Capitolo 1
Londra, luglio 2016
Il locale era gremito di gente che si muoveva frenetica a ritmo di musica; corpi sudati ammassati in un piccolo spazio... l'atmosfera intima e le luci soffuse davano quel senso di vedo non vedo, creato apposta per un certo tipo di incontri che la gente ricercava in questo genere di locali notturni. Ma nel nostro piccolo privè, noi ragazzi ci divertivamo sempre come un gruppo heavy metal dopo un concerto finito bene.
"Forza ragazzi, diamoci dentro!" urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.
La festa d'addio al celibato era appena iniziata ma stava andando alla grande e io me la stavo veramente spassando. Come sempre, d'altronde. Mai nessuno si divertiva quanto me in questo tipo di occasioni; ero una specie di idolo. Alzai un braccio in direzione dei miei amici e sbattei delicatamente la mia birra contro il vetro delle loro bottiglie. La birra era solo un riscaldamento per noi, ben presto saremmo passati a qualcosa di più serio. Michael aveva intenzione di bere più di me quella sera, voleva cercare di battermi. Forse avrei dovuto lasciarlo fare, in fondo la festa d'addio al celibato era per lui; era lui che si sarebbe sposato il giorno dopo, ma non avevo nessuna intenzione di perdere il mio record.
"Forza Green, facci vedere chi sei!"
Christian mi incitò a farmi avanti nelle bevute e tracannó la sua birra tutta d'un fiato. Mi voltai verso la cameriera in abiti succinti che stava passando lì vicino. "Tesoro, portami una tequila," ordinai, "e chiedi a questo branco di fuori di testa cosa vogliono bere, soprattutto a quello lì," dissi indicando Micheal, alzando la voce per farmi sentire attraverso la musica, "e poi portami il conto."
Eravamo in uno dei locali più in di Londra, uno di quei locali dove l'intrattenimento era al top e l'alcool scorreva a fiumi. Uno di quei locali dove devi avere un conto in banca a più zeri per divertirti come si deve. Uno di quei locali adatto a me.
Mentre guardavo il culo della cameriera passare intorno al nostro divano, Josh incroció i miei occhi, ci bastò uno sguardo per intenderci ed entrambi ci alzammo per andare nel bagno degli uomini. Solo Christian si accorse di quello che stavamo per fare e, senza essere invitato, ci seguì. Una volta dentro il bagno mi voltai e presi la fatidica bustina di polvere bianca dalla mia tasca. La presenza di Christian nel bagno con noi mi irritó ma non mi sorprese più di tanto, era solito infilarsi in contesti che non lo riguardavano, ma per quella sera decisi che avrei anche potuto fare un'eccezione.
Lo guardai con un cipiglio serio: "Tieni la bocca chiusa, soprattutto con Michael, a regola sarebbe la sua festa e avrebbe ragione ad incazzarsi."
Lui corrugò la fronte, quasi risentito dalle mie parole. "Ehi, amico, per chi mi hai preso?"
Roteai gli occhi. "Sì sì, come ti pare. Basta che stai zitto."
Preparai la polvere sopra una mattonella e Josh tirò fuori una banconota.
Pochi minuti dopo tornammo dagli altri nella sala comune, nel privè. La cameriera aveva già portato le nostre ordinazioni e mi rilassai su uno dei divanetti. Osservai i miei amici urlare e scherzare tra di loro, e gli occhi mi caddero su Michael. L'indomani si sarebbe sposato e per quella sera aveva intenzione di rendersi uno straccio, di divertirsi e di spremersi fino all'ultima goccia, con la consapevolezza che poi non avrebbe più avuto la possibilità di fare tutte quelle cose.
