70. un mostro invisibile

Mi presi un'altra manciata di secondi per osservarla mentre curiosava tra i miei disegni. Sembrava non riuscisse a togliere lo sguardo da tutti quei fogli.

"Solo attraverso la matita riesco ad esprimere quello che sento" le spiegai facendola sobbalzare leggermente.

"Non volevo ficcanasare, è che-" puntò i suoi occhi color miele nei miei.

"Piccolina puoi curiosare quanto vuoi, non mi dà fastidio" le sorrisi. Non volevo lasciarla fuori dal mio mondo, avevo aspettato fin troppo.

Lentamente spostò lo sguardo dal mio viso al mio petto scoperto fino alla vita.
"Oddio, vuoi per caso uccidermi Anderson?" le sue guance iniziarono a tingersi di rosso. Mi domandai dove fosse finita tutta l'audacia di prima.

"Nulla che tu non abbia già visto" feci spallucce con l'intento di provocarla. Con le gote rosse era ancora più bella.

"Sei il solito" si portò la mano alla fronte e si avvicinò.
"Vestiti così scendiamo" sussurò ad un soffio dalla mia bocca.

"Hai paura di non riuscire a resistere?" un sorrisino malizioso spuntò sulle mie labbra.
"Stronzo" in un attimo le nostre bocche iniziarono una corsa sfrenata.

"Sbrigati, ti aspetto giù" mi diede un ultimo bacio prima di uscire dalla porta.

                                              HAELY POV
Un sorrisino da ebete mi si stampò sulla faccia. Ero ridotta male, parecchio.

Percorsi la strada che avevo imparato a riconoscere fino ad arrivare in cucina.
Elizabeth era di schiena ai fornelli.

Jake e Meg stavano ridacchiando seduti al tavolo in mezzo alla stanza.
"Buongiorno" salutai per annunciare la mia presenza.

"Hey rossa, dormito bene?" la domanda di Jake aveva un bersaglio ben preciso. Sapevamo tutti e tre a cosa si riferiva.

"Scemo" lo ripresi ridendo.

"Ciao Haely, stamattina ti ho cercata nella stanza degli ospiti, ma non ti ho trovata" lo sguardo di Elizabeth mi attraversò anche le ossa. Un leggero sorriso spuntò sul suo viso. Le mie guance presero fuoco in un attimo.

Diretta, troppo diretta.
Lo appuntai mentalmente, mentre pensavo ad una risposta plausibile.

Come per miracolo Dylan apparve dalla porta.
"Giorno" diede un bacio sulla guancia della madre e uno sul capo della sorella. Entrambe lo guardarono sbigottite.

Per fortuna mi aveva evitato quella situazione scomoda.
"A me niente?" chiese il biondo offeso.

"Piccino vuole anche lui un bacino? Mia sorella non te ne dà abbastanza? Bene" lo prese in giro il moro.

"Dove è mio figlio e cosa ne hai fatto di lui?"
"Perchè?" chiese Brontolo prendendo del succo dal frigo e bevendolo direttamente dalla bottiglia.

"Hai la febbre? Sei sicuro di non aver sbattuto la testa?" continuò a fissarlo sconcertata.
"Mamma sono sempre io, cosa ti prende?" la confusione si disegnò sul volto del moro.

"Al massimo cosa prende a te. Mio figlio che mi dà un bacio sulla guancia? Un miracolo sarebbe più credibile" l'espressione della donna fece scoppiare a ridere me e il biondo.

"Sono semplicemente di buon umore" si sedette affianco all'amico, mi guardò e mi fece capire di avvicinarmi.

Appena tentai di sedermi sulla sedia al suo fianco mi prese per la vita e mi spostò sulle sue gambe. Era chiaro, voleva seriamente farmi fuori.

Tentai di alzarmi, ma mi intrappolò fra le sue braccia.
"Hey, tranquilla" sussurò in modo che lo potessi sentire solo io.

Appena alzai lo sguardo vidi un sorrisino vittorioso sul viso di tutti e tre.

"Pancake?" chiese Elizabeth con etusiasmo. Per un attimo vidi i suoi occhi illuminarsi. Nettamente in contrasto con il resto del suo viso che sembrava essere stanco e spento ormai da più di un mese.

"Noi si" il moro indicò il piatto davanti al mio viso.
Mi voltai per guardarlo contrariata, ma lui mi ignorò con nonchalance.

"Adesso mio figlio mangia pure il dolce a colazione. A questo punto non mi resta che aspettare che gli alieni vengano a prendermi"  disse scherzando sua madre.

Lo stava facendo per me?

"Sono fuori nel giardino, non farli aspettare mi raccomando" scherzò Dylan. Scoppiammo tutti a ridere.

"Bene ragazzi devo andare a svolgere delle commissioni. Spero di rivederti presto Haely" mi sorrise prima di sparire oltre la porta.

