15. Can you make it feel like home if I tell you you're mine?
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Lana del Rey, Born to die
Nei suoi occhi caldi si riversa un desiderio folle e le sue mani impazienti mi afferrano per i fianchi e in una sola mossa mi attira verso di lui, facendo sbattere il mio bacino contro il suo.
«Spero tu sappia davvero quello che vuoi», respira a fondo, inchiodando per un attimo i suoi occhi sulle mie labbra schiuse. «Perché non appena sarai nel mio letto, non ti lascerò andare così facilmente», il suo respiro caldo si infrange sulla mia guancia, incidendo la sua bramosia sulla mia pelle. Il suo palmo si schiude ancora di più sul fianco, spostandosi lentamente sulla mia schiena, in basso. Esercita una leggera pressione e i miei seni sfiorano il suo petto. La sua bocca è a pochi centimetri dalla mia.
«Se la memoria non mi inganna, per te ero uno stronzo, no?», si lecca il labbro inferiore e sento un calore quasi dolorante propagarsi violentemente sulle mie guance.
Arriccio le labbra. «Lo sei ancora. E se vogliamo essere precisi, penso di aver aggiunto un'altra decina di insulti all'elenco, nel caso te lo fossi dimenticato. E se non la pianti di guardarmi così, probabilmente ne aggiungerò altri».
«Davvero? Non vedo l'ora di sapere quali altri insulti troverai per me, ma fino ad allora non ha importanza. Perché, pensa un po', Niv, questo stronzo sta per baciarti», si morde il labbro. Mi sento paralizzata. Mi ha chiamata di nuovo Niv. Il modo in cui mi guarda, sfoggiando quel suo maledetto sorriso, mi fa esplodere il cuore.
«Non proverai rimpianto?», gli chiedo ad un soffio dalla sua bocca.
Il suo sguardo viene attraversato da una scintilla di malizia. «Non rimpiango mai le cose belle», e poi la sua bocca è sulla mia. Non è minimamente come l'avevo immaginato. Ammetto di aver fantasticato un paio di volte sulla sua bocca, sul suo modo di baciare. Ho visualizzato mentalmente i nostri corpi avvinghiati e il senso di colpa ad insinuarsi tra di noi.
Sembra la cosa più bella del mondo, eppure so che farà male.
Perché in fondo, io, non sono nient'altro che un altro corpo che lui toccherà e bacerà, e poi manderà via.
Non sono nemmeno lontanamente paragonabile a Zahra.
Ma in questo momento nemmeno il senso di colpa riesce a placare l'attrazione tra noi due.
La sua lingua entra con prepotenza nella mia bocca e io mi sento frastornata, sospesa in una bolla di calore che riverbera in tutto il mio corpo.
Non sono sicura di saper baciare bene, quindi mi limito a seguire lui e l'istinto. Il mio palmo si sposta sulla sua nuca e le dita afferrano le punte dei suoi capelli, stringendole lievemente. Ho desiderato farlo dalla prima volta che l'ho visto. Lui risponde con un bacio ancora più violento. Le sue mani si posano con fermezza sui miei fianchi e si sposta verso il letto insieme a me, senza staccare la bocca dalla mia.
Si lascia cadere di schiena e io piombo goffamente sopra di lui. L'imbarazzo mi ricopre a ondate e lui lo capisce. Percepisce la mia tensione, i miei muscoli che si contraggono al suo tocco.
La sua mano sale delicatamente sulla mia schiena e l'accarezza, cercando di farmi rilassare.
«Non farò nulla che tu non voglia fare, Nives», sussurra contro le mie labbra. «Nulla».
Ma io voglio tutto. Desidero le sue mani sul mio corpo e la sua bocca sulla mia. Vorrei rimanere imprigionata in questo calore dolce che avvolge il mio corpo come guscio; vorrei sentire le sue braccia che mi avvolgono come se volessero proteggermi; il mio respiro che si mischia al suo mentre il mondo si spegne e noi restiamo svegli in una stanza. La stanza in cui lascio una parte di me. Il letto in cui lascio cadere la maschera da brava ragazza. E sulla sua bocca… dio, sulla sua bocca lascio tutte le mie paure, tutte le mie insicurezze, tutto il mio desiderio.
