8. My reputation's never been worse

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Selena Gomez, Kinda Crazy 

«Nives Wayne!», la voce stridula di mia madre mi scivola addosso come un refolo d'aria fredda, facendomi rabbrividire. La voglia di fingermi morta in questo momento è tanta. Cosa avrò mai combinato adesso?

«Se entro due minuti non vieni qui, chiamo l'avvocato e gli dico di toglierti dal mio testamento».
Non sapevo nemmeno che avesse già redatto il testamento. Questa sì che una sorpresa!

Scendo dal letto e vado nella sua stanza.
È seduta per terra in una maniera alquanto drammatica, ha le braccia avvolte intorno ad cuscino peloso color rosa. La mano con cui regge il cellulare inizia a tremare in modo incontrollabile. Solleva lentamente lo sguardo verso di me, i suoi occhi sono velati da una rabbia accecante.

«Hai completamente perso la ragione?», sbraita alzandosi in piedi. Mi raggiunge a grandi falcate, lasciando da parte la sua solita eleganza e lancia il cuscino dall'altra parte della stanza. Mi afferra per il braccio e mi attira a sé, mettendomi davanti al viso il suo cellulare.

«Dimmi cosa vedi», ringhia conficcando le unghie nel mio braccio.

«Mi stai facendo male», ruoto leggermente la spalla, cercando di liberarmi dalla sua presa ferrea.

«Cosa vedi?», ripete belligerante.

«Sono io, mamma! E a meno che tu non soffra all'improvviso di Alzheimer, deduco tu lo sappia già», rispondo con tono sarcastico.

«E cosa stai facendo in questo video?». Con l'indice e il pollice mi afferra il mento costringendomi a sollevare la testa e guardarla dritto negli occhi. La sua rabbia parla, la sento scivolarmi addosso, aggredirmi. E io per la prima volta mi vergogno di essere nata.

«Sto ballando. Ora la puoi smettere di riempirmi di domande idiote?»

Lancia il cellulare sul letto e si prende la testa tra le mani. «Come diamine è possibile? Proprio tu. Tu Nives! Stavi ballando su un tavolo in una squallida discoteca da quattro soldi! Mi spieghi come diamine ci sei entrata là dentro? Quei tizi seduti accanto a te sembrano i figli di Pablo Escobar»,  si porta una mano sul petto e fa dei bei respiri, cercando di calmarsi.

Rimango pietrificata davanti a lei. «Chi te l'ha mandato?», chiedo, cambiando discorso.

«Chi me l'ha mandato? Questo cazzo di video è ovunque in rete!», apre le braccia esasperata e spalanca la bocca, completamente scioccata.

Si siede sul bordo del letto e stringe i pugni sulle cosce, poi serra gli occhi per un paio di secondi e inizia a dire con voce ferma: «Noi abbiamo un marchio. La gente sa chi sono. La gente sa chi è mia figlia! Pensavo fossi più responsabile, maledizione!», scoppia a piangere e io la fisso, attonita. Non so cosa fare.

«Non è come pensi», cerco di spiegarle.

«Oh, davvero? Perché a me sembra che mia figlia sia diventata una troietta qualsiasi nel giro di pochi giorni!».

Taylor... Taylor stava facendo il video! Maledetto stronzo!

«Non disperarti, risolverò le cose da sola. Andrà tutto bene», la rassicuro. Torno nella mia stanza, agguanto il cellulare da sopra il comodino e lo zainetto ed esco fuori. Cammino a passo spedito senza avere una meta precisa. Non so nemmeno dove si nasconde quello stronzo!
Mentre cerco il suo contatto su Instagram, sento qualcuno suonare il clacson dietro di me. Mi giro come una belva, mostrandogli il dito medio.

«Stai andando da Zahra?»
Kyle abbassa il finestrino e sposta gli occhiali da sole sulla punta del naso per guardarmi meglio. «Sai dove puoi ficcartelo, quel dito?», commenta con un sorrisetto furbo.