"E quindi voi due..." la bionda non perse tempo.
"Meg" la redarguì il fratello.

Bella faccia tosta il ragazzo, aveva appeso praticamente i manifesti davanti alla madre e ora si faceva tanti problemi?

"Chiedevo solo, rompiscatole" alzò gli occhi al cielo.
"Odio tutte queste etichette, ma se proprio vuoi sentirtelo dire sì. Haely è la mia ragazza, contenta ora?" il mio imbarazzo ormai aveva superato le stelle.

Sentirgli pronunciare quelle parole, però, creò uno sfarfallio all'altezza del mio stomaco. Il mio cuore invece si diede all'aerobica, iniziò a fare le capriole dentro alla gabbia toracica.

Quando avevo concesso tutto quel potere, su di me, al moro?
Tanto tempo fa cara mia.

"Contentissima" ci sorrise seguita dal fidanzato.

"Adesso potremo fare le uscite a quattro, poi-" l'entusiasmo di Meg fu frenato dal fratello.

"Si certo, poi ci faremo anche la manicure tutti insieme e le treccine" non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere.

"Hey, le treccine ti starebbero bene!" lo presi in giro.
"Ma tu da che parte stai?"
"Quella della ragione, ovviamente" io e Meg ci scambiammo uno sguardo complice e ci battemmo il cinque.

"Bene, siamo finiti" commentò il biondo per dare manforte all'amico.

"Siete i soliti esagerati voi due" sbuffò Meg.

Passammo il resto della colazione a ridere e scherzare, nel frattempo Dylan non aveva fatto altro che ingozzarmi di pancake. Era ostinato da morire, e io non mi potevo concedere di fare scenate davanti a sua sorella e il suo migliore amico.

Devi vomitare.

"Lily mi sta facendo impazzire, ora è ossessionata dai trucchi. L'altro giorno mi ha rincorso per tutta la casa con un rossetto" disse esasperato il biondo.
"Dovresti dare spago alle sue passioni, te lo sei fatto mettere vero?" Meg lo guardò con sguardo truce.

Devi vomitare.

"Ma secondo te? Col cavolo che mi faccio mettere quel coso sulla faccia" il moro rise.
Io non proferii parola, involontariamente mi ero estraniata da quella conversazione.

Stavo lottando contro me stessa, contro un mostro invisibile agli occhi degli altri.

Un demone che mi attenagliava lo stomaco, che mi torturava finchè non vinceva. La mia era una battaglia persa in partenza.

Devi vomitare, ora.

"Ma tu sei tutto scemo. La prossima volta che vengo da te le porto un po' dei miei trucchi e tu farai da cavia. Ormai è deciso" disse risoluta la bionda.

"Dylan ti prego aiutami tu" chiese pietà Jake.

Corri in bagno, subito.

"Amico mi dispiace, mi sa che ti tocca" rise il moro.

"Vado un attimo in bagno" dovevo ascoltare quella vocina altrimenti si sarebbe arrabbiata e non mi avrebbe dato pace.

Dylan non mi diede la possibilità di alzarmi.
Mi guardò e capì che c'era qualcosa che non andava.

Io gli sorrisi e mascherai il dolore che mi stava lacerando dentro.

"Brontolo non ti riesci proprio a staccare da me" lo baciai sperando di fregarlo. Lui era astuto, ma non sapeva fin dove mi sarei spinta piuttosto di ascoltare quella subdola vocina.

"Volete una stanza?" ci prese in giro Jake.
"Quasi quasi" scherzai staccandomi dalle labbra di Dylan. Approfittai della situazione per sgusciare fuori dalla presa salda del moro.

C'ero quasi, dovevo fare un ultimo sforzo per convincerlo.
"Vado in bagno e poi ti aspetto di sopra" sussurai maliziosa prima di avviarmi di sopra.

Devi vomitare tutto, qualsiasi cosa.

Chiusi a chiave la porta e mi accovaciai vicino alla tazza del wc.
In un attimo rigettai tutto lo schifo che mi portavo dentro.

Di più, così non basta per tutte le calorie che hai assunto.

Mi sforzai finché non sentii la gola andare a fuoco e le nocche diventarono rosse per lo sfregamento con i denti.

Stremata mi appoggiai al muro. Mi asciugai le lacrime scese per via dello sforzo a cui mi ero sottoposta.

Ci voleva tanto? Se mi avessi ascoltata prima non ti saresti ridotta così.

Quando la evitavo le punizioni a cui mi sottometteva erano più forti, più dolorose.

La parte più estenuante, però, non erano le sue vendette. Era la costante lotta contro la parte più oscura di me, la parte malata che non faceva altro che consumarmi istante dopo istante.

Il rumore sulla porta mi risvegliò da quello stato di trance.
"Haely mi fai entrare?" era lui.

No, se non mi dai ascolto lo sai come finisce. Lui vuole farti ingrassare, vuole farti perdere il controllo, lascialo fuori.