«Lo so», mormoro e gli mordo il labbro inferiore, facendolo sorridere.
Sollevo le braccia e mi aiuta a togliere il top, lanciandolo per terra. Sta succedendo davvero.
Mi piego su di lui, la sua bocca scende sul mio collo, la sua mano stringe la mia vita.
Inarco la schiena e lui infila le dita sotto l'elastico dei leggings. Decide di cambiare posizione e mi fa sdraiare sotto di lui. Le sue mani mi abbassano i leggings e io mi tolgo frettolosa le scarpe, lasciandole cadere sul pavimento.
«Sai cosa ti rende ancora più bella?», chiede lasciandomi un bacio sul petto. Infila la mano dietro la mia schiena e sgancia il reggiseno. «La voglia che hai di abbandonarti a me, come se fossi la nave che ti porterà in un porto sicuro, quando in fondo…», il suo sguardo famelico percorre il mio corpo come se non vedesse l'ora di divorarmi. «Sai che potrei essere la tempesta».
Sento le mie guance andare a fuoco. Sono un fascio di nervi. Una bolla d'eccitazione che sta per esplodere.
Il mio reggiseno sparisce in qualche punto della stanza insieme alle mie mutande.
Sì. Lo so. So che non è una maledetta nave che mi terrà al sicuro durante la tempesta. E so che lui è la tempesta che finirà per travolgermi. Ma è così bello, così profondo e dolce, che anche se la mia mente volesse mettersi in salvo, il mio corpo non riuscirebbe a muovere un solo muscolo. Rimarrei inchiodata sotto il suo corpo, pronta a sentirlo in ogni centimetro della mia pelle. Esattamente come in questo momento.
È davanti a me, con le ginocchia posizionate ai lati delle mie cosce e lo sguardo puntato sul mio corpo. Fa scorrere il dito sul mio addome, che si contrae al suo tocco, e scende sempre più in basso, fermandosi.
«Non potremo tornare indietro, Nives. Quindi voglio sentirtelo dire. Dimmi che cosa vuoi», si abbassa su di me e gli afferro i lembi della maglietta, sollevandola appena.
«Voglio tutto ciò che puoi darmi», gli dico.
Le sue dita scendono lente e calde tra le labbra bagnate e lui sorride. «Non avevo dubbi», dice tra sé e sé e poi si china su di me non appena mi penetra con un dito.
Un fremito mi attraversa l'intero corpo e lui si blocca per pochi secondi. «Sei vergine?»
È così imbarazzante per lui? È grave non averlo già fatto con qualcuno? Riderà di me? Sono patetica?
Non rispondo. E se decidesse di tirarsi indietro proprio adesso?
«Non rinuncerò all’idea di sapere le tue gambe intorno alla mia vita mentre il mio cazzo affonderà dentro di te», le sue labbra sfiorano le mie, lasciandomi poi un bacio all'angolo della bocca. È così rozzo. Sembra così proibito per me. Così dannatamente sporco. «Ma in questo modo saprò come comportarmi con te e quanto piano andare all'inizio».
Annuisco con la vergogna che si insinua sotto la mia pelle.
Lui indugia un attimo, poi si lecca le labbra e inizia a muovere il dito dentro di me. «Rilassati. Questo non farà male», sussurra al mio orecchio, provocandomi un brivido lungo la schiena. Le sue labbra umide si fermano sulla vena del collo e mi lascia un bacio proprio lì. Scende sempre più in basso, mentre con il pollice tocca il mio clitoride e infila un altro dito nella mia fessura, facendomi trasalire. Sono rigida come un sasso.
