Un ragazzo tra i gatti

Devo ammetterlo: questa giornata scolastica è stata sfiancante, molto produttiva, ma sfiancante. Cominciare con il rincorrere il cane della preside e concludere con il piantare al club di giardinaggio è stata un'esperienza strana, faticosa e divertente allo stesso tempo.

Abbandonata la tenuta da giardinaggio alla serra, decido di andare verso l'interno dell'edificio, diretta verso il mio armadietto.
​Sinceramente, non vedo l'ora di arrivare a casa e buttarmi sul letto, almeno fino a ora di cena.

Sto già facendo dietro front, diretta all'uscita, quando qualcuno mi chiama.
«Vanille, aspetta!»
Mi volto, per vedere chi fosse, anche se la voce è abbastanza riconoscibile ormai.
​Lo vedo ridurre velocemente la distanza tra di noi. Anche lui ha la tracolla e sembra pronto ad uscire da scuola. I biondi capelli un po' spettinati e quel dolce sorriso che lo rende sempre un po' più carino ai miei occhi.

Gli sorrido di rimando, stringendo la cinghia della mia tracolla.
​«Hai da fare adesso?» mi domanda.

Improvvisamente e inspiegabilmente, inizio a sentire il mio cuore aumentare i battiti in petto. Perché Nathaniel mi sta chiedendo una cosa del genere? Vuole portarmi da qualche parte? Oppure vuole rimanere in biblioteca a parlare come abbiamo fatto il primo giorno qui al liceo?
​Non so nemmeno che cosa rispondergli. Insomma, è vero, sono stanca morta, eppure qualcosa mi dice che una richiesta del genere da parte sua voglia dire qualcosa di importante, o comunque qualcosa che sa, mi potrebbe piacere, almeno da quel poco che ci conosciamo.

«Perché?» domando, ancora indecisa su cosa rispondergli, più che altro perché non voglio sembrare una disperata in cerca di una specie di appuntamento, che accetta subito la richiesta del primo ragazzo carino che la invita, non sarebbe nemmeno nel mio stile farlo.
​«Siccome parlavamo di animali stamattina, ho pensato a una cosa. - comincia - Sai, regolarmente vado a dare da mangiare ad alcuni gatti randagi che si trovano non molto lontano dal liceo e... Beh, pensavo che se avevi voglia potevamo andarci assieme.» conclude.

Stiro le labbra in un sorriso divertito. Non riesco proprio a immaginare uno come Nathaniel che dà da mangiare a dei gatti randagi come fosse una nonnina di quelle che se ne vanno sempre in giro con una scatoletta pronta eppure il pensiero di vederlo in una situazione diversa da quella scolastica e di perfetto delegato, mi intriga parecchio. Soprattutto perché anche io, come lui, ho un debole per gli animali in generale.

«Perché no? Volentieri. - rispondo semplicemente - Avviso solo i miei.» dico, aprendo la cerniera della tracolla e afferrando il cellulare.
​Dopodiché digito velocemente un messaggio sulla chat di WhatsApp dedicata alla famiglia, in cui solitamente ci sono solo miei messaggi diretti ai miei genitori e i loro ok, accompagnati dalle solite raccomandazioni, per poi riposarlo in borsa.

«Sono stupendi, inoltre sono parecchio affettuosi per essere gatti randagi, te lo assicuro.» mi dice, estendendo il suo sorriso e rendendolo, se possibile, ancora più dolce.

Usciamo entrambi dal cancello del liceo e svoltiamo a destra.
Continuo a seguirlo, o meglio, gli sto a fianco, mentre lui silenzioso e tranquillo, percorre la strada che sembra conoscere alla perfezione.
​Ci fermiamo un attimo davanti alle strisce, attendendo che il semaforo torni nuovamente verde.

«A proposito... Stai davvero bene con quel vestito.» mi dice.
Il suo tono e mostruosamente pacato, gentile, ma allo stesso tempo serio. Forse mi ha dato quest'impressione perché nel momento in cui mi ha fatto il complimento, non mi ha guardato in faccia. Eppure noto subito un leggero rossore sulle sue gote, mentre mi volto stupita per le sue parole.
«G-grazie...» dico, non sapendo come altro rispondergli, sentendo anche le mie guance andare a fuoco mentre abbasso lo sguardo e osservo proprio il vestito beige che indosso oggi.
​Il verde scatta ed entrambi ripartiamo, ancora più in silenzio di prima, forse anche per l'imbarazzo. Imbarazzo che, però, sparisce completamente quando arriviamo in un piccolo cortile, poco più avanti. 

Nathaniel apre la sua tracolla e ne tira fuori due piccole ciotole, un sacchetto di croccantini per gatti e una bottiglietta d'acqua.
Lo aiuto a sistemare tutto nelle ciotole e pian piano comincio a vedere i felini avvicinarsi guardinghi.
​Sono uno più bello dell'altro, ogni tanto qualcuno miagola, per poi avvicinarsi alla ciotola che più gradisce e servirsi.

«Tieni.» mi dice mettendomi un po' di cibo in mano.
Io allora mi chino e subito un piccolo gatto grigio si avvicina a me, lentamente, soppesando l'idea se fidarsi o no, in fondo sono una faccia nuova per lui.
​Quando però si decide, la sensazione è bellissima, mentre comincia a strofinare il musetto contro la mia mano, nel tentativo di prendere i croccantini, io allora allungo l'altra, accarezzandogli il capo morbido e lui, per ricambiare, fa le fusa.

Quando finisce tutto il cibo dalla mia mano, lecca un po' il palmo e poi si allontana raggiungendo un punto in cui Nathaniel ha sparso altri croccanti.
​Improvvisamente mi rendo conto della situazione che si è creata. Siamo circondati da quei mici stupendi e sembra quasi un momento magico.

«Allora?» mi domanda Nathaniel, con un sorriso.
​«Sono bellissimi!» dico ricambiando il gesto.

Improvvisamente un gatto maculato dagli intensi occhi verde smeraldo balza sulla sua spalla destra, nel tentativo di avvicinarsi alla mano carica di croccantini.
Scoppio a ridere.
«Oddio, Nath, non ti muovere!» dico immediatamente, per poi aprire velocemente la tracolla e afferrare la mia Polaroid gialla, puntando l'obbiettivo verso di lui e scattando una foto.
​Scuoto la fotografia che ne esce fuori vedendo com'è venuta. Qualcosa in quest'immagine mi suscita una dolcezza immensa, la stessa dolcezza che provo nel vedere il biondo continuare a coccolare i gatti, come se li conoscesse da una vita. 

Siamo rimasti nel cortile per almeno venti minuti, il tempo che finissero di mangiare tutto quanto.
Solo a quel punto Nathaniel si issa nuovamente in piedi.
«Ti ringrazio per avermi accompagnato.» mi dice lui, togliendosi un po' di polvere dai jeans che indossa oggi.
​«Grazie a te per avermi invitata.» gli rispondo di rimando con un sorriso.

«Vuoi... Vuoi che ti accompagno a casa?» mi domanda, ma è evidente che lo fa solo per cortesia, perché quella situazione ora, lo mette chiaramente in imbarazzo.
«No, no, tranquillo. Non è così tardi, posso anche prendere il bus. Ci vediamo domani a scuola?»
«Certo.»
Ci salutiamo ed io faccio dietro front, dirigendomi alla fermata più vicina in cui passa la linea che m'interessa per tornare a casa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top