60. É finita davvero?
La sveglia interruppe uno dei miei soliti incubi. A volte mi capitava di averne anche quattro in una notte sola.
Tentavo di combattere il sonno e di restare sveglia, ma lui vinceva su di me e così mi ritrovavo costretta a rivivere, per l'ennesima volta, quelle scene che non sarei mai stata in grado di rimuovere dalla mia mente.
Il giorno prima ero tornata presto a casa, dopo essere stata un altro po' con Meg.
Per fortuna non ci fu nessun tipo di contatto tra me e suo fratello.
David aveva avuto un imprevisto a lavoro, sua mamma non stava bene e quindi sarebbe rimasta sola.
Volevo rimanere io, ma suo fratello mi aveva preceduta e non avevo potuto fare altro che andare via.
Non avrei condiviso più nulla con lui, tanto meno un letto.
Tornata a casa avevo deciso di chiamare Jen. Le avevo detto che avevo bisogno di parlarle.
Era il momento di mettere fine alle azioni di quel mtostro, dovevamo mettere in atto il nostro piano.
Era rischioso, ma io non avevo nulla da perdere quindi avrei rischiato. Era passato fin troppo tempo. Non avrei permesso a quell'essere di distruggerla ancora.
Mi vestii con le prime cose che trovai e mi preparai per vedermi al solito posto con Jen.
"Haely" mi sentii chiamare alle spalle e mi voltai.
Non stava per nulla bene, era più debole del solito, il suo viso era stanco e i suoi occhi spenti.
Come avevo potuto permettere che le accadesse questo?
"Jen..." le parole mi mancavano.
"Hey, come va?" fu lei a chiederlo a me quando sarebbe dovuto essere il contrario, ma non riuscivo a dire nulla.
Vederla in quelle condizioni mi faceva male, io sentivo il suo dolore, le sue emozioni, la sua sofferenza. Lo percepivo con tutta me stessa.
La vecchia Jen era intrappolata dietro i suoi occhi, la potevo vedere piangere, urlare, scalciare.
Era distrutta per tutti i calci e i pugni che aveva tirato per uscire dalla prigione in cui era stata rinchiusa.
"Lo ha fatto ancora vero?" ignorai la sua domanda.
"Si" riuscì appena a rispondermi prima che la sua voce si spezzasse in un pianto a dirotto.
La abbracciai forte, quasi come se volessi assorbire il suo dolore.
"Jen, dobbiamo fermarlo. Non abbiamo scelta, non gli permetterò di ridurti ancora così" le dissi sciogliendo l'abbraccio.
"Io non ce la faccio. Haely sono stanca, non mi riconosco più allo specchio. Il mio corpo è pieno di segni violacei e fanno male, malissimo. Li sento bruciare sulla pelle e non solo, mi corrodono ogni istante. Non so se ho la forza per farlo" era arrivata al limite.
"Infatti siamo noi a doverlo fare, non sei sola. Lui ha ottenuto quello che voleva. Ti ha sfinita abbastanza per non temere una tua reazione. Tu sei forte, più di quanto credi. Io ti aiuterò, costi quel che costi, ma ho bisogno di te per fare in modo che il piano funzioni" la guardai negli occhi tentando di trasmetterle il coraggio necessario per affrontare tutto quel fardello.
"E se qualcosa andasse storto?" dentro di me avevo calcolato quasi tutti gli scenari possibili, ma in ogni caso lei ne sarebbe uscita illesa. Era questo il mio compito: aiutarla e avrei fatto tutto quello che era necessario per portarlo a termine.
"Non succederà, abbi fiducia in me, ho bisogno che tu ci creda per far sì che funzioni" non stavo mentendo, a lei non sarebbe successo nulla, me ne sarei assicurata personalmente.
"Mi fido. Quando lo facciamo?" la sua voce era tremolante e la sicurezza era la cosa più lontana che ci fosse, ma ce l'avremmo fatta. Dovevamo farcela.
"Lui torna quasi sempre il pomeriggio giusto?" chiesi per conferma.
"Esatto"
"Perfetto. Non abbiamo altro tempo da perdere. Ho una telecamera che possiamo utilizzare, per registrare la conversazione utilizzerò il telefono. Dobbiamo farlo oggi" dissi decisa. Se avessimo aspettato ancora lui la avrebbe distrutta di nuovo.
"Te la senti?" le chiesi vedendola perplessa.
"S-si" era fatta, dovevamo solo agire.
Avevo già portato con me la telecamera sapendo che non avremmo potuto aspettare ancora.
Gliela diedi e lei la nascose nello zaino.
