This is it, the ApoCatlypse!

'Cause the drinks bring back all the memories
Of everything we've been through
-Maroon 5

Fisso un punto indefinito fuori dalla finestra, cercando di ignorare la potente luce che prorompe dal mio lampadario in cristallo. La serata è molto calda e afosa, la luna piena. Indosso una camicia da notte in seta, tanto corta da sembrare un baby-doll. La nostra tenuta è sempre stata lodata per la bella vista e per gli spazi verdi. Per quanto riguarda la casa padronale, i pareri erano contrastanti: alcuni invidiavano l'estremo lusso che caratterizzava ogni particolare, a partire dalle statue monumentali che ornavano la sala d'ingresso e a finire con lo scopino del cesso, altri invece la ritenevano semplicemente un tripudio di futilità. Io dal canto mio l'ho sempre odiata.

L'odore pulito dell'esterno mi penetra nelle narici quando un rivolo di vento movimenta l'aria salubre. Poi un tanfo diverso si mischia a questa corrente fresca; copro naso e bocca per reprimere la nausea. Sembra carne putrefatta. Mi giro istantaneamente indietro. Ogni luce si spegne e il buio mi circonda, cullandomi per un secondo. La scena, per quanto inquietante, non mi spaventa. Sono perfettamente cosciente di tutto ciò che sta succedendo, anche se non posso fermarlo. Nel giro di un attimo ogni centimetro della stanza si illumina di un rosso acceso. Tutto nella mia camera sta prendendo fuoco. Le assi che sorreggono il baldacchino dell'imponente letto rosa, appoggiato accuratamente al centro del lungo muro bianco, crollano per terra facendo divampare il fuoco. Io, come in trance, non mi muovo. Mentalmente comando al corpo di spostarsi, ma lui rimane fermo, come se fossimo entità distinte. Il timore di provare dolore fisico ora mi invade ma quando cerco di gridare mi accorgo che non ne sono in grado. Nel giro di qualche istante la mia vecchia vita è andata completamente in frantumi. In preda al panico guardo fuori dalla finestra: tutto è calmo, come era prima. Il silenzio della notte culla e nasconde tutti i mali che possono succedere in una casa, all'interno delle quattro mura domestiche. Non importa se il tempo per noi passi lentamente o velocemente, se le serate siano memorabili o un fallimento: la sera inizierà e finirà sempre con una puntualità disarmante, senza che lo si possa evitare. Diceva De André: ''Non puoi fermare il vento, solo fargli perder tempo...''. I miei occhi cercano in quegli ultimi istanti la luna, fin quando tutto si spegne a causa di una botta. Ma quando serro le palpebre non vedo il nulla. Due grossi occhi azzurri mi fissano intenti e tutto finisce con un'unica parola, sussurrata da una voce arrabbiata: puttana.

Mi sveglio, gettando il busto in avanti come se la superficie morbida sulla quale riposavo fino a qualche istante prima fosse infuocata. Inizio a tremare convulsamente, come in preda ad un attacco. Cassie si avvicina a me, spaventatissima. Devono aver sentito delle urla. Anche l'ultima volta gridai da addormentata tutto ciò che non riuscivo in sogno. Cerca comunque di farmi sentire meglio, facendomi nuovamente sdraiare. Per un breve attimo vedo con la coda dell'occhio Aria. E' completamente pietrificata. Ne ha tutte le ragioni.

