4. I see everyone getting all the things I want

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Olivia Rodrigo, Jealousy jealousy


Mi sento una delle più grandi traditrici al mondo.

Una pessima amica.

Un pessimo essere umano dotato di un cervello malfunzionante.

E il fatto è che io stia qui a sfogarmi con mia madre, non può che confermare i miei dubbi: io non sto bene.

Scivolo pigramente con il busto sul bancone e appoggio la testa sull'avambraccio.
«Mamma, mi sento una persona orribile», esordisco.

Solleva lo sguardo e mette via il cellulare per pochi secondi. «Spiegati, tesoro».
Stranamente mi sta ascoltando.

«Ho fatto un torto a qualcuno. Non l'ho fatto di proposito. È successo e basta», cerco di spiegare senza entrare nei dettagli.

«Spero per te che non c'entrino la droga, il sesso l'alcool», inarca lentamente le sopracciglia intenta ad incutermi timore.

Sospiro. «Niente di tutto questo».

«Allora parlane con Zahra, sicuramente capirà il tuo sbaglio. Qualsiasi esso sia», suggerisce con un'alzata di spalle.

«Come sai che...», schiudo di poco le labbra.

Mi guarda con la coda dell'occhio. «Non sono nata ieri e sono pur sempre tua madre. Sì, so che mi dai della stronza a volte, il mio udito funziona perfettamente, ma tengo a te e tutto ciò che dico e faccio è soltanto per il tuo bene».

Si alza in piedi e inizia a trafficare dietro il bancone. Afferra una tazzina e si prepara un caffè.
Ho sempre fatto caso ai dettagli. E se c'è una cosa che ho capito di mia madre, è che quando si sente a disagio inizia a fare qualsiasi altra cosa pur di non guardarti più in faccia: sistema i cuscini sul divano; prepara il caffè; passa l'aspirapolvere per finta; guarda lo schermo della TV, fingendosi interessata a qualche programma; a volte le scappa qualche risata sguaiata che sovrasta qualsiasi altro suono che non sia quello della sua voce.
Ci sono stati davvero pochi momenti in cui ho avuto il coraggio di parlarle a cuore aperto. Il suo carattere coriaceo è spesso un ostacolo all'interno del nostro rapporto.

Adoro mia madre, ma è davvero pessima ad ascoltare le persone.
Rettifico: è brava ad ascoltare soltanto quando di mezzo c'è un suo interesse. I film mentali di sua figlia non le portano un guadagno, dunque i miei problemi ai suoi occhi diventano invisibili.

«A Zahra piace la nostra casetta?», domanda, cambiando argomento.

«Casetta...», trattengo uno sbuffo. «Perché ti ostini a fare la finta modesta, mamma? A te piace avere tutto. Ti piace il lusso, stare bene, mangiare sempre fuori, comprarti vestiti costosi, andare a feste private con persone simili o uguali a te, regalarmi vestiti che probabilmente non riuscirò mai ad indossarli tutti, comprare l'ultima versione di una qualsiasi cosa tecnologica che hai in casa, per poi usarla una volta al mese. Ecco, tu sei questo. Ti piace apparire».

Con una tranquillità raccapricciante si appoggia con la schiena al frigorifero e si porta la tazzina alle labbra, senza distogliere lo sguardo dal mio. Si gusta il caffè in silenzio, poi d'un tratto la sua voce gelida mi trafigge: «Sì, ma sono anche tanto altro. Ti sto donando una vita meravigliosa. Non ti manca niente. La tua amica vorrebbe essere nei tuoi panni, possibile che tu sia sempre così ingrata?»

Apro le braccia, esasperata. «Secondo te ho davvero tutto quello che desidero? Ma sai cosa significa andare in una scuola pubblica ed essere guardata come se fossi un alieno? Non ho mai avuto degli amici sinceri!»

«Hai scelto tu di andare in una scuola pubblica, tesoro. Non è mai troppo tardi per cambiare. Potresti fare l'ultimo in una scuola privata. Dov'è il problema? Gli amici vanno e vengono».

«Perché non sopporto le persone come te! Io voglio sentirmi normale, avere i problemi che hanno tutti i ragazzi della mia età. Cazzo, tu saresti in grado di portarmi l'hamburger più buono del mondo, quando magari io avrei soltanto voglia di mangiare un maledetto e squallido hamburger in compagnia dei miei amici, anche se dovessi passare l'intera nottata sul cesso!»

