Capitolo 45: A qualunque costo (*)

Un anno prima, 10/03
Città di San Diego

Sbatto un pugno chiuso contro l'armadietto, mancando per pochi centimetri il volto del ragazzo di fronte a me, il suo pomo d'Adamo corre, frenetico, su e giù per la paura che devo instillargli e sento la mia furia incendiare anche quel che mi circonda.
«Prova solo a posare di nuovo gli occhi su mia sorella e non sarai così fortunato.»
Il ragazzo annuisce, tremando e scappa appena gli lascio uno spiraglio di luce. Mi appoggio all'ammasso di metallo che ho appena colpito e chiudo gli occhi, prendo un grosso respiro e quando riapro gli occhi, li porto sulle nocche e osservo le macchie di sangue che le imbrattano.
Ormai non so più se colpisco gli armadietti per la gelosia che mi provocano i ragazzi che posano gli occhi su Olly o per la frustrazione di non essere ancora riuscito a donarle piacere.
Sbuffo di nuovo e sobbalzo quando una mano si posa sulla mia spalla, ma mi rilasso quando, con la coda dell'occhio, noto solo che si tratta di Jason.
«Un altro pretendente per tua sorella scacciato?»
Non annuisco neanche e faccio per allontanarmi, ma lui mi tallona e cerca di farmi ragionare, anche se niente funziona. Lei è mia.
Ringhio e gli lancio un'occhiataccia che lo fa fermare sul posto, poi scoppia a ridere.
«Dovresti usare quest'energia in campo, tigre, non per i corridoi della scuola.»
Continuo a ignorarlo e proseguo per la mia strada, dove so che la ragazza che amo mi sta aspettando per tornare a casa nostra.

Mi chiudo in camera, ingabbiandomi dentro il mio mondo e solo in questo momento riesco a lasciar uscire tutte le emozioni che mi animano da settimane; mordo un urlo solo per non far preoccupare la mia famiglia e lancio a terra il primo libro che capita sotto mano.
Prendo tutto quel che è poggiato sulla scrivania e lo scaravento a terra con un colpo secco, immaginando tutte le facce dei ragazzi che ci hanno provato con Olly; agguanto il materasso e lo faccio cadere, togliendolo dalla struttura del letto, infine tiro un pugno con il muro.
Il sangue comincia a scorrere lento lungo le nocche, non accontentandosi di sporcarle con poche e temporanee fuoriuscite; la fatica si fa sentire e i miei polmoni si lamentano per la mancanza di ossigeno e io vorrei solo battere anche la testa contro il muro per poter cambiare parte di me, per rendermi migliore di quel che sono.

Un urlo strozzato mi fa tornare alla realtà e mi volto, osservando la figura sconvolta di mia sorella che mi osserva dalla porta del bagno; le mani sulla bocca e una postura rigida mi fanno capire che non le piace quel che vede e le lacrime che scorrono lungo le sue guance mi fanno sentire un mostro. Per l'ennesima volta.
Faccio un passo verso di lei, ma non sono l'unico a muoversi, anche se lei ha la chiara intenzione di rimanermi lontana, così scuoto la testa e faccio ricadere il braccio lungo i fianchi. È quel che mi merito.
Mormoro delle scuse, anche se non sono sicuro che lei sia riuscita a sentirle e rimango a osservare il casino che ho combinato, abbassandomi subito sulle ginocchia per poter riparare alla mia rabbia. Sto cercando di riportare il materasso dove dovrebbe stare, quando il suo profumo di pesche raggiunge il mio cervello e le sue mani si poggiano sulle mie.
«Dovresti medicarti queste ferite, non ti fa bene continuare a perdere sangue.»
Osservo le nocche e mi accorgo che non si sono ancora cicatrizzate, così come noto piccole macchie di sangue sporcare anche il materasso che sto spingendo, così rilascio dell'aria e mi rialzo, seguendola in bagno per poter sciacquare la mano ferita.

L'acqua fresca scorre su di me, anche se io continuo a tenere gli occhi sui movimenti che Olly compie per potermi medicare.
«Scusa.»
Glielo mormoro dopo un'infinità di tempo, dopo che l'acqua è stata chiusa e una garza applicata sopra le mie nocche per evitarmi nuove ferite, dopo che lei ha già compiuto dei passi per allontanarsi da me. Si ferma, immobilizzandosi sul posto, senza voltarsi a guardarmi, ma aspettando mie ulteriori mosse; mossa che utilizzo avvicinandomi a lei e sfiorando la sua schiena con il mio corpo.
Poggio le mie mani sulle sue braccia e l'avvicino a me, stringendola in un abbraccio strano e diverso, ma del quale necessito come l'aria che sono costretto a respirare per vivere. Torno a ripeterle le mie scuse mentre le prime lacrime lasciano i miei occhi e scorrono, veloci, fino a scontrarsi con i suoi capelli scuri e profumati, lei trema sotto di me, ma non cerca di scostarsi da me.
«Scusa.»
Glielo chiedo un'altra volta, per l'ultima volta, prima di sciogliere l'abbraccio e lasciandola sola in quel bagno che condividiamo da sempre; torno in camera mia e rimetto a posto il materasso il più velocemente possibile, poi mi ci sdraio sopra e nascondo la faccia dentro il cuscino, continuando a lasciar fuoriuscire le mie emozioni negative, cercando di allontanarle da me.