Ci conosciamo dal college. La mia prima coinquilina avrebbe dato in breve tempo il suo ultimo esame, quindi il posto libero venne occupato da lei. Diventammo amiche sin da subito, quel genere di rapporto che fa brillare gli occhi. Chi sottovaluta l'amicizia per concentrarsi solo sull'amore sbaglia di grosso. Lei ne è la prova. Non che sappia la verità su di me o sul mio passato. Le ho detto semplicemente che ogni sera, prima di dormire, ho bisogno di prendere una pasticca che mi aiuti a prender sonno. Lei scherzò sul fatto che fossi drogata, ma in realtà si tratta di un farmaco che inibisce la mente e permette di riposare nella quiete più totale. Una vera e propria droga se vogliamo intenderla in quel senso, in quanto non posso farne a meno. Niente sogni, niente incubi. Una volta ,però, mi addormentati nel pomeriggio, stremata dallo studio, mentre lei riposava nel letto affianco. Ebbi lo stesso incubo e al mio risveglio stetti così male da spingerla quasi a cercare aiuto. Non un dolore fisico. La mia mente venne proiettata nel passato. Rabbrividii e mi rannicchiai prima, buttandomi per terra dopo qualche secondo, alla ricerca di una superficie fredda. Non trovando abbastanza refrigerio mi alzai di scatto buttando giù dalla scrivania ogni cosa per distruggere anche questa stanza. Iniziai ad urlare, cercando di sovrastare quella voce nella testa che continuava a ripetermi la parola ''puttana''.Ricordo che strappai ogni appunto dell'ultimo semestre, ogni briciola del mio lavoro. Ma soprattutto ricordo la sua faccia disperata quando mi si avvicinò, mentre ogni energia mi aveva lasciata. Ricordo che non piansi. Ma il tremolio non mi abbandonò per qualche ora. Lei mi rimase accanto anche la notte, senza aver paura di me, senza farmi domande. Mi baciò la fronte e mi disse che quando avrei voluto parlarne con qualcuno, lei ci sarebbe stata. Al momento opportuno poi inventai qualche balla. Aria non conosce la verità. Per quanto se la meriti, non può saperla. Non potrebbe accettarla. Nessuno potrebbe.

Cassie studia attentamente il mio volto. Nel suo sguardo noto un guizzo curioso; sta provando sulla mia pelle ad essere infermiera. Io la lascio fare, cercando di controllare i respiri irregolari. Sento la pressione scendermi, ho le mani bianche. Le urla che prima non riuscivo ad emettere cercano di uscire dalla bocca, ma le ingoio. Loro non devono sapere. Poi un caldo improvviso mi invade. Sento la pelle in fiamme, ho tanto caldo che potrei morirne sul momento. Mi scosto dal letto e cerco di alzarmi in piedi ma cado per la debolezza. Appoggio le mani sul pavimento freddo. Freddo, freddo come il ghiaccio....freddo come i suoi occhi. Metto le mani nei capelli per zittire quella voce. Ho bisogno di silenzio. Puttana. Puttana. Sei una lurida puttana.

''No, non lo sono.'' sussurro senza convinzione. Si che lo sei. ''Non lo sono'' ripeto, alzando la voce.

''No, non lo sono. Io non sono chi pensi che fossi. Io non sono come te, papà. Io non sono come te...''dico. Lentamente tutto finisce. Sento le braccia di Aria e Cassie avvolgermi da dietro, coccolarmi. Tutto ciò che non ho mai avuto dalla mia famiglia. Si dice che una parte di noi senta quando qualcosa di importante sia nato. Ecco, io credo che in quel momento sia nato il nostro trio. Un trio inseparabile, inarrestabile.

Per quanto le ragazza abbiano tentato di fermarmi, decido di andare al lavoro. Sono solo le sei del pomeriggio. Ho ancora un po' di tempo prima del turno, abbastanza da risolvere ogni dilemma interiore. Uso precisamente queste parole. In realtà non sto bene e se dipendesse da me non uscirei per i prossimi due giorni. Ma devo dimostrar loro che non sono stramba o psicopatica. Inoltre la tensione è alta, preferisco smorzare quest'aria pesante. Senza contare quanto io sia imbarazzata e scossa. Quindi apro l'armadio, tiro fuori la mia maschera da ragazza solare ed innocente, e l'appoggio sul mio viso. Brucia, ma col tempo aderisce perfettamente alla pelle, talmente tanto da far quasi dimenticare di averla...

Alle otto prendo un taxi e mi avvio verso l'ApoCatlypse. Appena entrata l'odore di hamburger e di fritto delizia il mio olfatto. Sento l'acquolina in bocca. Mangio un cheeseburger (okay, ne mangio due, ma non giudicate: la giornata è stata pesante) e poi vado nello spogliatoio per indossare il costume da Cat-Lara con tanto di targhetta con sopra inciso il mio soprannome. Ogni dipendente ha un nomignolo simile al mio. Non che questo renda l'usanza meno idiota. Alle nove e trenta il locale apre e le chiacchiere della gente mettono in stand-by i miei pensieri. Per questo ho sempre amato lavorare: facendo la barista ho l'occasione di incontrare ogni genere di persona. Dagli ubriachi cronici alle ragazze che cercano l'occasione giusta. Più di una volta ho aiutato alcune di loro a conoscere qualche bel tipo. Nonostante la mia vita sentimentale sia pessima, continuo a voler il bene degli altri.

Cioè, parliamoci chiaro. La mia vita sentimentale non è una merda: per essere una merda dovrebbe esistere. Invece, semplicemente, non esiste. Dai, beviamoci su.

