45. La confusione

"Haely" qualcuno sussurrò il mio nome, ma non capii chi. Il corridoio era vuoto, c'ero solo io.
"Psss, di qua" mi girai, ma continuai a non vedere nessuno.

Improvvisamente venni afferrata dal braccio e trascinata nel laboratorio di chimica, che era al mio fianco.
"Ciao anche a te" era Jen.
"Tranquilla non ti fare scrupoli, trascinami pure come un peluche quando vuoi" dissi sarcasticamente.

"Hey non incolpare me! Io ci ho provato a chiamarti, ma tu sei cieca!"
"Per chi mi hai presa? Un agente 007?" risi all'idea di me travestita da agente segreto.
"Può darsi" rise con me.

"Giuro che stavo arrivando, ma ho avuto un piccolo contrattempo"
"Contrattempo è il nuovo modo in cui chiami Dylan?" rimasi con la bocca semi aperta.
"Hai sentito tutto?" sperai vivamente di no. Non che fosse successo qualcosa di particolarmente strano, ma tutti fraintendevano.

"Guarda che non è un segreto di stato. Siete due adolescenti è normale innamorarsi a questa età. Certo Dylan è un cretino patentato, ma-" aveva perso la testa. Cosa stava farneticando?
Innamorarsi? Io? Lui? Non scherziamo.

"Jennifer quanto forte hai sbattuto la testa?"
"Dai finiscila. Me ne sono resa conto persino io della chimica che c'è tra di voi!"
"Non posso credere che tu pensi cose del genere" ero allibita. Tra tutti non sapevo chi era messo peggio. Erano convinti che tra me e quel coso ci fosse qualcosa. Una convinzione che non stava né in cielo né in terra.

"Come vuoi, ma quando te ne renderai conto non mi risparmierò il: te lo avevo detto" fece spallucce.
"Invece di sparare certe cose, dimmi come mai mi hai scritto. Solitamente durante le lezioni non ci vediamo" era meglio non rischiare.
"Oh si..." quel sorrisino che prima sfoggiava sparì immediatamente.

"Jen, che succede?" stava per dire qualcosa, ma cambiò idea.
"Ti sembrerà una cosa assurda, forse mi prenderai per pazza, ma volevo cercare di avvicinarmi a Dylan e ho pensato che tu potessi darmi dei consigli" qualcosa non mi tornava. Non era quello che mi voleva dire davvero.
Si stava torturando le dita e continuava a toccare i capelli, tipico di chi era agitato o mentiva.

"Sei sicura che fosse questo quello che volevi dirmi?" aveva corso il rischio di essere viste insieme solo per quello? Non credevo proprio.
"Certo, che cosa altrimenti?" sembrava così sicura...
"Mh farò finta di crederti, ma fammi capire una cosa. Tu, che conosci Dylan da molto più tempo, vieni a chidere consigli a me. Io che al massimo posso dirti come farlo incazzare? Lo sai che questa cosa non regge?"

"Sono davvero disperata. Ho bisogno di lui, non so spiegartelo. Mi manca il vecchio rapporto che avevamo, quando tutto era semplice tra di noi" niente da fare, non mi aveva convinta nemmeno così. I suoi occhi guizzavano da una parte all'altra dell'aula vuota, come se avesse quasi paura di incontrare il mio di sguardo, come se si sentisse in colpa per qualcosa.

"Mi dispiace, ma io non posso aiutarti in questo. Jen, se avessi notizie di quell'essere spregevole, me lo diresti vero?" avevo provato ad indovinare, magari quel mostro era la ragione del suo malessere.
"Si" la risposta fu fulminea. Mi guardò, ma non fui in grado di capire cosa ci fosse in quella distesa di azzurro.

Non potevo costringerla a parlarmi, se avesse voluto lo avrebbe fatto da sola.
"Bene, allora mi sa che io non ti servirò a molto" mi arresi.
"E se tu ci provassi a parlare?"
"È più probabile l'arrivo di un asteroide piuttosto che lui mi dia ascolto. In questo periodo ci sopportiamo ancora meno e lui è persino più scazzato del solito. Meglio evitare" non era proprio il caso.

"Mh okay" era titubante, ma non per la mia risposta.
"Io vado. Jen, seriamente, se hai bisogno dimmelo" stavo per uscire, ma mi afferò dal braccio.
"Scusami" sembrava davvero pentita per qualcosa, ma non riuscivo a risalire al motivo.
"Per?" le chiesi.
"Scusa" uscì dall'aula.

