71. la notte
Ormai erano tre settimane che io e Brontolo stavamo insieme. I litigi non erano mancati, ma alla fine avevamo messo entrambi l'orgoglio da parte.
Eravamo andati a svariate feste tutti e quattro con Jen, e con mia sorpesa, anche con Theo.
Dyl non l'aveva presa molto bene. Aveva quasi perdonato la bionda, ma con Theo non c'era verso. Tenerlo calmo era stata un'impresa titanica. Quei due avevano molto da chiarire, ma nessuno sembrava propenso a fare il primo passo.
Il moro mi aveva spiegato brevemente la situazione, ma senza approfondire. Tutte le volte che tiravo fuori l'argomento diventava intrattabile, così avevo perso le speranze. Nonostante ciò Theo non aveva smesso di uscire con noi.
Lo avevo visto parecchio provato, lasciarlo solo non sarebbe stato giusto. Aveva sbagliato, ma era umano anche lui.
Jen sembrava parecchio preoccupata per Theo, non ero stata in grado di dirle di no quando mi aveva supplicato di fare ragionare Dylan, come se fosse possibile.
Perlomeno non lo aveva preso a pugni, lo ritenevo già un traguardo considerando il soggetto con cui avevo a che fare.
Le vocine nella mia testa non mi davano tregua. In quelle tre settimane, forse, avevo dormito due o tre notti. Le altre erano state una lotta continua contro me stessa e i miei incubi, ma Dyl mi aveva stretto la mano ed era rimasto sveglio con me.
La situazione mi stava sfuggeno nuovamente di mano, tenere tutto sotto controllo era diventato impossibile.
Mi ritrovai persa nei miei pensieri per l'ennesima volta. Sdraiata sul mio letto ripensai alla felicità che mi ero concessa, non la meritavo. Non meritavo Dylan e tantomeno i miei amici.
Un colpo sulla finestra mi strappò da quel vortice senza fine.
"Oddio" quasi urlai alla vista del moro praticamente appeso fuori dalla mia finestra.
"Tu sei fuori di testa!" esclamai facendolo entrare.
"Lo sai che esiste una cosa chiamata telefono?" continuai prima che lui mi zittisse con un bacio.
"Potevo sentire il rumore dei tuoi pensieri da casa mia. Pensavi sul serio che ti avrei lasciata sola stanotte?" domandò sfilandosi le scarpe e la giacca.
"Lo sai che se mia madre ci becca siamo morti entrambi vero?" le avevo appena accennato di noi due e aveva dato di matto.
Non avevo le forze di litigare con lei così non le avevo detto più nulla e lei non aveva chiesto.
"Tu invece lo sai che anche solo per vederti, mi farei prendere a calci nel culo volentieri da tua madre?" si avvicinò. Il mio cuore fece un balzo, ma lo ignorai.
"Ma poi come ti viene di arrampicarti fino alla mia finestra? Se fossi caduto? Se io non fossi stata in camera?" tentò di parlare, ma lo zittii.
"Non vorrei infrangere i tuoi sogni, ma non sei Spiderman. Non fare mai più una cosa del genere o giuro che ti prendo a sberle" mi afferò per i fianchi e azzerò la distanza tra di noi.
"Ti ho mai detto che quando ti preoccupi per me sei ancora più bella?" per lui ero un libro aperto.
Gli tirai un pugnetto sul petto fasciato da un maglione, che gli stava benissimo.
"Cretino, non lo fare più altrimenti la prossima volta ti lascio fuori" sapevamo entrambi che non lo avrei fatto.
"Ah si?" mi provocò.
"Si scemo" sul suo viso spuntò il solito sorrisino furbo.
"Vedremo piccolina" mi baciò con avidità.
Ormai ci aveva preso gusto a chiamarmi in quel modo.
Il nostro scambio di baci fu interrotto dalla suoneria del suo telefono.
Mise giù senza nemmeno controllare chi fosse.
"Non rispondi?" lo interruppi.
"Chiunque sia può aspettare" un sorrisino involontario spuntò sul mio volto.
Purtroppo, però, quel chiunque sembrava non potesse aspettare. Il suo telefono squillò nuovamente senza tregua.
Esasperato lo spense.
