Caro Victor...
Caro Victor,
non so davvero da dove partire. Non credo esistano parole giuste per esprimere quello che sento, ma sono certa ne esistano di sbagliate. Con ogni probabilità finirò per usare quelle appartenenti alla seconda categoria, mi scuso in anticipo per la mia mancanza di diplomazia e romanticismo. Preferisco comunque provare e fallire più che continuare a vivere nella calma del silenzio che si è sollevato come un muro tra noi.
Ho passato la mia infanzia tra le quattro mura della camera più grande che potessi desiderare, tra persone che pensavano di poter controllare la mia vita. Mia madre era una sclerata convinta di aver partorito un pagliaccio, mio padre, per farla breve, un inflessibile uomo troppo sicuro di sé. Io, infine, ero una bambina con tante domande sul mondo e poche persone a cui porle. Coloro che mi circondavano mi chiedevano di rimanere in silenzio, di lasciare che ogni mia emozione impetuosa evaporasse e si tramutasse in ragionamenti intelligenti e razionali, più adatti all'ambiente che la mia famiglia frequentava. E io obbedivo, la maggior parte delle volte, convinta che nascondere la vera me fosse l'unico modo per farmi amare. Avevo un bisogno disperato di affetto, ma sentivo anche allora di essere la marionetta di uno strano spettacolo chiamato ''vita''. Il passato ha avuto alti e bassi continui, ma come ben sai alla fine la strana frequenza che l'ha composto mi ha portata qui. Prima a Washington, poi a Chicago, da te.
Ricordo vividamente il giorno che arrivai in questa città. Quella assurda sensazione tipica della gioventù, il momento in cui senti che il mondo è nelle tue mani, che non sei più di mamma e papà: sei solo di te stesso. Bramavo quella libertà da tutta la vita con un'intensità difficile da comprendere. Al college avevo tentato di liberarmi di ogni insicurezza e del senso di oppressione, ma tutto era appena iniziato. Forse, un nuovo punto di partenza non era abbastanza. Chicago era il secondo, era importante come niente lo era mai stato prima. Era il secondo round della nuova me.
In realtà non riponevo grandi speranze nella possibilità di ottenere il lavoro (per quanto chieda veramente poche capacità, la mia goffaggine di certo non gioca nella mia squadra), ma quel giorno sentivo che qualcosa nella mia vita sarebbe cambiato. E sei arrivato tu: sorrido pensando al nostro primo incontro, al modo in cui guardasti il mio ridicolo vestito imbrattato di cioccolato, lo sguardo che lanciasti alle mie gambe quando mi chiedesti di essere professionale nell'ascensore. Ti odiavo profondamente, lo ammetto, ma ti sentivo. Ogni fibra del mio corpo smetteva di rispondere ai miei comandi e agiva solo secondo le tue regole. Odiavo il fatto che tu riuscissi senza difficoltà a capirmi e toccarmi in profondità, perché ho cercato per tutta la vita di essere padrona di me stessa e lo ammetto, avevo paura. Avevo paura che per la prima volta dopo tanto tempo non fosse tutto sulle mie spalle. Non volevo condividere il mio cuore con una persona, dal momento che per la prima volta da anni era solo mio. Ero spaventata dall'idea che se avessi voluto non sarei più potuta scappare lontano sapendo di lasciarti dietro.
Ricordo vividamente il tocco gentile delle tue dita sulla mia pelle, la stretta allo stomaco che accompagna inevitabilmente il tuo ingresso nella stanza. Forse avrei dovuto dirtelo al momento opportuno, ma è difficile tirare fuori le parole quando vedo il mio riflesso nei tuoi occhi. Romantico, eh? Non credo. D'altronde, io non sono che una povera ragazza, una insulsa codarda che cerca di lottare contro quel che sente (lotta decisamente impari, tra l'altro).
Starti vicina è stato il più bel regalo che abbia ricevuto negli ultimi tempi. Hai creduto in me senza che io te lo chiedessi e senza chiedermi in cambio niente. Lo hai fatto senza certezze e senza riserve, per la ragione più semplice e più bella: lo volevi. Ti sei accorto della mia esistenza malgrado non fossi la più bella del mondo, nei momenti di silenzio e in quelli ricchi di parole, nonostante non avessi nulla da offrirti se non il mio cuore e qualche scena buffa.
Mi dispiace per quel che ho fatto, per quel che ho detto e soprattutto per quel che non ho detto. Ma sappi che ogni mia insicurezza è stata dettata da un'unica paura, la più dolorosa che abbia mai provato: quella di perderti.
E sappi che, malgrado il rischio di soffrire, il cuore l'ho condiviso con te dal primo istante.
Tua, Clara
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