Una mano si posa, leggera, sulla mia schiena e scorre placida su di essa, tentando di calmarmi e di infondermi la forza che, ultimamente, sento meno. E non ho bisogno di voltarmi per capire di chi si tratta perché c'è solo una persona che mi riserva tutte queste premure ed è l'unica persona che non vorrei qui in questo momento perché ho paura di rovinare ancora di più le cose con lei.
Rimango in silenzio, godendomi quel calore e la sua presenza che è la cosa più importante, per me, e prendo dei grossi respiri prima di voltarmi nella sua direzione. Osservo i suoi occhi, ora lucidi, e le sue guance rosse che si distendono all'aprirsi di un sorriso sul suo volto e non riesco a frenare l'abbraccio in cui la rinchiudo per l'amore che è capace di dimostrarmi in ogni minuto di vita che condividiamo.
Tremiamo insieme, per lunghi minuti, poi sciolgo il contatto e le sorrido anch'io; mi è sempre servita lei per stare meglio, è la mia cura per ogni male.
Qualcuno bussa alla porta e lei va ad aprire, trovando i nostri genitori oltre la soglia vestiti di tutto punto e con grandi sorrisi a increspare i loro volti.
«Tesori miei, noi dobbiamo andare alla cena di lavoro che vi avevo anticipato.»
Il sorriso di mia madre è contagioso e lo ricambio quando lei posa i suoi occhi nei miei e aggiunge che la cena è già pronta e devo solo riscaldarla. Olly si finge offesa per il fatto che non l'abbia detto a lei, ma ridiamo tutti quando anche lei si rende conto che è stato meglio così. Ci salutano e, poco dopo, sentiamo la porta chiudersi, segno che ci hanno lasciato soli.

«Hai voglia di sdraiarti un po' qui con me?»
La voce tremola quando rivolgo questa domanda a mia sorella, l'imbarazzo imporpora le mie guance quando capisco di essermi lasciato sfuggire questo desiderio dalle labbra, ma il sorriso timido che le stavo rivolgendo non riesce a sparire quando lei, senza rispondermi, mi affianca e mi stringe a sé.
Respiro il suo profumo e lo faccio mio, vivo il suo sapore quando le sue labbra si posano sulle mie in un bacio che sa di casa, di vita e di felicità; assaggio le sue forme non appena le mie mani decidono che rimanere agganciate alla sua schiena non è abbastanza e iniziano a vagare sul suo corpo per privarla dei vari vestiti che indossa.
Anche le sue mani mi spogliano, mi privano di ogni barriera, lasciandomi solo l'ultima, quella che crolla più facilmente: i miei boxer. Inspiro il suo sapore quando avverto la leggera stoffa scura aderire contro i suoi pantaloni e sento la cerniera del suo indumento infastidirmi. Le dita si muovono veloci e, con altrettanta velocità, la privano di quello strato di stoffa che era in più tra di noi e, nell'accarezzare le sue gambe lisce per la prima volta, avverto un brivido che mi scuote fin dal profondo dell'anima.

Mi stacco dalle sue labbra e continuo a muovere le dita lungo le sue cosce, come se dovessi imprimermi le sue forme nella mente e mi fermo anche a osservare come si muovono sinuose su di lei. La sua mano aperta sulla mia guancia mi fa spostare gli occhi nei suoi e in quelle perle scure riesco a vedere il riflesso del sorriso che le sta increspando le labbra; quella sua felicità sembra chiamarmi e dirmi che, finalmente, sono riuscito a fare un passo in avanti, pare raccontarmi dell'orgoglio che le sto facendo provare.
Mi beo di queste sensazioni uniche e magiche che solo lei è capace di farmi provare e mi tuffo, di nuovo sulle sue labbra; anche se, questo mio movimento improvviso, mi porta a spostare maggiormente le dita, le quali finiscono a contatto con il tessuto che copre la sua femminilità.
Entrambi ci fermiamo per osservarci negli occhi, non osiamo neanche respirare finché le mie dita rimangono ferme su quel tessuto che sembra bucherellato e, allo stesso tempo, impreziosito da disegni, ma i nostri sorrisi non riescono a smettere di incresparci le labbra quando torniamo a baciarci, infiniti secondi dopo.

