54. Uno squarcio

Ero in anticipo di 20 minuti per l'appuntamento con Jen.
Ai miei soliti incubi si erano aggiunte le parole di Dylan e dormire era diventata un'impresa a cui mi ero arresa.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo a farle andare via. Ogni volta che le ricordavo facevano un po' più male e questo potere non potevo concederglielo.
Dovevo prendere delle serie distanze da lui, come se non avessimo mai parlato, come se non ci fossimo mai baciati e come se lui non sapesse tutte quelle cose di me.

Non dovetti aspettare troppo prima che Jen arrivasse, anche lei non sembrava aver dormito un granché.
Una cosa mi saltò subito all'occhio, la sua sciarpetta era tornata e significava una cosa sola, l'unica che l'avrebbe portata ad indossarla.

"Oh mio dio" furono le uniche parole che uscirono dalla mia bocca.
Senza il bisogno di parlare lei capì che avevo intuito tutto, lo sapeva fin troppo bene, in fondo se lo aspettava.

In un attimo scoppiò in un pianto a dirotto e, per quanto fosse innaturale per me, la abbracciai e la lasciai sfogare tra le mie braccia. Lei aveva bisogno di me e io volevo esserci.

"Scu-scusa, io volev-volevo dirtelo, ma-ma lu-i...avev-avevo tant-tanta paura" disse tra i singhiozzi.
"Ora sistemiamo tutto, tranquilla, va tutto bene" avrei voluto fare di più per sistemare lo squarcio che quel mostro aveva lasciato dentro di lei.

Avevo bisogno di sapere quanto si fosse spinto oltre, sicuramente troppo.
Mi staccai dall'abbraccio, che stava iniziando a darmi qualche problema, e aspettai che lei si asciugasse le lacrime con un fazzoletto.

"Te la senti di raccontarmi quello che è successo? Però solo se pensi che possa esserti di aiuto" volevo che fosse lei a decidere se parlarmene o meno.
Non avevo idea di cosa si provasse, ma sicuramente ti distruggeva, ti dilaniava l'anima e ti metteva in ginocchio.

Sentirsi impotente, senza la possibilità di scegliere, doveva essere struggente.
Erano tante le cose che non comprendevo della vita, a dire la verità non ci capivo proprio nulla, ma questa mi era impossibile anche solo da provare a concepire.
Cosa aveva fatto una ragazza come Jen per meritarsi una tale condanna? Perché doveva subire tutti quegli abusi? Perché a lei, che non avrebbe fatto male a una mosca?

Da quello che avevo potuto capire suo padre non era mai stato presente, i soldi per lui erano l'unica priorità.
La vita come l'aveva ricompensata per questa mancanza? Le aveva creato uno squarcio irreparabile nell'anima, un trauma che non sarebbe mai riuscita a superare veramente. Non era già stata massacrata abbastanza? Che bisogno c'era di fare a pezzi quello che era rimasto?

Dopo un piccolo cenno del capo iniziò a raccontarmi tutto. Non tralasciò nulla.
Dei brividi mi scossero, dall'interno. Il mio schifo per quell'essere era cresciuto a dismisura.
Ero sempre più convinta che meritasse una punizione a vita, ma poi mi ricordai che la sua più grande condanna se la era inflitta da solo.
Un mostro del genere non meritava nemmeno considerazione.

"Io davvero volevo dirtelo, è che...non volevo tirarti giù con me" le avrei voluto spiegare che io giù ci ero già, il fondo lo avevo toccato e anche oltrepassato. Io ero persa, non mi sarei mai ritrovata. Non avrei lasciato che questo accadesse anche a lei.

"Jen, se non avessi voluto essere coinvolta non credi che me ne sarei già tirata fuori?"
"Si ma...non voglio che tu sia costretta ad affrontare tutto questo casino per colpa mia" lei si sentiva costantemente un peso, e me lo aveva dimostrato più volte.

Ero sicura che questo fosse colpa di suo padre, il suo assentarsi costantemente dalla vita della figlia, aveva creato dentro di lei l'idea di essere un problema. Chissà quante volte l'aveva scacciata perché doveva lavorare...

"Jen non sarai mai un peso, chiunque ti abbia fatta sentire tale si trovava in errore" lei sembrò stupita dal modo in cui ero riuscita a comprendere il motivo del suo comportamento.
Analizzare gli altri era sempre stata una mia abitudine. Era un meccanismo involontario che scattava dentro di me, senza che potessi fare qualcosa per fermarlo. Lo facevo e basta.