Mi ero sempre chiesto cosa spingesse la gente ad unirsi in matrimonio, dove un uomo promette di amare una sconosciuta per il resto della propria vita. Conoscevo Francis, la futura moglie di Michael, e non era affatto male come compagna di scuola. Per dirla tutta l'ho conosciuta prima di lui essendo stata la capo-cheerleader e io un giocatore titolare della squadra di football. Già a quei tempi era molto carina, ma non c'era mai stato niente tra noi, se non una conoscenza superficiale. In realtà qualche pensierino all'epoca lo feci su di lei, ma quando Michael si trasferì nella nostra scuola dalla periferia e divenne uno dei miei migliori amici per me divenne off limits. La adocchiò dal primo istante e non ci mise molto a conquistarla, da allora non l'ho mai visto con un'altra ragazza. Che spreco, pensai. Dopo un paio di anni si fidanzarono ufficialmente e adesso erano pronti a fare il grande passo.
Anche se era il mio migliore amico, continuavo a non capire il perché della sua scelta. Non gli andava bene la vita per come la viveva adesso?
I miei occhi castani si spostarono su una bella mora che stava camminando in modo sensuale nella mia direzione. Me li sfregai, pensando di avere un'allucinazione. Poi realizzai che era già arrivato il momento delle spogliarelliste, un classico degli addii al celibato. La mora in questione aveva due grandi occhi da cerbiatta che mi fissavano maliziosi. Indossava una tuta attillata di vernice nera che lasciava scoperti i fianchi snelli; due porzioni di pelle liscia e levigata che si muovevano in modo sensuale ad ogni passo. Il seno prorompente era costretto dentro quel tessuto lucente, visibile solamente da un piccolo spacco al centro della tuta, e le gambe lunghe e affusolate si muovevano nella mia direzione con passo felino. Quando mi fu vicina si sedette sulle mie ginocchia e mi passò una mano tra i capelli biondi e mossi dal gel.
"Sei tu il fortunato che domani si sposa?" Aveva una voce graffiante, sensuale, che si riverberò subito nel mio inguine. A malincuore scossi la testa.
"No, è quello lì." Le dissi indicando Michael, lei si voltò a guardarlo e il suo profumo mi invase le narici. Sapeva di esotico e di forte.
Mi guardò negli occhi con aria sconsolata. "Peccato!" ammise, e si alzò dalle mie ginocchia. Avrei voluto trattenerla sulle mie gambe, ma nonostante fossi sconvolto ebbi la presenza di spirito di non farlo. Non era una prostituta, era solo una spogliarellista, ma era costata parecchio per far divertire per una sera il nostro amico. Avevamo messo tutti la nostra parte per pagarla scegliendola dal sito, ma vederla dal vivo era tutta un'altra cosa.
Quando arrivò da Michael lo vidi spalancare la bocca e fissarla come un imbecille. Scoppiai a ridere, seguito da tutti gli altri. La ragazza si esibì in una danza erotica dedicata solo a lui. Gli sbattè il seno davanti al viso, poi gli montò a cavalcioni sulle ginocchia e iniziò a muoversi in modo provocante. Cazzo, mi stavo eccitando come se fosse stata sopra di me. Altre ragazze, vestite in modo meno appariscente, si avvicinarono al resto di noi, ma io non riuscivo a distogliere gli occhi da lei. La guardavo mentre si dimenava su di Michael, che aveva assunto un colorito paonazzo. Ad un certo punto si alzò dalle sue ginocchia e si voltò, mostrandole quello splendido sedere che portava in giro, continuando a muoversi in modo sensuale. Ogni tanto guardava nella mia direzione lanciandomi occhiate eloquenti, mentre tutti i miei amici si stavano divertendo intorno a noi senza badare a quello scambio di sguardi.
Pensai che nemmeno quella sera sarei andato a letto da solo.
Mi svegliai la mattina dopo con il classico mal di testa post-sbornia, strappato dal sonno dalla mia radiosveglia con una stupida canzone di Ricky Martin. Chissà come cazzo si intitolava, sapevo solo che faceva schifo. Allungai una mano e tentai di spegnerla a tastoni. Quando ci riuscii aprii un occhio e constatai che erano le nove e mezza, tra meno di un'ora avrei dovuto trovarmi in chiesa, purtroppo ero il testimone di nozze di Michael e non potevo arrivare in ritardo.
