59. Io e la mia coscienza

                                               HAELY POV

Meg non desiderava altro che uscire, come biasimarla.
Aveva tutte le ragioni del mondo per volerlo.

L'incidente aveva sconvolto ognuno di noi, ma ovviamente lei più di tutti insieme a Jake.

In quel momento mi ero resa conto di quanto mi fossi affezzionata a lei.
Si comprende il valore di qualcuno solo quando lo si perde, così si diceva.

Ed era vero, solo nel momento in cui qualcosa ci veniva tolto comprendevamo quanto la sua assenza fosse dolorosa e quanto la sua presenza ci mancasse.

Io le mancanze le sperimentavo da tutta la vita.
Prima Margaret e poi papà.

Mi mancavano come l'aria.
Il dolore che sentivo quando ripensavo a loro era lancinante, ma non abbastanza da uccidermi, così da lasciarmi in un limbo penoso e senza uscita.

La verità era che io l'uscita nemmeno la cercavo. Sapevo che era giusta la condanna che mi era stata data.

Non avevo mai davvero tentato di uscire da quel tunnel. Lentamente mi ero abituata ai miei demoni e avevo concesso loro di vivere con me.

All’inizio spesso ci facevo a botte perchè  la loro morsa sul mio cuore faceva troppo male, ma alla fine mi ci ero abituata.

I miei demoni mi avevano abbracciata quando nemmeno mia madre voleva farlo.

Mi avevano presa con loro, mi avevano cullata quando mi ero sentita talmente sola da pensare di farla finita.

Si erano presi cura di me più di quanto avesse fatto chiunque altro dopo la morte delle due uniche persone che davvero mi amavano.

Mi erano stati accanto, ma tutto aveva un prezzo.

Tutte le volte che loro mi avvolgevano nel loro caldo e oscuro abbraccio mi portavano un po' più giù, sempre di più fino a portarmi talmente in basso da non poter risalire.

Qualche rara volta, nei miei incubi, tentavo di contrastarli e così loro mi assecondavano.

Sembrava fossero d'accordo con la mia decisione di sbarazzarmi di loro, ma mi sbagliavo.

Mi portavano a largo e poi mi gettavano in mare, ma io non sapevo nuotare e così ero costretta a chiedere nuovamente il loro aiuto.

Da sola non ce la facevo e mi dovevo aggrappare a loro perchè, per l'ennesima volta, avevo fatto la scelta sbagliata.

"Rossa te lo dico già, appena torno in sesto dobbiamo festeggiare. Non accetto un no come risposta, sappilo" era plausbile la sua scelta e non avrei rifiutato.

"Va bene, per questa volta te lo concedo" dissi.

"Tanto anche se mi avessi detto di no avevo già pronto un piano d'azione con la mia fedele ciabatta" disse orgogliosa.

"Ecco, appunto" ridacchiai e poi lei si aggiunse a me.

In qualche modo riusciva a distrarmi dai miei pensieri, doveva essere una dote degli Anderson...
Beccata! Guarda che questa me la segno!

Fai come vuoi, non ho detto nulla di esplicito.
Ah certo, infatti tu ti riferivi a David Anderson, mica a Dylan! Ma chi vuoi fregare?

Ignorai completamente la mia vocina interiore, detta coscienza.

Un leggero clic attirò la mia attenzione, la porta si aprì ed entrò l'Anderson antipatico.
Subito il sorriso scomparì dalle labbra di Meg.

"Dyl tutto bene?" chiese visibilmente preoccupata.
"Si, certo" rispose con ovvietà, come se fosse quasi stupido chiederglielo.

Che imbecille!
Hai parlato tu!
Si ma lei è sua sorella!
Tu fai così con tutti, giudichi lui per gli stessi difetti che hai tu...

Taci che è meglio.

"Per te va sempre tutto bene vero? Lo vuoi capire che non sono più una bambina? Per una dannata volta puoi darmi una risposta che noi sia bene alla domanda come stai? Cosa te lo chiedo a fare se non mi dici la verità?" si innervosì, giustamente, la bionda.

"Questo dovresti chiederlo a te stessa. Sono anni che mi chiedo perchè tu ti ostini a domandarmelo pur sapendo la risposta. Sai bene come sono fatto" rispose infastidito.

Io non fiatai, per quanto volessi prenderlo a pugni per come stava trattando Meg, sapevo che non mi dovevo intromettere nel loro rapporto.
La bionda sapeva difendersi anche contro un bestione come lui.