La avrebbe piazzata all'ingresso poichè era il posto più vicino all'uscita e dove lui si divertiva di solito.
Nel momento in cui lui sarebbe entrato lei avrebbe dovuto farsi beccare a togliere la telecamera con le presunte prove.
In poco tempo lui sarebbe andato fuori di sè, lei a quel punto sarebbe uscita e io mi sarei fatta trovare lì. Pronta per mettere fine alle sue azioni.
Avrei dovuto trovare una scusa per non andare da Meg.
Le avevo detto che sarei andata da lei dopo scuola, dato che usciva quella mattina dall'ospedale, ma i miei piani erano cambiati. Sarei passata da lei la sera o il giorno dopo.
Come al solito ci separammo ed entrammo entrambe a scuola come se non fosse successo nulla.
Ripensai al piano almeno un centinaio di volte, ignorando completamente le lezioni.
Un nodo mi si formò alla bocca dello stomaco, più il tempo passava e più il nodo si stringeva.
Decisi di saltare il pranzo così come avevo fatto con la colazione. Bevvi soltanto un po' d'acqua.
Per una volta non ti mangi pure il frigo...ma grassa rimani.
Stai zitta, ti ho accontentata. Non ho mangiato, stai in silenzio almeno per un paio d'ore.
La vocina non mi diede ascolto e mi torturò per le ore successive, poi sfinita decise di restare in silenzio.
Charles, o meglio, quel mostro, arrivava a casa alle quattro in punto.
Io arrivai prima di lui e mi nascosi lì vicino.
Non avevo idea di quale fosse la sua stazza o di quanta forza avesse, ma tutte le ore che avevo passato al sacco sarebbero tornate utili se ne avessi avuto bisogno.
Il nodo allo stomaco stringeva così tanto che avrei voluto vomitare qualsiasi cosa, nonostante non avessi nulla nello stomaco. Dovevo darmi una bella calmata, non potevo permettermi nessun tipo di distrazione o debolezza di alcun tipo.
Vidi una persona arrivare in auto e in poco tempo compresi che si trattava di quello schifoso.
Un "uomo" di un metro e ottanta, non in forma, ma nemmeno in sovrappeso. Pochi muscoli in evidenza, ma abbastanza allenati.
Il corpo stretto in un completo probabilmente di una taglia più piccola della sua.
I capelli brizzolati, un viso quasi gradevole alla vista, ma due occhi neri come la pece. Due pozze vuote e colme di cattiveria.
Il suo sguardo faceva accaponare la pelle.
Haely forza, non ti fare intimorire.
Mi incoraggiai mentalmente.
Aspettai che entrasse e mi posizionai davanti al vialetto che conduceva alla porta.
Di lì a poco Jen sarebbe uscita e io dovevo essere pronta.
Azionai il registratore sul telefono e lo misi nella tasca dietro del pantalone, in modo da nasconderlo con il maglione che indossavo.
La telecamera che le avevo dato non era una qualunque. Con un solo tasto avrei potuto inviare le "prove" alla polizia.
Quello stronzo doveva credere di essere in trappola.
La paura che provavo in quel momento, non era per me, ma per Jen. L'idea che le succedesse qualcosa per colpa mia mi faceva venire i brividi.
Non avrei sopportato di vedere la vita di qualcun altro sgretolarsi a causa mia.
Avevo fatto già abbastanza danni, nessuno avrebbe più dovuto soffrire per colpa mia.
Non è aiutando gli altri che rimedierai alle vite che hai portato via.
Lo sapevo, ne ero più che consapevole, ma volevo farlo ugualmente.
Volevo rendermi utile per qualcuno perchè speravo che così il senso di colpa sarebbe scemato un pochino.
Non volevo vedere più le persone a me care soffrire o annularsi davanti ai miei occhi.
Sentii urli e vetro andare in frantumi all'interno della casa. Tutti i miei sensi si accesero. Immediatamente iniziai ad andare verso la porta, ma un attimo prima che cominciassi a correre Jen uscì.
Stava bene, aveva la telecamera in mano e una faccia piuttosto soddisfatta.
Appena arrivò da me con il fiatone presi in mano le "prove".
Le dovevo tenere io se mi volevo assicurare che stesse bene.
"Cosa erano quei rumori?" le chiesi preoccupata.
"Gli ho rotto un vaso da mille euro addosso" disse soddisfatta. I suoi occhi erano terrorizzati, ma per un attimo entrambe ci concedemmo un sorriso fugace.
Poi lo vidi uscire. Sembrava una bestia inferocita.
Il suo completo era strappato sul fianco e sporco di sangue, nulla di grave. Qualche punto gli sarebbe bastato, purtroppo.