Avrei dovuto sbrigarmi, ma la spossatezza non me lo permise. Pensai alla serata appena trascorsa, chissà come l'aveva terminata il nostro sposo. Purtroppo, dopo un certo momento, non ricordavo più niente di quello che era successo. Chissà quanto avevo bevuto!
Mi stiracchiai sotto le lenzuola e mi voltai dall'altro lato. Come la vidi mi ricordai di lei come in un flash. La spogliarellista di ieri sera, ingaggiata per Michael, stava dormendo nel mio letto. I suoi capelli vaporosi erano sparsi per il cuscino e il suo odore esotico e pungente, mischiato al mio, aleggiava nella stanza. I nostri vestiti sparsi ovunque sul pavimento. Quelle curve seducenti che si intravedevano mentre dormiva... Accidenti se era arrapante! Sarebbe stato bello ricordarsi un po' di più di quello che era successo una volta abbandonato quel locale. Ma non ricordavo un granché, solo sprazzi di momenti qua e là; evidentemente non era stato niente di particolare altrimenti non me lo sarei dimenticato. E, purtroppo, era troppo tardi per rinfrescarsi la memoria.
Mi alzai senza svegliarla, reggendomi la testa come se pesasse troppo per il mio collo, e andai in bagno per una doccia. Quando tornai in camera con un semplice asciugamano intorno ai fianchi notai con sollievo che il mal di testa era diminuito notevolmente. Lei era sempre sotto le coperte, ma si era svegliata ed era seduta nel mezzo del letto. Mi guardava con quegli occhioni castani grandi e innocenti. Mi venne da ridere, era tutto tranne che innocente.
"Cosa stai ridendo?" Sbottò con un sorriso divertito.
Scossi il capo. "Niente di importante." E continuai a ridere. La sua voce era del tutto diversa da quella che mi sembrava ieri sera. Quando smisi di ridere rimasi a guardarla mentre si stiracchiava nel mio letto. "Mi dispiace deluderti, tesoro, ma temo che tu debba alzarti." La avvisai.
Lei corrugò la fronte, poi cambiò espressione come se all'improvviso si fosse ricordata del terzo segreto di Fatima. "Ah, già, il tuo amichetto oggi si sposa. E aspetta, fammi indovinare, tu sei il testimone!"
Feci un mezzo sorriso. "Azzeccato bambola. Quindi, se non vuoi che ti butti fuori dal mio appartamento così come sei, ti conviene alzarti e vestirti. Ti permetto di farti una doccia veloce mentre io mi vesto, ma devo sbrigarmi e in questo momento tu mi sei solo d'intralcio."
Lei sembrò disgustata. "Ieri sera mi sembravi più educato." Sbottò, mentre si scoprì e si alzò in piedi, rimanendo completamente nuda, senza pudore.
La divorai con gli occhi, aveva un fisico davvero niente male. Alta e statuaria proprio come piacevano a me, avrei voluto divertirmi ancora un po' con lei, però il tempo non giocava a mio favore.
"Tesoro, ti prego, ho una certa fretta. Ma se vuoi puoi lasciarmi il tuo numero. Un bel bocconcino come te andrebbe assaporato con più lentezza per essere gustato appieno." Dissi accarezzando le sue curve con lo sguardo.
Fece una smorfia disgustata. "No, grazie. Una volta è più che sufficiente."
Mi stava rifilando un due di picche? Ma chi si credeva di essere? Era solo una piccola spogliarellista, tra l'altro nemmeno così brava. Le scoppiai a ridere in faccia. "Poco male. Non sentirò la tua mancanza."
Feci in tempo a vedere i suoi occhi sgranarsi per lo stupore prima di voltarmi verso la mia cabina armadio e sparire oltre il suo ingresso. Mentre recuperavo il mio vestito, sentii lo scroscio della doccia.
