37. Una ragazza del passato
JENNIFER POV
Theo era visibilmente preoccupato.
Mille pensieri passavano per quel bosco che aveva negli occhi.
Non mi era mai sembrato un tipo che si fidava facilmente eppure piuttosto di sistemare le cose con i suoi amici si stava fidando di me.
Certo, non ero una completa sconosciuta, ma la mia reputazione mi precedeva.
Agli occhi di tutti ero la ragazza facile, bella, ma senza cervello.
Alla fine quelle opinioni taglienti mi avevano plasmata a loro piacimento e quando me ne ero resa conto ormai era troppo tardi.
L'unica cosa che potevo fare era adattarmi e così avevo fatto. Avevo iniziato a diventare quella che loro volevano e non quella che dovevo essere, me stessa.
Tutto era iniziato quando avevo cominciato a girare con persone completamente diverse da me, come Mindy.
In quegli anni avevo perso tanto, soprattutto me stessa, ma avevo anche trovato qualcosa.
Persone come me, nascoste dietro ad una maschera, ad un'immagine illusoria. Dylan era così.
Dietro a quel suo modo di fare strafottente si celava una persona che avrebbe sacrificato se stesso pur di salvare le persone a cui voleva bene.
Le apparenze ci rovinavano. Distruggevano completamente la nostra persona.
L'immagine era tutto per tanti.
Erano convinti che da una cosa futile come un indumento si potesse delineare chiunque.
Per loro un vestito determinava chi lo indossava, ma in realtà un abito definiva la nostra immagine non la nostra persona. Un concetto che per molti era difficile da concepire.
"Okay, ci sono" prese coraggio.
Mi preparai mentalmente per prestare la massima attenzione alle sue parole.
"Olivia, come penso tu sappia, è la figlia del preside. Veniva a scuola con noi, ma un giorno ha smesso di frequentarla. Ti sei mai chiesta perché?"
"Si, la sua improvvisa assenza mi è sembrata strana"
"Sicuramente saprai anche che Dylan se la scopava" quelle parole erano dure, secche e contenevano un'amarezza pungente.
Ero sempre più confusa, non riuscivo a capire cosa centrasse Olivia in tutta quella storia.
Annuii e lui continuò.
"Durante una lezione di scienze mi capitò di sedermi affianco a lei. Non l'avevo mai notata prima nonotante fosse una ragazza di una bellezza disarmante. Piano piano iniziai a conoscerla e me ne innamorai. Ero completamente perso di lei, ma non lo sapevo, non avevo mai provato niente del genere per nessuna quindi non seppi riconoscere quel cambiamento dentro di me"
Non si poteva negare che fosse bellissima. Aveva dei capelli ricci e lunghi, un corpo perfetto e un viso che sembrava essere disegnato a regola d'arte. La sua pelle mulatta era sempre perfetta e luminosa.
"Oh, non lo sapevo" mi uscii spontaneo. Ero stupita da questa sua confessione inaspettata.
"Negherei se dicessi che la sua bellezza non fu la prima cosa che attirò la mia attenzione. Fu questo a portarmi a pensare che le sensazioni che avevo fossero semplice attrazione e desiderio"
Spesso l'amore veniva scambiato per questi due. L'amore era un sentimento che si divertiva a travestirsi e pochi sapevano scovarlo.
Era più semplice arrendersi e convincersi che fosse altro piuttosto che tentare di comprenderlo.
L'amore era per pochi, solo per chi aveva il coraggio di intraprendere un viaggio del genere.
Lo ascoltavo silenziosamente, si vedeva che aveva bisogno che qualcuno lo facesse.
"Presi la cosa molto alla leggera e decisi di parlarne con Dylan. Lì feci un errore fatale, forse il peggiore che abbia mai fatto. Pieno di ormoni lanciai una scommessa con Dyl. In fondo sapevo che avrebbe accettato, amava vincere" quel tipo di cose non portavano mai a niente di buono. Era risaputo, ma gli adolescienti adoravano quel senso di adrenalina e così l'istinto prendeva il comando.
"Che genere di scommessa?" temevo la risposta.
"Chi l'avrebbe portata a letto per primo avrebbe vinto. A fomentare la mia stupidità si aggiunse il brivido del proibito. Era la figlia del preside e l'idea di fargli un torto sotto al naso rese il tutto più elettrizzante" una smorfia di disgusto si manifestò sul mio volto.