Vedo un gruppo di ragazze sedute al bancone. Potrei avvicinarmi per scambiare due chiacchiere e distrarmi un po', dato che in questo momento non ho nuovi ordini, ma noto che sono prese da una conversazione. Nascondo una ciocca sfuggita al cerchietto dietro l'orecchio per cercare di sentire meglio. Sì, sono una ficcanaso. Tanto andrò all'inferno comunque.

''Ma non vedi che è solo?'' dice la bionda del gruppo. Cavolo, è fighissima. Ha due grandi occhi marroni, una bella bocca e un sottile naso alla francese, mentre il blush sulle guance le illumina il viso delicato. I boccoli dorati le scendono lungo scollatura che incornicia il seno prosperoso. Osservo istantaneamente le mie tette. Cavolo, con questo costume sono piatta come una porta. Come se fosse il vestito il problema.

''Beh, intendi che dovrei provarci? O vuoi farlo tu? So che muori dalla voglia di farlo. Tutte noi, in realtà.'' Dice una rossa col volto nascosto. Sono così presa dalla conversazione da non accorgermi dei nuovi clienti. Sarò anche pessima, ma oggi ho bisogno di staccare la spina. Certo, il lavoro non è il posto adatto. Poi sento una persona schiarirsi rumorosamente la gola. Cioè, in realtà non la sento personalmente, ma suppongo l'abbia fatto dato che tutte le altre ragazze si sono girate nella mia direzione, appena un istante prima di continuare a guardare dietro. Mi sa proprio che devo lasciarvi, amiche mie. Idiota. Mi dirigo in un istante dal nuovo arrivato.

''Salve, che cosa posso portarle?'' dico, un po' stremata. Fare finta di niente è difficile. Continuo così per altri venti, trenta minuti. Poi noto che le ragazze che osservavo prima sono sedute in un tavolo, con due o tre ragazzi ignoti. Ce l'hanno fatta! Evviva l'amore!

''Ei, Clara, potresti andare tu a servire quel tavolo invece di fissarlo?'' dice Carl, l'altro barista. Non ne ho molta voglia gli altri giorni, figuriamoci oggi. Odio andare in giro con quel maledetto costume. Mi sembra di essere al centro dell'attenzione, con tutto quell'oro addosso. Lo guardo male e rispondo:'' Ma io sono una barista...'' non devo sembrare molto convinta.

''Si, e io sono Madonna ma ora non posso cantare ''Like a virgin'' perché nel caso non te ne fossi accorta GLI ALTRI CAMERIERI SONO OCCUPATI! E ora muovi quel culo e va' a servire quel tavolo!'' Sempre antipatico, Carl. Mi avvio verso il gruppetto. Arrivata lì davanti osservo le facce delle persone sedute, finché non ne incontro una in particolare: Anti-muffin. Merda, merda, merda! Il colpo di grazia, la ciliegina sulla torta. Possibile che sia sempre ovunque, quell'antipatico pezzo di sterco? Devo rimanere imbambolata per una bella manciata di secondi, perché ad un certo punto uno degli altri ragazzi dice: ''Signorina può prendere i nostri ordini o dobbiamo chiamare il pronto soccorso?'' ridacchia verso una bruna seduta al suo fianco. Io abbasso la testa, sconfitta e incapace di guardarli. Oggi non ho il coraggio di lottare. La bionda e la rossa di prima sono entrambe accanto ad Anti-muffin, che circonda ciascuna di loro con un braccio muscoloso. Lui rimane impassibile. Anche gli altri ridono, soprattutto quando la bella bionda afferma: ''Tranquilla, puoi andare.'' Poi agli altri. ''Cavolo, dieci camerieri e noi dovevamo proprio beccarci l'imbranata.'' Poi ancora a me, stavolta alzando la voce: ''Su vattene! Cos'è, sei stupida?''

Io, che fino a quel momento non ero riuscita a spostarmi come nel sogno, scappo via da quel posto. Me ne frego dello sguardo pieno di disappunto di Carl, dei clienti stupiti, delle risate dei ragazzi, di tutto. Mi butto nella fresca aria autunnale, sedendomi su uno scalino che deve condurre a qualche locanda chiusa da qualche tempo.

Ciao guyys, il titolo del capitolo l'ho preso dalla canzone ''Radioactive'' degli Imagine Dragons, l'adoro!

Cosa pensate della storia? E della protagonista?
Alla prossima!

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