«Ho bisogno che ti rilassi per me, Niv», schiude le labbra intorno al mio capezzolo e sgrano gli occhi. «Permettimi di farti stare bene. Ti piacerà, te lo prometto», il suo fiato caldo preme contro l’areola e arriccio le dita dei piedi. Mi rilasso e, quasi come se il mio corpo sapesse già cosa fare, inizio a muovermi contro il palmo della sua mano.
«Dio», mi inarco sotto di lui, facendolo ridacchiare.
«Dio può solo guardare, piccola bisbetica», mi morde la pelle del collo e sento il piacere avvolgermi, ma lui si ferma sul più bello.
«Non è arrivato ancora il momento», si solleva e si toglie la maglietta con una mossa fluida, poi inizia ad armeggiare con la cintura dei jeans scuri.
Sollevo la mano per sfiorargli il petto ampio e muscoloso, tracciando con il dito il contorno dei suoi tatuaggi.
Quando abbasso lo sguardo lo ritrovo completamente nudo sopra di me con un preservativo tra le mani.
«La tentazione di fare una battutina in questo momento è tanta, ma il modo in cui mi guardi mi fa desiderare di entrare dentro e scoparti finché non riuscirai a reggerti sulle gambe», le sue dita sfiorano il mio seno, pizzicandomi il capezzolo tra indice e pollice. «Toccami. So che vuoi farlo», e io, completamente ipnotizzata, mi metto seduta e allungo la mano verso il suo membro, avvolgendo le dita intorno ad esso.
Kyle chiude gli occhi e contrae la mascella. Voglio che lui provi piacere grazie a me. Voglio che... Voglio che lui abbia in mente me; che il nostro segreto rimanga custodito tra queste quattro pareti insieme ai miei pensieri più impuri.
Inizio a muovere piano la mano. Non l'ho mai fatto, ma l'ho visto fare in qualche video. Lui sposta la sua mano sopra la mia e stringe ancora più forte, guidandomi. Si lecca le labbra e poi il suo palmo si posa sul mio petto e mi spinge dolcemente, finché non sono di nuovo con la schiena premuta contro il materasso.
«La tua mano intorno al mio cazzo non mi dispiace, ma adesso voglio sentire te». I suoi polpastrelli scendono dolcemente sul mio interno coscia, solleticando la mia pelle. «È inutile che mi guardi con quello sguardo innocente, Nives. So che lo vuoi. E, dannazione, lo avrai».
Alzo gli occhi al cielo e ridacchia.
Mi tocca.
Mi bacia come se fossi sua.
Mi stringe come se non volesse lasciarmi.
E io glielo lascio fare. Ma non sono sua e tra qualche ora le sue braccia non mi stringeranno più.
Si mette il preservativo e lancia la plastica argentata per terra, poi si mette sopra di me e mi divarica le gambe.
«Non avrò alcun rimpianto, Nives. Non vivo di regole, ma ho dei limiti. E questa volta tu li hai mandati a farsi fottere».
Entra piano dentro di me e mi aggrappo alle sue spalle. Magari pensa che io sia ridicola. Magari si aspetta altro da me.
Ti stai scopando il ragazzo della tua migliore amica, sussurra una voce nella mia testa.
Lo so. Dio, lo so. E a differenza sua so che mi odierò per il resto dei miei giorni.
«Non succederà niente, siamo soltanto noi due qui», mi lascia un bacio sulla guancia. «Soltanto noi due, Nives. Il mondo non riuscirà a sfiorarci in questa stanza», mi rilasso e lui infila la mano sotto la mia schiena, attirandomi al suo petto e affondando di più dentro di me.
È soltanto un avventura di una notte, mi ripeto. Domani nemmeno mi guarderà in faccia.
Ma lui è così bello... La sensazione di sentirmi stringere da lui e perdermi nel suo calore e nel piacere è imparagonabile.
Mi piace. Mi piace tutto di lui. Mi piace sentire i nostri corpi avvinghiati, i peli delle sue gambe che sfiorano la mia pelle, perfino il suo essere volgare.
