Il mio cuore sotto alle macerie

STORIA MISTA @ancestrali

"Venite, presto, da questa parte! Ho sentito qualcosa proprio qui sotto!"
Arrampicandosi con attenzione sul cumulo di detriti, Alessio, vigile del fuoco da poco più di un anno, ordinò ai compagni che lo seguivano, di fare silenzio. Posò l'orecchio su una trave incastrata tra i mattoni che costituivano, in origine, parte del solaio.
Un suono lieve sembrava giungere dal centro della terra. Alessio cominciò a spostare pietre, passandole ai compagni. Dopo più di un ora di lavoro, riuscirono a spostare abbastanza calcinacci da vedere il pilastro portante posato su ciò che rimaneva del MURO della casa. "Presto, passatemi una torcia!" Urlò, quando i lamenti divennero distinti.
Il fascio di luce illuminò una parte di quella che doveva essere stata una poltrona o un divano. La polvere creava una coltre che rendeva quasi impossibile distinguere ogni cosa, ma la forma sembrava quella di un bracciolo, con qualcosa che non riusciva a identificare, posato sopra.
Alessio aspettò, trattenendo il fiato, che la polvere si diradasse. Sembrò passare un'eternità ma, all'improvviso, eccola!
Alcuni metri più in basso, una mano stringeva, spasmodicamente, quello che sembrava un POSACENERE. 
Il resto del corpo era nascosto alla vista da un'asse di legno che, crollando, si era posata sullo schienale del divano, come una sorta di paravento.
"Ehi, mi senti?"
Urlò, nel piccolo passaggio che erano riusciti ad aprire.
Aspettò, col cuore in gola.
Silenzio.
Tratenne il fiato e restò in ascolto. Niente.
"Siamo qui! Andrà tutto bene!" Gridò ancora, non sapedono se stava parlando alla persona sepolta sotto alle macerie o a se stesso.
Nulla.
Stava per comunicare agli altri che non c'erano più segni di vita, quando, all'improvviso, vide le dita di quella mano, muoversi. Lasciarono andare il posacenere e si protesero verso l'alto.
Le unghie avevano uno smalto che sua nonna avrebbe definito ROSSO CILIEGIA ed erano l'unico tocco di colore in quella totalità di grigio. La torcia le fece luccicare e Alessio lasciò andare il fiato.
"Sono Alessio. Ti vedo! Resisti, veniamo a prenderti!" Si voltò verso gli altri spiegando brevemente cosa aveva visto, quando sentì un flebile richiamo:            
"A..le..ssio?"
Tornò a concentrarsi su quel buco "Sì, sì, sono qui! Mi senti?"
"Sì"
"Come ti chiami?"
"VI..O..LA"
"Viola, che bel nome! Immagino sia anche il tuo colore preferito!" Alessio cercava di farla parlare per evitare che perdesse coscienza, mentre i suoi colleghi studiavano il modo per tirare via le travi evitando altri crolli.
"No"
"No? Non è il tuo colore preferito?"
"No"
"Allora, qual'è?"
"Blu"
"Ti piace il blu?"
"Sì"
"Blu oltremare?"
"No, Blu  co..bal..to"
"BLU COLBALTO,  una bella tonalità. Sai qual'è il mio?"
Alessio sapeva che era una conversazione insensata, ma doveva distrarla, non doveva permetterle di addormentarsi nè di concentrarsi sul dolore.
"Gia..llo?"
"No! Riprova"
"Aran..cione?"
"No, prova ancora"
"Ver..de?"
"Quasi, devi essere più precisa!"
"Ver..de acqua?"
"No, più scuro!"
"VER..DE OTT..A..NIO?"
"Brava, come hai fatto? Nessuno lo indovina mai."
"For..tu..na"
"Non credo sia stato un caso, sicuramente sei molto intelligente. Quanti anni hai Viola?"
"Ve..nti..due."
"Studi ancora o lavori?"
"Uni..versi..tà."
Alessio notò che la voce della ragazza era affaticata. La lasciò riposare un attimo.