"Lurida troia, chi è questa puttana?" disse avvicinandosi mantendendo una mano sul fianco dolorante.
"Primo: puttana è tua madre, brutto schifoso. Seconda cosa non ti avvicinare. Mi basta un solo clic per rovinarti la vita. Questo piccolo tastino" indicai quello sulla telecamera.
"É collegato a un computer, in grado di divulgare, alla polizia, il video di quello che fai a Jennifer" parlai.
Una risata sguanita uscì dalle sue labbra.
"E secondo te io ci credo? Adesso vi sistemo entrambe, vi faccio vedere a modo mio come si insegna l'educazione. Quella puttanella conosce bene i miei metodi" indicò Jen che tremava al mio fianco.
"Non avete idea di quello che vi farò" le sue parole potevano quasi fare paura, peccato che si fosse tradito da solo, per due motivi.
Avevo registrato tutto e il suo labbro tremava, chiaro segno che se la stesse facendo sotto.
Lentamente mi allontanai, insieme alla bionda, per evitare che potesse arrivare alla telecamera anche se dubitavo che fosse in grado di difendersi in quelle condizioni.
"Sei un bastardo schifoso e meriteresti di marcire in prigione per il resto della tua vita, ma vogliamo essere caritatevoli con te. Tu te ne vai, sparisci da questa città e da questo continente per sempre, e noi non invieremo il video. Tutto chiaro?"
"Sei solo una lurida puttana, ora te lo dico io quello che facciamo. Mi dai la telecamera e poi ti sistemo" risi, più per il nervoso che per l'ironia delle sue parole.
"Ma ti senti quando parli? Ho finito la pazienza, vattene" si stava dimostrando più dura di quello che pensavo.
"Mi hai proprio rotto il cazzo" successe tutto così velocemente che non ebbi il tempo di reagire.
Scaraventò a terra Jennifer e poi si avvicinò a me. Mi afferò per il collo lasciandomi quasi senza fiato.
La telecamera mi cadde dalle mani, ma non me ne preoccupai. Avevo il registratore acceso.
Iniziai a sentire l'ossigeno mancare mentre lui rideva.
Rideva come uno psicopatico.
"Ora che non hai più la tua telecamerina cosa fai brutta puttana? Mh?" con le poche forze che avevo tentai di difendermi, ma l'ossigeno ormai non mi arrivava quasi più al cervello.
Era davvero così che sarei morta? Strozzata da uno psicopatico?
Rivolsi lo sguardo a terra e vidi Jen priva di sensi.
Sarei morta prima o poi, ma non in quel momento.
Non avrei perso, per Jen.
"Vaffanculo stronzo" dissi con la voce strozzata prima di tirargli una ginocchiata che mi consentì di liberarmi dalla sua presa. Poi senza perdere tempo gli tirai un montante con tutta la forza che avevo.
Mi feci male alla mano, per la quantità di forza che avevo usato, ma me ne fregai. In quel momento la mia unica priorità era salvare Jen.
Lui cadde a terra e io corsi verso la bionda.
"Jen ti prego, svegliati. Ho bisogno che tu ti svegli" tentai di smuoverla.
Avevo fatto l'ennesimo buco nell'acqua. Dovevo assicurarmi che a lei non accadesse nulla, ma avevo fallito.
In un attimo mi sentii sollevare, come se fossi una piuma.
L'ossigeno iniziò di nuovo a venire meno. La presa sul collo diventò più forte di quella precedente. I miei piedi a malapena toccavano il suolo.
"Questa volta ti ammazzo puttana" mi dimenai il più possibile, ma nulla.
L'aria non la percepivo più, il respiro era bloccato.
Avevo pensato alla morte milioni di volte, ma mai avevo immaginato che sarebbe stata così.
Sentii gli occhi chiudersi, smisi di dimenarmi.
Mi stavo semplicemente spegnendo.
Non vidi nulla se non il nero, il buio pesto.
Avevo sentito dire che prima di morire si vedesse la luce, qualche caro o cose del genere, ma io non vidi nulla.
Prima di spegnermi del tutto sentii solamente le sirene della polizia. Mi era toccato quello prima di morire, chissà perché. Chissà chi decideva quali allucinazioni ci spettassero.
L'unica cosa che pensai fu che finalmente avrei rivisto la mia sorellona e il mio papà. Mi erano mancati così tanto. Non mi ero mai sentita così vicina a loro come in quel momento.
L'ultima cosa che fui in grado di sentire fu un senso di vuoto, come se stessi cadendo da un grattacielo. Poi mi spensi.