Lei lo odiava perchè non poteva competere. Sapeva che Dylan era l'unico in grado di distruggerla, di farla tacere.

"Brontolo non mi lasci nemmero fare la pipì in santa pace ora?" mi sforzai di ridere per tentare di mascherare il bruciore alla gola e le fitte all'altezza dello stomaco.

"Sei in bagno da più di 15 minuti. Sono andato in camera, ma quando non ti ho vista ho capito..." mi aveva beccata.

Menti o la prossima volta non avrai scampo.

"Mi sono data una sistemata ai capelli, sembravo una pazza" risi ancora. Provai ad alzarmi, ma le mie gambe sembravano non essere in grado di reggere il peso del mio corpo. Dovetti sedermi immediatamente.

"Allora se stai bene fammi entrare" insistette.
Non riuscii a dire nulla. Il mio silenzio fu un chiaro segnale per lui.

Non puoi scappare da me, lo sai.

"Piccolina, ti prego" sentire la sua voce incrinata mi provocò una fitta al petto.
"Aspetta, ho le gambe deboli" confessai.

Hai fatto la scelta sbagliata, te la farò pagare.

"Ferma, non ti muovere. Ci penso io" qualche minuto dopo la porta si aprì. L'aveva aperta con una specie di forcina.

"Non sapevo di stare con uno scassinatore professionista" ironizzai per mascherare la realtà.
Si chiuse la porta alle spalle e si accovacciò al mio fianco. Ignorò la mia battutina.

"É colpa mia, ti ho forzata io a mangiare. Ho sbagliato" i suoi occhi mi trasmisero tutto il pentimento che provava.

"Non dire mai più una cosa del genere. Volevi solo aiutarmi" mi prese il viso a coppa tra le sue mani.

"Piccolina tu sei perfetta così. Non ti lascerò scomparire sotto il mio sguardo. Se non sarai tu a prenderti cura di te stessa lo farò io per te" il suo sguardo era determinato da mettere i brivdi. Non mi avrebbe lasciata sola, a costo di autodistruggersi.

"Scusa, scusa, mi dispiace" la mia voce uscì spezzata e una lacrima sfuggì al mio controllo.

Non volevo che lui dovesse sopportare il peso dei miei demoni.

Dylan mi accolse tra le sue braccia. Il suo profumo mi inebriò subito.

"Lo affronteremo insieme, capito?" la dolcezza delle sue parole fu una boccata d'aria, come se per un attimo fossi tornata a respirare.

"Hai visto le ferite che mi lacerano dentro e le cicatrici che mi porto ancora addosso, perchè non sei scappato? Perchè non hai paura di me?" la mia voce uscì quasi come un sussuro.

"Piccolina tu non fai paura, non sei un mostro da cui scappare. Io li conosco i mostri sai? Della peggiore specie, ma tu non somigli nemmeno lontanamente a loro. Sei sempre disposta a sacrificare te stessa per gli altri, come se la tua vita non avesse valore, come se non meritassi di vivere tanto quanto loro. Ti fai in quattro per essere sempre disponibile. Pensi che un mostro farebbe questo?" aveva paura della mia risposta, lo percepii dal suo sguardo.

Sembrava seriamente preoccupato per me e voleva comprendere quanto fosse profondo l'odio che nutrivo per me stessa.

"Una persona che ha sulla coscienza la vita di due persone come la descrivi? Santa? Sono rotta, non merito nulla di bello" non volevo vederlo soffrire per colpa mia, non sarei stata in grado di sopportarlo.

"Ti sei costretta a ritenerti colpevole perchè non riuscivi ad accettare che ci fosse qualcosa che sfuggiva al tuo controllo, a cui non potevi associare un colpevole. Ti sei caricata di un peso troppo grande che ha finito per schiacciarti. Ti hanno lasciata sola quando avresti avuto bisogno solo di un abbraccio, di una carezza. Potrai dirmi quello che vuoi, tentare di mandarmi via a calci, ma non mi smuoverò da qui. Quella vocina sarà solo un brutto ricordo, vinceremo noi. Promesso" le sue parole mi scavarono dentro, non riuscii a dire nulla. Mi porse il mignolino sorridendomi.

Smisi di oppormi e sigillai quel patto a modo nostro.
Le sue braccia mi strinsero un altro po', mi trasmise un calore indescrivibile.

Avere qualcuno al mio fianco era strano, non ci ero abituata. Anche se in realtà lui non mi aveva mai lasciata sola, c'era sempre stato, fin dal primo giorno, dal primo istante in cui i nostri sguardi si erano incontrati. Nonostante l'astio, le battutine acide e il costante rifiuto lo avevo sempre avuto accanto, senza neppure rendermene conto.

Spazio autrice
Ciao bellissim*, ecco il nuovo capitolo.
Scusate l'assenza.
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto.
Vostra Clari🧡





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