Tu credi ai fantasmi?
Mi domando quando questo periodo di tortura finirà. Sono stressata e non riesco più a godermi l'idea di venire a scuola tutte le mattine. Sta diventando insopportabile e mi sembra quasi che la colpa sia più mia che di qualsiasi altra cosa. Rimane il fatto che ormai mettere piede al Dolce Amoris mi mette a disagio.
«E così hai paura dei fantasmi?» fa una voce conosciutissima alle mie spalle, mettendomi i brividi lungo la schiena, prima di scoppiare a ridere, seguita da altre due voci.
«Ambra...» sibilo, voltandomi verso di loro.
«Li ci ha raccontato che ieri, durante la punizione, avete sentito un rumore e che sei scappata via come una ragazzina. Non ti vergogni?»
Prendo un grosso respiro, per poi alzare il sopracciglio destro e lanciare un'occhiata alla cinese alle sue spalle.
«Sul serio ha detto questo? Strano, io ricordo Li urlare e lasciarmi indietro.»
Lei alza le spalle scostandosi poi i lunghi capelli biondi, indietro.
«Mi fido più di Li che di te. Dice che credevi addirittura che ci fosse un fantasma... - fece emettendo una risata, quella tipica risata corta e da ochetta che detesto - Come se il liceo fosse infestato.»
Scuoto la testa, dando loro le spalle e allontanandomi, ignorando le loro prese in giro. Un altro giorno sarei rimasta lì ad alzare la voce nel tentativo di farmi rispettare, ma ora non ne avevo le forze. Li potrà continuare a raccontare tutte le bugie che vuole alle sue amichette, io continuerò a conoscere la verità ed è proprio per questo che prima che inizino le lezioni voglio andare a dare un occhiata a quel sottoscala. So bene quello che ho visto e non era né un fantasma né un allucinazione dovuta alla stanchezza. Forse troverò qualche indizio.
Aumento il passo e quando arrivo trovo la ragazza dai capelli argentei, appoggiata alla ringhiera della scala.
«Ambra dice che cerchi un fantasma...» commenta, scrutandomi coi suoi particolari occhi castano dorato, talmente chiari da sembrare quasi gialli.
«Non cerco un fantasma!» rispondo aggrottando le sopracciglia, ho capito che quella piccola vipera l'ha già sbandierato a tutta la scuola.
La ragazza alza le mani, in segno di resa, scusandosi e facendo per allontanarsi da me.
Faccio un sospiro e la blocco.
«Aspetta, non andare. Scusami per averti risposto in modo così scontroso. Non... Non sto cercando un fantasma, ma ieri sera, durante la mia punizione, ho visto qualcuno, proprio qui e...»
Lei sorride, come se avesse compreso al volo il mio nervosismo. Mi poggia una mano sulla spalla e mi si rivolge in tono gentile.
«Purtroppo non ne so nulla, ma spero troverai una risposta.» dice semplicemente, per poi immettersi nel corridoio che dà al resto delle aule.
Nel preciso istante in cui lei si allontana, suona la campanella e, purtroppo, non posso fare a meno che darle retta e dirigermi in classe, onde evitare un'altra punizione per ritardo.
Quando finalmente arriva l'intervallo non mi sembra vero. È incredibile come una serie di problemi e di giorni no, possano mettermi talmente tanto ko da impedirmi di seguire lucidamente le lezioni e da stancarmi in questo modo.
Decido di uscire fuori, per prendere una boccata d'aria e comprendo subito che ne avevo bisogno, appena apro la porta che dà all'esterno e respiro l'aria aperta, anche se sa' di sigarette e smog.
Mi butto su una delle panchine vicino al piccolo prato, che più in là si congiunge al giardino, con un sospiro.
«Accidenti che faccia...» sento dire e subito dopo una figura si siede al mio fianco.
Non ho nemmeno bisogno di alzare lo sguardo su di lui per sapere chi è. Non mi fosse bastata la voce, l'avrei riconosciuto dai jeans neri e strappati e dall'inconfondibile odore della sua sigaretta.
Faccio un verso stizzito, continuando a guardare il selciato sotto i miei piedi.