"Grazie, non so come avrei fatto senza una persona come te al mio fianco" per fortuna riuscii a impedire a quella risata amara di prendere vita. Lei non aveva idea di chi fossi veramente, come tutti gli altri, o quasi tutti, e questo era l'importante. Non potevo permettermi di far trapelare nulla.

Ci demmo appuntamento per la mattina successiva e poi ci dividemmo.
Mentre stavo entrando a scuola il rombo di una moto, che avevo imparato a conoscere, mi avvissò dell'arrivo di Dylan, l'ultima persona che volevo vedere.
Aumentai la velocità del mio passo e mi nascosi tra quella marea di studenti riuscendo a scampare il pericolo.

Le lezioni sembravano durare una vita, ma dopo un'eternità arrivai all'ultima ora.
La mia attenzione, però, era più precaria del solito.

L'insegnate di matematica continuava a scrivere numeri su numeri alla lavagna, ma non li degnai nemmeno di uno sguardo. Le materie scientifiche mi piacevano molto, ma quella mattina la mia testa era più per i fatti suoi che a scuola.

Non avevo nemmeno scritto la data sul quaderno aperto sul mio banco. La pagina era completamente bianca così, tentando di spostare la mia attenzione su qualcos'altro piuttosto che sulla mia montagna di problemi, mi misi a fare degli scarabbocchi sul quel foglio che da pulito avevo trasformato in sporco, come con tutto il resto.

Spesso mi ritrovavo a realizzare dei segni in modo totalmente casuale sui miei appunti o sulle pagine dei libri. Non avevano una forma precisa, la maggior parte erano linee, cerchi e figure geometriche. La fantasia era un'altra di quelle qualità che mi era sempre mancata.

"Signorina Smith sta prendendo appunti?" l'insegnante probabilmente aveva notato la mia completa mancanza di interesse per la lezione.
"Certo" risposi con tono ovvio. Mi ci mancava una strigliata di quelle ben fatte da una delle poche insegnati che mi sopportava ancora.

"Allora non ti dispiace farmeli vedere?" bene, ero fottuta. Cosa mi potevo inventare?
"Professoressa, dovrebbe credermi sulla parola, non crede?" ero talmente disperata da mettermi a parlare di fiducia con la mia insegnante di matematica.

Era una donna giovane, probabilmente sulla trentina. Il suo fisico asciutto e proporzionato era sempre racchiuso in dei completi professionli e semplici.
I suoi capelli biondi, spesso, erano raccolti in uno chignon basso e perfettamente ordinato, non aveva mai un capello fuori posto.
Le sue scarpe avevano sempre un piccolo tacco che risuonava sul pavimento ogni volta che si muoveva.
Sul suo viso erano costantemente presenti degli occhiali, di media misura, che si abbinavano perfettamente al suo viso.

"Ti credo, ma voglio solo essere sicura che tu abbia riportato tutto sul tuo quaderno" il rumore emesso delle sue scarpe somigliava tremendamente al ticchettio di un orologio, come per ricordarmi che il tempo scorreva e io dovevo trovare in fretta una soluzione.

Di impulso poggiai le braccia conserte sul banco coprendo il foglio bianco contornato da qualche segno incomprensibile.
"Signorina Smith, ho bisogno che lei tolga le braccia" sentivo gli sguardi di tutti bruciarmi addosso, non sarei stata in grado di sopportare quella situazione un istante di più.

Odiavo avere tutta l'attenzione su di me, mi sentivo sotto pressione e odiavo l'idea di essere monitorata da tutti quegli sguardi indiscreti.
Ero sul lastrico di un precipizio e loro aspettavano solo un mio passo falso per vedermi cadere.

"Okay, mettiamo fine a questa cosa. No, non stavo seguendo" confessai.
"Lo so" disse lei guardandomi come se aspettasse solo la mia conferma. Poi si voltò e tornò al suo posto, dietro la cattedra.
Riprese a spiegare come se nulla fosse. Dire che ero confusa sarebbe stato riduttivo.

"Bene ragazzi, per oggi abbiamo finito. Potete andare" mi alzai, ma dopo nemmeno un passo mi chiamò.
"Smith, tu resti ancora un po' con me" sicuramente voleva riprendermi per quello che era successo e, se ero fortunata, mi avrebbe anche dato una punizione.
Avrei di sicuro perso l'autobus per raggiungere Meg in ospedale.

Spazio autrice
Ciao bellissim*, ecco il nuovo capitolo.
Spero vi sia piaciuto, come sempre aspetto un vostro feedback.
Grazie per tutto, ci sentiamo presto <3
Vostra Clari🧡



Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top