"Sei un coglione!" non riuscii a evitare quel commento.
"Questo l'ho appurato" disse lui imbarazzato.
"Preparati perché sarò estremamente schietta. Io non ho peli sulla lingua.
Lei non era un fottuto oggetto che potevate usare per le vostre cazzo di voglie. Il solo fatto che entrambi ci abbiate pensato e probabilmente lo abbiate fatto mi mette i brividi. Anche se lei era d'accordo di farsi scopare da uno di voi due imbecilli quello che avete fatto è sbagliato. Non potete scommetere cose del genere su delle persone, chiunque esse siano" mi ero infervorata parecchio. Ero fatta così, bastava poco per accendermi.
"Hai ragione, ma ti ricordo che quell'imbecille di Dylan te lo sei fatta pure tu" presi un cuscino a caso e glielo tirai.
"Ai!" si lamentò.
"Questo è il minimo" mi difesi io.
"Tra tutto quello che ho detto l'unica cosa che ha attirato la tua attenzione è stata quella? Sei messo peggio di quello che pensavo" dissi con fare particolarmente esasperato, ma anche ironico sull'ultima frase.
Sapevo bene che le parole avevano un peso e bisognava stare attenti all'uso che se ne faceva. Erano armi a doppio taglio. Capaci di curare tanto quanto di ferire irrimediabilmente.
"No bhe, ho recepito anche il resto. Lo so di aver sbagliato, ma non è questa la parte peggiore in realtà" eravamo messi benone. Se il peggio doveva ancora arrivare non sapevo cosa aspettarmi.
Controllai l'orario, avevo ancora tempo.
"Vai avanti" dissi in un attimo di coraggio.
"Dylan riuscì ad averla per primo e solo quando la vidi stargli attaccata capii la stronzata che avevo fatto. Mi resi conto di quello che provavo per lei, ma ormai lei non aveva più occhi per me. Tentai in tutti i modi di riavvicinarmi, ma era impossibile. I suoi occhi brillavano solo quando vedeva Dylan"
"Capisci il valore delle cose o delle persone solo quando non sono più tue, quando ti scappano" mormorai. Quella frase descriveva perfettamente la sua situazione.
"Lei non è mai stata mia e non lo sarà mai..." l'amarezza delle sue parole riuscì a toccare perfino me. Il suo dolore era talmente forte e presente che potevo sentirlo, quasi toccarlo.
Nessuna parola avrebbe potuto alleggerire quel peso. L'unica cosa che potevo fare era trasmettergli il mio sostegno con uno guardo e così feci.
Quello che aveva fatto era inammissibile, ma non ero io a doverlo condannare per le sue azioni. Non ne avevo il diritto, potevo solo presentargli il mio disappunto come avevo fatto.
"Scusami. Tu eri tranquilla e sono arrivato io a romperti con i miei problemi fastidiosi" quando era arrivato ero la cosa più lontana che ci potesse essere dalla tranquillità.
Alla fine quella conversazione stava aiutando anche me. Parlare dei suoi casini faceva distrarre me dai miei.
"Se non avessi voluto aiutarti ti avrei detto di no fin da subito. Continua pure" lo incoraggiai e per fortuna decise di fare come gli avevo proposto.
"Saprai meglio di me quanto Dylan odi i legami emotivi che vadano oltre all'amicizia o alla famiglia. Detesta l'idea di legarsi a qualcuno" diceva che una relazione era come una gabbia e lui voleva essere libero da quei vincoli. Aveva una cognizione dell'amore tutta sua.
"Già. Ha dei modi particolari di vedere le cose di questo tipo.
Non appena ci siamo conosciuti la prima cosa che ha messo in chiaro è stato il suo disappunto sulle relazioni, ovviamente dopo avermi detto che detesta le persone estremamente chiaccherone" entrambi ridemmo a quel pensiero.
"Non sopporta decisamente le persone che parlano tanto. Mi ricordo che alle elementari c'era una bambina che parlava tantissimo. Non smetteva mai.
Un giorno misero me, lui, Jake e questa bambina a fare un lavoretto di natale insieme.