«Ti lamenti per il nulla», fa una smorfia e mette la tazzina nel lavello. «È da tanto che non vai in chiesa, che ne dici di domenica? Magari Nostro Signore ti illuminerà la mente e ti aiuterà a schiarirti le idee, perché Nives, hai evidentemente qualche problema. La prima cosa che ho imparato io, è che bisogna essere sempre grati di quello che si ha».

«Ma sei seria?», urlo.

«Vuoi rimanere chiusa in casa per il resto dei tuoi giorni?», inarca un sopracciglio.

«Non ti sopporto!», grido a pieni polmoni.

«Stasera verrai con me e Sam ad una cena. Ci saranno anche degli amici. Non rimarrai a casa da sola», sentenzia.
Possibile che mia madre abbia sempre qualche amico in qualsiasi posto lei vada?

«Potrei chiamare Zahra...»

Si gira verso di me con un'espressione omicida. «No. So che è la tua migliore amica, ma voi due da sole in casa, no».

Stringo i pugni e le do le spalle, dirigendomi verso la mia stanza. Incontro Sam nel corridoio. Mi fissa con aria confusa, ma non dice niente.
Come diavolo fa a sopportarla?

Sbatto la porta in modo che lei lo senta e faccio la cosa che lei odia di più: ignorarla.
Accendo il portatile, collego le casse e metto a tutto volume Nation Anthem di Lana.
In questo modo non sentirò più la sua voce irritante.
Prendo il quaderno per gli schizzi e inizio a disegnare, lasciandomi trasportare dalla musica. Per la prima volta, dopo cinque mesi di blocco totale, mi sento ispirata.

Quando finisco di disegnare guardo prima i miei polpastrelli sporchi e poi lo schizzo che ho davanti.
«Che merda», brontolo, lanciando il quaderno contro l'armadio.
Mi sento un'amica ancora più terribile.
Ho disegnato Kyle. Il modo in cui mi guardava quando stava abbracciato alla tazza del water.
Non c'era malizia nei suoi occhi, non era il solito idiota.
In quell'istante mi è parso di vedere un qualsiasi adolescente immerso nei propri pensieri.
Aveva lo sguardo sfinito e intrigante. Gli occhi assonnati e il corpo in preda agli spasmi.
Mi chiedo cosa cerchi in una ragazza. Perché con Zahra si sente così insoddisfatto?

Vado a riprendere il quaderno e lo rimetto nel cassetto, al sicuro.
«Ma che cazzo di problemi hai?», mi tiro uno schiaffo sulla fronte e affondo la testa nel cuscino.

La mia amicizia con Zahra è più importante. Non sarà un ragazzo a rovinare il nostro rapporto. E non saranno di certo i miei ormoni a rendermi una completa imbecille agli occhi degli altri.

Sfrego i polpastrelli sulle palpebre e guardo l'ora sul cellulare. Perché diavolo mi sento così stanca? Mi sono svegliata alle undici.

La sera indosso una minigonna nera attillata, una camicetta bianca e degli stivali neri che arrivano al ginocchio.
Lascio i capelli sciolti e metto degli orecchini a cerchio color argento e una collana a catena del medesimo colore.

«Quanto sei bella», esclama mia madre portandosi la mano davanti al viso, cercando di contenere l'entusiasmo. «Dio, sei uguale a me».

Mi fa fare una giravolta.
Su questo non c'è molto da dire. Ho visto le sue foto da giovane, io sono la sua copia spiaccicata. Non potrei dire la stessa cosa per quanto riguarda il carattere.

«Spero non sia una cena troppo noiosa», mi lamento.

«Ricordati che è importante socializzare», si guarda allo specchio e si gira per ammirare il suo lato B. La palestra continua a dare i suoi frutti.
«Su, andiamo», mi prende a braccetto e andiamo verso la sua macchina.
«Quanto sono fortunato!», dice Sam alle nostre spalle.
Beh, l'importante è che tu ne sia convinto.

Non so chi abbia scelto questo ristorante, ma ha dei bei gusti e anche tutto il mio rispetto.

«Non puoi ordinare sempre la pizza quando usciamo fuori», sibila mia madre mentre io sono impegnata a mandare giù la terza fetta di pizza.

«Chi lo dice?», sorrido e lecco via la salsa di pomodoro dall'angolo della bocca.

L''uomo davanti a me, di cui non ricordo nemmeno il nome, chiede: «E questa bellissima ragazza è impegnata? I ragazzi staranno facendo la fila per te, non è così?».