Che cosa stava succedendo? Non ci capivo più nulla.
Provai a seguirla, ma quando uscii dal laboratorio lei era già svanita.
Dire che ero confusa sarebbe stato un eufemismo.

 
                                                                              DYLAN POV
Ero stufo di sentire l'ennesimo professore parlare di cose inutili. Passavo ore della mia vita chiuso in un'aula per imparare cosa? Mi insegnavano a vivere? Mi insegnavano valori importanti? No, tutto quello che apprendevo erano mucchi di nozioni inutili.
Uscii prima della fine delle lezioni fregandomene delle conseguenze a cui sarei andato incontro.

Mi appoggiai alla macchina e mi accesi l'ennesima sigaretta.
Senza la nicotina sarei impazzito sul serio.
Tutto mi era sfuggito di mano e non sapevo come fare per riprenderlo.
Non sarei riuscito a tenere tutto in piedi per molto, soprattutto me stesso.

Dovevo parlare con mia madre. Lei era l'unica a sapere.
Finii la sigretta e partii.
Sfrecciai per le strade con le canzoni dei Neighbourhood che rimbombavano nell'auto.

"Mamma ci sei?" urlai appena varcata la porta.
"Dylan che ci fai qui? Dovresti essere a scuola"
"Dovrei fare molte cose, ma non le faccio. Hai novità?"

"Sì...ma ti devi sedere" quando mi diceva così non erano mai buone notizie.
"Non ne ho bisogno" ero parecchio nervoso. Da quando lui si era svegliato io non dormivo più.
"Dyl, devi stare calmo" troppe volte mi avevano ripetuto quelle parole come se dirmelo potesse davvero servire a qualcosa.

"Mamma parla e non fare giri di parole inutili"
"Ti vuole vedere, vuole parlare" la rabbia iniziò a scorrere con violenza nelle mie vene. Stavo perdendo il controllo, o forse lo avevo già fatto.

"Non è vero" affermai deciso. Non era possibile.
"Magari se provi a sentire quel-" non la lasciai finire.
"Non ci posso credere" mi uscii una risata che di felice non aveva niente.

"Sei assurda! Mi stai chidendo di parlare con la persona che ha distrutto la mia vita! Dopo tutto quello che ti ha fatto, che ci ha fatto, tu mi dici di stare a sentire cosa ha da dire?!" stavo urlando come non mai.
"Cazzo sei impazzita! Se è su quel letto è grazie a me, doveva essere sotto terra! Io non ho prorpio un cazzo da dirgli!" non ero più io a parlare. Ero schiavo della rabbia, schiavo della violenza che avevo subito.

"Dylan lo so ma-"
"Ma cosa mamma? Forza, dimmelo!" mi faceva male la gola per quanto avevo urlato.
Sentivo il mio corpo andare a fuoco. Ero teso come una corda di violino, un tocco e mi sarei spezzato.
"Senti solo cosa ha da dire. Cerca di capire le sue prossime mosse"
"Se vado lì finisco il lavoro che ho iniziato. Così ti è più chiaro?"

"Dylan non stai ragionando. Ci devi parlare altrimenti per te si mette male"
"Per me si è messo male da quando ho solo 1 anno. Un fottuto anno!"
"Non puoi incolpare me!" anche lei aveva iniziato ad urlare.

"Non lo sto facendo, ma smettila di sparare stronzate perché lo sai cosa sarei capace di fare a quel pezzo di merda!"
"Te lo farai andare bene" basta, era troppo.
"Vaffanculo a te e a lui!" me ne andai sbattendo la porta. Partii a tutta velocità ignorando qualsiasi limite.

Avevo bisogno di sfogare la mia rabbia in qualche modo.
Accostai e tirai fuori il mio quadernino e la mia matita.
Iniziai a fare scorrere la mina sul foglio con una velocità spaventosa. Ogni tratto che disegnavo su quel foglio bianco, era un taglio sulla mia anima.
Ogni segno, ogni linea era parte del mio dolore, di quella sofforenza che tentavo di reprimere da anni perché se non lo avessi fatto sarei crollato a pezzi.

Spazio autrice
Ciao bellissim*, scrivere questo capitolo non è stato semplice.
Cosa è successo a Jennifer e a Dylan?
So che probabilmente ora non ci starete capendo molto, ma vi assicuro che nei prossimi capitoli tutto sarà più chiaro.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Vostra Clari🧡

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top