«Non sono dell'umore», rispondo mordace.

Continuo a camminare, portando avanti la mia ricerca.

«Ehi, Nives», Kyle continua a parlare e io mi blocco. «Sono felice di aver contribuito alla tua fama, perché se non fossi stato lì quel ballo sarebbe stato un totale disastro. Non è così?».

Dunque, l'ha visto anche lui.

«Non ho ballato grazie a te!», esclamo collerica  stringendo il cellulare fino a sentire il palmo della mano indolenzito. Avanzo verso la sua auto, lui ferma il motore.

«No, infatti hai ballato per me. Ma tranquilla, sarà il nostro piccolo segreto», mi fa l'occhiolino. «Dove stai andando?»

Un ghigno mi deforma le labbra. «A fare un patto con il diavolo».

Kyle scende dalla macchina e con aria disinvolta si appoggia alla carrozzeria, inclina di poco il capo e mi fissa con aria complice. «Il diavolo ha diverse sembianze, Wayne», appoggia il palmo sul cofano per darsi una spinta e mi raggiunge con una sola falcata. «Cosa posso fare per te?»

«Kyle, io non sto scherzando», incrocio le braccia al petto. «Voglio vendicarmi. Gli distruggerò quella cazzo di macchina», sorrido con aria perfida.

«Bene, sali», indica la sua auto.

«Non stavi andando da Zahra?», chiedo, inarcando un sopracciglio.

Scuote la testa. «Non mi perderei questa cosa per niente al mondo».

Salgo sul sedile anteriore, anche se la voglia di farlo fuori non mi è ancora passata.
«Per caso sai in quale fogna si nasconde quel ratto?»

«Chiami così tutti i ragazzi con cui esci?», si rimette di nuovo gli occhiali da sole e io arrossisco.

«Vuoi metterti in fila, per caso?», ribatto.

Kyle ingrana la marcia e si gira per guardarmi con un sorrisetto storto. La sua mano è vicino alla mia coscia. «Di solito le file le salto sempre, Nives. Non potrei dire la stessa cosa di te. Dev'essere terribile fare la fila dietro a Zahra, vero?», si morde il labbro per nascondere il divertimento e io vorrei semplicemente sotterrarmi. Frecciatina ricevuta.

«Possiamo non parlarne più? Non mi piaci, se è ciò che pensi. Puoi dormire tranquillo», sbuffo e rivolgo lo sguardo fuori dal finestrino.

«In realtà dormo abbastanza bene. La vera domanda è: tu riesci a dormire, dato che non fai altro che pensarmi?»

«Ridimensiona un attimo il tuo ego, per piacere», gli lancio un'occhiataccia.

«Non fa che aumentare in tua presenza», si stringe nelle spalle.

«Sai cos'altro aumenta in mia presenza?», gli dico con un sorriso da vera pazza. Kyle per poco non sbanda. Si gira un paio di volte verso di me, ma non risponde più. Le sue labbra fremono e il mio cuore ha un sussulto. Siamo solo amici! E lui mi sta aiutando. In qualità di amico. Nulla di più.

Un paio di minuti più tardi ferma la macchina e indica un parcheggio semi vuoto.

«Mi hai portato qui per-», lo guardo male.

«No, Nives, riesco a controllare ancora i miei impulsi, non sono un animale», scende dalla macchina e io lo seguo con aria confusa. Apre il portabagagli ed estrae una mazza da baseball chiodata. «Prego, divertiti. Questo è il ritrovo dei fattoni», indica un edificio abbandonato. «E quella è la sua macchina».

Prendo la mazza tra le mani. «E tu come fai a conoscere questo posto?»