Dopo quasi un'ora Dylan non ce la faceva più a sentire questo costante rumore nelle orecchie. Prese un batuffolo di cotone e glielo ficcò in bocca con tanto di raccomandazioni.
Ci credi se ti dico che quella bimba non parlò più vicino a Dylan?" scoppiai in una risata fragorosa. La scena era esilarante.
"Oddio, mi fa male la pancia da quanto ho riso" avevamo riso davvero tantissimo.
"A chi lo dici" disse con una mano sull'addome.
Quella leggerezza momentania fu una vera e propria boccata d'aria fresca.
"Lo vuoi qualcosa da mangiare?" gli chiesi alzandomi. Erano ormai le 5 di pomeriggio e il mio stomaco stava brontolando da parecchio.
"No grazie, sto bene così"
"Come vuoi. Io invece devo mangiare qualcosa altrimenti impazzisco" presi una confezione di biscotti al cioccolato, da uno dei tanti mobili che c'erano in cucina, e tornai in soggiorno.
"Okay, ora sì che si ragiona" mi sedetti nuovamente al suo fianco e mi misi comoda.
"Sei pronta al peggio?" non lo ero per niente, ma era l'unica opzione per aiutarlo.
"Si" risposi titubante. Era un si per niente convincente.
"Olivia perse completamente la testa per Dylan. Nonostante lui le avesse ribatito mille volte che per lui fosse solo sesso lei si era convinta di altro. Lo vedeva come un soggetto da salvare, ma era la cosa più sbagliata che potesse pensare" Dylan era da capire, non da salvare.
Non voleva che qualcuno lo aiutasse perché era convinto di non averne bisogno e non si poteva salvare qualcuno che non voleva essere salvato.
"Idealizzò la sua persona fino a crearne una versione distorta. Da parte sua trovava sempre un muro eppure contiuava a sbatterci la testa finchè un giorno lui ci chiuse definitivamente"
non parlavo perché ero troppo concentrata sulle sue parole.
"Allora tornò da me. Mi supplicò di aiutarla. Mi riempì di balle dicendomi che mi aveva sempre amato e io le credetti. Decisi di parlare con il preside, ma alla fine non lo feci.
Mi fermai solo perché non avevo le palle di mettermi nei casini e non perché avrei buttato merda sul mio migliore amico. Parlando di quello che era successo anche io sarei finito in mezzo. Sono stato uno stronzo e un codardo. Dylan aveva sempre avuto ragione eppure non me ne ero mai reso conto" non sapevo cosa dire.
"Avevo creduto a lei piuttosto che alle parole del mio migliore amico. Lui mi raccontò tutto quello che era realmente successo, ma io non gli credetti e gli voltai le spalle" le sue parole avevano creato un caos assurdo nella mia testa.
"Non mi torna una cosa. Olivia che fine ha fatto?" chiesi confusa.
"È andata fuori di testa. Si è fatta consumare da quelle idee contorte fino ad impazzire. Si è persa e non ha più ritrovato la strada. Ora si trova in un centro lontano da qui. Il padre l'ha fatta trasferire con la madre" i pezzi del puzzle piano piano si incastravano.
In quel momento riuscii a comprendere il motivo di tanto odio da parte del preside verso i due.
"Suo padre quindi alla fine ha capito tutto?
"Con il tempo ha compreso che i colpevoli fossimo noi due, ma non poteva fare niente. Non aveva prove che ci potessero incriminare" vedere il quadro completo era tutta un'altra storia.
"Che legame ha tutto ciò con il casino che hai combinato ultimamente con Dylan?" mancava l'ultimo tassello.
"Ho litigato con lui per un'altra ragazza e ora ha tagliato completamente i rapporti con me. Per farti capire tutto avevo bisogno che tu sapessi quello che era già successo" inevitabilmente la mia curiosità si accese.
"La conosco questa ragazza?"
"Credo di si, ma non vi sopportate. Vi odiate" non mi veniva in mente nessuno.
"Chi è?"
"Haely" sbiancai.
Spazio autrice
Ciao bellissim*, ecco il nuovo capitolo. Cosa ne pensate?
Un bel fardello quello di Olivia vero?
Vi lascio un'immagine di come io ho immaginato Olivia.
Spero che la storia vi stia piacendo.
Grazie per tutto.
Clari🧡
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