«Non hai idea di cosa diavolo mi sia successo ieri...» commento.
«Hai perso di nuovo il cane della preside?» dice lui con quel suo classico tono ironico, come fosse divertente vedermi impazzire.
«Te l'ho mai detto che odio la tua ironia?» domando, senza ancora alzare lo sguardo su di lui.
«No, mai, e credo che tu menta spudoratamente. Nonostante tu non lo voglia ammettere, vai matta per le mie battute.» risponde.
«Certo... - lo prendo in giro, cantilenando la parola e allungando la prima vocale - E chi potrebbe resistere all'aria ribelle da metallaro dell'affascinante Castiel.»
Lui fa un verso indeciso e, nonostante non lo stia guardando, lo immagino tirare in dentro le sue labbra perfette.
«Ho la vaga impressione che questa volta sia tu quella che mi sta prendendo in giro.»
Mi sfugge un sorriso e scuoto la testa, divertita. Qualcosa in questo battibecco sta alleggerendo il peso che sento.
«Allora? Che è successo? A parte la punizione di ieri, s'intende.» mi chiede, tornando all'argomento principale.
«È proprio per la punizione che sono così. - dico, alzando finalmente lo sguardo su di lui e incrociando i suoi incredibili occhi verdi - Ieri, mentre ero sotto la scalinata, io e Li abbiamo visto... qualcuno, o qualcosa.»
Lui scoppia a ridere, riconosco benissimo la risata della presa in giro e ciò che ha scatenato la sua ilarità è proprio il pensiero che ciò che sto dicendo sia assurdo.
«Non mi dire che credi ci sia un fantasma al liceo.»
Sbuffo, scocciata.
«La volete smettere di parlare tutti di fantasmi? No! Non credo nemmeno ai fantasmi, ma so benissimo cosa ho visto.»
«Sicura di non aver inalato troppa acqua saponata?» dice lui, continuando a sogghignare.
«Castiel!» lo rimprovero io linciandolo con lo sguardo.
«A parte gli scherzi... - dice diventando serio tutto d'un colpo - Ho sentito dire che, anni fa, un professore del liceo è morto scivolando per le scale... Da allora, il suo fantasma infesta il liceo...»
È vero, non credo ai fantasmi, non ci ho mai creduto. Nonostante tutto ho sempre avuto un certo ribrezzo e astio nei confronti di qualsiasi storia dell'orrore. Quella, nonostante fosse banale e stupida, non faceva eccezione e in un attimo percepisco i brividi in tutto il corpo, sicura che di essere impallidita all'inverosimile.
Lui scoppia di nuovo a ridere, probabilmente ho assunto un espressione terrorizzata e lui ora pensa che io creda alla sua storiella.
«Lo sai che sei un vero idiota?» mi lamento, borbottando e passandomi le mani sulle braccia nel tentativo di scrollarmi di dosso quell'orribile sensazione appena provata.
«E tu invece sei una gran credulona, ragazzina.»
«Non ho creduto alla tua storia, solo non mi è piaciuta, tutto qui.» rispondo a tono, guardandolo storto.
«Sì, certo...» fa lui, alzando un sopracciglio, come nel tentativo di farmi confessare la verità.
«L'ho detto e lo ripeto: non credo ai fantasmi, ma so esattamente cosa ho visto e non mi arrenderò finché non scoprirò cos'è.» dico alzandomi.
Ora come ora è diventata una questione di principio, quanto meno per dimostrare agli altri che non sono pazza.
«Perché invece non lasci stare e basta?» sbuffa, alzandosi anche lui e gettando la sigaretta a terra, per poi calpestarla con il piede.
«Perché no. Ti dimostrerò che avevo ragione. - gli dico decisa, per poi allontanarmi da lui, proprio mentre sta suonando la campanella di fine ricreazione - E raccogli quella sigaretta!» gli urlo da lontano.
Non faccio in tempo ad entrare nell'edificio che sento la sua voce rispondermi a tono, strappandomi un sorriso.
«Sì, mamma.»
A fine giornata mi ritrovo stravolta, ma non intendo andarmene senza aver scoperto nulla. Torno al sotto scala, trovandolo questa volta, finalmente, vuoto e libero. Così che possa guardarmi intorno senza sentirmi una scema, come se già non lo sembri abbastanza.
