48. Il mostro più spaventoso, noi stessi

                                                                            DYLAN POV
4 anni prima
"Mamma sono tornata a casa" mia sorella tutte le volte che tornava a casa doveva urlare per farsi sentire. Casa mia era enorme e fredda. Non mi era mai piaciuta, infatti non ci trascorrevo molto tempo. Ero sempre in giro con Jake e Theo a combinare qualche casino. Quell'adrenalina mi faceva sentire vivo.

"Ciao tesoro, come stai?" la salutò con due baci sulle guance, per fortuna a me tutti quei gesti erano risparmiati. Non apprezzavo ricevere particolare affetto, forse perché ero cresciuto senza, o forse perché semplicemente non mi piaceva.

"Bene. Ciao Dyl" Meg si avvicinò dandomi un abbraccio. I suoi erano gli unici che potevo tollerare. Quel gesto, in particolare, non lo sopportavo. Mi dava fastidio più degli altri. Mi faceva sentire come se stessi soffocando, mi ricordava tutte quelle scene spiacevoli che ogni giorno la mia mente mi costringeva a rivivere.

"Papà dov'è?" già, papà dov'era? Non lo sapevo da tempo.
"É dovuto andare via per una chiamata urgente a lavoro. Tornerà domani" Meg invece aveva per fortuna con suo padre ci era cresciuta, con un padre che l'amava. Io no, non avevo mai compreso il motivo. Non capivo se fosse colpa mia oppure se semplicemnte la vita aveva fatto quella scelta crudele per me.

"Oh va bene" dopo aver risposto sgattaloiò subito in camera sua. Ci rimaneva sempre un po' male quando lui o la mamma erano costretti ad assentarsi per il lavoro, ovvero molto spesso. Meg aveva solo 12 anni, era normale che volesse passare più tempo con loro. Io nonostante ne avessi solo 14 mi ero ormai arreso all'idea e poi non mi dispiaceva stare solo. Quando lo ero potevo allenarmi senza che nessuno mi dicesse niente.

Din don.
Il campanello suonò.
Non sapevo chi poteva essere a quell'ora del pomeriggio.
"Dylan puoi andare tu a vedere chi è? Io sto cucinando" con l'entusiasmo sotto i piedi mi obbligai ad abbandonare il mio comodo posto sul divano.

Aprii la porta e appena vidi la figura di fronte al mio viso il sangue nelle mie vene smise di scorrere.
"Devo parlare con tua madre" anche da quella distanza potei sentire l'odore di alcol che proveniva dalla sua bocca.
"Vattene" risposi con una freddezza agghiacciante.
Quell'essere mi aveva distrutto, aveva tolto il sorriso a mia mamma per anni e non aveva ancora smesso di farlo.

"Dylan chi è?" chiese mia madre non avendo ancora ottenuto risposta.
"Nessuno" risposi. Tentai di chiudere la porta, ma il suo piede me lo impedì.
"Non hai mai capito niente. Cosa ho fatto per meritare un figlio così inutile? Non servi proprio a niente. Non ti vergogni di essere così?" le sue parole avevano smesso di scalfirmi da tempo.

"Dylan si può sapere chi diav-" le parole smisero di uscire dalla sua bocca quando vide quel verme.
"Elizabeth" non aveva il diritto di pronunciare il suo nome, non lo meritava, non dopo tutto quello che le aveva fatto, non dopo tutta la violenza che le aveva scagliato contro.
"Richard cosa vuoi?"

"Parlare" una risata per nulla felice uscì dalle mie labbra.
"Che cazzo vuoi ragazzino di merda?" strinsi talmente forte i pugni che avevo paura esplodessero.
"Spaccarti la faccia, che ne dici?" non avevo paura di lui, non più.

"Brutto disgraziato inutile adesso te la faccio vedere io" prima che potesse solo avvicinarsi mia mamma si mise in mezzo.
"Dylan vai in camera tua, qui ci penso io" non l'avrei mai lasciata sola. Sapevo bene che se lo avessi fatto lui avrebbe colto l'occasione per picchiarla di nuovo. Lo faceva sempre, lo aveva fatto per anni e continuava a farlo appena ne aveva l'occasione.
Da piccolo non ero mai riuscito ad aiutarla, ma in quel momento lo avrei fatto. Mi ero allenato parecchio e lui era ubriaco, a stento si reggeva in piedi. Non era cambiato dall'ultima volta in cui lo avevo visto.

Non sapevo come facesse, ma appena il padre di Meg si assentava lui faceva la sua comparsa. Per fortuna la maggior parte delle volte mia sorella non c'era. Lei non aveva mai dovuto assistere a quella violenza. Non aveva mai visto la nostra mamma a terra senza forze dopo aver preso le ennesime botte. Non aveva mai assistito a i suoi pianti distrutti, al suo respiro spezzato. Sapeva quello che aveva fatto, ma non era mai stata obbligata ad assistere.