«Non ha tempo per questo. Vero, tesoro?», mia madre come sempre risponde al posto mio.

«Dedico anima e corpo al Nostro Signorei», rispondo io, ghignando.
Mia madre mi fulmina con lo sguardo.

L'uomo ride sommessamente e poi aggiunge con una certa malizia: «Se hai bisogno di un amico meno immaginario, sappi che c'è mio figlio. Ha la tua età, secondo me andreste d'accordo».
La mia mente rimane ferma alle tre paroline che hanno fatto sbuffare mia madre: amico meno immaginario.

Si ricompone ed esclama con enfasi: «Sarebbe magnifico! Lei non ha molti amici qui, ma le farebbe bene conoscere persone nuove».

«Sto per avere un tracollo mentale», sussurro a Sam. «Mi copri tu?». Mi dà una pacca sulla mano e annuisce con aria comprensiva.

Mi alzo con una scusa banale e cammino verso l'ingresso. Mi fermo e afferro dal vassoio del cameriere una bottiglia di champagne già aperta. «Pagherà la signora Wayne, quella lì seduta in fondo. Grazie e arrivederci».
Esco dal ristorante con la bottiglia stretta in una mano e  proseguo a piedi per un paio di metri, finché non trovo una panchina libera.

«Bene, godiamoci la serata», dico scuotendo la bottiglia. Me la porto alle labbra e mando giù il primo sorso. Ha un sapore dolce, delicato. «Oh, cavolo! Questa sì che è buona!».

Prendo il cellulare dalla borsa e lo sollevo e poi scatto una foto. La metto nelle storie di Instagram scrivendo: Se la vita ti stressa, bevi insieme agli amici.

Wow, come sei divertente, Nives. E poi, chi diavolo vorresti impressionare? A nessuno frega un cazzo di te a San Francisco.

Ho perso la cognizione del tempo.
La bottiglia è mezza vuota e la mia mente è completamente annebbiata.
Il cellulare squilla dentro la borsa da diversi minuti e dopo diversi tentativi riesco a rispondere.

«Ho visto la storia che hai messo su Instagram. Dove diavolo sei?», chiede Zahra stizzita.

«Mmh, non lo so. Per strada, ci sono un sacco di macchine», rido come se avessi appena fatto una battuta.

«Riesci a mandarmi la posizione? Ti vengo a prendere. Razza di incosciente!».

Chiudo la e le mando la posizione.
Il cellulare mi scivola via dalle mani, gli occhi iniziano a pizzicare e devo assolutamente andare in bagno. Attendo l'arrivo di Zahra, ma l'attesa sembra infinita.

«Ehi, bellissima», un tizio si ferma davanti a me. Cerco di mettere a fuoco la sua figura.

«Ehi, saresti così gentile...», faccio una pausa e mi porto la mano sulla pancia. «Mi potresti prendere il cellulare da terra, per favore?»

«Sei qui sola, soletta? Se vuoi posso tenerti compagnia», si siede accanto a me e guarda la bottiglia che ho tra le mani.

«Non mi risulta che lei ti abbia detto di sì. Alza il tuo fottuto culo e sparisci», dice una voce furiosa a poca distanza da me.

Ma questo è Kyle.

«Nives, stai bene?», Zahra corre verso di me e si piega sulle ginocchia per guardarmi negli occhi.

«Oh... Sì, sono ancora qui».
Lei mi aiuta ad alzarmi. «Kyle, dammi una mano!»

Il suo ragazzo mi afferra per fianchi e mi aiuta a raggiungere la macchina.
Appena siamo tutti a bordo, Zahra si gira verso di me furibonda. «Ma si può sapere che diavolo ti prende? Da quando te ne vai in giro ubriaca? È pericoloso, Nives!»

Mi stringo nelle spalle, incapace di articolare una risposta sensata. Kyle mi guarda nello specchietto retrovisore e anche lui mi rimprovera. Le sue labbra non si muovono, ma i suoi occhi dicono tanto.

«Sto bene. Le solite divergenze tra me e mia madre», sbadiglio e appoggio la testa  contro il finestrino. «Nives fai questo. Nives fai quello. Nives scelgo io per te, bla, bla, bla», la voce si affievolisce piano piano.

«Quindi tua madre non sa in che condizioni sei. Perfetto, cazzo! Dove hai intenzione di dormire? Ti porto in un hotel?», chiede la mia amica.