"E se fosse Meg, tua madre o Jake?" iniziai a preoccuparmi io al posto suo.
"Per loro ho una suoneria diversa" spiegò sbrigativo rigettandosi sulle mie labbra impaziente.
"Qualcuno qui non riesce a controllarsi o sbaglio?" lo pungolai.
"Quando si tratta di te perdo il controllo e lo sai piccolina" il mio cuore prese a battere così velocemente che pensai potesse sentirlo anche lui.
Lentamente indietreggiammo finchè la mia schiena toccò la porta.
"Brontolo ti starai mica dichiarando?" lo presi in giro. Tenerlo sulle spine era il mio passatempo preferito.
"Mhh" mi lasciò un bacio a stampo. "Ti" un altro. "piacerebbe" un altro ancora. "Smith" aspettai l'ultimo che non arrivò. Stava iniziando a giocare anche lui.
Il mio sguardo, palesemente contrariato, lo fece sorridere.
"Si, mi piacerebbe molto Anderson" lo afferrai per il maglione lasciando uno spazio quasi inesistente tra le nostre bocche.
"Ah davvero? Buono a sapersi" il suo sorriso era in grado di mettermi al tappeto, sarebbe dovuto essere illegale.
"Papà dove sei?" lo cercai disperata tra tutto quel bianco. Non riuscivo a vedere nulla se non una distesa di quel colore così puro e privo di difetti.
"Amore sono qui" in un attimo la sua figura apparve davanti ai miei occhi, come per magia.
"Papà!" corsi tra le sue braccia. Inspirai il suo dolce profumo come se fosse ossigeno.
"Dove sei stato per tutto questo tempo? Non ho fatto altro che cercarti" qualche lacrima sfuggì al mio controllo. Mi era mancato moltissimo, sembrava fossero passati dei secoli dall'ultima volta in cui l'avevo visto.
"Amore sono sempre stato qui. Non piangere principessina mia, papà non vuole vedere le tue lacrime" mi asciugò il volto con le sue mani delicate.
"Non te ne andare più via, ti prego" lo supplicai.
"Tesoro non ti lascerei mai sola, lo sai. Sarò sempre qui a proteggerti. Ti amo più della mia stessa vita, come potrei andarmene di mia spontanea volontà?" mi accarezzò dolcemente il viso trasmettendomi tutto l'amore che provava per me.
Lo strinsi forte tra le mie braccia.
"Amore mio..." le sue parole uscirono soffocate, come se non riuscisse più a trovare il fiato per respirare.
"Papà?" il suo viso diventò paonazzo, gli occhi sempre pieni di luce iniziarono a spegnersi.
"Perchè lo hai fatto?" le sue parole uscirono come un sussurro strozzato.
"Cos-cosa ho fatto?" a malapena riuscii a parlare. Non capivo cosa gli stesse succedendo.
"T-ti prego...b-basta" il suo sguardo, quasi privo di vita, scese verso il suo petto, all'altezza del cuore.
Nella mia mano destra tenevo un coltello che avevo conficcato nel suo torace. Una macchia di sangue si espanse con velocità sul suo petto.
"Non sono stata i-io" tentai di estrarre l'arma, ma fallii provocandogli solo un grido di dolore.
"S-si, io volevo so-solo abbracciare la mia bam-bambina, ma tu mi hai ucc-ucciso" le sue gambe cedettero e cadde sul suolo. Il bianco prima immacolato, si riempì di macchie di sangue fino a seppellire del tutto il colore iniziale.
"Papà ti prego svegliati, apri gli occhi" crollai in ginocchio affianco al suo corpo. Lo scrollai dalle spalle con tutta la forza che avevo.
"Non mi lasciare da sola, non un'altra volta" i singhiozzi diventarono sempre più forti, quasi fino a soffocarmi.
"Io vol-volevo vi-vivere" i suoi occhi restarono chiusi, incapaci di aprisi ancora una volta.
Il sangue continuava a sgorgare dal suo corpo senza fermarsi, il coltello era ancora nella mia mano. Lo gettai lontano e premetti entrambi i palmi sulla ferita.