"Ale..sssio?"
Il richiamo arrivò come una supplica.
"Sono qui!"
"Par...la...mi."
Alessio deglutì. Dio, aiutami a salvarla, pregò con la mente e con il cuore.
"Allora, Viola, mi stavi dicendo che vai all'università, quale?"
"La SA..PIE...NZA."
"Allora vivi a Roma?"
"Si ma so..no nata qui. Tu...?"
"Vuoi sapere da dove vengo?"
"Si."
"Il mio paese si chiama Montagnana, si trova in provincia di Padova. È famoso per il suo CASTELLO MEDIEVALE."
"Mai sen..ti..to."
"Così mi offendi! Ok facciamo che appena possibile ti ci porto!"
Alessio la sentì tossire convulsamente
"Viola che succede? Stai male?"
"Mi fa ma..le il fian..co"
"Che tipo di dolore senti, lo sai descrivere?"
"Co..me tra..fit..ta da una SPA..DA"
"Riesci a toccarti il fianco?"
"No, ma ho la sen..sa..zio..ne di ba..gna..to." Si lamentò con un filo di voce.
Alessio si allarmò. " Dammi un minuto Viola, torno subito, promesso!" affermò scendendo dal cumulo. Si avvicinò al caposquadra "Quanto cazzo ci vuole a spostare la gru? È ferita! Credo stia sanguinando!"
"Calmati! Stiamo facendo il più in fretta possibile, ma sai benissimo che  camminiamo sulle uova! I ragazzi stanno cercando l'ingenere che ci dica quale trave spostare per prima!" sbottò il capo.
"Che cazzo vuol dire che lo stanno cercando? Dov'è sparito?"
"E io che ne so! Non ho mica la SFERA DI CRISTALLO!"
"Viola potrebbe morire!!!"
"Sei un novellino, datti una calmata! Ci vuole sangue freddo in questo lavoro! Sarebbe un PECCATO se non riuscissi a gestire questa situazione. Potresti perdere tutto ciò per cui hai lavorato tanto!"
"L'unica cosa che non posso perdere è la vita di quella ragazza! Lei crede in me!"
"Allora torna lì e tienila in vita, al resto ci pensiamo noi!"
Alessio ritornò sconfitto sui suoi passi.
"Viola?"
"Sì"
"Sono qui!" Il nodo che gli stringeva la gola gli impedì di continuare.
"Ale..ss.io?"
"Dimmi!"
"È gio..rno o no..tte?"
"È una bella serata, serena. C'è un bel CIELO STELLATO!"
"Sei ro..man..ti..co."
"No, non lo sono."
"Hai mai re..ga..la..to  fio..ri?"
Alessio scoppiò a ridere "Sì, una sola volta e mi è bastata, credimi. Non è finita bene!"
"Racc..on..ta"
"Ok, allora c'era questa ragazza che mi piaceva, ma lei non mi guardava mai. Così un giorno, rubai un fiore dal giardino di mia nonna e glielo portai! Quando lo vide, mi diede subito uno schiaffo e poi fece le corna. Se prima non mi guardava, da quel giorno cominciò a fulminarmi con lo sguardo e a fare gli scongiuri."
"È stra..no!"
"Sì l'ho pensato anch'io. Era fine ottobre, non c'erano molti fiori freschi in quella stagione e quelli nel giardino di mia nonna sembravano bellissimi. A dodici anni non sai che un CRISANTEMO BIANCO, non è il fiore ideale da donare a una ragazza! Senza contare che la nonna si arrabbiò parecchio perchè le avevo rovinato i fiori da portare al cimitero!"
Un suono strano, quasi un singulto, seguito da colpi di tosse, risalì dal buco.
"Viola! Viola, che succede?" si allarmò il giovane.
"Ale..s..sio, non de..vi far..mi ri..de..re, fa ma..le!"
"Cristo Viola, mi hai spaventato a morte!"
"Scu.. sa ma è co..l..pa tu..a!"
"Hai ragione!"