E mentre il piacere mi raggiunge, quasi in un attimo di follia, gli dico con una vena ironica nella voce: «Infrangerei qualsiasi regola per te».
Lui emette una risata profonda e divertita e sospira contro le mie labbra. «Prova a dirlo di nuovo quando sarai fuori da questa stanza».
Gli stringo le spalle come se fossi sospesa su un filo sottile e avessi paura di cadere. Il piacere mi travolge e lui mi bacia. Dio, mi bacia con così tanta passione che mi sento stordita. Viene poco dopo di me e affonda la faccia nell'incavo del mio collo, respirando con affanno.
«Maledizione, sei perfetta», dice e io fisso il soffitto con la mente offuscata. Un vuoto al centro del mio petto. Si sdraia accanto a me e io, beh, mi metto a sedere e mi guardo intorno.
Le sue dita si serrano intorno al mio polso e mi attira di nuovo verso di lui. La testa affonda nel cuscino e il suo braccio mi avvolge, tenendomi ferma. «No», mormora pigramente. «Non voglio che tu vada via. Non ancora».
Le sue dita si muovono delicatamente sulle mie costole strappandomi una risatina.
«Qualcuno qui soffre il solletico», sorride ad occhi chiusi.
La seconda costola sotto il seno è il punto in cui lo soffro di più.
«Parlami di te, bisbetica».
Appena sento la sua richiesta la mente si svuota all'improvviso.
Parlami di te.
«Cosa vorresti sapere?», gli chiedo e afferra il lembo del lenzuolo per tirarlo su e coprirmi.
«Quello che gli altri non sanno di te», apre gli occhi color cioccolato e io lo guardo con le guance in fiamme e il cuore che sta per scoppiarmi nel petto.
«Io...», non lo so. «Mi piace disegnare, suonare e leggere. E mi piace il sapere.. Dio, ogni volta che mi pongo una domanda devo subito trovare la risposta. E nutro un particolare interesse per il nostro cervello, la sua struttura, come funziona. È affascinante. Ho scoperto per quale motivo a scuola non ricordavo mai quello che imparavo», lui resta in silenzio, mi ascolta come se fosse affascinato. «Sapevi che quando non ricordiamo una cosa, in realtà è perché non le abbiamo prestato abbastanza attenzione da poterla archiviare e dunque ricordare? Con il tempo la connessione tra i neuroni si indebolisce e la traccia di memoria sparisce, sarà difficile recuperarla», mi giro verso di lui, affondando il gomito nel cuscino.
Lui batte piano le palpebre e accenna un sorriso. «Quindi se ti dicessi ogni giorno che a volte vale la pena infrangere le regole», il suo dito mi accarezza il contorno delle labbra. «pensi che il tuo cervello vorrebbe infrangerle una seconda volta? E magari una terza...», mi lascia un bacio sulla guancia, «oppure una quarta…», mi bacia sulle labbra e arrossisco.
«Non è così che funziona», sorrido ma adesso mi rendo conto che nemmeno un suo bacio è capace di estirpare il senso di colpa che provo.
«Non è l'amore a legare me e Zahra», dice all'improvviso smettendo di baciarmi, come se mi avesse letto nel pensiero.
«Cosa?», chiedo, la sorpresa si insinua nei miei occhi.
«Non amo Zahra», fissa le sue dita mentre simula una camminata sul mio fianco nudo. Salgono lentamente, fermandosi al centro del petto, dov'è lo sterno. «Non mi sono mai sentito così attratto da una ragazza prima, Nives. E sono un cazzone, me ne rendo conto e lei lo sa benissimo. Tu hai qualcosa che mi affascina», si alza dal letto e va a buttare il preservativo. Si infila i boxer e la maglietta. Si rimette a letto accanto a me, sorreggendosi la testa con entrambe le mani. «Parlami di te», dice di nuovo.