Non risponde. Si appoggia alla macchina e incrocia le braccia al petto.
Avanzo a piccoli passi con la mazza stretta tra le mani e la sollevo per metterla sulla spalla. In questo momento mi sento come Harley Quinn, solo con qualche problema mentale in meno.  Mi fermo davanti alla Mercedes di Taylor, sollevo la mazza e inizio a colpire più e più volte il parabrezza, fino a quando non si riempie di crepe. Trascino la mazza sulla fiancata destra, rigandola, e sorrido tra me e me.

Kyle mi guarda con un sorrisetto complice. Gira le chiavi intorno al pollice e poi grida: «Andiamo, può bastare!»

Un vociare confuso fa scattare la mia testa verso l'edificio. Intravedo un paio di figure, quindi con il corpo carico di adrenalina  inizio a correre verso Kyle e salgo rapidamente in macchina.
«Ehi! Ehi maledetti stronzi!», grida Taylor, ma Kyle parte sgommando.

«Oh merda, secondo te sa che sono stata io?», gli chiedo deglutendo rumorosamente.

«Forse sì. Forse no. Chi se ne frega», alza il volume della musica e preme il piede sull'acceleratore ancora di più.
«Ci stanno seguendo», mi fa sapere e sento la testa girare.

«Sono nei guai. Oddio, sono davvero nei guai. Adesso sono una specie di criminale, non è così? Sono una ricercata?», mi prendo la testa tra le mani in preda alla disperazione.

«Siamo, Wayne. Siamo nei guai», mi corregge.

Mi aggrappo alla maniglia antipanico e do un'occhiata nello specchietto. Kyle prende una curva e il mio corpo scivola verso il suo.
«L'hai fatto apposta», mormoro con il mento premuto contro il suo braccio.

«Avresti dovuto mettere la cintura di sicurezza».

«La metterò».

«Però adesso puoi staccarti da me.»

Dopo averli seminati, Kyle accosta la macchina e mi fa cenno di scendere.
Percorriamo un vialetto nascosto dalle folte chiome degli alberi e ci addentriamo in un cimitero.
Mi afferra per il braccio, io gli cammino dietro, più rigida di un sasso.
Si siede su una panchina di marmo e allunga le gambe, stiracchiandosi.  A qualche metro più in là c'è un funerale. La gente piange, lui invece si accende una sigaretta e si rilassa.

«In un cimitero? Sul serio?», incrocio le braccia al petto.

«Nessuno verrebbe mai a cercarti in un cimitero. È il luogo perfetto dove nascondersi», incastra gli occhiali sulla testa e si infila la sigaretta tra le labbra piene.

«Quindi scappi spesso dai problemi?»

«Io non ho problemi, Wayne», appoggia l'avambraccio sullo schienale della panchina e si gira col corpo verso di me per guardarmi meglio. «Ma tu potresti diventarlo a breve».

Abbasso lo sguardo, il viso è in fiamme. «Mi dispiace».

«A me no», si alza in piedi e scandaglia con occhi pigri le diverse tombe intorno a noi.

«Che vorresti dire?», tiro su le gambe.

«Che se il tuo corpo reagirà un'altra volta in quel modo, il problema sarà più grosso del previsto», avvicina il viso al mio. «E non sarà l'unica cosa ad essere grossa qui».

Scatto in piedi, allontanandomi immediatamente, più in imbarazzo di prima. Kyle scoppia a ridere.
«Sei un vero maiale! E poi, ricordati che abbiamo iniziato da zero, quindi niente battutine stupide!».

«Lo so, lo so. Ma è piacevole prenderti in giro».

Qualcuno suona ininterrottamente il campanellino della bici dietro di lui. Io e Kyle stiamo bloccando il passaggio. La donna sulla bici indossa un vestito lungo nero e ai piedi ha un paio di scarpe da tennis consumate. Gli occhi sono rossi, lo sguardo determinato e i lineamenti del viso abbastanza rigidi.

«Siamo in un cimitero, non facilitarmi il compito, chiunque tu sia», commenta Kyle girandosi verso di lei. La signora continua a suonare il campanellino senza dire una parola.