"Non hai più re..ga..la..to fio..ri per que..sto?"
"Si, beh, non è facile superare certi traumi!"
"Pos..so dar..ti un con..si..glio?"
"Spara!"
"RO..SE BLU "
"Dovrei regalare rose blu? Perchè?"
"So..no le mie pre..fe..ri..te, e sic..co..me so..no una ra..ga..z.za, so che piac...cio..no"
Alessio sentì qualcosa stringergli lo stomaco, mentre le lacrime gli salivano agli occhi. Le avrebbe regalato un enorme mazzo di rose blu, lo giurò a se stesso.
"Immagino tu ne abbia ricevute parecchie!"
"No, mai."
"Non ci credo"
"È ve..ro, so..no tro..ppo se..ria, no..io..sa, ti..mi..da."
"A me sembri sveglia e simpatica, e non sei affatto noiosa."
In quel momento, il caposquadra richiamò la sua attenzione:
"Alessio, siamo pronti. Devi spostarti da quella parte mentre la gru solleva le travi e lo scavatore rimuove le macerie!"
Alessio sentì i brividi percorrergli la schiena. "Ok capo, dammi un minuto!"
"Non ce l'abbiamo un minuto! L'hai detto tu che è ferita!"
"Sì, lo so, ma devo avvisarla, ci metto un attimo!" E senza aspettare risposta tornò da lei.
"Viola? Senti, stanno per cominciare a scavare. Andrà tutto bene, vedrai tra poco sarai fuori. Tu sta tranquilla, pensa solo a cose belle, a tutto quello che ti piace, a quello che vuoi fare e a dove vuoi andare. Io devo spostarmi ma sarò qui vicino."
"Ales..sio?"
"Sì, Viola, dimmi!"
"Avr..ei vol..uto  cono..scer..ti in un altro mo..do!"
"Anch'io, ma avremmo tutto il tempo per farlo! Organizzeremo qualcosa di speciale. A dopo, Viola, io sarò quello con la divisa color verde ottanio!"
" Str..on..zo!"
"Ehi, sei una ragazza seria e timida, ricordi? Ci vediamo dopo Viola."
"Ale..ss..io, se non dov..essi  far..ce..la io... gra..zie per ess..ere stato con me!"
"Non azzardarti neanche a pensarlo! Ci vediamo tra poco! Hai capito Viola?"
"Sìì"

Due ore dopo, le grida di giubilo si levarono tra i soccorritori, mentre Viola veniva adagiata su una barella e caricata in ambulanza. Era priva di sensi, ma viva.  Alessio chiese un passaggio a un giornalista che aveva seguito l'intera vicenda e voleva fare un articolo sulla sola superstite del terremoto più forte dell'ultimo secolo.
Arrivato in ospedale scoprì che  Viola era stata trasportata, d'urgenza, in sala operatoria. Un tondino di ferro, le aveva perforato un polmone. Aveva un riversamento importante e una seria emorragia. Furono ore interminabili.
Si poteva soffrire in quel modo per una persona conosciuta dodici ore prima e di cui non si conosceva neanche il volto? La risposta era si!
Da una PORTA BLU SEMIAPERTA, Alessio scorse l'infermiere che aveva stabilizzato Viola prima di portarla via. Si alzò di scatto e senza nemmeno bussare entrò.    "Ci sono novità?" chiese concitato.
"No, è ancora sotto ai ferri ma, tranquillo, il primario è il migliore, andrà tutto bene."
Alessio tornò in sala d'attesa. Estrasse il suo inseparabile LETTORE MP3, infilò gli auricolari e ascoltò le canzoni che più amava. Come un segno del destino, le prime note a uscire, furono quelle di Una rosa blu. Le parole gli fecero salire un nodo alla gola e gonfiare gli occhi.
"UNA ROSA BLU, SULLA PELLE MIA, ME NE ACCORGO ADESSO, PASSO DOPO PASSO CHE NON VA PIÙ VIA!"