«Mi piace-»
«No», scuote la testa con disappunto. «Non voglio sapere cosa ti piace fare. Ti ho detto che voglio sapere quello che gli altri non sanno di te. Perfino la cosa più stupida».
«Perché?», gli chiedo, accigliandomi.
Allunga le dita sulle mie costole e le muove lentamente, seguendo le mie curve. «Perché ci sono sentieri che vanno percorsi con calma. Ci sono ostacoli che vanno superati con attenzione. Io voglio vedere ciò che tu non mostri agli altri. Voglio vedere te. E voglio percorrere quelle strade che ti ostini a tenere nascoste».
«Dici sul serio?», provo a tirarmi su per appoggiarmi alla testiera del letto, ma lui mi afferra per la coscia bloccandomi.
«No, vieni qui».
Scendo così tanto fino a ritrovarmi il suo viso a pochi centimetri dal mio. Mi guarda e non vedo più quel desiderio furioso danzargli sul viso, bensì intravedo la voglia di spogliarmi di tutto ciò che ho dentro di me; di togliere le ragnatele dai miei ricordi, rispolverarli e sfiorarli.
«Non mi prenderai in giro?»
«Sono uno stronzo, ma non fino a questo punto», aggrotta le sopracciglia.
Gli sorrido e guardo il soffitto. «Mia madre mi ha sempre tenuta al sicuro sotto la sua ala, ma non mi ha mai permesso di spiccare il volo. Vuole proteggermi e io, esattamente per questo motivo, mi sono ritrovata più volte a dover infrangere le regole. Non so se hai notato, ma ho una cicatrice all’altezza dell’osso sacro. È lunga tre centimetri».
«No, ero impegnato a guardarti le tette prima», ammette senza alcuna vergogna.
Alzo gli occhi al cielo. «Me la sono fatta una sera, quando mi sono intrufolata nello studio di mia nonna e ho rubato una bottiglia di spumante. In quel momento stava per beccarmi e non potevo uscire dalla porta, quindi mi sono letteralmente catapultata fuori dalla finestra, sono caduta vicino al filo spinato che fungeva da recinzione intorno ad un cespuglio di rose. Sono caduta di schiena. Ho sentito soltanto qualcosa di acuminato incidermi la pelle e poi un bruciore incredibile. La bottiglia si è salvata», dico con un sorrisetto furbo.
Kyle ride.
«Ma non l'ho bevuta io. I miei amici...», sospiro. «Accontentavo spesso i miei amici».
«Sei ingenua, Nives», allunga le dita per accarezzarmi una guancia.
Ingenua…
«Forse». Forzo un sorriso. «Sono terrorizzata dagli scantinati. Da piccola mio zio-», mi blocco, il sorriso si dissolve sulle mie labbra.
Perfino Kyle si irrigidisce. «Tuo zio?», mi incita a continuare.
«Niente», scuoto la testa come se potessi cancellare il ricordo dalla mente. «Ho sempre desiderato qualcuno che mi ascoltasse. Sai, non soltanto le mie risposte alle loro domande, ma ascoltare le mie cazzate, i miei pensieri, le mie idee. Leggo tanti libri perché tra quelle pagine posso vivere tutte le vite che voglio, posso indossare i panni di cento persone diverse e sentire a fondo le loro emozioni, i loro pensieri. La mia vita è... Questa. Un grumo di monotonia, lacrime e regole.»
«Aggiungici del sesso adesso», mi fa l'occhiolino.
«Tu mi stai ascoltando», dico lievemente sorpresa.
«Ti ho chiesto io di parlarmi».
«Lo so... È solo che è strano essere ascoltati davvero».
«Che ne dici di raccontarmi qualche altra cosa sul nostro cervello? È affascinante quando ne parli tu», si gira su un fianco e mi guarda quasi con adorazione.
E io inizio a parlare. E Dio, parlo così tanto che mi chiedo per quale motivo non mi abbia ancora tappato la bocca.
E lui non batte ciglio, anzi. Mi guarda dritto negli occhi, ogni tanto sorride e io mi sciolgo ad ogni dettaglio che afferra e che immagazzina.