«Scusi, ma potrebbe passare di là», le dico gentilmente, indicandole lo spazio vuoto accanto.

La signora continua a suonare imperterrita, poi sibila: «Spostati, maledetta!»

Guardo Kyle, leggermente preoccupata. Lui getta la sigaretta a terra e poi si mette davanti a me, pronunciando con voce profonda: «Che ne dici di levarti dal cazzo prima che ti venga una tendinite al pollice?». Le sue parole non servono a niente, perché la donna continua a suonare incessantemente il campanellino. Kyle fa un respiro profondo, poi si sposta di lato, chiudendo gli occhi. Probabilmente sta cercando di non commettere un omicidio proprio qui.

La donna sogghigna, ma poi il suo sorriso si allarga sempre di più fino a scoprire i denti gialli. Sembra consumata dalla follia ma al contempo il dolore la circonda come un'aura.

«La gente ha paura di quelle come me, e sapete perché?», bisbiglia allungando il collo verso di noi.
Come una bambina mi nascondo dietro la schiena di Kyle e la guardo con sospetto.

«Oh, fammi indovinare! Forse perché hai evidentemente dei fottuti problemi mentali?», dice Kyle.

«E voi li avrete non appena varcherete quel cancello. Soprattutto lei», mi indica con un cenno del mento poi smette di ghignare.

«Prova a rivolgere un'altra volta lo sguardo verso di lei e giuro che ti farò ingoiare quella lingua maledetta», Kyle stringe i pugni, ha le spalle tese e  muscoli dei bicipiti contratti.

«Quando la morte arriverà, in questo cimitero vi troverà», pronuncia con tono cantilenante la donna, poi si allontana parlottando tra sé e sé.

Mi lascio cadere sulla panchina e fisso un punto indefinito davanti a me, mormorando con voce incolore: «Siamo appena stati maledetti da una specie di veggente?».

«Non crederai mica a queste stronzate», sbuffa Kyle dando un calcio ad un sassolino.

«Si può sapere cosa diavolo ti costa essere gentile con le persone? Sono stata maledetta per colpa tua!»

«Nives, a quella manca sicuramente qualche rotella!», grida esasperato. «Per caso sei superstiziosa?»

Inizio a mangiarmi le unghie. Non lo facevo da anni, maledizione.
«Non varcherò quel cancello», scuoto la testa con vigore.

«Dannatamente magnifico!», dichiara lui, poi inizia a gironzolare tra le tombe, prendendo le distanze da me per sicurezza.


Le ore passano e noi siamo ancora qui: io con un crollo mentale e lui con la pazienza ormai sotto i piedi.

Mentre io canticchio una canzone a bassa voce per non mettermi a piangere dal nervoso, lui si fuma l'ennesima sigaretta per non impazzire appresso a me.

Il sole è calato, il custode ci ha già redarguiti ben due volte. Dobbiamo assolutamente lasciare il cimitero.
«Nives», mormora con voce stanca. Gira tra le dita una caramella e punta lo sguardo verso il cielo. «Le probabilità che io muoia a causa di una maledizione sono abbastanza basse. Ma le probabilità che io muoia di fame e di sete sono abbastanza alte».

«Kyle, io non varcherò quel fottuto cancello. Siamo stati maledetti entrambi», insisto.

«Non ci credo», si siede scivolando con la schiena contro il tronco di un albero e chiude gli occhi. Stringe la caramella tra le dita e sibila: «Ho bisogno di uscire da questo posto».
Mi mordo forte il labbro. Mi sento una persona terribile. Ma se quella donna avesse ragione? Dio, vorrei non essere così fifona!

«Non dormire», mi siedo accanto a lui e gli do una gomitata per farlo attento.

«È un hotel a cinque stelle, hai visto quante camere ci sono?», riapre gli occhi e un sorriso freddo gli dipinge il volto.