«Mi troverebbe», mi aggrappo ai due sedili e allungo il collo verso Kyle. «Ciao».

«Ti dispiace non importunare il mio ragazzo? Sta cercando di farti arrivare a casa sana e salva», la voce di Zahra è pungente.

«Mi dispiace», abbasso la testa.

«Non posso portarla a casa mia, mio padre non ha mai ospitato i miei amici ubriachi e tu lo sai meglio di chiunque altro», fa una breve pausa. «Portiamola da te. Magari dormirà sul divano».

Chiudo gli occhi e mi risveglio soltanto quando Zahra cerca di trascinarmi fuori dalla macchina.
«Su, ti voglio bene ma pesi e non posso portarti in braccio».

«Faccio io», suggerisce Kyle.

«Col cazzo che la prendi in braccio», abbaia. «Avanti, Nives, svegliati», mi dà uno schiaffetto in faccia.

«Sono sveglia», bofonchio.

Scendo dalla macchina e inciampo un paio di volte nei gradini.
Kyle apre la porta e mi fa cenno di fare silenzio.
Mi fanno sedere sul divano, Zahra mi toglie gli stivali e mi fa sdraiare.

«Acqua», mormoro.

«Non può dormire qui, ha bisogno di andare in bagno. Dirò a Leah di cederle il letto per stasera».

«Non mi chiedi di restare?», gli chiede la mia amica.

«Sai dov'è il mio letto», risponde seccato Kyle.

«Stronzo. Se le fai qualcosa, ti faccio fuori. Hai capito?»

«Cosa cazzo potrei mai farle? L'hai scaricata a casa mia e te la prendi con me?», Kyle è sempre più nervoso.

Mi aiutano ad andare in bagno. Mi butto a terra e raggiungo la tazza del water. Vomito tutto quello che ho bevuto e mangiato.
«Che schifo», brontola Zahra alle mie spalle. «Portami a casa, se la caverà».

Rimango in bagno da sola a vomitare ancora e ancora.
Lo champagne era terribilmente buono, ma le conseguenze sono terribili e basta. Ho sete. Ho tanta sete. E devo vomitare ancora.

«Ehi, ehi, ci sono io», Leah mi accarezza dolcemente la schiena e lascia un asciugamano a portata di mano.

«Mi dispiace. Non voglio che tu mi veda così».

Leah mi sorride con dolcezza. «Sai, meglio ubriacarsi con dello champagne costoso che con della birra scadente ad una festa squallida». Rido.

«Ti porto l'acqua».

Tiro lo sciacquone e rimango seduta a terra, in una posizione molto simile a quella di Kyle.

«Tieni», Leah mi passa il bicchiere d'acqua e la ringrazio.

Quando Kyle rientra, li sento discutere nel corridoio.
«Ho la sveglia presto, Kyle. Non posso stare qui con lei. L'hai portata a casa, te ne prendi cura tu. Dopotutto, lei ha fatto la stessa cosa l'altra sera»
.
«Mi stai prendendo per il culo? Non ha fatto un cazzo per me».

«Beh, è rimasta con te quando avrebbe dovuto mandarti a fanculo».

«Cristo, va bene, vai a dormire!»

Rimango seduta a terra e scoppio a ridere involontariamente.
«Cosa?», lui si appoggia al lavandino e mi guarda con sguardo giudicante.

«Si sono invertiti i ruoli. Ma a me dispiace davvero»
.
Segue un breve silenzio.

«Sono un disastro a quanto pare», mi stringo nelle spalle e appoggio il mento sulle ginocchia.

«Magari la doccia fredda funziona anche con te», si abbassa per prendermi dalla vita e tirarmi su, ma io inizio a divincolarmi. «Va bene, niente doccia. Cosa vuoi fare? Dormire?»

Annuisco.

«La mia stanza è di qua».

«La tua stanza? Posso dormire con Leah», mi aggrappo alla maniglia della porta e lo guardo stordita.

«Mia sorella ha un letto singolo e non può badare a te. Entra», apre la porta della sua stanza e io mi trascino pigramente dentro.

Mi butto sul suo letto e apro le braccia. Il soffitto è molto interessante.

«Ce la farai a cambiarti?», chiede e apre l'armadio, cercando degli indumenti.

«Forse», inizio a sbottonare lentamente la camicetta, ma quando lui si gira verso di me mi fissa quasi a bocca aperta.

«Ti lascio un attimo da sola», mi lancia una sua maglietta, ma io crollo di nuovo sul letto e sbadiglio. «Nives?»