I suoi occhi percorrono di nuovo il mio corpo. Mi scopre il seno e punta il dito su un neo; un sorriso gli increspa le labbra. «Spero di essere l'unico a sapere della sua esistenza, oltre a te», dice, quasi come se fosse fiero. Mi guarda. Mi guarda intensamente e io arrossisco.
«Hai intenzione di fissarmi ancora a lungo?», gli chiedo con voce sommessa.
«Se smettessi di farlo, diventereste come tutte le altre»
«Ovvero?», inarco le sopracciglia.
«Insignificante».
Deglutisco rumorosamente e mi schiarisco la gola, cambiando immediatamente discorso: «Non vedo l'ora di raccontarti cosa succede quando siamo di fronte ad un possibile pericolo», dico con aria trasognata. «Chi è la ragazza nella foto che hai sul comodino?»
Non avrei dovuto chiederlo. Il suo sguardo si incupisce e ogni traccia di interesse nei miei confronti svanisce nel nulla. Lo guardo con ingenua diffidenza mentre si libera dalle lenzuola e si sposta vicino alla finestra.
Sposto gli occhi disincantati sulla sua figura sepolta nella penombra. Il chiarore velato della luna si riversa debolmente su di lui, illuminandogli parzialmente il volto.
Anche in questo momento, con la tristezza che preme sulle mie costole, come se cercasse di farsi spazio per raggiungere l’epidermide, il desiderio di sfiorargli il viso accresce noncurante dentro di me. Quelle labbra, così piene, che poco fa mi hanno baciata. Quel naso cesellato, una linea perfetta, leggermente all’insù, che ho avuto il piacere di sfiorare con il mio in uno scontro di baci. Quella mascella definita, gli occhi pigri adombrati dalle ciglia lunghe… Dio, il petto diventa pesante come un macigno ogni volta che il mio sguardo si posa su di lui e lo scandaglia senza alcuna remora.
Che cosa mi hai fatto? Vorrei chiedergli. Con quale furia agile mi sei entrato dentro? Come hai fatto ad insinuarti nella mia testa e ad adagiarti tra i miei pensieri?
«Forse è meglio che tu vada, adesso».
E tutte le mie certezze e i miei sogni crollano in un secondo.
Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. E anche se mi ha fatto restare nel suo letto un po' di più, non sono altro che un'altra scopata per lui.
Non importa se non è l'amore a legarlo a Zahra. Lui sta con lei.
Sposto lo sguardo sulla foto incorniciata sul comodino e mi alzo dal letto. Con la coda dell'occhio sbircio verso di lui. Prende una caramella dal cassetto della scrivania e se la rigira tra le mani.
Lo faceva anche quando siamo rimasti chiusi in quel cimitero.
«Mi dispiace», mi infilo in fretta e furia l'intimo e poi il resto dei vestiti.
Kyle non dice nulla.
Rimane nella penombra immobile con lo sguardo basso e la caramella tra le mani.
Prendo la borsa che ho lasciato cadere a terra prima. Mi trema la mano e la vista si appanna.
Cosa ho fatto?
«Qualsiasi cosa io abbia fatto o detto di sbagliato, ti chiedo scusa», dico con voce traballante mentre mi dirigo verso la porta.
«Nives», mi chiama e rimango con la mano sospesa sulla maniglia. «Ti chiamo un Uber?»
Per quale motivo sento il mio cuore cadere in mille pezzi a terra?
Lui non è mio. Non lo sarà mai. È soltanto folle attrazione, allora perché ad ogni sua parola mi sento morire dentro?
«Se sono ingenua è perché io voglio che sia così. Io ho bisogno di esserlo», dico a voce alta, poi esco dalla sua stanza e scendo velocemente le scale.
«Nives? Sei tu? Che ci fai qui?», chiede Leah guardandomi a bocca aperta. «Kyle, ti ammazzo! Giuro su Dio che questa volta ti ammazzo!»