Quando uscì dalla doccia con un semplice asciugamano a coprirle il seno e i fianchi io ero già pronto nel mio completo elegante. Lei mi squadró dalla testa ai piedi e si morse il labbro con uno sguardo eloquente. "Mmm, forse però, potrei cambiare idea." Sussurrò avvicinandosi a me e accarezzandomi il torace da sopra la camicia e il panciotto.
Ok, era uno schianto di ragazza, e ok, sarebbe stato un bel divertimento con lei una seconda volta, ma non mi puoi respingere e poi rivolere indietro come se niente fosse. Glielo avrei mostrato io, adesso, il due di picche. "Mi dispiace, tesoro." Cantilenai come a prenderla in giro. "Il treno è già passato. L'hai perso."
Vidi la sua espressione tramutare in sconcerto. Povera illusa! Ma ad ogni modo avrebbe dovuto sbrigarsi, il tempo stringeva.
Arrivai in chiesa appena cinque minuti dopo l'orario previsto. Michael, appena mi vide, sembrò far uscire tutta l'aria dai polmoni.
"Accidenti, era ora che arrivassi!" Esclamò nervoso. Mi venne incontro tutto trafelato nel suo completo di sartoria, con la giacca nera infracchettata che gli sventolava dietro, il panciotto grigio intonato ai pantaloni e il papillon rosa, come la rosa che gli sporgeva dal taschino; sembrava un manichino. Gli mancava solo il cilindro in testa e poi era a posto. Per poco non scoppiavo a ridere.
"Accidenti, amico, sei un figurino vestito così." Lo presi in giro, ma a quanto pare lui non colse l'ironia nella mia voce.
"Come se fosse la prima volta che mi vedi così!" sibilò. Lo avevo già visto così conciato? Non me lo ricordavo affatto.
Josh si unì a noi e gli diede una pacca sulla spalla. "Allora, ti sei calmato adesso che è arrivato Brandon?"
"Macchè!" rispose lui.
"Non sarà meglio entrare? Tanto dovrebbe arrivare tra pochi minuti, no?" Proposi, impaziente che quella buffonata finisse il più presto possibile. I matrimoni non mi erano mai piaciuti, ma lui era uno dei miei migliori amici, e a dispetto del fatto che adesso era più simile a un pinguino che a un uomo, mi aveva assicurato che sarebbe stato un onore, per lui, se gli avessi fatto da testimone di nozze. Non potevo rifiutare.
In ogni caso accettò di entrare per aspettare la sposa in chiesa. Come misi piede oltre la porta d'ingresso mi sembrò di varcare la soglia di una nuova dimensione. Mi guardai attorno, sconcertato: la chiesa era gremita di gente. C'erano, senza farla esagerata, almeno trecento persone. Considerando che non era nemmeno delle più grandi sembravano molte di più.
Avanzammo verso l'altare, Michael camminava come se avesse avuto il manico di una scopa infilato nel culo. Era una corda di violino, ma non mi sembrava il caso ridergli in faccia. Ci posizionammo vicino all'altare, lui emozionatissimo, io cercando di nascondere la noia che mi stava sovrastando.
Dopo un'attesa infinita; perché si sa, le spose sono sempre in ritardo, l'organo cominciò a suonare la classica marcia nuziale e la cerimonia ebbe finalmente inizio. Era tutto così banale per me, ma per amicizia fai questo e altro. Quando Francis apparve in fondo alla chiesa, però, ebbi quasi un singulto: era radiosa, bellissima.
Percepii l'emozione che emanava Michael come un'onda di calore ed energia, e guardandola avanzare verso di lui mi immedesimai per un secondo nei panni del mio amico. Per un millesimo di secondo riuscii a sentire quello che sentiva lui: l'emozione di unirmi a qualcuno che ti ama incondizionatamente. Strizzai gli occhi per riprendermi, che cosa mi stava prendendo? Neanche fossi mai stato innamorato di lei! E allora perché ebbi quella specie di emozione latente? Fortunatamente svanì come era venuta e tornai in me, appena in tempo per assistere con sufficiente presenza di spirito all'intera cerimonia. Forse era stato solo un surplus di empatia.