La riascoltò almeno venti volte, prima che qualcuno lo scuotesse. Si era appisolato. Aprendo gli occhi, la prima cosa che vide, fu un camice verde. Che fosse quello il verde ottanio? Pensò mentre la mente si snebbiava.
"Sono il dottor Marelli. È leì il soccorritore che ha trovato la giovane sotto alle macerie?"
Ora, completamente vigile, Alessio balzò dalla sedia "Viola, si chiama Viola. Come sta?" Chiese timoroso.
Il medico scosse la testa "È in rianimazione, intubata e sedata. Ha parecchie fratture, ma la ferita al polmone era quella che più ci preoccupava. Abbiamo fatto il possibile. Le prossime ventiquattr'ore, saranno decisive."
La prima lacrima rigò la guancia sporca di Alessio, lasciando un segno che bruciava come l'acido.
"Deve essere fiero di se stesso. L'ha tenuta in vita. Se si fosse addormentata non si sarebbe salvata!" Lo informò il medico con rispetto.
"E se non bastasse? Se fosse servito solo a prolungarle l'agonia?"
"Non possiamo saperlo, ma credo che avere una possibilità sia meglio che non averne nessuna!"
"Posso vederla?" chiese deciso.
Il medico fece un cenno di assenso e lo invitò a seguirlo.
"Purtroppo non posso farla entrare. È una stanza sterile e lei..."
Alessio non si offese, era sudicio.
"Può vederla dal vetro." lo informò il primario, allontanadosi.
Alessio guardò quel corpo pieno di tubi e cavi. I capelli scuri erano legati in una treccia che spuntava dalla cuffia. I lineamenti quasi indecifrabili, a causa del tubo che le permetteva di respirare e dei lividi che ne segnavano gli zigomi. Il bip del macchinario sembrava costante. Posò la fronte sul vetro freddo e levò una supplica al cielo. "Salvala, ti prego, salvala!"
Rialzò gli occhi sussurrando           "Sono qui, Viola, non ti lascio sola!"
Come se l'avesse sentito, la mano della ragazza ebbe uno spasmo e com'era successo quando l'aveva trovata, quelle dita si spostarono nella sua direzione. Alessio allargò la mano sul vetro. "Ti tengo, non ti lascio andare!" Promise.
Non gli fu permesso di restare, lo portarono via quasi di forza. Alessio trovò un albergo lì vicino. Prese un permesso e restò in quel paesino abbruzzese.
Tornò ogni giorno all'ospedale, parlò con ogni medico, infermiere e inserviente. Parlò soprattutto con Viola, ordinandole di combattere. Le sue condizioni erano stabili e questo era positivo, ma non dava segni di ripresa.
Era passata quasi una settimana. Quella mattina, Alessio si presentò più tardi del solito. Aveva preso una decisione importante, durante la notte, e  aveva impiegato più di quanto immaginasse per portare a termine quanto si era prefissato.
"Buongiorno! Pensavo che non saresti più arrivato!" lo provocò una giovane infermiera che, come altre colleghe, cercava spesso la sua attenzione. Il ragazzo ne aveva conosciute parecchie, eppure non ricordava nemmeno un nome. "Ho avuto un impegno. Pensavo di sbrigarmela prima. È durato più del previsto!" Affermò mentre l'infermiera lo aiutava a indossare il camice, obbligatorio per entrare nel reparto di rianimazione. Si accorse che la ragazza sfruttava  ogni occasione per toccarlo. Come tutte! Solo pochi giorni prima ne avrebbe approffittato. Sapeva che il suo aspetto attirava l'attenzione. Aveva fatto il modello, ma quel mondo lo aveva deluso. A ventisei anni aveva deciso di dare una svolta alla sua vita ed era entrato nei vigili del fuoco. Era stata dura non essere valutati solo per l'aspetto fisico. Aveva sgobbato più di tutti gli altri per far vedere che non era un inetto adatto solo alle foto per il calendario della compagnia, realizzato per raccogliere fondi. Ignorò le attenzioni dell'infermiera, finchè questa non affermò "Sarebbe stato un peccato se non fossi riuscito a venire proprio oggi. L'hanno staccata dal respirarore!"