Esco fuori e mi metto a correre.
«Brava, bambina. Devi guardare il mondo con occhi ingenui, soltanto in questo modo non vedrai i mostri che camminano tra di noi. L'ingenuità, Nives. È un'arma a doppio taglio».
Un ragazzo ha suonato per me.
Un altro mi ha portata a letto.
Sono stata l'amica perfetta, ma anche quella peggiore.
L'ingenuità, Nives. Sii ingenua e non vedrai nemmeno il mostro che gratterà contro la tua mente quando la tua fragilità prenderà il sopravvento.
«Sono ingenua. Sono abbastanza ingenua. Sono stata ingenua, hai visto?», dico ad alta voce mentre corro. La sua voce mi infesta i pensieri con una tale forza da farmi piegare su me stessa a metà strada.
Mi fermo sotto la luce calda di un lampione e mi siedo a terra, tirando su le ginocchia. Chiamo un Uber. Rimango ferma con le guance che premono tra le ginocchia e gli occhi puntati a terra.
«Quando smetterai di guardarmi in quel modo, sarà un bel problema, piccoletta».
L'uber mi lascia davanti a casa mia.
Guardo il cancello e come un uccellino ritorno di nuovo nella mia gabbia.
Cammino con la borsa stretta al petto ed entro in casa.
Mia madre spunta nel corridoio con le mani incrociate sotto il seno e un'espressione arrabbiata sul viso.
«Non hai risposto alle mie chiamate! Mi hai fatto spaventare».
«Mi dispiace», dico. «Ero presa dal film», mento e mi dirigo verso la mia stanza.
«Tutto bene?», chiede accigliandosi.
Annuisco, sento i suoi passi dietro di me.
Lancio la borsa sul letto e mi siedo davanti al pianoforte e inizio a suonare Four dimensions di Ludovico Einaudi.
Mia madre mi affianca, appoggiando una mano sul pianoforte.
«Riconosco questa canzone», dice, ma io osservo le mie dita muoversi in automatico mandando via ogni pensiero, ogni paura. «È da tanto che non la suoni».
Lo stomaco si restringe e la mente si libera.
«Da piccola la suonavi ogni notte, non ho mai capito il perché».
Il tremore scuote il mio corpo. Vattene, vorrei dirle. Vattene.
«Certe volte sei così pura, Nives», mi accarezza i capelli. «Sono così fiera di te quando mi ascolti».
Solo quando ti ascolto.
«E questa canzone la suoni divinamente».
Perché non saprei dove altro nascondere le paure, se non tra le note che si disperdono nell'aria.
«Sei adorabile quando ti lasci assorbire in questo modo dalla musica, anche se mi ricordi tuo padre».
E tu odi mio padre. Odi me quando ti ricordo lui.
«Ti ricordi, tesoro? Lo zio ama sentirti suonare. Ti costringeva a sederti sulle sue gambe e ti faceva suonare per ore», sorride con aria malinconica.
Mi faceva suonare per ore.
«E tu non ti stancavi mai».
Non potevo stancarmi. Non avevo scelta.
Suono. Suono. Suono. Gli occhi si riempiono di lacrime.
«Beh, magari a Natale suonerai di nuovo. Tua nonna non vede l'ora di vederti.»
Non voglio suonare per loro. Non suono per intrattenere loro. Suono per fuggire, mamma.
«Sei l'orgoglio della famiglia. Volevo tu lo sapessi».
La tua famiglia è il mio incubo.
Esce dalla mia stanza e io finisco di suonare.
Così dolce. Così pura. Così bella.
«Brava bambina, adesso non urlare più».
Secondo voi cos'è successo? 👀 E perché la caramella? 🍬
Se non avete ancora letto la parte 00, fatelo. Perché in questo capitolo Nives dice una frase, che si ricollega ad un'altra.
Spero vi sia piaciuto il capitolo! Lasciatemi una stellina se volete supportarmi ⭐
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