Arriccio il naso. «Smettila di fare l'idiota».

«Sto dormendo in un cazzo di cimitero per te».

«Lo stai facendo per il tuo bene».

«Tu non dormirai, non è così?»

«No, non penso», ammetto.

Kyle si alza in piedi, mi prende per il braccio e mi costringe a seguirlo.
«Che diavolo stai facendo?»

«Sono troppo giovane per dormire
insieme ai morti», mancano pochi metri per raggiungere il cancello, ma io mi fermo.

«Ho paura», confesso.

«Mi sarai per sempre grata, Nives Wayne», senza alcun preavviso mi carica sulla sua spalla e mi scappa un urlo.

«Che diavolo stai facendo?», mi aggrappo alla sua maglietta, stringendola forte in un pugno.

«Non lo so. Volevo guardarti meglio il culo», cambia direzione e si incammina verso alcune tombe. «Noi usciremo da questo cazzo di cimitero e non osare dire qualcosa in contrario».

«Kyle-»

«Il tuo sedere è a pochi centimetri dalla mia faccia, Nives. Ti conviene stare zitta».

Rimango in silenzio.

«Cerca di non perdere l'equilibrio», mi dice. Si aggrappa con un braccio al muretto e poi appoggia il piede sul piccolo recinto di ferro che circonda una tomba e poi sulla croce di marmo e si dà una spinta all'insù.
«Ommiddio, cosa stai-». Mi fa sedere sul muretto. «Salta dall'altra parte».

«Okay», rispondo titubante.

«Anzi, no, ferma. Non muoverti», ordina, poi lo vedo saltare giù per primo e allunga le braccia all'insù verso di me. «Ora puoi saltare».

Non me lo faccio ripetere due volte. Salto giù e lui mi afferra per i fianchi, prendendomi al volo. Mi rimette a terra e mi guarda negli occhi.

«Perché non ci hai pensato prima?»

«Non lo so. Non mi capita tutti i giorni di essere maledetto in un cimitero insieme ad una ragazza insopportabile come te».

«Se sono così insopportabile, perché non mi togli le mani di dosso?», gli chiedo.

Aumenta la presa sui miei fianchi e sospiro contro le sue labbra.
«Perché invece non me le togli tu?», chiede inclinando il capo. «Avanti, Nives, sposta le mie mani dal tuo corpo. Fallo adesso», ordina avvicinandosi ancora di più. Indietreggio verso il muretto. Sono senza via di scampo. Le sue dita affondano nella mia carne e lui mi guarda negli occhi come se stesse aspettando di vedere tutte le mie barriere crollare una per una.

Mi ricompongo. «Va bene», sussurro e mentre gliele afferro per spostarle, le sue mani scivolano sempre più in basso. Il suo respiro diventa più pesante e i suoi occhi colmi di lussuria incendiano ogni parte del mio corpo, facendomi sentire ancora una volta in colpa. Lui sta solo giocando, ma io ho promesso a me stessa che non farò del male a Zahra.
Mi sottraggo al suo tocco e fingo un sorriso soddisfatto. «Ti piacerebbe, Kyle».

«Stai giocando con il fuoco, Wayne», dice appoggiando una mano sul muro per sorreggersi. Scuote la testa e mi guarda con la coda dell'occhio.

«È quasi divertente vederti in difficoltà», gli faccio l'occhiolino.

Lui si lecca le labbra. «A quanto pare ti ho sottovalutata».

Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, lo ammetto, anche perché delle cose che sono successe in quel cimitero verranno poi riprese più in là 🤝 eh niente, Nives cerca di essere una buona amica, ma Kyle gioca sporco. E sì, non è molto carino da parte sua 🤷 ma tanto succederanno tante cose ancora. Spero vi sia piaciuto, fatemelo sapere in qualche modo per favore 🥺 non voglio demoralizzarmi di nuovo.

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