Alessio si girò di scatto "Respira da sola?"
"Sì, stamattina ha anche aperto gli occhi."
Il giovane inveì nella sua testa. Proprio il giorno in cui aveva tardato!
Si girò ignorando le chiacciere della ragazza ed entrò nella stanza.
"Viola?" Bisbigliò avvicinandosi al letto.
Vide finalmente il suo viso. Era disteso. I lividi, ora giallognoli, stavano svanendo.
La fronte alta, il naso dritto, la bocca carnosa. Era bellissima.       "Viola? Sono io, Alessio." sussurrò prendendole la mano con delicatezza. La ragazza sospirò, poi aprì lentamente gli occhi, osservandolo attentamente. Accennò un sorriso "Non hai la divisa verde ottanio!" lo canzonò, con voce gracchiante. Fissò quel bellissimo angelo, il suo angelo e sentì un'immenso amore. Non era solo riconoscenza e non era per l'aspetto fisico. Si era innamorata della sua voce, della sua tenerezza e comprensione. Rimasero a fissarsi negli occhi, comunicando senza bisogno di parlare.
Alessio ricambiò il sorriso, mentre una lacrima gli scendeva verso il mento. "No, oggi non sono in servizio, ma ti ho portato una cosa" disse, alzandosi la manica. Sull'avambraccio, un tatuaggio appena fatto e ricoperto di pellicola, spiccava per forma e colore. Viola sbattè le palpebre      "Sono..." non riuscì a finire la frase, troppo forte era la commozione. La finì Alessio per lei
"Sono tre rose blu cobalto!" Viola scoppiò a ridere, per poi tossire e annaspare. Alessio le accarezzò il viso rimproverandola "Non sforzarti, devi riposare! Cazzo, Viola, mi spaventi ogni volta!"
"Lo sai vero, che è colpa tua?" Ribattè lei sorridendo. "Perchè ti sei tautato delle rose blu? Bastava che me ne portassi una."
"No, non bastava! Te ne avevo preso un mazzo, ma mi hanno proibito di portartelo. Così ho trovato un modo di fartele avere comunque!" Le spiegò orgoglioso.
Viola lo guardava affascinata "E poi dici di non essere romantico?"
Alessio scrollò le spalle "L'ho fatto anche per me. È stata l'esperienza più scovolgente della mia vita. So che mi resterà marchiata nell'anima, ma volevo qualcosa anche sulla pelle!"
"Il mio corpo porterà diverse incisioni di questa esperienza!" Si corruciò Viola.
Alessio le strinse la mano. Poi istintivamente le posò un leggero bacio sulle labbra. "Sei una guerriera Viola, ogni segno è una medaglia guadagnata con onore, un premio al tuo coraggio!"
"Non sono coraggiosa! Ho avuto paura e ho pianto come una bambina!"
"L'ho avuta anch'io! Non ne ho mai provata tanta in tutta la mia vita! Ma tu hai lottato, spingendomi a fare lo stesso!"
"Siamo una bella squadra, vero?" Sospirò, mentre le si chiudevano gli occhi. Poi aggiunse, sbadigliando, mentre la stanchezza prendeva il sopravvento "Grazie per non avermi lasciata andare!"
Alessio la guardò addormentarsi. Si sedette vicino al letto, continuando a tenerle la mano     "Non hai capito che non ti lascierò mai?" Bisbigliò posando la guancia sulle loro mani incrociate. Chiuse gli occhi. Avrebbe riposato finalmente. Sarebbe andato tutto bene. Mentre si assopiva, sicuro che Viola dormisse, la sentì borbottare "Non sono tre rose blu cobalto! Quella al centro è viola!"
Alessio sorrise. Anche se la tonalità era appena diversa, lei l'aveva notata. Le baciò la mano ordinandole di dormire. Una cosa però non l'avrebbe potuta vedere.
Viola era ora, il colore del suo cuore.

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