me l'aspettavo e mi hai colto di sorpresa. Non sapevo cosa rispondere.


Alzo gli occhi al cielo, imbarazzato per lui. Se non fossi un "fake", sarei già "scappata" a gambe levate da un tipo così miserabile. Ha addirittura inviato per sbaglio, probabilmente per l'agitazione che gli ha preso. Sicuro come la morte, questo non ha mai visto una patata in vita sua.


Giulia:

Non preoccuparti :) sono semplicemente felice che ti abbia fatto piacere!


«Oh, ma allora? Che dovemo fa'? Te movi, Leo?»

Sbuffo e abbandono il telefono sul muretto più sicuro, dove il pallone non arriva quasi mai. Una volta Gio ci ha rimesso il vetro del suo per non essere stato attento. Non voglio fare la stessa fine.

Tra passaggi e chiacchiere, il sole si fa ancora più alto e iniziamo a sudare. Lucia ci prende in giro come sempre, insultando il nostro essere uomini. Come se lei non sudasse. Forse non si accalda perché non gioca tutti i set. Di solito corre in soccorso della squadra che sta in svantaggio, visto che da quando è arrivato Gio siamo in numero dispari.

Tra un set e l'altro, riesco a ricevere e inviare qualche messaggio a Jamie.


Jamie:

Lo sono anche io! Anche solo per il fatto di poterti "sentire" a distanza.


Giulia:

Mi spiace che non possiamo chiamarci. Ma sai mia madre com'è...


Jamie:

Sarebbe bello poter sentire la tua voce ogni tanto.


Giulia:

Già...

Ascolta, posso provare, raramente, a chiedere a mamma se posso. Se mi becca che chiamo di nascosto mi sequestra il telefono, ma se ottengo il suo permesso dovrebbe andar bene!


Ho inviato l'ultimo messaggio con un intento vendicativo. Giulia non può attribuire a me la colpa se questo tizio vuole chiamarla ogni tanto. E vederla parlare forzatamente con lui sarà una vendetta soddisfacente per ciò che mi sta facendo. Ridacchio tra me e me, prima che una pallonata mi colpisca in piena faccia.

«A Leo! Ma insomma, che te piglia oggi? C'hai avuto la testa da n'artra parte pe tutto 'r tempo!»

Arriccio il naso e tento di massaggiarmelo. Lucia è accorsa da me e ora le sue mani sono sul mio viso. Vorrei dirle che non ho bisogno dell'infermierina, ma non voglio essere rude con lei.

Mi allontano e scuoto la testa.

«Tutto ok. È che ho dormito poco. C'ho solo un po' sonno.»

«Ha fatto le ore piccole pe guarda' i porno» scherza Sam, e tutti si mettono a ridere, compreso me.

Decidiamo di smettere quando il profumo di pasta al forno ci richiama verso l'interno della casa. Ormai è implicito che durante i sabati delle nostre partite, restiamo tutti a pranzo dagli Skyba.

Lascio ai miei amici il compito di placare la madre di Vladik, un metro e ottanta per probabilmente cento chili di donna che si sta sgolando dalla finestra della cucina per chiamarci. Rallento per sbloccare lo schermo del cellulare e controllo le email.


Jamie:

Davvero lo faresti per me? Non voglio creare problemi.


Sbuffo. Perché deve essere sempre così maledettamente educato? Un ragazzo qualsiasi avrebbe preso la palla al balzo e se ne sarebbe fregato dei problemi, pur di sentire la voce della ragazza per cui stravede. Ma lui no, lui deve sempre mettere le mani avanti. Mi dà quasi fastidio questo suo preoccuparsi sempre per me... cioè per mia sorella.


Giulia:

Per te questo e altro! Si tratta solo di una volta ogni tanto. Vedrai, non sarà un problema.


Jamie:

Ok, ma se non è possibile basta che me lo dici.


Giulia:

D'accordo!


La chiudo lì e raggiungo gli altri prima che inizino a farsi domande. Probabilmente dopo questa conversazione avrò parecchio tempo per me senza dover controllare le email ogni cinque minuti. La cosa dovrebbe rallegrarmi, eppure finisco per controllare uguale, durante il pranzo. Sarà diventato un vizio, mi dico.


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