"Dylan ti ho detto di andare di sopra!" lei urlò, ma io non mi mossi ugualmente.
"Non ci vado"
"Mamma che succede?" mia sorella era scesa sentendo quel trambusto. Conosceva il suo volto, sapeva chi era "l'uomo" alla porta. Rimase immobile sulle scale, era pietrificata.

"Vai di sopra con tua sorella, non me lo fare ripetere un'altra volta" avrei tanto voluto farlo, ma non potevo.
"Sei peggio di quello che pensavo, sei anche sordo oltre che un fallimento" ai suoi insulti ci ero abituato.
 
"Che c'è? Vuoi che ti ricordi come si danno due schiaffi? Hai paura che picchi la tua mamma? Hai paura che per una volta buona la faccia fuori? Tanto è solo una lurida puttana che si è scopata il primo che passava" non ce la feci più, non riuscii più a trattenermi. Una rabbia cieca, che non avevo mai provato prima, si impossessò di me.

Gli saltai addoso come un animale. Il suo corpo finì a terra e io sopra di lui.
Iniziai a sfogare tutto lo schifo che mi aveva costretto a sopportare. Lo riempii di pugni. Tentò di reagire, ma l'alcol nel suo corpo non glielo permise.
Tutto intorno a me aveva cessato di esistere. Potevo sentire solo il suono dei miei pugni sul suo viso. Il resto dei rumori erano ovattati.

Qualcuno tentò di tirarmi dal braccio, ma ero troppo forte. La rabbia mi aveva dato una forza assurda. Sentivo il sangue scorrere come un missile nelle mie vene, il mio cuore andava ad una veocità molto sopra la media.

"Dylan ti prego fermati" qualcuno stava piangendo urlando queste parole, era la voce di una bambina. Apparteneva a mia sorella. Il rumore dei suoi singhiozzi non mi impedì di continuare, anzi, il ritmo dei miei pugni aumentò al pensiero della sofferenza che aveva provocato anche a lei indirettamente.

"Dylan,amore mio, ti prego fermati. Così lo uccidi" mia madre...quanti pugni, quanti schiaffi e quanti insulti aveva dovuto sopportare...
Quel viscido verme l'aveva distrutta. L'aveva picchiata così tante volte che molte di esse pensavo non aprisse più gli occhi.

Iniziai a prenderlo a pugni anche in altre parti del corpo.
"BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA ADESSO NON PARLI ? ADESSO NON MI DICI NIENTE?" gli urlai in faccia.
"TI FAI PRENDERE A PUGNI DAL TUO INUTILE E SCHIFOSO FIGLIO? NON HAI QUALCHE COMMENTO DA FARE? NON HAI INSULTI?" continuai. La gola mi stava andando a fuoco per lo sforzo.
"BRUTTO BASTARDO RISPONDIMI!" per un solo istante mi fermai, volevo vedere se aveva qualcosa da dire, o meglio, se riusciva a farlo.

Uno, due, tre secondi passarono.
Dalle sue labbra non usciva niente. Era fermo, quasi come se fosse morto. Il suo corpo era inerme.
Mi guardai le nocche. Erano piene di sangue. Il suo volto era irriconoscibile.
Ero stato io? Lo avevo ridotto io così?

Non riuscivo a muovermi. Rimasi a guardare.
Lo meritava, ma non avrei mai pensato che fossi in grado di fare una cosa del genere.
Cosa avevo fatto?

"Dylan, oh mio dio. Vieni qui" mia mamma mi tirò via da lui e mi accolse tra le sue braccia. Ero talmente sotto schock che non riuscii nemmeno a impedirle di farlo.
Ero un essere spregevole, ero come lui, persino peggio.
Lo odiavo così tanto perchè alla fine ero uguale?

Megan continuava a piangere come una disperata. Mia madre prese anche lei e la unì all'abbraccio.
"Basta, è tutto finito, va tutto bene" riuscii ad alzare gli occhi sul suo volto e notai che era rigato dalle lacrime. Lei ricambiò il mio sguardo, ma quello che vidi al suo interno mi spaventò.

Non provava schifo o orrore nei miei confronti, era dispiaciuta, triste...
Non riuscii a sostenere il suo sguardo così lo abbassai.
Mia sorella abbracciò come non aveva mai fatto.
Perché stavano ancora vicine a me? Sarebbero dovute scappare.

Mi sentivo sporco, macchiato, ma non per via del sangue sulle mie mani e sulla mia maglia. Era qualcosa di più profondo, veniva dall'interno del mio corpo.
Mi verognavo per quello che avevo fatto. Avrei potuto continuare per ore a distruggerlo, non sapevo come avevo fatto a fermarmi.
Qualcosa si era impossessato di me, mi ero trasformato nel mostro che avevo tanto ripudiato.

Spazio autrice
Ciao bellissim*, scrivere questo capitolo mi ha lacerata dentro. Mi ha completamente svuotata. Non avete idea di quante lacrime io abbia versato scrivendolo. Per quanto la stesura sia stata dolorosa, ci tengo particolarmente. È un capitolo molto delicato, lo lascio nelle vostre mani, abbiatene cura vi prego.
Ci sentiamo presto.
Vostra Clari🧡

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