"Andrà tutto bene, ora risolvo tutto, te lo prometto. Resisti ancora un po', ti prego" il terrore di perderlo si fece strada dentro di me,in ogni mia particella.
"N-no, non voglio più ved-vederti. È tut-tutta colpa t-tua" il suo tono era colmo di dolore e delusione, entrambe quelle emozioni erano così forti che potevo sentirle sulla mia pelle.
"Io non volevo, ti prego papà perdonami. Lotta per la mamma, fallo per lei" premetti più forte sul suo torace nella speranza di risolvere un errore senza soluzione.
"Lei deve sapere il most-mostro che ha messo alla lu-luce. Ti odierà per aver-avermi ucciso senza pietà. Proprio com-come hai fatto con tu-tua sorella" l'odio che provava per me mi invase.
"Haely" una voce lontana mi chiamò, ma la ignorai.
"No ti prego, non mi fare questo. Prendi la mia vita, non la sua" urlai disperata verso un Dio che sperai ascoltasse il mio grido di aiuto.
"Ogni gi-giorno dovrai ricordarti di come mi hai uc-ucciso. Non ti perd-perdonerò mai" esalò l'ultimo respiro e mi lasciò lì, da sola, per sempre. Con le mani piene del suo sangue, colpevoli della sua morte.
"No, no, no. Io non volevo" mi accasciai sul suo corpo scossa dai singhiozzi e dalle lacrime che scorrevano sul mio volto senza fermarsi mai.
"Amore è solo un incubo, va tutto bene" quella voce mi richiamò, ma non mi importava.
"Sono stata io, è tutta colpa mia. Sono stata io, è tutta colpa mia" iniziai a ripetere quella cantilena senza sosta.
Una disperazione malsana si impossessò di me, cercai a tentoni il coltello. Lo trovai e lo presi tra le mani, lo guardai e lo puntai verso il mio corpo.
"Piccolina ci sono io qui, non ti preoccupare, va tutto bene" la voce si fece più vicina, così tanto che la sentii alle mie spalle. Mi voltai, ma non vidi nessuno.
Esitai un istante e poi misi fine a tutte le mie sofferenze, mi punii per aver ucciso mio padre, per avergli tolto vita.
Mi svegliai di soprassalto, tentai di alzarmi di scatto sul letto, ma le braccia di Dylan mi tennero strette al suo corpo. Il mio viso poggiato sul suo petto, potevo sentire i regolari battiti del suo cuore.
Senza rendermene conto mi ritrovai a piangere anche nella realtà.
"Amore non è colpa tua" mi lasciò un leggero bacio tra i capelli.
"Scusa, non volevo svegliarti" avevo insistito per farlo andare a dormire a casa sua, ma non ne aveva voluto sapere nulla.
"Piccolina tranquilla, lo sai che ci tengo a stare con te. E poi è un'ottima scusa per tenerti tra le mie braccia un altro po' " la sua lieve risata fu un cerotto per le mie ferite. Dopo ogni incubo cercava sempre di distrarmi, sapeva che ne avevo bisogno.
"Grazie" lo strinsi ancora di più a me e poggiai il viso nell'incavo del suo collo.
"Farei qualsiasi cosa per te, andrei fino in capo al mondo se tu me lo chiedessi" amavo la sincerità con cui mi sussurrava parole dolci. Non lo faceva in modo eccessivo rendendo quelle parole superficiali o prive di significato. Sapeva scegliere i momenti giusti.
"Dyl..." non riuscii a trovare nulla di adatto da dire.
"Shh, lo so. Non ho bisogno di parole" alzai il viso e lasciai che la tempesta nei suoi occhi si mischiasse con il miele dei miei.
Le sue labbra morbide si posarono sulla mia fronte, un gesto che valeva più di mille parole, che significava molto più di un 'ti amo'.
Dopo mio padre nessuno mi aveva più dedicato quel gesto così carico d'amore, lui era il primo da quando era morto, l'unico altro a cui lo avrei mai concesso.
Spazio autrice
Ciao bellissim*, eccomi con il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto.
Cosa ne pensate?
Il nostro Dylan ci fa sognare ;)
Ma preparatevi perché dopo la quiete c'è sempre la tempesta...😶
Ci sentiamo presto.
Vostra Clari🧡
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