Fu una noia bestiale! La cerimonia sembrava non terminare mai. Quando il prete finalmente disse: "Può baciare la sposa" mi ridestai come da un lungo sonno. Forse ero ancora sotto gli effetti della sbornia.
Osservai il mio amico baciare la sua sposa con trasporto, provai un certo senso di invidia ma la scacciai. Non capivo proprio da cosa potesse provenire quell'invidia. Non ho mai avuto interesse nel matrimonio, non mi è mai interessato unirmi per tutta la vita ad un'altra persona. Figuriamoci! Non ero nemmeno mai stato innamorato.
No, non è vero. Una volta lo sono stato.
Lo ricordavo come se fosse stato il giorno prima, nonostante fossero passati tre anni. Avevo ventidue anni all'epoca, ed ero troppo ingenuo per sapere cosa fosse l'amore, altrimenti non sarebbe finita così e Shannon non sarebbe sparita di punto in bianco dopo il discorso che le feci, senza nemmeno una parola. Ma ormai quello era un capitolo della mia vita chiuso per sempre, era passato e non me ne fregava più niente. Sapevo solo che ogni volta che mi tornava in mente mi montava una rabbia assurda, un odio feroce verso quella che credevo essere l'amore della mia vita... e verso tutto il genere femminile. Ero stato un fottuto idiota!
Quando i due sposini si staccarono dal loro bacio, una folla inferocita mi spinse di lato, pronta per fare le congratulazioni ai miei amici. Una mano mi diede una forte pacca sulla spalla, mi voltai di colpo un po' spaventato e mi ritrovai a fissare gli occhi sorridenti di Josh. "Allora, sei pronto per stasera?"
"E me lo chiedi? Sono sempre pronto!"
Josh rise. "Sarà strano festeggiare senza Michael, vero?"
Io sbuffai divertito. "Beh, se l'è cercata." Ridacchiai, "ci sarà più da bere per noi."
Josh ricambiò il mio punto di vista. "Comunque credo che sicuramente avrà altro da fare che pensare a noi."
Mi volsi verso Michael che parlava sorridente con un invitato. Già... avrebbe avuto ben altro da fare.
Durante il banchetto di nozze ero seduto alla destra dello sposo, ed Elizabeth, che faceva da damigella d'onore a Francis, era seduta alla sua sinistra entrambi al tavolo al centro della sala. Conoscevo Elizabeth solo perché aveva fatto parte delle cheerleader insieme a Francis, ma non le avevo mai rivolto la parola. Adesso, dall'altra parte del tavolo, mi sbirciava in continuo e mi sorrideva in modo civettuolo, feci uno dei miei sorrisi anch'io e lei sembrò imbarazzata.
Avevamo tutti gli occhi puntati addosso, il che di solito non costituiva un particolare problema per me, abituato ad essere al centro dell'attenzione, ma per quell'occasione lo era perché non avrei potuto abbandonarmi al mio passatempo preferito: ubriacarmi. Poco male, mi sarei rifatto alla festa che io e i miei amici avevamo in serbo per quella sera, non appena il matrimonio sarebbe terminato.
Osservai i parenti e gli amici di Michael seduti a mangiare tutti insieme nella solita stanza, mentre la sposa girava per i tavoli scambiando qualche parola con questo o con quell'altro. Poi notai che Elizabeth continuava a fissarmi. La guardai a mia volta incuriosito, la vidi arrossire e quasi subito si volse da un'altra parte. Interessante.
