Capitolo 46: Doppia vittoria
Un anno prima, 31/03
Città di San Diego
La musica scorre veloce nelle mie orecchie, dettando il ritmo della mia corsa solitaria per le strade vuote, zigzagando tra i vari lampioni che si spengono man mano che la luce del sole si mostra sempre più presente e forte sulla mia testa. I rumori della città che si sveglia sono nascosti dalle forti note che si rincorrono nei miei timpani, mentre un sorriso soddisfatto non vuole abbandonare le mie labbra, socchiuse per permettere all'aria di circolare meglio all'interno del mio corpo.
Mi fermo, poggiando un palmo aperto sul freddo metallo del lampione al mio fianco per riprendere fiato nello stesso momento in cui la canzone termina e sfuma nella successiva, più lenta e tranquilla; come se la riproduzione casuale del lettore musicale del mio cellulare abbia deciso di sua spontanea volontà che è arrivato il momento, per me, di riposare.
Stiro i muscoli, sentendoli rigidi e doloranti per i chilometri percorsi e mi volto indietro, osservando la strada che ho macinato come se potessi vederla trasformata in briciole per ritrovare la corretta via di casa e così, ancora nello stesso momento in cui la musica cambia e torna a essere ritmata, ritorno a correre, percorrendo gli stessi chilometri che ho già seguito con l'alba come unica compagna.
Il sole scalda la mia testa, facendomi sudare più di quanto io abbia già fatto; i pensieri tornano, in maniera prepotente, dalla ragazza che mi ha rubato il cuore e lo tiene tra le sue braccia, intrecciate davanti al suo corpo ancora addormentato e ancora mi chiedo come abbia fatto ad alzarmi per correre dopo la nottata movimentata passata con Olly. Il sorriso si allarga sulle mie labbra e fatico a non pensare ai ricordi della notte appena passata, cerco di rimanere concentrato sul movimento di ogni mio muscolo, mentre davanti a me non riesco a smettere di vedere il volto perfetto di mia sorella e la felicità che condividiamo quando siamo insieme.
Mi fermo quando il semaforo me lo impone e osservo le prime persone uscire dalle loro abitazioni; c'è chi esce per percorrere chilometri e lavorare, chi per imitare la mia corsa mattutina, chi per comprare la colazione, o altri che, con tavola sotto braccio, si dirigono alla spiaggia più vicina per gareggiare contro le onde del mare. Mi soffermo sul ragazzo dai lunghi capelli biondi davanti a me che sta caricando la sua tavola sul retro del pick-up; è bianca e con delle onde a sporcare quella purezza, mentre il sorriso del ragazzo pare rendere lui stesso più luminoso dello stesso sole che ha recuperato il posto che gli spetta nel cielo. La sua tuta azzurra, come la volta che si apre sopra di noi, non mi aiuta a smettere di pensarlo come la palla di idrogeno ed elio che scalda il nostro intero mondo.
Il ragazzo monta sul mezzo e sgasa, sparendo dalla mia vista e io torno a fissare davanti a me, mentre i miei pensieri vagano per sentieri strani e ancora inesplorata.
Non riesco a togliermi dalla mente l'immagine di quel ragazzo, immaginandolo anche in piedi sulla sua tavola da surf a cavalcare le onde selvagge come se fosse un Dio che giunge a noi mortali nella sua forma migliore. L'attimo dopo, invece, mi immagino l'uomo in una lotta fatta di acqua e cadute con l'immensa potenza dell'oceano e forze naturali che governano l'equilibrio del nostro mondo; il che mi porta a chiedermi come possiamo noi, semplici esseri umani, pensare di sfidare una potenza come qualcosa di primordiale e che ha visto la nostra nascita. E che, probabilmente, assisterà anche all'estinzione dell'umanità.
Raggiungo il portone di casa ancora immerso in questi pensieri e saluto distrattamente mia mamma, intenta a preparare la colazione per tutta la famiglia prima di scappare per andare a lavorare, poi raggiungo la mia camera per prendere un cambio e chiudermi a doppia mandata in bagno. Ho proprio bisogno di togliermi dalla testa questi pensieri strani e che non portano da nessuna parte.
Mi butto sul letto a peso morto, stanco dopo la partita sfiancante che io e la squadra abbiamo vinto; il sorriso sulle labbra non vuole lasciarmi da questa mattina e ho trovato ancora più gioia nel giocare a uno sport che mi appassiona fin da quando ero piccolo. Un lampo squarcia il cielo, sereno e ancora illuminato dal cielo e conto mentalmente i secondi che ci separano dal rombo del tuono, sorridendo quando mi rendo conto del poco tempo che manca prima che un bel temporale si abbatta sopra la mia testa; già mi pregusto il momento in cui potrò ammirare le gocce di pioggia saranno buttate giù, colpendo il terreno in maniera violenta e un concerto di luci, suoni e odori nuovi e sempre uguali si paleserà di fronte a me, unico e silenzioso spettatore nell'oscurità.
«Sergio, disturbo?»
Mi volto verso mia sorella e il sorriso si allarga sulle mie labbra; lasciandole dello spazio per potersi stendere al mio fianco e vedo come neanche lei cerchi di nascondere la piega allegra che ha preso la sua bocca.
La sua testa sul mio petto mi scalda e mi accompagna nei respiri calmi e regolari, mentre la mia mano si muove lenta tra i suoi capelli.
«Sei stato bravo alla partita, oggi.»
Ridacchio, ma non fermo i miei movimenti e rimango in attesa di scoprire se ha altro da dire, ma rimane in silenzio ancora a lungo; poi, d'un tratto, si alza e fissa i suoi occhi nei miei.
«Facciamo a chi arriva prima a tavola?»
Resto a contemplarla, cercando di capire a che cosa si sta riferendo, quando, un paio di battiti di palpebre dopo, nostra madre ci chiama per la cena pronta e mia sorella si fionda contro la porta della mia camera per battermi a un gioco che non ho accettato di giocare. Rido quando sbatte letteralmente contro la porta della stanza e si massaggia il naso, ma smetto appena la apre e inizia a correre oltre; mi alzo e la seguo alla massima velocità che i muscoli stanchi e provati mi permettono di spingermi. Faccio una linguaccia nella sua direzione quando la supero, poi mi siedo al mio posto sotto lo sguardo divertito e, allo stesso tempo, finto esasperato dei nostri genitori.
«Non è possibile che riesci a battermi anche quando sei stanco morto. Non è giusto.»
Sorrido, gustandomi anche questa vittoria, mentre le nostre mani si intrecciano sotto il tavolo.
Buongiorno cuoricini,
Un capitolo un po' differente dai precedenti, finalmente riesco a riprendere fiato e a non imbarazzarmi più per questi due che si danno alla pazza gioia 😅
Fatemi sapere che cosa ne pensate e se la storia vi sta piacendo. Se gli siete soddisfatti di quel che leggete, se avreste voluto leggere altro o qualunque cosa vogliate dirmi; sono sempre qui per voi.
Al prossimo capitolo!
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