Rimango un po' lì, avvicinandomi al luogo dove sono stata più di un ora a pulire, quando per terra, proprio di fianco al muro che ieri era taggato, noto qualcosa che, sono sicura al cento per cento, ieri non c'era.
Mi avvicino, raccogliendo ciò che ha attirato la mia attenzione. Un pacchetto di sigarette Gauloises e una cicca.
«Allora, Sherlock Holmes, hai trovato qualcosa? Ci sono indizi che ti portano a scoprire dove si nasconde Casper?» dice la voce di Castiel alle mie spalle.
Mi alzo, voltandomi verso di lui.
«No, ma guarda cosa ho trovato?» gli dico, mostrandogli il mio bottino.
«Wow! Un pacchetto di sigarette vuoto. Hai perfettamente ragione, ora tutto ha un senso...» dice continuando ad annuire con la testa.
«Evita di fare lo spiritoso, ti assicuro che ieri non c'erano. Piuttosto, tu che marca usi?» domando, cercando di ottenere qualche altra informazione, insomma, tentare non nuoce.
«Non quella, se è ciò che stai chiedendo. - mi risponde indicando il pacchetto - Perciò ora hai scoperto che il tuo misterioso essere, chiunque egli sia, fuma.»
«Ma non capisci? - insisto io - Qualcuno è venuto qui per fumare.»
«Oh giusto, mi correggo... Perciò ora che sai che uno qualsiasi tra le decine e decine di studenti del Dolce Amoris che fumano, ha fumato dentro la scuola, vicino alle scale che farai? Andrai dal tuo amato segretario e gli spiffererai tutto?»
A quel suo appellativo, riferito a Nathaniel, sento le mie guance andare in fiamme, ma cerco immediatamente di darmi un contegno e rispondo a tono.
«No, però...»
«Ascolta a me, ragazzina, lascia stare. Quella non è una prova, è solo spazzatura.»
Faccio uno sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
«Sì... Forse hai ragione... Ma non mi arrendo. Scoprirò cosa ho visto, fosse l'ultima cosa che faccio.» rispondo decisa, per poi dirigermi verso il mio armadietto, sentendo Castiel lamentarsi di qualcosa sul fatto di essere irrecuperabile.
Decidendo di rimanere fino a tardi anche quel giorno, perché voglio andare fino in fondo a questa storia, sono rimasta in biblioteca a studiare, mandando ovviamente un messaggio ai miei per non farli preoccupare.
Quando finalmente il liceo torna ad essere silenzioso, esco dalla biblioteca e mi dirigo verso il mio armadietto, posando i libri, ma tenendomi la tracolla. Non voglio fare la stessa fine di ieri.
«Vanille?»
Salto in aria, per poi voltarmi.
«Na... Nathaniel...» dico, con ancora il cuore in gola.
«Scusa... Non volevo spaventarti.» dice, assumendo un aria preoccupata.
Scuoto la testa, tranquillizzandolo.
«Cosa ci fai qui a quest'ora?» gli domando allora, ingoiando un po' di saliva e tentando di far tornare il mio respiro regolare, dopo lo spavento.
«Avevo delle carte da sistemare... Piuttosto che ci fai tu, ancora qui.» dice, più come un'affermazione che come una domanda.
«Volevo capirci qualcosa su ciò che è successo ieri sera. Immagino che tua sorella...»
«Sì, mi ha raccontato tutto, ma non mi sembri una che crede ai fantasmi.»
«Infatti. Però sono sicura di aver visto qualcosa e voglio scoprire cos'era.» gli rispondo.
«Ok, ma fai attenzione, tra venti minuti la scuola chiude.» si raccomanda, per poi salutarmi.
Ricambio il saluto e non appena sono nuovamente sola, mi dirigo verso le scale.
Non faccio nemmeno in tempo a guardarmi intorno che sento di nuovo quella risata strana.
Qualcosa dentro di me si smuove. La mia testa mi dice di rimanere e cercare di capire, ma le mie gambe si muovono da sole e, per la seconda volta, mi ritrovo a fuggire via.
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