«Porca puttana», le sue ginocchia affondano nel materasso e poi sento le sue mani alle prese con la mia camicetta.

«Non guardare», gli schiaffeggio il bicipite.

«Non so ancora vestire le persone al buio. E non è niente che io non abbia già visto, tranquilla», risponde mordace.

Rimango in reggiseno, le sue mani indugiano un po' sulla cerniera della mia gonna, ma poi decide di abbassarla lentamente. Il suo palmo caldo sfiora la mia coscia e io serro le gambe. Kyle mi sfila delicatamente la gonna e poi si piega per prendere la sua maglietta.  Apro gli occhi, ritrovando il suo viso a pochi centimetri di distanza dal mio.
«Sei delicato», gli dico guardando i suoi capelli. Con i polpastrelli li sfioro, ma lui scosta la testa.

«Perché non chiudi la bocca e mi lasci finire?».

«Ci stai mettendo un'eternità», ridacchio. «Mi stai guardando?».

«Gli occhi servono a questo», cerca di distogliere lo sguardo.

«Hai notato? Adesso il mio corpo non reagisce più al tuo tocco», mi lecco le labbra e lui segue il movimento della mia lingua.

«Lo so perché lo stai dicendo, Nives».

«Uh?»

«Perché vuoi sentire di nuovo le mie mani sul tuo corpo», avvicina il viso al mio. «Ma io sono perfettamente sobrio adesso e te lo dico una volta sola: non ti toccherei neanche se mi pregassi in ginocchio. Dovresti pensare a Zahra».

Il disgusto è talmente forte che mi sale nuovamente un conato di vomito.
Scatto in piedi come una molla e corro di nuovo in bagno, vomitando ancora. Mi pulisco la bocca e poi mi guardo allo specchio. L'intimo coordinato che indosso non è più quello di un'adolescente stupida che non sa quello che vuole: dovrebbe farmi sentire sexy e sicura di me, eppure non è così. Mi sento un'idiota.

Mi passo delicatamente le dita sulle braccia e chiudo gli occhi, sospirando.

«A cosa pensi?», chiede Kyle, appoggiandosi con la spalla allo stipite della porta.

«Non sono affari tuoi».

Lui si sposta dietro di me e guarda il mio riflesso allo specchio, sussurrando: «Io ho sbagliato, ma tu mi stai pregando silenziosamente di sbagliare una seconda volta, Nives».

Il suo respiro caldo mi solletica il collo. Piego la testa all'indietro, sfiorando il suo petto. Lo guardo negli occhi e lui guarda me.

«Il letto attende», si sposta bruscamente e mi mordo il labbro per trattenere la frustrazione.

Ritorno nella sua stanza, indosso la maglietta che mi ha gentilmente offerto e poi mi butto sul letto quasi con aria offesa. Mi giro su un fianco e abbraccio il cuscino. La maglietta sale su, scoprendo di poco il mio sedere.
Dopo un paio di minuti Kyle si avvicina a me, allunga il braccio per afferrare il cellulare che ha lasciato sul comodino.
Lo lascia cadere all'altezza del mio ventre. 
«Ops», bisbiglia dietro di me e mentre lo riprende sfiora la mia pancia, facendomi rabbrividire. Il mio respiro accelera e le vampate di calore mi investono dalla testa ai piedi.

Afferra l'orlo della maglietta, con le nocche sfiora le mie natiche, e l'abbassa ancora di più. «Adesso va molto meglio».

L'ha fatto apposta. Mi ha sfiorato di proposito.
Vorrei girarmi e spingerlo giù dal letto, ma sono troppo stanca per iniziare una discussione con lui.

Eppure, decido comunque di rompere il silenzio. «Nessuna reazione da parte del mio corpo, tranquillo».

«Ne sei sicura, Nives?», si avvicina nuovamente a me, la sua bocca per poco non sfiora il mio orecchio.

«Non hai tutto questo potere sul mio corpo», continuo a dire mentre stringo le cosce e prego silenziosamente che si allontani da me.

«Lo scopriremo», dice divertito.

Ciaoo, ecco il nuovo capitolo 🥲❤️ spero vi sia piaciuto, lasciatemi un cuoricino o un commento ❤️ mi farebbe davvero piacere se la consigliaste agli altri, così avrò un motivo per continuarla 🤗 è grazie a voi se non perdo la motivazione! Siate più attivi 🥺

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