Tutto finii, il dolore al centro del petto, i sensi di colpa dopo aver mangiato, il senso di vomito che provavo verso me stessa, le risate di Meg, le battute di Jake, i segreti tra me e Lily, gli incontri nascosti tra me e Jen la mattina, la paura di non farcela, il terrore di non essere abbastanza, la consapevolezza di essere una pessima figlia, ripensare alle foto che amavo scattare da piccola, toccare costantemente la collanina di Margaret che non toglievo mai, le ore passate al sacco a distruggermi e i baci di Dylan.
JENNIFER POV
Tutto era confuso, la testa mi girava vorticosamente.
Non molto lontana da me vidi Haely con il viso viola per la stretta di quel mostro, in quel momento capii che avrei dovuto fare qualcosa.
Le forze mi mancavano, ma prima di tornare priva di sensi riuscii a chiamare la polizia, con il telefono che avevo in tasca. Non dissi nulla, non ci riuscii prima di tornare nel buio.
Mi sentii scuotere, qualcuno mi chiamava, ma per quanto mi sforzassi non fui in grado di aprire gli occhi. Sembrava quasi la voce di Haely, ma non ne ero sicura.
Dai Jen alzati, ce la fai. Ce la fai. Apri gli occhi. Tentai di incoraggiarmi mentalmente.
Mi sforzai al massimo e solo quando avvertii i rumori delle sirene in lontananza aprii gli occhi.
Quello schifoso scappò appena si accorse di essere nella merda. Lasciò cadere a terra Haely, prese la macchina e sparì nel nulla.
Io mi alzai e, barcollante, mi diressi verso di lei.
"Haely, ci sei? Ti prego rispondimi" iniziai a piangere a dirotto, poi qualcuno mi spostò e iniziò a farle la respirazione bocca a bocca.
"La salvi la prego, la prego" dissi al poliziotto con la voce spezzata dal pianto.
"Signorina venga, si sieda qui. Ho bisogno che lei mi dica cosa è successo" un altro uomo in divisa tentò di farmi sedere in una delle volanti, ma non mi mossi. Avevo bisogno di vedere gli occhi di Haely aprirsi.
"Io non mi muovo finchè lei non si sveglia!" urlai dimenandomi.
Il polizziotto si arrese e mi lasciò dove ero.
Vidi l'uomo ripetere più volte gli stessi gesti tentando di farla riprendere, ma nulla. Ad un certo punto smise.
"Non riesco a farla svegliare chiamate immediatamente una ambulanza!"
"Lei continui, non si fermi!" gli urlai in preda alla disperazione. Avrei voluto aiutarla in qualche modo, ma non avevo idea di cosa fare.
Lo aveva fatto per me, solo in quel momento compresi il vero significato delle sue parole. Mi aveva rassicurata, mi aveva detto che non sarebbe successo nulla perchè lei non era compresa.
Non sapevo perchè, ma non le importavano le conseguenze che si ripercuotevano su di lei.
Era sempre disposta ad aiutare il prossimo senza tenere in considerazione la sua salute in primis.
Era forte, si sarebbe svegliata, doveva farlo. Non si sarebbe arresa così facilmente.
Sentivo il bisogno di starle accanto, mi liberai per un istante dalla presa del poliziotto, ma subito mi riprese.
"La prego voglio solo avvicinarmi, non intralcerò. La supplico" l'uomo comprese e mi lasciò andare. Mi misi al suo fianco, quello opposto rispetto a dove si trovava l'altro poliziotto.
Presi la sua mano e la strinsi forte.
"Haely so che ci sei. Lotta ancora un altro pochino" non sapevo se fosse in grado di sentirmi, ma ci provai ugualmente.
"Te l'ho già detto, ma te lo ripeto: grazie. Senza di te non so dove sarei in questo momento.
Voglio solo che tu apra gli occhi. So che lo puoi fare, non sei una che molla facilmente" una lacrima dopo l'altra rigarono nuovamente il mio viso.
"L'ambulanza sta arrivando. Me lo avrai ripetuto mille volte e ora sono io a dirtelo: andrà tutto bene, te lo prometto" strinsi un po' di più la presa.
Lei era lì, davanti a me, ma la sentivo lontana, troppo lontana.
Spazio autrice
Ciao bellissim*, finalmente sono riuscita a pubblicare. Ultimamente sono stata molto impegnata e non sono riuscita ad aggiornare prima.
Spero che ne sia valsa l'attesa. Cosa ne pensate?
Non odiatemi per aver lasciato la fine in sospeso...mi farò perdonare, o forse no😶
Ci sentiamo presto.
Vostra Clari🧡
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