Mi alzai in piedi e presi a far tintinnare una posata contro un bicchiere di cristallo, attirando l'attenzione di tutti. Sorrisi alla gente che mi guardava ed esordii: "Vorrei dedicare due parole ai neo-sposi." Mi ero preparato un discorso qualche giorno prima, ma in quel momento mi sfuggì completamente dalla memoria. Di certo una cosa del genere non mi avrebbe mai fermato, anche perché Michael si aspettava un discorso da parte mia; improvvisai e mi schiarii la gola: "Io e Michael siamo sempre stati grandi amici sin dal primo giorno che ci siamo conosciuti quando lui venne ad abitare a Londra. Tra i banchi di scuola eravamo i migliori e la nostra amicizia si è rafforzata crescendo, fino a diventare quella grande che è adesso." Vedevo tutti gli occhi puntati su di me, sorrisi, pensando che non sapevo minimamente cosa stessi dicendo. "Quando poi conobbe Francis, si innamorò di lei dal primo istante. Ma non successe, come spesso accade, che quando uno si fidanza si dimentica degli amici, no. Ha sempre saputo dividere il suo tempo senza far sentire messo da parte nessuno. E questo anche grazie alla stessa Francis, che è sempre stata una ragazza molto comprensiva e che lo ha amato dal primo giorno... eccetera, eccetera, eccetera." La mia voce andò a morire piano piano, non sapevo più cosa dire. Presi in mano il bicchiere mezzo pieno di champagne e proposi: "Quindi vorrei fare un brindisi al mio migliore amico e a sua moglie. Che possano vivere una vita piena e soddisfacente, circondati dall'affetto dei loro cari e, soprattutto, dei loro più veri amici."
La sala scoppiò in un fragoroso applauso e tutti bevvero dal proprio bicchiere dopo averlo alzato al cielo nella mia direzione. A quanto pareva il mio discorso campato in aria aveva sortito l'effetto desiderato. O forse erano già tutti così ubriachi che non avevano capito nulla di quello che avevo detto. Mi strinsi nelle spalle, tanto se lo sarebbero comunque dimenticati.
I festeggiamenti continuarono nella sala adiacente, Micheal e Francis aprirono le danze e tutti gli invitati si divertirono a ballare sulla pista insieme a loro. Era divertente, ma non era il genere di festa che piaceva a me e non vedevo l'ora che quella farsa finisse.
Una volta finiti i festeggiamenti, ne sarebbero iniziati altri: quando Michael e Francis partirono per il loro viaggio di nozze, tutti noi ragazzi andammo a festeggiare la loro unione a modo nostro.
Il solito locale era strapieno, peggio della sera prima: dovevamo fare a pugni per attraversarlo da quanta gente c'era. Ma era proprio questo il genere di serata che volevo io. Arrivati nel privè notai con mia grande sorpresa la presenza di Elizabeth, la damigella della sposa. Appena mi vide sorrise timidamente e abbassò lo sguardo, per poi lanciarmi occhiate furtive per tutta la serata. Avevo ragione di credere che avrei avuto compagnia anche per quella notte.
***
Mi svegliai di soprassalto, sorpreso da un fastidiosissimo rumore che sembrò scavarmi un tunnel nel cranio; un continuo odioso martellare. Un mal di testa pazzesco mi impediva di aprire gli occhi mentre quel rumore assordante continuava a battere, imperterrito. Alla fine realizzai che qualcuno stava bussando alla porta del mio appartamento, e anche piuttosto insistentemente. Lo mandai mentalmente a quel paese e mi riaccucciai tra le lenzuola, ma il fastidioso rumore continuò. "Sì, sì, ho capito!" Urlai nella sua direzione, evidentemente l'unico modo per farlo smettere sarebbe stato quello di aprire la porta. Mi alzai barcollando, constatando che il dolore alla testa si affievolì notevolmente appena mi misi su due piedi. Strano. Caracollai attraverso il mio soggiorno ed aprii la porta, senza minimamente badare a chi potesse essere.
Appena la porta fu spalancata, gli occhi collerici di mio padre mi scrutarono. "È questo il tuo modo di aprire la porta alle persone?" Urlò.
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