"Sei davvero uno stronzo...lo sai perchè te lo chiedo, ci tengo a te. Sei mio fratello cazzo! Sei sempre stato convinto di non meritare il mio affetto, ma dopo tutti questi anni ancora non lo hai capito. Non è colpa tua! Tu hai-" venne interrotta.

"Non cominciare, non qui" la liquidò con un tono di voce talmente forte da sembrare un tuono in mezzo alla tempesta.

"Meg se vuoi esco, per me non è un problema" non lo chiesi a lui, ma a sua sorella perchè se lo facevo era solo per lei.

"No tranquilla, mio fratello dovrebbe imprare l'educazione una  buona volta..." le sue parole uscirono amare.

"Buonasera, dovrei fare gli ultimi controlli prima della dimissione di domani" era di nuovo quella gallina arrapata. Il suo tono di voce mi faceva venire voglia di strapparle i suoi capelli, tinti di biondo, uno ad uno.

Sembrava una gattina in calore che faceva le fusa. Insopportabile!
"Meg ci vediamo tra poco" uscii prima io e poi Dylan.

Mi sedetti in sala d'attesa senza voltarmi neppure una volta verso di lui.

Il rompi palle decise di mettersi nella sieda affianco alla mia.

Si stravaccò su di essa con la sua solita strafottenza e si mise al telefono in tutta tranquillità, come se quello che sua sorella gli avesse detto gli fosse entrato da un orecchio e uscito dall'altro.

Stavo per rifilargli una delle mie frecciatine, ma mi morsi il labbro.
Non. Una. Parola.
Era quello il mio obbiettivo, per una volta dovevo stare zitta.

Era completamente indifferente alla mia presenza, era al mio fianco, ma era come se fossi una sconosciuta.

Non una parola, non un commento inappropriato, non un  gesto fastidioso, non uno sguardo, nemmeno uno fugace. Nulla, lo zero più assoluto.

Non era questo quello che volevi?
Si, certo, ma mi sembrava strano, per quanto piacevole, quel silenzio tra di noi. Ci dovevo solo fare l'abitudine.

Il silenzio non mi era mai piaciuto particolarmente, mi faceva pensare sempre troppo. Per quello portavo quasi sempre le cuffiete con la musica a mille. Mettevano fine all'agonia che produceva il rumore assordante del silenzio.

Il suo silenzio però ti turba più del solito...menti anche a te stessa...
Io non mentivo, era quella la verità.

La mancanza delle sue parole taglienti non mi mancava affatto, era pace per le mie orecchie.

La mia coscienza aveva già dimenticato quello che era  successo, ma io non l'avevo fatto.

Non lo dimentico, io e te siamo la stessa cosa se non lo scordi tu non lo faccio neppure io. Semplicemente io sono la parte più ragionevole di te.

Era la più fastidiosa, che era diverso.
Si si vabbè...comunque il punto non è questo.
Di lui ti manca la parte migliore, quella che si prendeva cura di te, che ti faceva mangiare, che ti abbracciava durante i tuoi incubi e che baciava le tue labbra come nessuno aveva mai fatto.

E quella doveva essere la parte più ragionevole? Andavamo bene.
Stava delirando completamente.

Sentii uno sguardo addosso, ma era estraneo.
Non mi bruciava sulla pelle.

Alzai gli occhi, che prima erano puntati sul pavimento, e li rivolsi verso la persona che aveva attirato la mia attenzione.

Un infermiere piuttosto giovane mi stava fissando, ma appena si rese conto di essere stato beccato distolse lo sguardo.
Uno sbuffo spontaneo uscì dalle mie labbra.

Aveva ceduto troppo velocemente, non aveva tentato neppure di accettare la sfida silenziosa che gli avevo lanciato.

Mi aspettai che il mio lamento facesse sorgere qualche domande al pezzo di cemento al mio fianco, ma nulla. Non si mosse neppure.

Dovevo essere soddisfatta, avevo ottenuto quello per cui avevo lottato dal primo giorno in cui ero arrivata. Ma la ricompensa si stava dimostrando meno gratificante di quello che pensavo, però non me ne pentivo.
La scelta che avevo fatto per una volta era quella giusta.

Giusta per la tua mente o per il tuo cuore?
Io il cuore non lo avevo nemmeno più, e anche se lo avessi avuto, non era degno di considerzione da molto.

Spazio autrice
Ciao bellissim*, questo capitolo è fuori dal solito programma, ma dato che volevo recuperare per quello che non ho postato venerdì eccomi qui.
Spero vi sia piaciuto, che ne pensate?
Fatemelo sapere.
Ci sentiamo presto.
Vostra Clari🧡

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