Continuo a giocare con i suoi slip, anche se il mio cervello continua a urlarmi dello sbaglio che sto commettendo e spengo tutto quando il mio dito medio scivola in mezzo alle sue gambe e avverto quanto sia umido, quasi bagnato, questo tessuto che nasconde al mondo la sua intimità.
Le lascio un bacio, prima di abbassarmi e creare una scia di baci fino al suo seno destro, per lambirlo e giocarci e liberarlo per passare al sinistro; quando le sue dita rapiscono delle ciocche dei miei capelli torno a scendere, baciando la sua pancia piatta e chiara come nessuno, oltre a me, ha mai fatto.
Osservo le sue mutandine rosse, quando raggiungo il suo inguine e guardo i disegni di rose che li decorano, così come vedo e registro l'effetto vedo e non vedo che il tessuto mi permette di godere.
«Sono di pizzo.»
Mormora Olly, con la voce rotta e intrisa di emozione; ripeto la parola pizzo dentro la mia mente e annuisco quando capisco che suona veramente bene e che lo adoro alla follia. Glielo ripeto e lei scoppia a ridere, interrompendola bruscamente, quando mi abbasso e le bacio il monte di vedere da sopra il pizzo.
Aggancio gli indici al bordo degli slip e li scosto, abbassandoli lungo le sue gambe con lentezza, per farle assaporare ogni secondo di questo mio gesto, così come io mi sto godendo questa mia personale vittoria contro me stesso.
Per lei, avrei vinto questa battaglia a ogni costo.

Mi abbasso su di lei, avvertendo e facendo mio questo suo profumo proibito e così diverso da quello di pesche che ho sempre sentito su di lei e la mia eccitazione vola subito alle stelle. Allungo una mano, posando il palmo aperto sul suo monte di venere e assaporo la sensazione che incendia il mio cuore e la mia anima, poi scorro verso il basso, avvicinandomi sempre di più al centro del suo piacere e avvertendo i suoi umori che bagnano la mia pelle.
E, per quanto entrambi bramiamo il piacere assoluto, non riesco a smettere di esplorare la sua carne, a terminare la mia scoperta di ogni parte di lei e mi viene necessario scoprire dove prova più piacere con lentezza per poter assaporare meglio questo momento tra noi due. Le dita, però, non mi bastano più e allora torno ad abbassarmi su di lei; ora il profumo è più intenso e mi dà alla testa, cosa che mi permette di avvolgere le mie labbra attorno al suo clitoride. Un rumoroso gemito lascia le sue labbra e io sorrido mentre mi do da fare per donarle piacere, allo stesso tempo, le mie dita continuano a giocare con le sue grandi labbra, anche se il medio si intrufola dentro di lei nello stesso momento in cui le sue mani intrappolano i miei capelli e li tira verso di sé.
I suoi gemiti si fanno più rumorosi e frequenti, mentre vengo spinto maggiormente contro la sua femminilità, ma fermo tutti i miei movimenti quando lei urla e mi schiaccia con prepotenza contro di sé. Alzo gli occhi verso mia sorella e osservo il suo petto alzarsi e abbassarsi ad alta velocità e il suo capo reclinato, poi lei abbassa i suoi occhi nei miei. Le sue guance rosse spiccano nel candore della sua pelle e le sue perle scure illuminano questa stanza; cosa che rende lava il sangue che scorre nelle mie vene e devo trattenermi tantissimo per evitare di rendere vere le immagini che vedo dietro le mie palpebre. Vorrei così tanto farti mia a tutti gli effetti, sorellina mia.

Si scusa, imbarazzata, dicendomi che avevo colpito il suo punto G e io, eccitato da queste sue parole, torno ad avventarmi sulla sua femminilità con più passione, aggiungendo anche un altro dito dentro di lei. Continuo a leccare e assaggiare la sua carne, mentre le mie dita continuano a cozzare contro il suo punto più sensibile finché non sento le sue pareti contrarsi contro le mie dita e il suo corpo tendersi e inarcarsi per facilitarmi i movimenti. L'ennesimo urlo le scappa dalle labbra e il suo liquido mi inonda, liquido che non voglio sprecare e che faccio mio con la bocca, non lasciandone neanche una goccia, poi mi alzo, privandola delle mie dita dentro di lei e facendole emettere un gemito di lamento e mi sdraio al suo fianco, permettendole di appoggiare il suo capo sul mio petto e di riprendere le energie.
«Grazie.»
Glielo sussurro quando il suo respiro è diventato regolare e i suoi occhi sono chiusi e, finalmente, mi sento in pace con me stesso.

Buongiorno cuoricini, 
Questi due diventano ogni giorno più focosi, che ne dite? E non sapete quanto io mi vergogni a scrivere di tutto questo, ma è la loro storia e me la sussurrano così 🙈

A presto!

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